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LA LINGUA SLOVENA IN iTALIA


 La lingua slovena in Italia viene principalmente parlata da una comunità autoctona residente lungo il confine orientale, la minoranza slovena in Italia. Non ci sono dati recenti e certi sul numero dei parlanti in sloveno o dialetti sloveni in Italia; statistiche del 1974 attestavano gli utilizzatori dello sloveno a 61.000 persone[2] nel territorio del Friuli-Venezia Giulia, raccolti nella provincia di Trieste e nelle zone orientali delle province di Gorizia e Udine. La qualifica di "dialetto sloveno" qui considerata è quella derivante dalla legislazione italiana.

Riferimenti di Legge:

  • La Repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena presente nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, a norma degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione e dell'articolo 3 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.
  • La Legge regionale F.V.G. 23 febbraio 2001, n. 38 Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli - Venezia Giulia (Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.56 dell'8 marzo 2001)
  • Il frazionamento della minoranza in Italia, come anche la diversa appartenenza statale, rendono problematica (nonché in più di qualche caso dichiaratamente avversata) l'adozione dello standard letterario sloveno come lingua comune per l'insieme delle comunità: mentre infatti gli slovenofoni di Trieste e di Gorizia si riconoscono pienamente nella lingua e nelle tradizioni culturali della vicina Slovenia - alle quali hanno dato anzi un contributo storicamente significativo -, i gruppi della provincia di Udine (Slavia friulana) tendono in genere a porre l'accento sulla differenza dei loro dialetti dallo standard sloveno, per sottolineare la loro peculiarità storica e culturale. Ciò deriva anche dal fatto che, a differenza degli sloveni della provincia di Trieste e Gorizia che hanno avuto, tranne - ovviamente - durante il ventennio fascista, scuole pubbliche con lo sloveno standard come lingua d'insegnamento dai tempi dell'Impero asburgico, gli sloveni della provincia di Udine non hanno mai avuto la possibilità di un contatto costante con la lingua letteraria slovena nonostante le promesse del Regno d'Italia. La loro variante dello sloveno è quindi rimasta sul livello di lingua orale, creando un diffuso fenomeno di diglossia, che aveva caratterizzato a lungo anche gli sloveni dell'Oltremura.

    La peculiarità del resiano ha inoltre indotto alla creazione di una propria standardizzazione ortografica che si è andata diffondendo negli ultimi due decenni. All'inizio del 2007, però, il consiglio comunale di Resia approvò una risoluzione che afferma la volontà del comune di essere inserito nel territorio dove sarà vigente la legge di tutela della minoranza slovena[3], benché resti aperta la polemica soprattutto interna sulla questione dell'uso del resiano scritto nel sistema educativo e amministrativo in luogo dello Sloveno, e sull'opportunità di sostenere la richiesta di un diverso riconoscimento per questo idioma da parte dello stato italiano. In merito a tale polemica nel 2019 si è espresso anche l’Istituto per la lingua slovena presso il Centro di ricerca scientifica dell’Accademia slovena della scienza e dell’arte di Lubiana[4][5]il quale ha ribadito che tutti i dialetti sloveni parlati nel territorio dell’ex Provincia di Udine (anche quello resiano) sono effettivamente dialetti della lingua slovena.

    È difficile fare chiarezza sulle posizioni contrastanti che vengono prese nel dibattito anche perché sul territorio della tutela culturale le polemiche vengono alimentate anche da posizioni politiche e ideologiche in buona parte provenienti dall'esterno: in particolare se da un lato gran parte dell'associazionismo sloveno e tutte le correnti filo-slovene spingono per una comune identificazione slovena di tutti i cittadini italiani di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia e per l'adozione dello sloveno standard da parte di tutte le comunità, d'altro canto gran parte della politica italiana e anche friulana, e tutto il nazionalismo italiano, ivi comprese le associazioni segrete che svolsero un rilevante ruolo nella storia locale del XX secolo[6], sono contrari all'identificazione slovena e spingono invece per un'esaltazione delle differenze locali, culturali e storiche, e pertanto per un maggiore riconoscimento delle differenze in particolare dei resiani e degli abitanti della Benecia. Il dibattito attuale è in tutti i casi piuttosto acceso e vario, tanto da essere difficile riportare completamente tutte le posizioni presenti.

