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1 set 2022

Gorbaciov in Friuli

Gorbaciov nel 1995 fece visita all'Electrolux (Zanussi) anticipando il dominio delle multinazionali

Un rimprovero che fece storia davanti ai manager svedesi. Poi la notte a Villa Ottoboni e l’aneddoto sulla grappa.Mio marito che lavorava alla Zanussi ebbe l'onore di stringergli la mano.

.Nel marzo '95 fu ospite a Gorizia, presso l'Ente Fiera, in una conferenza organizzata dall'Anolf (Associazione oltre le Frontiere) sul tema: la difficile transizione. Europa dell'Est, tra speranze e conflitti. Intervennero anche Sergio D'Antoni e Fulvio Molinari, all'epoca inviato speciale del Tg1 Rai. La delegazione russa comprese, oltre che Gorbaciov e consorte, anche Vadim Zagladin e Anatoli Cernaiev, consiglieri e diretti collaboratori dello statista russo.
Abbiamo perso un grande uomo di pace amato in tutto il mondo,uomo di pace che ha ricevuto il premio nobel per la pace.verranno fatti i funerali di stato e riposera' accanto alla moglie raissa.Che la terra gli sia lieve!!!


16 ago 2022

Guerra in Ucraina, quale futuro per la memoria europea?

Mappa d'Europa - © Shutterstock

 Alla radice del conflitto in corso, c’è anche la diversa percezione che i vari paesi europei hanno della sconfitta del nazifascismo e del crollo dell’Unione Sovietica. Una “guerra simbolica” che andava avanti da tempo

25/07/2022 -  Francesco Brusa

(Pubblicato originariamente il 16 giugno Dinamopress.it  )

Ha detto Julian Assange, che al momento rischia di essere estradato dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, che «negli ultimi anni, le guerre iniziano molto spesso per via di bugie diffuse dai media». Di sicuro, almeno sul piano discorsivo, quella della Russia contro l’Ucraina è stata preceduta da una palese mistificazione, che Putin ha “formalizzato” nella sua dichiarazione del 22 febbraio e che le élite russe hanno poi più volte ripreso e rimaneggato col procedere dell’attuale invasione: la necessità di mettere in atto una “de-nazificazione” del territorio e della popolazione nella vicina repubblica.

Il riferimento più diretto, com’è noto, è agli eventi dell’Euromaidan del 2013-14 in cui una sollevazione popolare rovesciò il governo dell’allora presidente ucraino Yanukovich e in cui ottennero grande visibilità e spazio di agibilità politica le forze di ispirazione nazionalista e neo-nazista di Pravy Sektor e Svoboda (con la conseguente formazione del battaglione Azov, che combatterà poi in Donbass). Ma, al di là delle contingenze specifiche, le affermazioni del presidente russo e dei suoi sodali affondano in un più ampio processo di costruzione della memoria e di “re-invenzione del passato” che prosegue da decenni, e non solo in Russia ma sull’intero territorio europeo.

Ma, anzi, è forse lecito affermare che pure il periodo post-Guerra Fredda è di fatto cominciato con una sorta di “menzogna”, o perlomeno di omissione: il fatto che, benché fredda, quella appena conclusa fosse appunto una guerra, con i suoi vincitori e i suoi vinti. E i vinti, chiaramente, furono l’Unione Sovietica (come entità ed esperienza politica complessa, non solo territoriale) e una certa concezione del “comunismo” (non solo a est).

Ma, al di là dei grandi proclami (che fin dall’inizio andavano comunque in direzioni lievemente divergenti: se Gorbachëv parlava dell’Europa come «casa comune» dei popoli, sottintendendo una visione implicitamente pluralistica, il suo omologo Bush sognava un’Europa «whole and free», ponendo l’accento su una concezione delle democrazia di stampo più smaccatamente liberale), un tale dato di fatto non fu mai realmente certificato in maniera condivisa. Non fu certificato, cioè, da un tentativo ampio e concordato di ridisegnare gli assetti globali, o quantomeno regionali, e soprattutto dal tentativo di elaborare un’interpretazione condivisa – fra “est” e “ovest” – di cosa fosse stata l’esperienza nazifascista e la seconda Guerra Mondiale, che significato attribuire al termine “totalitarismo” e quali esigenze portava con sé, da ambedue i lati del muro, la fine della Guerra Fredda.

continua a leggere https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Guerra-in-Ucraina-quale-futuro-per-la-memoria-europea-219021

Per non irritare i follower russi non scriverò più nulla sulla guerra Russia Ucraina!!!

