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Arzstava in predstavitev bukva v Beneški galeriji/Mostra e presentazione di un libro alla Beneška galerija

 >>ŠPIETAR

>>v četartak, 20. luja, ob 18.
bojo v Beneški galeriji odparli arzstavo »29 mesecev bojev ob Soči« in predstavili bukva »Zgodbe na Poti miru: zapisi s soške fronte«. Parpravljata Društvo beneških umetnikov in Kobariški muzej. Arzstava bo na ogled do 20. vošta, vsak dan od 10. do 13. in od 14:30 do 17:30.

>>SAN PIETRO AL NATISONE
>>giovedì, 20 luglio, alle 18
si terrà alla Beneška galerija l’inaugurazione della mostra «29 mesi di lotta sull’Isonzo» e la presentazione del libro «Storie sul Sentiero di pace: scritti dal fronte dell’Isonzo». Organizzano l’Associazione degli artisti della Benecia e il museo di Kobarid. La mostra sarà visitabile fino al 20 agosto, ogni giorno dalle 10 alle 13 e dalle 14.30 alle 17.30.

dal Dom


Festa degli ex emigranti


 Domenica 31 luglio, alle ore 13:00,a Lusevera (Bardo) nell'ambito dell'ex Festa degli emigranti,sarà presentato il libro con i racconti trascritti nel dialetto sloveno del Torre dallo studioso Milko Matičetov 🧑‍👨‍🎓 nel 1940. Siete tutti invitati.Il Museo è aperto dal giovedi alla domenica dalle 10:30 alle 17:30! Passate a trovarci a Lusevera | Bardo!



DOMENICA: libri

 L'armata dei fiumi perduti è un romanzo storico di Carlo Sgorlon del 1985. Racconta la storia dell'occupazione da parte dell'armata cosacca in Carnia durante il periodo successivo all'armistizio dell'8 settembre 1943, vista da una piccola comunità locale. Con questo romanzo Sgorlon vinse il Premio Strega nel 1985

MARTEDI' poesia

 


Come tutto si fa strano e difficile,

come tutto è impossibile, tu dici.
La tua vita è quaggiù dove rimbombano
le ruote dei carriaggi senza posa
e nulla torna se non forse in questi
disguidi del possibile. Ritorna
là fra i morti balocchi ove è negato
pur morire; e col tempo che ti batte
al polso e all’esistenza ti ridona,
tra le mura pesanti che non s’aprono
al gorgo degli umani affaticato,
torna alla via dove con te intristisco,
quella che additò un piombo raggelato
alle mie, alle tue sere:
torna alle primavere che non fioriscono.
I maestri: Eugenio Montale

il libro della domenica




 L'appuntamento che non ti aspetti:

Dino Bauk presenta "I sognatori di Lubiana" al Festival
Dal Mississippi al Po festival !martedì 14 giugno ore 18.30
Piazzale San Lorenzo - Parma
Il posto giusto per un romanzo pieno di musica!
Il libro?

martedì 14 giugno ore 18.30…
Altro...

LIBRI

 


GUERRA E PACE -Tolstoj

Meditata a partire dal 1863, più volte rivista e riscritta fino alla versione del 1886, "Guerra e pace" è l'opera più nota di Tolstòj e una delle più lette e amate della letteratura universale. In queste pagine di altissima scrittura, in cui spiccano le celeberrime figure della contessina Natàsha Rostòva e del principe Andréj Bolkònskij, si narrano le vicende di due famiglie dell'aristocrazia russa, i Bolkònskij e i Rostòv appunto, sullo sfondo della Russia patriarcale e contadina devastata dalle guerre e dall'invasione di Napoleone, ma ancor più sconvolta dall'influsso, borghese e civilissimo, dell'Europa occidentale. Della Grande Russia di inizio Ottocento "Guerra e pace" è infatti insieme il magnifico epos e la struggente elegia. Un capolavoro che esce dagli angusti confini del romanzo.