    Dialetti sloveni in Italia

    Lo sloveno in Italia è rappresentato da vari dialetti; tutti questi, tranne il resiano, si estendono anche dall'altra parte del confine con la Slovenia (o, nel caso del dialetto del Gailtal, anche in Austria):

    Tranne il primo, che fa parte del gruppo dei dialetti carinziani, tutti gli altri fanno parte del gruppo dei dialetti del Litorale (primorska narečna skupina).

    Quanto al resiano tanto i linguisti che i poteri politici e l'opinione pubblica non sono concordi riguardo al suo status: alcuni lo considerano parte integrante del gruppo dialettale litoraneo, altri parlano di un dialetto di transizione tra i gruppi litoraneo e carinziano, altri ancora sostengono la sua peculiarità nell'ambito della famiglia linguistica slovena; taluni, infine, sostengono invece si tratti di un idioma a sé stante, sebbene simile allo sloveno[senza fonte]. Il Resiano ha mantenuto infatti degli arcaismi non più esistenti negli altri dialetti sloveni, quale ad esempio il tempo verbale aoristo, e presenta un sistema fonetico del tutto peculiare, con ben quattro varianti locali della dizione. La popolazione parlante, inoltre, sembra propendere ampiamente per un'identificazione indipendente dallo sloveno. In merito a tale polemica nel 2019 si è espresso anche l’Istituto per la lingua slovena presso il Centro di ricerca scientifica dell’Accademia slovena della scienza e dell’arte di Lubiana., il quale ha ribadito, che i dialetti sloveni parlati nel territorio dell’ex Provincia di Udine (compreso il dialetto resiano) sono effettivamente dialetti della lingua slovena.

    Uso della lingua slovena nella liturgia cattolica

    La Chiesa cattolica usa la lingua slovena nella liturgia ovunque vi sia un numero sufficiente di fedeli sloveni. Nelle diocesi di Trieste e di Gorizia vi sono due vicari episcopali per gli sloveni ed i fedeli sloveni sono organizzati in modo autonomo. Il clero è attivamente impegnato nell'affermazione della convivenza tra la popolazione italiana e quella slovena.

Scolarizzazione in lingua slovena

Sotto la monarchia austro-ungarica, grazie al regime federale dello Stato l'idioma sloveno ha trovato una sua collocazione scolastica, mentre le terre che scelsero tramite il referendum del 1866 di passare sotto il regno d'Italia non fruirono di questa opportunità. Già nella seconda metà del SettecentoMaria Teresa d'Austria e successivamente Giuseppe II e Leopoldo II furono tre imperatori illuminati che promossero la scolarizzazione di massa in tutto il loro impero. In seguito alle riforme costituzionali degli anni sessanta dell'Ottocento, la scolarizzazione elementare nella parte austriaca della duplice monarchia venne a dipendere dalle amministrazioni comunali. Per gli sloveni del Goriziano e del Carso ciò significò una scolarizzazione nella lingua slovena standard, mentre a Trieste (in quanto prevalentemente italiana) ed anche in parte dell'Istria, dove sia le amministrazioni comunali sia l'istruzione erano italiane, vennero fondate, già dalla seconda metà dell'Ottocento, varie scuole private slovene, dirette dalla "Società SS. Cirilio e Metodio" (Cirilmetodova družba). Questo, insieme alla diffusione delle attività culturali di stampo popolare, ha permesso agli sloveni austroungarici di imparare a leggere e scrivere nello sloveno standard. Dopo l'assegnazione al Regno d'Italia del Litorale austriaco avvenuta in base al trattato di Rapallo (1920), gli sloveni ivi residenti persero la possibilità di studiare la propria madrelingua dai banchi di scuola. In seguito all'applicazione della Legge n. 2185 del 1/10/1923 (Riforma scolastica Gentile), nell'area comprendente le attuali provincie di Gorizia e Trieste furono abolite tutte le scuole con lingua di insegnamento slovena (oltre 60)[10]. Fu solo dopo la seconda guerra mondiale che gli sloveni riottennero il diritto di frequentare la scuola dell'obbligo nella propria lingua di origine dei proprio avi, in base alla Legge n. 1012 del 19/07/1961[11]. In territorio italiano va ricordato monsignor Ivan Trinko[12], appassionato diffusore della cultura slovena, che si oppose alla proibizione del regime fascista all'uso dello sloveno locale nelle chiese. Questo oltre alla diversa storia delle terre del Natisone rispetto a quelle slovene contribuì ad un senso di appartenenza diverso degli Italiani di lingua slava della provincia di Udine dagli sloveni della provincia di Gorizia e Trieste. Tuttavia i rapporti economici, parentali (i tanti matrimoni) e culturali tra le genti delle vallate confinarie (italiane e slovene) lungo il confine della provincia di Udine, sono sempre stati, nei secoli, molto forti.