15 mag 2021

Tel Aviv si prepara all’attacco di terra, il rischio genocidio si fa alto

 Proseguono sia il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele che i raid aerei contro i territori palestinesi. Ma la notizia che desta grandi preoccupazioni  è l'ammassamento di truppe e carri armati per  una possibile invasione di terra della Striscia. In quel caso, vista la densità abitativa dell'area la battaglia finirebbe per essere casa per casa con conseguenze drammatiche per i civili. Intanto a  livello internazionale sono decisamente tiepidi i tentativi di fermare questa ennesima guerra mediorientale tanto che viene il sospetto che si attenda che la strapotenza militare israeliana faccia passi avanti occupando nuove terre da "colonizzare". In Italia dopo la finta manifestazione per la pace, che in realtà è stata tutta indirizzata a sostenere Israele e la tesi dell'aggressione di Hamas, dimenticando che il fattore scatenante è stato lo sfratto e l'occupazione di case abitate da palestinesi da oltre 50 anni, ha sorpreso la "santa alleanza" tutta schierata acriticamente pro Israele: Partito Democratico compreso, fatto che sta creando alcuni malumori soprattutto nella base.  Certo Hamas è una organizzazione paramilitare islamista  dai programmi e metodi più che discutibili, ma non tutti i palestinesi sono seguaci di Hamas, così come non tutti gli israeliani appoggiano il governo  Netanyahu. Insomma come iperbole possiamo dire che i capi di  Hamas stanno ai civili palestinesi, come i civili israeliani stanno al governo Netanyahu. Scandaloso è inoltre il modo con il quale soprattutto le televisioni stanno "coprendo" questa guerra,  una comunicazione tutta a senso unico.  Fra le poche voci che sono riuscite a rompere il muro di omertà mediatica c'è Moni Ovadia che in varie interviste rilanciate soprattutto sul web è stato chiarissimo ma soprattutto durissimo con Israele:   "La politica di questo governo israeliano è il peggio del peggio. Non ha giustificazioni, è infame e senza pari. Vogliono cacciare i palestinesi da Gerusalemme est, ci provano in tutti i modi e con ogni sorta di trucco, di arbitrio, di manipolazione della legge. E' una vessazione ininterrotta che ogni tanto fa esplodere la protesta dei palestinesi, che sono soverchiamente le vittime, perché poi muoiono loro, vengono massacrati loro". "La politica di Israele è segregazionista, razzista, colonialista -scandisce l'attore, musicista e scrittore di origine ebraica- E la comunità internazionale è di una parzialità ripugnante. Tranne qualche rara eccezione, paesi come la Svezia e qualche paese sudamericano, non si ha lo sguardo per vedere che la condizione del popolo palestinese è quella del popolo più solo, più abbandonato che ci sia sulla terra perché tutti cedono al ricatto della strumentalizzazione infame della shoah". Moni Ovadia spiega ancora meglio: "Tutto questo con lo sterminio degli ebrei non c'entra niente, è pura strumentalizzazione. Oggi Israele è uno stato potentissimo, armatissimo, che ha per alleati i paesi più potenti della terra e che appena fa una piccola protesta tutti i Paesi si prostrano, a partire dalla Germania con i suoi terrificanti sensi di colpa". "Io sono ebreo, anch'io vengo da quel popolo -incalza l'artista- Ma la risposta all'orrore dello sterminio invece che quella di cercare a pace, la convivenza, l'accoglienza reciproca, è questa? Dove porta tutto questo? Il popolo palestinese esiste, che piaccia o non piaccia a Nethanyau. C'è una gente che ha diritto ad avere la propria terra e la propria dignità, e i bambini hanno diritto ad avere il loro futuro, e invece sono trattati come nemici".

E sulle reazioni della comunità politica internazionale e in particolare dell'Italia, Ovadia è netto: "Ci sono israeliani coraggiosi che parlano, denunciano -affonda- Ma la comunità internazionale no, ad esempio l'Italia si nasconde dietro la sua pavidità, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ci dovrebbe essere una posizione ferma, un boicottaggio, a cominciare dalle merci che gli israeliani producono in territori che non sono loro". La pace "si fa fra eguali, non è un diktat come vorrebbero gli israeliani -conclude Moni Ovadia- Io non sono sul foglio paga di nessuno, rappresento me stesso e mi batto contro qualsiasi forma di oppressione, è il mio piccolo magistero. Sono con tutti quelli che patiscono soprusi, sopraffazioni e persecuzioni e questo me l'ha insegnato proprio la storia degli ebrei. Io sono molto ebreo, ma non sono per niente sionista".

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