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IVAN TRINKO padre della Benecia

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28 mar 2024

Cosa resta della Pasqua di un tempo a Lusevera - Bardo

 


Guglielmo Cerno, presidente del Centro ricerche culturali, racconta usi e costumi di una volta
Oggi ci sono le uova di cioccolata con la sorpresa per i bambini, e quelle grandi e decorate da regalare ai grandi. C’è la colomba con ogni tipo di ripieno ed è “nato” perfino l’“albero di Pasqua”, abbellito da figure di pulcini, rondini e rami di pesco.
Ma un tempo, in Alta Val Torre, questo importante periodo dell’anno era segnato da altri usi e costumi, da altre pietanze e rituali. Ce li racconta Guglielmo Cerno, presidente del Centro ricerche culturali di Lusevera, un appassionato e instancabile ricercatore che quei tempi andati, che ha vissuto sulla sua pelle da ragazzino, un po’ li rimpiange: «Erano anni in cui la comunità era viva, solidale – dice –. La valle era popolata, tantissimi i giovani e bambini. Poi sono arrivati i tempi più bui, dell’emigrazione in massa, di intere famiglie, di tante donne a seguito dei loro mariti».
Ma come si aspettava e come si viveva la Pasqua fino agli anni Sessanta del secolo scorso? Prima che i paesi dell’Alta Val Torre si spopolassero e prima dell’avvento della modernità?
«Prima di tutto le donna pulivano da cima a fondo l’intera casa ed esponevano alle finestre i panni, dalle lenzuola a tutto quello che avevano, perché “prendesse aria”, per dare un senso di pulizia, per dare ossigeno agli ambienti domestici dopo il periodo freddo, chiuso e buio dell’inverno », ricorda Cerno.
«Lucidavano a fondo anche i secchi che usavano per andare a prendere l’acqua nelle fontane, che diventavano veramente brillanti. Non c’erano i rubinetti in casa. Tutto si rinnovava. E poi c’era la preparazione del “piatto” tipico pasquale: lo chiamavano il “pane che profuma”. Veniva fatto con quel che le donne avevano messo via nell’inverno e che avevano recuperato anche fuori dalla valle. Era delizioso e tutti noi non vedevamo l’ora di poterlo mangiare. Ma non si poteva farlo subito. C’erano regole ben precise, per quella pagnotta squisita, e i grandi stavano bene attenti che noi ragazzi le rispettassimo».
Il pane, cui alcune donne aggiungevano anche delle patate, veniva cotto nei forni a legna. E ai tempi c’erano solo due famiglie, in valle, a possederlo. Così, a turno, ogni famiglia andava a cuocerlo da loro, e poi lo teneva da parte fino alla celebrazione della messa. «Il pane, infatti, andava prima portato in chiesa e benedetto dal sacerdote. Solo dopo poteva essere consumato. Nessuno sgarrava. E nessuno dimenticava di inciderci sopra una croce».
Quella delizia veniva mangiata da sola, o con un po’ di salame per chi aveva più possibilità “economiche” e a volte veniva accompagnata con del brodo: «Un brodo fatto con qualche pezzo di maiale messo via durante l’inverno. Prima di Pasqua non si toccava nulla, neanche il lardo. Solo dopo».
E, ancora, il “pane che profuma” veniva portato su un colle dell’Alta Val Torre dai ragazzi che festeggiavano insieme il Lunedì dell’Angelo: «Era una festa meravigliosa, in cui ci sentivamo felici, rigenerati. Mangiavamo come merenda non solo il pane profumato ma anche le uova, perché tutte le famiglie, oltre alle mucca e al maiale, avevano tante galline. Le uova si lessavano e diventavano dure, come si fa oggi; a volte anche si coloravano, con le erbe o anche con le matite». La tradizione dell’uovo solo a Pasquetta è forse l’unica rimasta ancora oggi, di quei tempi.
Guglielmo Cerno ricorda come nel Venerdì Santo fosse proibito a tutti di lavorare, perché in quel giorno era morto Gesù. L’unica attività permessa, ma in maniera molto limitata, era rassettare casa.
«La Pasqua era una festività che faceva un po’ da spartiacque, per l’agricoltura: prima si piantavano solo le patate, perché altrimenti, a metterle in terra più tardi, avrebbero fatto il germoglio. Per il resto si arava, e si arava tutto a mano. Quello che con sudore e sacrificio si otteneva dalla campagna, veniva usato per mettere in tavola e sfamarsi, e come merce di baratto. Perché non c’erano soldi. Anche il prete veniva ringraziato, ogni giorno, con un litro di latte, a turno, da parte di ogni famiglia. Veniva a prenderlo di mattina presto, la sorella, la madre o una persona che lo seguiva nelle sue necessità. Due giorni all’anno, poi, tutto quello che la latteria produceva veniva dato al sacerdote: forme di formaggio, burro e il resto. Nel periodo della Pasqua non si facevano offerte al parroco ma subito dopo sì, quando passava a benedire le case».
Nel giorno del Venerdì Santo era proibito suonare le campane e la chiesa, nei suoi interni, veniva completamente coperta con dei drappi color viola, il colore della Passione.
«Tutte le immagini in chiesa venivano coperte e non solo quelle: anche tutte le croci, che un tempo erano molto numerose. Solo un crocifisso, quello più grande, veniva esposto, per l’Adorazione – spiega Cerno –. A turno, poi, ogni famiglia pregava per un’ora ai piedi di questo simbolo sacro. C’erano tutti e i nonni erano quelli che più insistevano perché i più piccoli fossero presenti. Poi, sempre il Venerdì Santo, si faceva un falò, fuori dalla chiesa. Da quel grande fuoco che ardeva si accendevano delle fiaccole e si formava un corteo. Era la processione, che girava attorno alla chiesa e attorno al cimitero». Anche oggi si prega, nel Venerdì Santo, ma s’è persa la memoria, e l’uso, della pira e delle fiaccole, sostituite dall’accensione di candele e ceri devozionali.
dal dom del 31 marzo 2007