https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_slovena_in_Italia#

Oggi è la giornata delle botte

 

 InVal Canale l'usanza è ancora viva, specialmente a Ugovizza-Ukve, Valbruna-Ovčja vas e Camporosso-Žabnice.
 pittore Maksim Gaspari

Una volta in Sovenia e in Val Canale in questo giorno, i bambini prendevano il potere. Il giorno delle botte è un momento in cui almeno una volta all'anno i bambini si vendicano dei colpi che hanno ricevuto. 

C'erano grida che risuonavano tra le case, e cantavano:"Sbarazzati di te stesso, sbarazzati di te stesso, o Sorseggia, zampa, sorseggia"



LA TRADIZIONALE ŠMARNA MIŠA IN VAL RESIA

 


LA TRADIZIONALE ŠMARNA MIŠA IN VAL RESIA

13, 14 e 15 agosto
🤩🤩 Grande festa a Prato di Resia per il weekend di Ferragosto con eventi religiosi e non, mercatino con prodotti della terra e dell'artigianato, visite a mostre e musei locali, enogastronomia, danze e musiche resiane, lotteria e fuochi artificiali!!
🌿🌼 La più importante festa religiosa di tutto l'anno, per la Val Resia, sarà anche un'occasione per trascorrere in un luogo stupendo e...fresco i roventi giorni che ci attendono, nella pace e nel relax delle nostre montagne.
👉🔝 Approfondimento e programma su Esplora & Ama: https://www.esploraeama.it/smarna-misa-in-val-resia/






Concorso per un posto a tempo pieno


 Scade il prossimo 3 giugno il termine della presentazione delle domande per la procedura di selezione tramite concorso pubblico, per soli esami, per la copertura presso il Comune di San Pietro al Natisone di un posto a tempo pieno e indeterminato di istruttore amministrativo in possesso del requisito della conoscenza della lingua slovena, categoria C, posizione economica C1 del CCRL del personale degli enti locali del Friuli-Venezia Giulia, area non dirigenti. Il testo integrale del bando, con l’indicazione di tutti i requisiti e delle modalità di partecipazione relative alla procedura concorsuale è scaricabile dal sito istituzionale del Comune di San Pietro al Natisone www.comune.sanpietroalnatisone.ud.it nonché dal sito della Regione Friuli-Venezia Giulia www.regione.fvg.it alla sezione concorsi degli enti pubblici.

https://www.dom.it/

A difesa dell’insegnamento plurilingue

 


Nell’ultima riunione della Commissione consultiva regionale per la minoranza slovena, tenutasi l’1 dicembre, l’Unione economica culturale slovena (Skgz) ha proposto e difeso la riduzione da 80.000 a 20.000 euro del contributo all’insegnamento della lingua slovena in Valcanale. Sembra incredibile, addirittura assurdo, che l’iniziativa di interrompere l’apprendimento dello sloveno nelle scuole statali sia stata assunta da una delle due organizzazioni
 apicali della minoranza slovena, ma è proprio così. Per la serie: facciamoci del male da soli.
Certo, il taglio è stato motivato dalla necessità di attingere i fondi per i docenti di sloveno nelle scuole dei comuni di Tarvisio e Malborghetto- Valbruna dal bilancio del ministero della Pubblica istruzione e non dai fondi per le attività culturali della minoranza slovena. Questo è previsto dalla legge di tutela 38 del 2001, ma francamente è impossibile che il meccanismo possa scattare nel giro di pochi mesi, quando è restato lettera morta per quasi vent’anni. Dunque, togliere quegli 80.000 euro, che non sono nemmeno sufficienti a coprire l’intero monte ore necessario, significa interrompere il progetto d’insegnamento trilingue italiano-sloveno-tedesco perseguito con caparbietà dall’Istituto scolastico omnicomprensivo di Tarvisio, dalle due amministrazioni comunali e dai circoli sloveni e tedesco della Valcanale. Perché quello che si attua già il quinto anno a Ugovizza e il secondo a Tarvisio e Camporosso è un progetto serio, preparato e seguito da esperti provenienti da università italiane, slovene e austriache.Non si tratta, dunque, di semplici «corsi» extrascolastici, come è stato insinuato in commissione. Ma questo i sostenitori del taglio dovrebbero ben saperlo, dato che il progetto è stato presentato sul campo anche a loro. Come ben sanno pure che il passaggio del progetto in carico al ministero non è affatto imminente, anche se è stato prospettato durante la visita della ministra per gli Sloveni d’oltreconfine e nel mondo lo scorso mese di luglio.C’era, però, la volontà di spostare i fondi ad altri soggetti, naturalmente fuori dalla provincia di Udine. Per un pugno di euro si può fare tutto. Anche lasciare senza sloveno quasi 250 bambini.