Guerra e pace mescola personaggi di fantasia e storici; essi vengono introdotti nel romanzo nel corso di una soirée presso Anna Pavlovna Scherer nel luglio 1805Pierre Bezuchov è il figlio illegittimo di un conte benestante che sta morendo di ictus: egli rimane inaspettatamente invischiato in una contesa per l'eredità del padre. L'intelligente e sardonico principe Andrej Bolkonskij, marito dell'affascinante Lise, trova scarso appagamento nella vita di uomo sposato, cui preferisce il ruolo di aiutante di campo (aide-de-camp) del Comandante Supremo Michail Illarionovič Kutuzov nell'imminente guerra contro Napoleone. Apprendiamo pure dell'esistenza della famiglia moscovita dei Rostov, di cui fanno parte quattro adolescenti. Fra loro, s'imprimono soprattutto nella memoria le figure di Natal'ja Rostova ("Nataša"), la vivace figlia più giovane, e di Nikolaj Rostov, il più anziano ed impetuoso. A Lysye Gory ('Colline calve'), il principe Andrej affida al proprio eccentrico padre, ed alla mistica sorella Marja Bolkonskaja, sua moglie incinta e parte per la guerra. all'inizio del romanzo

Uno dei personaggi centrali di Guerra e pace è senz'altro Pierre Bezuchov. Ricevuta un'eredità inattesa, è improvvisamente oberato dalle responsabilità e dai conflitti propri di un nobile russo. Il suo precedente comportamento spensierato svanisce, rimpiazzato da un dilemma tipico della poetica di Tolstoj: come si dovrebbe vivere, in armonia con la morale, in un mondo imperfetto? Si sposa con Hélène, la bella ed immorale figlia del principe Kuragin, andando contro il suo stesso miglior giudizio. Preso dalla gelosia affronta in un duello il suo presunto rivale e malgrado non abbia mai impugnato una pistola lo vince. Si separa dalla moglie lasciandole metà del patrimonio quando in preda a riflessioni e sommerso da dubbi sulla vita incontra i massoni e ne diventa confratello. Pieno di buone intenzioni tenta di liberare i suoi contadini o servi della gleba ma viene imbrogliato dai suoi amministratori e non ottiene niente per migliorare le loro condizioni di vita, tenta anche di migliorare i suoi fondi agrari, ma in definitiva non ottiene risultati.

Il principe Andrej, la cui moglie Lise è nel frattempo morta di parto, rimane gravemente ferito durante la sua prima esperienza guerresca. Decide, in seguito a profonde riflessioni, di dedicarsi all'amministrazione delle sue proprietà; è in questo periodo che inizia a frequentare la casa dei Rostov e si innamora, ricambiato, della giovane Nataša. Amore osteggiato dal vecchio padre di lui, la cui ostilità fa decidere al principe Andrej di separarsi per un anno da Nataša, in attesa che il loro amore si consolidi.

Durante quest'intervallo Hélène e suo fratello Anatole tramano per far sì che quest'ultimo seduca e disonori la giovane e bella Nataša Rostova. Il piano fallisce in extremis; ma Andrej, venutone a conoscenza, ripudia Nataša, che cade in una profonda depressione; tuttavia, per Pierre, è causa di un importante incontro con la giovane Rostova.

Quando Napoleone invade la Russia, Pierre osserva la Battaglia di Borodino da distanza particolarmente ravvicinata, sistemandosi dietro agli addetti di una batteria di artiglieria russa, ed apprende quanto la guerra sia realmente sanguinosa ed orrida. Quando la Grande Armata occupa Mosca, in fiamme ed abbandonata per ordine del governatore Fëdor Vasil'evič Rostopčin Pierre intraprende una missione donchisciottesca per assassinare Napoleone, e viene fatto prigioniero di guerra. Dopo essere stato testimone del saccheggio perpetrato dai francesi su Mosca, con relative fucilazioni di civili, Pierre è costretto a marciare con le truppe nemiche nella loro disastrosa ritirata. Successivamente viene liberato da una banda russa che sta conducendo un'incursione. Andrej, ancora innamorato di Nataša, rimane ferito nella battaglia di Borodino ed alla fine muore dopo essersi ricongiunto a Nataša prima della fine della guerra. Pierre, rimasto vedovo, si riavvicina a Nataša mentre i russi vincitori ricostruiscono Mosca. Pierre conosce finalmente l'amore e sposa Nataša, mentre Nikolaj sposa Mar'ja Bolkonskaja.