24 mar 2024

Benedizione cibi pasquali in Benecia

 


Una delle usanze pasquali  radicate e vive ancora oggi in alcuni paesi nella Benečija è, oltre alla benedizione dell’ulivo, la benedizione del pane,del vino,delle uova colorate con le erbe e dei dolci pasquali (gubana nelle Valli del Natisone).

A Zavarh/Villanova delle grotte dei panini dolci,appositamente preparati, vengono benedetti alla fine della Messa e poi offerti ai partecipanti.


Le usanze pasquali del Friuli Venezia Giulia sono un ricco mosaico di tradizioni che riflettono la diversità culturale della regione. Tra le più significative, troviamo il lancio delle cidulos nella notte tra la domenica di Pasqua e il lunedì di Pasquetta1. Questa pratica consiste nel lanciare delle piccole campane di terracotta, simbolo di rinascita e nuova vita.

Un’altra tradizione è la celebrazione del Passio, dove i bambini intrecciano ghirlande e croci con rami d’ulivo, che vengono poi benedette e portate nelle case per proteggere l’abitazione e il bestiame da fulmini, temporali e calamità1.

Sul fronte gastronomico, è tipico mangiare la spalla di maiale affumicata accompagnata dalla pinca, una focaccia tipica del posto. Non mancano le fule o fulie, un piatto dolce/salato che unisce ingredienti come pane raffermo, zucchero, uova, formaggio, erba cipollina e scorze di agrumi1.

Queste tradizioni sono il risultato di un intreccio di influenze germaniche, slave e italiane, che si manifestano in modi diversi a seconda della zona della regione, rendendo la Pasqua in Friuli Venezia Giulia un’esperienza unica e variegata2. Se desideri saperne di più su queste o altre usanze pasquali, sarò felice di fornirti ulteriori dettagli. 😊




6 gen 2024

RITI EPIFANICI


 Il Polovin o Kries cioè il falò epifanico è un rito antico  antecedente ai Celti. Dopo il solstizio d'inverno si accendevano i roghi per invocare la benevolenza del dio Beleno,divinità del fuoco , chiedere una stagione propizia ed allontanare gli influssi malefici.

In Friuli nelle serate del 5 e del 6 gennaio vediamo molti falò che in ogni zona prendono nomi diversi.
In cima alla catasta spesso  viene messo un fantoccio dalle sembianze di strega.

Famoso è il Pignarul di Tarcento dove la sera del 6 gennaio si accende nei pressi dei ruderi del castello medievale,il Pignarul Grant che dà il via a tutti i Pignarul del tarcentino.E' uno spettacolo bellissimo;centinaia di falò illuminano il Friuli.La direzione del fumo darà la previsione per l'anno.
Un vecchio proverbio friulano dice:"se il fum va a soreli a mont,cjape il sac e va pal mont,se il fum invezit al va te bande di soreli jevat,cjape el sac e va al marcjat".
"Se il fumo va a occidente,prendi il sacco e va per il mondo,se il fumo invece va ad oriente,prendi il sacco e va al mercato".Quindi la direzione del fumo indica se sarà un anno buono o cattivo.(web)

Nell'alta Val Torre un tempo era di regola accendere un piccolo falò per Gaspare,un medio per Melchiorre e il maggiore per Baldassarre.Il 6 gennaio ardevano tutti i falò che erano visibili tutt'intorno.
Questa festività è legata alla luce,infatti per il sei gennaio il giorno si fa più lungo. E' conosciuta  in alta Val Torre con il nome di "piernahti ( dal tedesco Bertennah:che dà luce).Oggi questa usanza si è mantenuta a Bardo dove si accende il "polovin" ,parola che probabilmente deriva da "pan e vin"e che veniva gridata all'accensione per auspicare un raccolto favorevole.
A Bardo-Lusevera il Kries/Polovin si accenderà il 7 gennaio  alle ore 18.00



fonte testo da archivio blog

2 gen 2024

KOLEDO

 

Tradizione del "koledo" a Capodanno

Una volta il giorno di Capodanno in Val Torre i bambini andavano di casa in casa per ricevere il "koledo".Questo era una "mancia" che consisteva in noci,nocciole,castagne,mele,solo più tardi caramelle ,uova o qualche monetina.
Questa usanza la troviamo anche a Resia, in Val Natisone, in Slovenia e in altri paesi di origine (slovena)slava.In Val Torre i bambini cantavano una filastrocca:"koledo novo ljeto,Buoh nan dejte no dorò lieto".