ttps://www.dom.it/v-bran-vecjezicnemu-pouku_a-difesa-dellinsegnamento-plurilingue/

Proverbio delle valli del Natisone

disegno di Moreno Tomazetig

 Proverbio natalizio delle valli del natisone-nediške doline: Dove c'è amore c'è pace, dove c'è pace c'è Dio.

Kjer je ljubezen tam mir, kjer mir tam Buog. (giornale Dom)

Sperimentazione d'insegnamento plurilingue in seno all'Istituto omnicomprensivo di Tarvisio/Trbiž

immagine dal Dom

 Anche per il 2021 il consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia ha stanziato 80.000 euro dai fondi per la tutela della minoranza linguistica slovena, affinché la sperimentazione d'insegnamento plurilingue in seno all'Istituto omnicomprensivo di Tarvisio/Trbiž, possa proseguire. Anzitutto siamo felici per i nostri bambini. Abbiamo sostenuto il modello d'insegnamento plurilingue fin dalla sua nascita - perché dà vigore tanto alla conoscenza dello sloveno quanto alla convivenza tra i gruppi linguistici della Valcanale.

Di anno in anno l'insegnamento plurilingue viene esteso a nuove classi scolastiche, sviluppandosi. In vista dello stanziamento per il 2022 puntiamo, quindi, a un aumento delle risorse, perché 80.000 euro non basteranno. Senza insegnamento viene meno la lingua, senza lingua non c'è comunità linguistica. Confidiamo che tutta la comunità slovena si metterà una mano sul cuore.

LA MINORANZA SLOVENA IN FRIULI VENEZIA GIULIA

periodici della comunità slovena della provincia di Udine

Lo sloveno è una lingua indoeuropea del gruppo slavo meridionale. Oltre ad essere lingua ufficiale della vicina Repubblica di Slovenia, rappresenta una minoranza linguistica nella nostra Regione, presente lungo la fascia frontaliera che va dal Comune di Muggia al Comune di Tarvisio. Le comunità slovenofone sono inserite in un contesto plurilingue; la divisione dialettale della minoranza slovena in Italia, rende difficile la scelta di uno standard letterario sloveno come linguatetto per tutte le comunità. Infatti, mentre la minoranza presente nelle province di Trieste e Gorizia (in cui vigono condizioni di bilinguismo totale) si riconoscono nella lingua e nella cultura della Slovenia, i gruppi della provincia di Udine tendono a sottolineare la differenza dei loro dialetti nei confronti dello standard sloveno per rimarcare la loro specificità culturale. Lo sloveno ha ottenuto il riconoscimento di lingua minoritaria con la Legge 482/99 “Norme in materia delle minoranze linguistiche storiche” e la legge 38/2001 che riconosce i diritti della minoranza slovena presente in Friuli - Venezia Giulia. In Provincia di Udine, le comunità di lingua slovena sono presenti in Valcanale/Kanalska Dolina, nei Comuni di Malborghetto e Tarvisio, nella Val Resia/Rezija (dove la parlata conserva parole e strutture grammaticali oramai scomparse in ogni altra regione abitata da sloveni), nelle Valli del Torre/Terske Doline, nei Comuni di Pulfero, Savogna, Grimacco, Drenchia, San Pietro al Natisone, San Leonardo e Stregna. Particolarmente attivi sono, circoli culturali, associazioni, cori, organi di informazione. In Provincia di Udine esistono due giornali bilingui: il settimanale Novi Matajur e il quindicinale Dom-kulturno verski list. I più rappresentativi circoli culturali sono: Ivan Trinko di Cividale , Centro Studi Nediza di San Pietro, Planika della Valcanale, Rozajanski Dum, il Gruppo Folcloristico “Val Resia” e il Coro “Monte Canin”. A Cividale ha sede l’Unione emigranti sloveni del FriuliVenezia Giulia/Sloveni po svetu che segue il collegamenti con le diverse comunità degli sloveni all’estero e pubblica il periodico Emigrant. Fonte: Provincia di Udine (a cura dello sportello linguistico per la minoranza slovena)

