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23 mag 2022

Mappa dei Paesi Slavi

 


L’Europa slava è formata da terre europee ove si parlano lingue slave e si distingue dalle altre due macroregioni a lingua e cultura germanica e latina. I paesi slavi sono Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Montenegro, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica di Macedonia, Russia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Ucraina e Transnistria.

La religione predominante è il cristianesimo (Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica), mentre l’islam è ampiamente praticato in Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Russia e Sandžak. https://linguaecultura.academy/2018/05/08/mappa-dei-paesi-slavi-%D0%BA%D0%B0%D1%80%D1%82%D0%B0-%D1%81%D0%BB%D0%B0%D0%B2%D1%8F%D0%BD%D1%81%D0%BA%D0%B8%D1%85-%D1%81%D1%82%D1%80%D0%B0%D0%BD/



Mappa digitale  sul bilinguismo visivo nell'area soggetta a tutela degli Sloveni in Friuli Venezia Giulia


11 ago 2020

Ta pyrwa cirköw ta-na Solbici - La prima chiesa di Stolvizza


11KamenTa pyrwa cirköw ta-na Solbici na jë bila norëd lëta 1628 ano nji te sveti to jë bil wžë itadej Sveti sin Karlö Boromejski (1538 – 1584).

Tu-w numo dokuminto od lëta 1642 to jë napïsano, da ita stara cirköw jë bila ‘ai piedi della vila’, to prïdë raćët ito, ki počnüwala ves, po nes ta-na Wortë. Ito blïzo so bile pa ïše. Lëta 1746 no nuć, ki jë bila üda ura, jë se prëderl öblak anu to pajalo wkrej cirkuw anu pa ïše. To pajalu wsë nu w potök. Od ise ïš se mörë vïdët nešnji din no višklažono pënć, ki na jë ģona blïzu krïža, ka spomenja, da ninki nur ito jë bila cirköw. Po isin se jë zbralo naredit cirköw ta-na Lazo tej jo šćalö vïdimo. (s. q.)

La prima chiesa di Stolvizza/Solbica fu  eretta nel 1628 e già allora intitolata a San Carlo Borromeo (1538 – 1584).

In un documento del 1642 si può leggere come questa chiesa si trovasse ‘ai piedi della vila’, ossia lì dove iniziava il paese, nella località che in dialetto sloveno resiano si chiama ta-na Wortë. Lì vicino si trovavano delle case. Nel 1746, una notte la forte pioggia provocò una frana e la chiesa e le case collassarono nel torrente. Camminando per Stolvizza, di tali edifici possiamo ancora notare conservata una pietra lavorata di portale, posizionata alla base di un crocifisso che ricorda l’antico edificio sacro. https://www.dom.it/ta-pyrwa-cirkow-ta-na-solbici_la-prima-chiesa-di-stolvizza/

Di Joadl - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5216573




da wikipedia


È accertato che nella zona di Stolvizza, più precisamente in località Puie, fu edificata una chiesa nel 1627, sebbene la prima menzione di essa risalga alla relazione della visita pastorale del 1735 effettuata da Gian Domenico Fistulario, delegato dal patriarca di Aquileia Daniele Delfino. Detto edificio fu completamente distrutto durante un'alluvione. In seguito a questo fatto gli abitanti di Stolvizza decisero di riedificare la chiesa in un luogo più sicuro, posto più a sud. L'attuale chiesa venne costruita in due fasi: tra il 1747 ed il 1750 e tra il 1760 ed 1769. La consacrazione fu impartita il 6 luglio 1769 dall'arcivescovo di Udine Giovanni Girolamo Gradenigo. Tra il 1830 ed il 1834 l'edificio venne restaurato e, nel frattempo, nel 1833, era stata realizzata la Via Crucis, rifatta poi nel 1885 e anche nel 1946[1]. La chiesa fu eretta a curaziale nel 1911, per poi essere eretta a parrocchiale il 19 gennaio 1953, affiancandosi così definitivamente dalla pieve di Prato[2]. Intanto, nel 1931 era stata riedificata la facciata. Nel 1972 fu rifatto il tetto e tra il 2013 ed il 2014 la parrocchiale venne completamente ristrutturata. Infine, nell'estate del 2018, in seguito alla soppressione della forania di Moggio Udinese, alla quale la chiesa era aggregata, quest'ultima passò alla neo-costituita forania della Montagna.