Tolstoj ritrae con efficacia il contrasto tra Napoleone ed il (già ricordato) generale russo Kutuzov, sia in termini di personalità, sia sul piano dello scontro armato. Napoleone fece la scelta sbagliata, preferendo marciare su Mosca ed occuparla per cinque fatali settimane, quando meglio avrebbe fatto a distruggere l'esercito russo in una battaglia decisiva. Kutuzov rifiutò di sacrificare il proprio esercito per salvare Mosca: al contrario, dispose la ritirata e permise ai francesi l'occupazione della città. Una volta dentro a Mosca, la Grande Armée si disperse, occupando abitazioni più o meno a casaccio; la catena di comando collassò, e (ineluttabilmente, a giudizio di Tolstoj) ne derivò la distruzione di Mosca a causa di un incendio.

Tolstoj spiega che ciò era inevitabile, perché quando una città costruita in buona parte in legno è lasciata in mano a stranieri, che naturalmente cuociono cibi, fumano pipe e tentano di scaldarsi, necessariamente si attizzano dei focolai. In assenza di un qualche servizio antincendio organizzato, questi roghi avrebbero arso buona parte della città. Dopo gli incendi, l'esercito francese, prossimo allo sbando, tenterà di guadagnare la via di casa, subendo però la durezza dell'inverno russo e le imboscate dei partigiani locali.

Napoleone prese la sua carrozza, con una muta di cavalli veloci, e partì alla testa dell'esercito, ma la maggior parte dei suoi non avrebbe più rivisto la patria. Il generale Kutuzov è convinto che il tempo sia il suo più valido alleato: continua a procrastinare la battaglia campale, mentre in effetti i francesi sono decimati dalla loro penosa marcia verso casa. Sono poi pressoché annientati quando i cosacchi sferrano l'attacco finale, nella battaglia della Beresina.

NUOVA PUBBLICAZIONE


 È da poco uscita la nuova pubblicazione, in italiano e sloveno, dal titolo «La toponomastica di Camporosso in Valcanale – Toponimi v Žabnicah v Kanalski dolini»!

A esaminare i toponimi di Camporosso col circondario e il Monte Santo di Lussari è Alessandro Oman. Come spiega l'autore stesso nell'introduzione, il libro è stato preparato a partire dal materiale in cui si era imbattutto qualche anno fa al Palazzo Veneziano di Malborghetto. Già nel 2010 Antonio Kravina di Camporosso, vulgo "Ringar", aveva collocato molti toponimi su alcune vecchie cartine dell'Azienda di Stato per le Foreste demaniali. Nel procedimento era stato aiutato dall'amministrazione forestale di Tarvisio, dal Consorzio agrario Vicinia di Camporosso e da Lidia Kravanja, Lorenzo Alberti e Roberto Palmieri.
All'ulteriore ricerca di Oman non è mancato il supporto di altri anziani e informatori camporossiani.
A pubblicare il nuovo prezioso libro, con traduzione in sloveno di Jelka Cvelbar, è stata l'Associazione/Združenje don Mario Cernet col sostegno della Confederazione delle organizzazioni slovene/Svet slovenskih organizacij e dell'Ufficio governativo della Repubblica di Slovenia per gli sloveni d'oltreconfine e nel mondo/Urad Vlade RS za Slovence v zamejstvu in po svetu.

Pubblicata la Stele di Nadal

 


Pubblicata la strenna natalizia che accompagna il lettore tra storia, arte, tradizioni, economia e nuova imprenditorialità

Un anno di Friuli, tra passato, presente e futuro, tra storia, arte e tradizioni, ma anche economia, nuova imprenditorialità che nasce nella nostra terra, sport. È tutto questo l’edizione 2022 di Stele di Nadâl, l’almanacco curato dal settimanale la Vita Cattolica, da 74 anni strenna natalizia immancabile per le famiglie friulane.
A dare il benvenuto è la copertina, quest’anno affidata all’artista romana d’origine, ma venzonese d’adozione Emanuela Riccioni, che, con la tecnica del collage, ha composto un presepe ambientandolo in una notte dai colori caldi, a dire il senso di accoglienza e calore che rappresenta il Natale.