La festa della «Rožinca» è nostra, ma è molto antica e arriva da lontano

 BENECIA, RESIA E VALCANALE

Il progetto dell’associazione don Eugenio Blanchini «Tradizioni comuni e particolari degli sloveni in Italia»

La tradizione più nota della festa dell’Assunta è la benedizione dei fiori e delle erbe medicinali. In questo antico rito sembrano essere confluiti due filoni distinti: la tradizione secondo la quale la tomba di Maria fu trovata ripiena di fiori dopo la sua Assunzione e la sapienza popolare circa il potere curativo delle piante

Giorgio Banchig

«La Rožinca è nostra, nel senso che solo nella chiesa di Maria Vergine nel comune di Drenchia abbiamo una festa così particolare che altrove non puoi trovare. Tra le tante che ci sono in Benecia, per quel che so, solamente la sagra di Drenchia è così partecipata e onorata che in quel giorno, quanti possono, ritornano a casa. Siamo rimasti in pochi, ma per la Rožinca dentro e fuori della chiesa si raccoglie tanta di quella gente che per un istante ti fa pensare che i nostri paesi e le nostre case sono tornati alla vita» (Trusgnach 2007: 3). Con questa istantanea sulla festa più grande di Drenchia, mons. Marino Qualizza introduce la bella pubblicazione dal titolo Rožinca je naša – Festa dell’Assunzione a Drenchia nella quale Lucia Trusgnach – Škejcova di Oznebrida, emigrata in giovane età a Milano, ha svuotato il suo bagaglio di ricordi, emozioni, sentimenti, riflessioni e impressioni sulla Rožinca che ha vissuto da bambina sui fianchi del Kolovrat e poi ritornandovi ogni volta che le era possibile o soffrendo il «mal di Rožinca» anche nei posti più belli e ambiti delle vacanze.

Per l’autrice e per i suoi compaesani la festa dell’Assunta fa parte di un vissuto irripetibile, unico, incomparabile che sa di impaziente attesa, di intensi preparativi, di odore di gubane, di vestiti nuovi, di raccolta dei fiori «maleodoranti» da portare a benedire, di scampanottio di campane, di messa cantata, di una solenne processione, di un pranzo sontuoso e infine di ballo. Da come lo ha descritto Lucia Trusgnach, valeva la pena aspettare un lungo anno per vivere quel giorno ed emozionarsi ancora. E ogni anno è un imperativo parteciparvi. Tornerò sulla pubblicazione Rožinca je naša per trarne alcuni dati e consuetudini legati alla festa di cui parleremo in questa e nella prossima puntata. «Per l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Con questo solenne enunciato il 1° novembre 1950, nella Basilica di San Pietro, papa Pio XII proclamò il dogma dell’Assunzione della Madonna. Ma quell’atto formale mise semplicemente il sigillo ufficiale dell’autorità della Chiesa a un lungo processo di riflessione teologica sulla salita al Cielo in anima e corpo di Maria, che si tradusse lungo i secoli in una fede vissuta, praticata e manifestata in tutta la Chiesa e concretizzata nell’erezione di basiliche (la chiesa madre di Aquileia è dedicata all’Assunta, così pure il duomo di Cividale, entrambi sedi del Patriarcato aquileiese), chiese e santuari, nella realizzazione di innumerevoli opere d’arte. E si tradusse in una profonda pietà popolare, in tradizioni e usi che sono arrivati fino a noi, magari a brandelli e chissà da dove, che costituiscono parte del nostro patrimonio religioso e culturale e sono capaci ancora di emozionare e coinvolgere la nostra gente.

La tradizione della festa dell’Assunta più nota e praticata, purtroppo sempre meno, nella nostra Benecia è la benedizione dei fiori e delle erbe medicinali. Cerchiamo di capire quali sono la sua origine, l’area di diffusione e il suo significato. Dalle ricerche che ho fatto, emerge l’ipotesi che in questo antico rito, di cui si hanno testimonianze a partire dal secolo X, siano confluiti due filoni distinti di tradizioni e di usanze: da una parte alcune narrazioni che riguardano la dormizione e l’assunzione della Madonna, dall’altra la sapienza e le credenze popolari

dal Dom del 31 luglio 2020

circa il potere curativo e scaramantico delle piante.