9 lug 2020

SLAVIA: L'espansione slava dal Baltico all'Italia



di Matteo Zola
Le migrazioni dei popoli slavi
Dal VII al XI secolo l’Europa assiste all’ultima grande migrazione, quella degli slavi. Barbari pagani diversi dalle gentes che li hanno preceduti per lingua, religione e struttura sociale ma egualmente rivestiti di quell’ideale negativo di nemici della civiltà che già ebbero i loro predecessori. Il mondo antico guardò agli slavi con diffidenza, specialmente Bisanzio: ancora non sapevano quanto i loro destini si sarebbero incrociati in futuro.
L’etnogenesi degli slavi fu un processo molto lento e tuttora oscuro: arrivati dalle steppe dell’Asia essi devono avere completato il loro percorso di costruzione etnica nello spazio che va tra il Dnepr e in Dniestr, nel bacino del Prjpiat (SI LEGGA: “Un unico popolo, una sola lingua. Alle origini degli slavi“). Da questa “culla originaria” gli slavi mossero versto ovest dall’iniziò nel V° secolo provocando continui processi di aggregazione e disgregazione di gruppi che andavano via via diversificandosi tra loro anche linguisticamente, dove in luogo di un protoslavo comune hanno preso piede le parlate locali (a tutt’oggi restano circa duemila parole comuni nelle lingue slave, ed è cosa che un viaggiatore può facilmente sperimentare visitando l’Europa dalla Macedonia alla Russia).
Gli slavi e gli avari
A spingere gli slavi sempre più addentro al continente europeo fu la pressione di altri gruppi, in particolare unni e avari. Dopo aver sterminato i discendenti delle tribù unne, gli avari – una popolazione turcica proveniente dalle steppe – incorporarono e assimilarono i superstiti (Grousset, L’empire de steppes) e, attraverso progressive espansioni, raggiunsero il basso corso del Danubio dove già stanziavano popolazioni slave e longobarde. Lo storico Menandro restituisce una cronaca dettagliata di quegli anni in cui, sfruttando la potenza avara, i bizantini cercarono di liberarsi delle popolazioni slave consentendo al re avaro Baina di transitare “con sessantamila cavalieri armati di corazza” nel territorio dell’Impero. Le popolazioni protoslave degli Anti e degli Sclaveni vennero trucidate e i primi addirittura scomparvero dalla storia. Correva l’anno 602 d.C. La dominazione avara fu tale da essere ricordata secoli dopo, con compassione e terrore, dal monaco kieviano Nestore, nel suo Racconto dei tempi passati. Fredegario, storico alla corte dei Merovingi, all’inizio del VII secolo narra di come gli slavi fossero usati dagli avari come “carne da macello”, prime linee durante le battaglie. Le tribù slave ancora libere si saldarono allora in un’unione che, in Slovacchia, Moravia e Boemia, diede vita a un proto-Stato slavo in grado di fermare gli avari, che premevano a sud, e i germani che spingevano da nord. Era quello il regno della Grande Moravia, di cui parleremo in futuro.
Espansionismo slavo
Liberatisi del giogo avaro, ma non dalla cultura dei dominatori, l’espansione delle genti slave raggiunse vertici mai più visti nei secoli a venire: dall’Asia minore all’Africa settentrionale, da Creta fino all’Elba. Ne nacquero, nel giro di due secoli, regni stabili nei Balcani, lungo la Vistola, sul Baltico e oltre il Dnepr. La differenziazione tra i gruppi fu lenta e inesorabile, favorita dalle cesure operate da successive espansioni gotiche o germaniche che isolarono per certi periodi legentes slave. Dove non si formarono regni autonomi, gli slavi vennero assimilati (in Grecia), deportati (dalla Macedonia), combattuti e vinti (in Tracia), federati all’Impero bizantino (in Asia minore), colonizzati (in Germania orientale). Nella Spagna arabo-berbera della dinastia Omayyade gli slavi furono dapprima utilizzati come mercenari, poi come schiavi, e infine (coloro che seppero affrancarsi dalla servitù) come dignitari dei califfi. A questo milieuculturale si devono i primi testi slavofili, come quello a firma di un imprecisato Habib dal titolo: Contro coloro che negano l’eccellenza degli slavi. Il testo, scritto probabilmente da un intellettuale di origine slava, era redatto in arabo.
E in Italia? A Palermo, fino al 1090, quando ebbe termine la dominazione araba sull’isola, esisteva una “via slava”, a render conto della presenza di quella comunità in città. Già nel VII secolo si assistette a migrazioni dalla Dalmazia, sovente associate ad atti pirateschi, e di proto-bulgari nelle Marche. Risale al 926 un documento che attesta con l’appellativo di župan (vale a dire “signore”, in serbo) il reggente della città di Vieste. La presenza slava nella penisola è quindi millenaria, con buona pace di chi oggi parla di “stranieri” inaccettabili.
Lo “spazio slavo”come spazio psicologico
Questa espansione verso il cuore dell’Europa segnerà i confini psicologici dello spazio slavo. Uno spazio che, anche quando le genti slave ne verranno scacciate, resterà come retaggio mitico. Alla “slavia” perduta andranno i canti e i poemi cechi, polacchi, ucraini, durante le varie occupazioni straniere. Durante il romanticismo, nell’Ottocento, alcuni letterati slavi – come il boemo Jan Kollar- vedranno nella “slavia” perduta il seme per una nuova rinascita culturale. E tra le regioni “perdute” la più cara, ed amara, è senz’altro la Germania, di cui parleremo prossimamente.

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