Anche quest’anno ad aprire gli interventi è Pre Vigji Glovaz con «L’an (l’om) vieri e chel gnûf (2022)», un’intensa riflessione che, personificando i concetti di passato e futuro, ci indica la strada per vivere il tempo, mantenendo dell’om vieri «une prese di esperience» e imparando con «l’an piçul» a «tignî spalancade la puarte dal cûr par che a jentrin chês novitâts forestis che mi fasaran cressi».


Ad accompagnare il calendario, in ogni mese, ci sono le poesie in lingua friulana di Alida Pevere, capaci di vivide descrizioni realistiche dal significato simbolico, come quando, a gennaio, definisce le case di sassi come il luogo in cui «te frede piere» c’è il «calôr de vite».

Novità nelle 12 rubriche che scandiscono i mesi dell’anno. Gabriella Bucco ci porta alla scoperta de «I Santi nell’arte friulana», con una minuziosa descrizione di tutte le opere d’arte che in Friuli ritraggono i principali santi, compresi quelli friulani.

Valentina Zanella e Valentina Pagani, con l’aiuto di varie guide della Federazione italiana guide turistiche FVG, ci portano invece alla scoperta degli itinerari più belli e suggestivi nella nostra regione, da un inedito percorso sul Carso triestino a Sappada vecchia, dalla Cividale longobarda ai luoghi dello scrittore Ippolito Nievo.
E a proposito di letteratura, un’intera rubrica è dedicata a come gli scrittori, friulani, ma non solo, hanno raccontato il nostro territorio. Anna Piuzzi ha creato una vera antologia spulciando descrizioni suggestive da Sergio Maldini a Umberto Saba, da Flavio Santi a Antonella Sbuelz.

Una fotografia del teatro amatoriale è presente nella rubrica «Compagnie in scena» di Monika Pascolo, che ci racconta le vicende dei più importanti gruppi teatrali come «La Gote» di Segnacco, con i suoi 100 anni di storia, o l’udinese «Barabàn», la più longeva della città.

Giovanni Lesa traccia invece i momenti più significativi della storia dell’Arcidiocesi di Udine, a partire dalla sua costituzione nel 1751, con la bolla papale di soppressione del Patriarcato di Aquileia.

Un piccolo manuale di architettura «spontanea» friulana è la rubrica «Cjasis furlanis» di Gianfranco Ellero. Affidandosi ad un ricco apparato di foto d’epoca, ci mostra gli elementi tipici e da salvaguardare degli edifici friulani.
Mario Martinis, invece, ci racconta, in 12 puntate scritte in lingua friulana, «Il cîl dai furlans», ricostruendo, in base alle tradizioni e agli usi, lo sguardo sugli astri dei friulani.

Guarda al passato, ma anche al futuro la rubrica «Tesori di Carnia» dove Barbara Cedolini ci offre i ritratti di coraggiosi artigiani e agricoltori che hanno rilanciato produzioni e attività tipiche del territorio con un occhio all’innovazione. Mentre Matteo Bellotto nelle sue «Storie di vino e di Friuli» racconta il carattere dei più famosi vini del territorio, dal Refosco al Pignolo, al Tazzelenghe e Malvasia, abbinandoli a piatti gustosi.

Sul fronte dello sport, Simone Narduzzi presenta i ritratti di atleti poco conosciuti, ma campioni veri, come Antonio Fantin, oro nel nuoto alle Paralimpiadi di Tokyo.