«Intanto, nel cielo apparvero delle nubi, che avevano trasportato da ogni dove tutti gli Apostoli, tranne Tommaso, che arrivò solo tre giorni dopo, e li posarono davanti alla casa di Giovanni nel Getsemani, ove abitava anche Maria. La Chiesa tutta, da tutte le parti del Mondo, si riunì nella città di Davide attorno alla sua Santa Madre. Lei li consolò, li benedisse, pregò per la pace nel mondo, e morì. Gli apostoli la seppellirono nel Getsemani. Dopo tre giorni, all’arrivo di Tommaso, questi volle vedere la tomba di Maria, per venerarne il corpo, ma una volta aperto il sepolcro vi trovarono soltanto dei fiori» (//www. reginamundi; cfr. Turnšek 1946: 52; Chiarapini 2007: 168).

In questa narrazione riecheggiano tratti di scritti apocrifi, in particolare il testo greco Dormizione di Maria, classificato come Transito R, sorto a partire dal secolo V e attribuito a «san Giovanni teologo ed evangelista ». Il racconto rientra nel genere dei Transiti (se ne conoscono circa una ventina in varie lingue), che si sono sviluppati in corrispondenza con lo sviluppo del culto mariano dopo il Concilio di Efeso (413). In esso, tra l’altro, si legge: «Il corpo della beata Maria era simile ai fiori del giglio e da esso emanava un profumo così soave che era impossibile trovarne un altro uguale» (www.giovannigiorgi. it/dwn/apocrifi, 30.6.2020).

Quel racconto evoca le parole dei Padri della Chiesa, in particolare l’ode ottava nella quale San Giovanni Damasceno (dopo 650 – 750), fervido sostenitore dell’Assunzione della Madonna, scrive: «Quasi come il giardino della tomba vuota di Cristo, anche la tomba di Maria diventa un nuovo paradiso: “Oh, le meraviglie della sempre vergine e Madre di Dio! Ha reso paradiso la tomba che ha abitata, e noi oggi attorniandola cantiamo gioiosi”» (Nin 2013).

«Più e più volte nei suoi Sermones in dormitionem Mariae Giovanni di Damasco († 750) presenta la sacralità della tomba della Madonna, le profumate fiorite grazie che le sacre spoglie vi hanno lasciato nel momento in cui l’hanno abbandonata, e che saranno dispensate a chiunque vi si accosterà con fede. […] Uno dei motivi che acquista popolarità sempre maggiore in pittura a partire dalla fine del Quattrocento è proprio la raffigurazione del sarcofago vuoto o pieno di fiori, su cui alcuni apostoli si chinano interdetti a cercare il corpo della Madonna, mentre gli altri ancor più attoniti la guardano librarsi in cielo trasportata dagli angeli » (Pasti 2011: 40). Tra i tanti pittori che hanno raffigurato l’Assunzione e la tomba fiorita cito la Pala degli Oddi di Raffaello, la Madonna di Monteluce di Giulio Romano e Pierfrancesco Penni, entrambe nei Musei Vaticani, e poi Luca Signorelli (Museo di Cortona), Andrea della Robbia (La Verna)… Particolarmente espressiva appare la cosiddetta Assunzione Bonassoni di Annibale Caracci nella Pinacoteca di Bologna: un apostolo con aria stupita solleva la mano ricolma di petali di fiori dalla tomba della Madonna, mentre un altro alza il suo bianco sudario.

(15 – continua)

Trusgnach L.-Š (2007): Rožinca je naša – Festa dell’Assunzione a Drenchia, Cividale, Coop. Most.

Chiarapini M. (2007): Suggestioni di parole, Milano, ed. Paoline.

Icona della Dormizione: www.reginamundi.info/icone/ dormizione.asp, 13.06.2020 Nin E. (2013): Giovanni Damasceno per la Dormizione della Madre di Dio. Tomba e morte non l’hanno trattenuta,

collegiogreco.blogspot.com/2013/08/giovanni-damasceno, 14.06.2020. Pasti S. (2011): Giovanni Damasceno e l’iconografia del sepolcro vuoto nell’Assunzione, in Dal Razionalismo al Rinascimento, a cura di Aurigemma M.G., Roma, Campisano editore, 40-46. .

Nella foto: la «Pala degli Oddi» dipinta da Raffaello.


In memoriam

Guglielmo Cerno
conosciuto anche come Viljem Černo (Lusevera24 luglio 1937 – Lusevera22 luglio 2017), è stato un saggistapoeta ed etnografo italiano della minoranza slovena.
 Černo è considerato uno dei protagonisti della vita culturale, associativa e politica degli sloveni in Italia, specificatamente della Slavia friulana, tanto da venir appellato con il titolo di “čedermac della Benecia”

Biografia

Nato in una famiglia slovena di Lusevera il 24 luglio 1937, frequentò le scuole elementari italiane del paese e, su suggerimento di Mario Kont, continuò poi gli studi a Gorizia in una scuola con lingua d’insegnamento slovena. Kont, assieme a Izidor Predan e Vojmir Tedoldi, all’epoca animava il Fronte Democratico Sloveno (Demokratična fronta Slovencev), che invitava le famiglie delle Valli del Torre e del Natisone a iscrivere i figli alle scuole slovene di Gorizia, nonostante le intimidazioni dei circoli nazionalisti italiani locali (in loco era attiva l’organizzazione Gladio) e della stessa Chiesa cattolica.
Successivamente si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Trieste, dove si laureò nel 1968 con una tesi su “Aspetti geografici del fenomeno migratorio in nove Comuni della cosiddetta Slavia Friulana“. Nel 1955 costituì, assieme ad altri beneciani, il Circolo di Cultura Sloveno Ivan Trinko, ad un anno dalla morte del sacerdote, e ne fu il primo segretario ed in seguito presidente. Successivamente costituì a Lusevera il Centro di ricerche culturali e il museo etnografico.
Lavorò come insegnante di italiano nelle scuole del territorio, e fu operatore culturale e organizzatore di eventi legati alla cultura e alla lingua slovena, anche nelle sue varianti dialettali. Fu tra i promotori dell’incontro tra popoli contermini Kamenica e del Dan emigranta (giorno dell’emigrante).
Fu attivo in campo politico locale, dapprima nel 1963 come candidato dei socialisti alle prime elezioni della Regione Friuli-Venezia Giulia dopo lo Statuto Autonomo e poi nel 1964 come amministratore a Lusevera e nella Comunità montana del Torre, in particolare durante gli anni del post-terremoto del Friuli. Per lunghi anni fu componente del comitato regionale della SKGZ (Unione Culturale Economica Slovena), dello SLORI (Istituto di ricerche sloveno) e della Biblioteca Nazionale Slovena e degli Studi di Trieste (Narodna in Študijška Knjižnica), di cui fu presidente dal 2001 al 2010.
Fu autore poetico dialettale, nella variante slovena della Val Torre. Pur essendo la Slavia Friulana il territorio idealmente più lontano dal centro culturale della Slovenia, vi fiorisce ugualmente la letteratura, come dimostrano i diversi autori presenti, tra i quali Guglielmo Černo fu quello con maggior ispirazione lirica e che nelle sue metafore dimostrò maggior ricchezza linguistica e vitale. Sui testi delle sue poesie il sacerdote friulano Oreste Rosso scrisse due canti religiosi, che fanno parte del repertorio del coro per voci maschili “Barski oktet”. Per la raccolta poetica Ko polno je noči ricevette nel 2013 il premio Vstajenje.
Fu uno dei principali artefici della conservazione della variante dialettale dello sloveno delle Valli del Torre, contribuendo – tra l’altro – al recupero della traduzione in dialetto di tre messali, dal titolo “Boava besieda”, e alla realizzazione del volume “Il Glossario del dialetto del Torre di Jan Baudouin de Courtenay”.
Nel 1998 ricevette la Medaglia d’onore della Repubblica di Slovenia per “l’arricchimento della vita culturale tra gli sloveni della Benecia e con esso per il mantenimento e consolidamento della loro coscienza nazionale”. Nel 2010 venne insignito della 10. edizione del Premio Štrekelj, per la sua opera di “tutela della slovenità, della lingua e della cultura slovena ai confini occidentali dello spazio etnico sloveno”.
Il 24 luglio 2017, giorno del suo 80º compleanno, venne programmata una celebrazione in suo onore a Lusevera, organizzata dalla SKGZ e dal Circolo Ivan Trinko, ma non fu possibile realizzarla per la sua improvvisa scomparsa, il 22 luglio. Il 12 gennaio 2018 a Lusevera venne organizzata una manifestazione in suo onore, con la prima presentazione del libro sulla sua vita e le sue opere “Na izpostavljenem mestu”, alla presenza dell’ex presidente della Slovenia Milan Kučan. Successivamente il libro venne presentato a Trieste, a Gorizia e in diverse località della Slovenia (LubianaCaporettoSežana), mentre il settimanale Novi Matajur ne pubblicò a puntate la traduzione in italiano.