Non mancano, poi i temi di attualità e approfondimento. Massimo Crapis, direttore del reparto di Malattie infettive dell’Azienda sanitaria Friuli Occidentale, spiega da medico l’eredità del Covid sulla sanità regionale. Maurizio Ionico propone 10 progetti pilota per il Pnrr friulano. Duilio Corgnali ricorda «Turoldo: pellegrino friulano» nel centenario della nascita. Carlo Gaberscek fa una carrellata sui film girati in Friuli nell’anno appena trascorso; Stefano Damiani ricorda Adelaide Ristori, la grande attrice nata a Cividale cent’anni fa, e Anna Piuzzi i 100 anni della Scuola mosaicisti di Spilimbergo; Marco Anzovino parla di come educare i ragazzi; Cesare Scalon del progetto di valorizzazione dell’antica chiesa di San Francesco a Udine, Veronica Rossi delle creature magiche dell’immaginario popolare friulano, Tiziana Angotzi delle opportunità turistiche delle Grotte di Villanova.
Infine, l’angolo dello svago con «Ridi ma no masse», le barzellette in marilenghe di Michele Polo, e «La parola chiave», il cruciverba a tema di Bruno Fontanini.
https://www.ilfriuli.it/articolo/cultura/un-anno-di-friuli-con-l-almanacco-stele-di-nad%C3%A2l-/6/257736

    LA FIAMMA NERA

     Finalmente ci siamo! La storia dell'incendio appiccato dai fascisti e che ha distrutto, 101 anni fa, il Narodni dom, la casa della cultura slovena di Trieste. Un lunghissimo lavoro di traduzione e impaginazione. Ma il 12 luglio sarà pronta per essere letta e divulgata!

    💚 🇸🇮 🇮🇹 Gli autori sono Ivan e Zoran Smiljanić, la traduzione è di Darja Betocchi e la prefazione di Davide Toffolo 💪

    Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "RESESNE MaB AEU 1000 LA FIAMMA NERA IL ROGO DEL NARODNI DOM TRIESTE Soggetto Disegni di ZORAN SMILJANIĆ testi di IVAN ZORAN SMILJANIĆ TEEN PHMNE LA 1920 SNNNIG የንTRN REDN NAN Traduzione di DARJA BETOCCHI Prefazione di DAVIDE TOFFOLO qudu"
    Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "RESESNE MaB AEU 1000 LA FIAMMA NERA IL ROGO DEL NARODNI DOM TRIESTE Soggetto Disegni di ZORAN SMILJANIĆ testi di IVAN ZORAN SMILJANIĆ TEEN PHMNE LA 1920 SNNNIG የንTRN REDN NAN Traduzione di DARJA BETOCCHI Prefazione di DAVIDE TOFFOLO qudu"

    KV EDIZIONI


     Quest'anno ricorre l'anniversario del terremoto del Friuli di 45 anni fa, vogliamo ricordare questo dramma che ha segnato così profondamente le nostre vite e la nostra storia con un libro della grande scrittrice friulana Bruna Sibille-Sizia, "Un cane da catena", scritto dieci anni dopo il terremoto e il primo ambientato in questo tragico scenario.

    Dalla biografia dell'autrice scritta da Martina Delpiccolo:
    "Un cane da catena è il terzo romanzo pubblicato dalla scrittrice Bruna Sibille-Sizia con Doretti Editore nel 1987, /…/ il primo romanzo sul terremoto in Friuli, “romanzo-documento” corredato di fotografie scattate dalla stessa scrittrice-giornalista. Straordinaria ed originale la prospettiva della storia narrata. Pur essendo costruito in terza persona con un narratore esterno, come la maggior parte dei romanzi dell’autrice, la scrittura, l’incedere e l’impianto, sapientemente ideati, inducono il lettore ad assumere il punto di vista del protagonista a quattro zampe. /.../ Proviamo a immaginare un terremoto devastante che provoca macerie, polvere, corpi incastrati sotto cumuli di pietre. Ecco allora che, in quel dramma umano, solo un cane può percepire i segnali inquietanti della natura e può muoversi poi nell’inferno della distruzione senza quasi vedere, ma annusando, raspando tra la polvere e le macerie, odorando la terra che ha tremato, riconoscendo con l’olfatto il sangue o magari il suo padrone. Così la scrittrice sceglie, in un certo senso, di far indossare ad un cane una cinepresa, con cui ad altezza di muso permette a noi lettori di cercare, annusare, sentire. La prospettiva del suo romanzo sul terremoto, sulla terra che trema è dunque volutamente “raso terra” a suggellare una scrittrice che è essenzialmente “tellurica”, che della terra registra e ascolta respiro e anima. Ma il cane diventa “altro”, rivelandosi un “traduttore”, un mediatore tra la natura, così ostile nell’evento sismico, e l’uomo.
    (M. Delpiccolo, Una voce carpita e sommersa, pp. 220-221)