Architettura delle Valli del Natisone/Nediške doline

La chiesa di Topolò è di recente costruzione, iniziata nel 1841 e consacrata, nel 1847, a S. Michele Arcangelo patrono del paese. E’ costituita da un’aula rettangolare a soffitto piano, con due altari secondari a fianco dell’arco trionfale a tutto sesto che immette nel presbiterio. Il presbiterio quadrato è concluso con quattro archi a tutto sesto che delimitano il soffitto voltato. L’altare maggiore, posto al centro dell’arco di fondo, è isolato dal muro esterno mediante un deambulatorio. L’interno e l’altare maggiore sono in stile tardo barocco, con lesene, finte colonne e cornici chiaroscurate dalla luce di quattro finestre laterali e dalla lunetta della facciata principale. Adiacente alla facciata principale si alza il campanile a pianta quadrata, con basamento, angoli, e segnapiano in pietra lavorata e squadrata, che termina con la cella campanaria con quattro bifore e copertura a padiglione. Poco distante dalla chiesa, nel luogo di conclusione della processione campestre di S. Marco, si trova una piccola cappella con nicchia ora occupata dalla statua di 5. Giuseppe.

La stufa è di solito costituita da un semplice parallelepipedo in muratura intonacata,ma talvolta è decorata con piastrelle di maiolica

Topolò (Grimacco) stufa decorata con maioliche







tipica casa con ballatoio di legno
dal web

Abitazioni alquanto caratteristiche, sempre più rare del resto, sono solo nei villaggi più discosti dalle strade. Dalla facciata principale di ogni casa, sporgono poggiuoli, talvolta doppiamente sovrapposti, spesso lavorati con pretese d'arte, che servono da essiccatoi; vicino alle case in montagna, specialmente nella zona di Drenchia, vi sono le kaste, appositi edifizi, specie di guardarobe, in cui ripongono di ogni cosa; e in quel di Savogna le supe, dove raccolgono foraggi e foglie secche. La casa primitiva ha un solo ambiente, con due piani, è quasi scomparsa: se ne conservano ancora degli esemplari, ma ordinariamente servono da stalle o fienili. Nelle izbe (sale da mangiare) di buona parte della montagna, specie nel distretto di S. Pietro, sono caratteristici forni-stufe (pec) che nella stagione invernale durante la notte vengono convertite in lettiere, distendendovi sopra le coltri. A Montefosca, ad Erbezzo, a Mersino ho notato molti passaggi a galleria sotto le case, e nel primo dei detti villaggi danno assai nell'occhio numerosi pozzi-cisterne, in cui si raccoglie l'acqua piovana che scola dai tetti, resi necessari dalla scarsezza delle acque di sorgente. Finalmente dappertutto richiamano l'attenzione i cortili, intorno ai quali vi sono le abitazioni di parecchie famiglie, di solito aventi lo stesso cognome, assai probabilmente originate da un'unica famiglia primitiva divisasi in più parti. Un tempo il maggior numero dei tetti erano coperti di paglia: oggi lo sono sempre meno, sia a causa d'incendi onde spesso furono bruciati interi villaggi, come Cepletischis, Drenchia superiore, Lombai; sia perchè realmente un notevole progresso edilizio si è fatto strada dovunque. Tali tetti sono ancora abbastanza frequenti in quel di Drenchia dove c'è una relativamente copiosa produzione di frumento; rarissimi nelle parti più elevate di alcuni altri comuni, come: Savogna, Rodda, Platischis. In questo ultimo, nel villaggio di Monteaperta, parecchie case hanno il tetto ancora coperto di lastre di pietra e circa 30 anni fa lo avevano tutte.
testo tratto dalla guida delle Prealpi Giulie di Olinto Marinelli  del 1912
fonte https://www.liberliber.it/mediateca/libri/m/marinelli/guida_delle_prealpi_giulie/pdf/marinelli_guida_delle_prealpi_giulie.pdf

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