    Torna nelle librerie “La Carnia di Antonelli”

     


    Nel giugno del 1980 veniva stampata la prima edizione del volume La Carnia di Antonelli. Ideologia e realtà. Non si può certo sostenere che si tratti di una pubblicazione come tante, dal momento che essa rappresenta probabilmente una delle più importanti produzioni culturali del nostro territorio montano e, insieme, come testimoniano le varie ristampe succedutesi nel tempo, uno dei libri più diffusi sulla Carnia e in Carnia.

    Il successo editoriale che da subito ha incontrato questa iniziativa si deve innanzitutto alla bellezza e alla straordinarietà delle immagini del fotografo Umberto Antonelli (1882-1949): basti pensare alla sequenza relativa alla ardita costruzione del ponte in cemento ad arcata unica sull'orrido del Lumiei, opera indispensabile lungo la strada che da Ampezzo porta a Sauris; o alle caratteristiche strutture in legno delle case di Forni di Sotto, interamente distrutte nel 1944 a causa dell'incendio appiccato per rappresaglia dai tedeschi e dai fascisti; o alle riprese della fluitazione dei tronchi che si effettuava sul Degano, con le vedute del loro arrivo e della prima lavorazione presso la Segheria De Antoni di Villa Santina. Quello che, però, fa de La Carnia di Antonelli un prodotto ancora più originale, che continua a rimanere di attualità nonostante il passare degli anni, è l'innovativa impaginazione curata da Renato Calligaro, la scelta di “addentrarsi” nei particolari fissati sulle lastre e di commentare le immagini con testi ricavati da libri, giornali d'epoca e, oggi ancor più preziose, testimonianze orali.

    Il libro è suddiviso in sette capitoli - lavoro agricolo e condizione della donna; trasporti e opere pubbliche; industria; cooperativismo; idroelettrica; scuola e acculturazione; l'uomo e la casa – ed è arricchito da una preziosa prefazione del poeta Leonardo Zanier.

    Al Gruppo “Gli Ultimi” di Tolmezzo va riconosciuto, dunque, un duplice merito: in primo luogo, quello di aver salvato dalla distruzione ciò che restava dell'archivio del fotografo di origini padovane e, successivamente, quello di averlo fatto conoscere e reso disponibile attraverso la mostra fotografica e, soprattutto, la pubblicazione del libro, attività, queste, è bene sottolinearlo, interamente auto-finanziate con la collaborazione di altri circoli culturali e di privati, nella assoluta assenza delle principali istituzioni pubbliche, fatta eccezione per il Comune di Enemonzo, località nella quale Antonelli visse ed esercitò la professione di farmacista dal 1912 al 1949.

    Con un certo orgoglio i curatori possono così sostenere che, ancora oggi, La Carnia di Antonelli continua a svolgere efficacemente quella che, fin dalla sua uscita, era apparsa essere una triplice funzione: offrire ai turisti e agli ospiti un bel “biglietto da visita” del nostro territorio; costituire un riferimento fondamentale per chi si avvicina allo studio della Carnia e della sua storia contemporanea; rappresentare una “guida” e uno stimolo per far riscoprire ai carnici e a chi dalla Carnia era stato costretto ad emigrare, le proprie radici.

    A quarant'anni dalla prima edizione e a quindici anni dall'ultima ristampa, rispondendo a numerose richieste e sollecitazioni, il Gruppo “Gli Ultimi” ha deciso di ripubblicare questo libro che da tempo era esaurito.

    https://www.legambientefvg.it/component/content/article/2-uncategorised/2339-torna-nelle-librerie-la-carnia-di-antonelli?Itemid=101

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