Kole,Kole,Koledo...in Slovenija

22 dic 2023

UN TEMPO A NATALE

 Una persona anziana mi ha raccontato come si festeggiava una volta  il Natale e le altre feste a casa sua. La sua mamma era molto impegnata nella stalla, tanti figli e parenti ai quali pensare.Quello che ha impresso chiaramente sono tutte le messe alle quali doveva partecipare,anche a fare il chierichetto.Il giorno di Natale /Božič sul spolert c'era sempre il brodo di gallina ,la mamma apriva qualche vaso di verdure messe sotto aceto,preparava la "paača" un pane di mais cotto sotto alla cenere e i grandi bevevano un bicchiere di vino nero "american".Sua sorella, che era la maggiore, se il papà portava dal bosco un abete/brina o qualche pianta di ginepro lo addobbava con mele,caramelle,biscotti,mandarini,ma non durava integro fino a Natale.Non c'era usanza di fare regali ai bambini,al massimo noci-kulini ,nocciole-liešniki.


Kaj smo jedli dan bot za Božič Cosa si mangiava un tempo per Natale

Dan bot po majši polnočni ,smo jedli tripe bokinove ali od ovce tou kropu za se ogrieti,ker tou cjerkui ni bluo horkuo.
Un tempo,dopo la messa di mezzanotte,si mangiava le trippe di manzo o di pecora in brodo per scaldarsi,perchè in chiesa faceva freddo.

Le trippe (mulice) di nonna Maria
Ingredienti:
500 gr di trippe,sajin(strutto)1 cipolla (čebula),1 strok di luk (spicchio di aglio),1 carota (koranj),sedano,formaggio vecchio grattugiato,brodo (krop),sale e pepe.
Preparazione:
lessare le trippe per 4 ore se di manzo,tagliarle a listarelle,preparare un soffritto con  strutto, cipolla,sedano e carota tagliata a pezzettini e l'aglio.Soffriggere le trippe mescolandole accuratamente per circa 10 minuti,aggiungere il brodo e far bollire a fuoco lento fino a completa cottura di tutti gli ingredienti,alla fine aggiungere il formaggio grattugiato.
immagine da google

La paača di nonna Maria
La paača è un cibo povero della Terska dolina ormai dimenticato e si cucinava sotto la brace.Era dolce o salato e poteva avere anche un ripieno a seconda della stagione.
Per Natale lo si faceva dolce col ripieno di noci(kulini),nocciole (liešniki) e castagne (kostanji).

Ricetta 
Fare un impasto con 400 gr di farina di mais e di frumento,miele o zucchero,burro o strutto,latte tiepido o panna (smetana) ,2 uova,sale e lievito.
Fare una sfoglia di 4sottile,mettere il ripieno di noci o nocciole o castagne lessate tritate,1 uovo,grappa e zucchero.Arrotolare come un salsicciotto e spennellarlo con l'uovo sbattuto.
Nonna Maria quando lo cucinava sotto alla brace lo avvolgeva nelle foglie di castagno.
Infornare a 190° e cuocere per 50 minuti.
E' ottima per colazione.

spolert costruito con i mattoni si trovava in ogni cucina
 http://ilfogolar.blogspot.it/2011/11/polenta-di-lidia.html
Per Natale tiravano il collo a una vecchia gallina e facevano il brodo.La carne si mangiava raramente,solo per le feste religiose, per la sagra e per le partorienti.
Le verdure erano le solite invernali,patate,fagioli,rape,carote e verze.
I bambini mangiavano noci,nocciole,castagne secche e mele,chi aveva soldi comprava mandarini.
da google

24 giu 2023

Fuochi di San Giovanni

 


Uno di questi paesi è Tribil Superiore – Gorenji Tarbij, la frazione più alta (650 m slm) del comune di Stregna – Sriednje, dove vivono circa 40 abitanti, e dove – così ci dice Erika Balus, che qui vive con la famiglia, sembra di stare in paradiso. Erika ci racconta del kries e di altre tradizioni legate alla notte di San Giovanni; tradizioni che si perdono nella notte dei tempi e che le sono state tramandate dalla nonna e dalla bisnonna, che a loro volta ripetevano antichi gesti, spesso senza saperne il significato più profondo, semplicemente perché “la notte di San Giovanni si fa così”.

I gesti antichi e i rituali iniziano già prima del grande evento del kries. A parte i preparativi veri e propri per il falò, come la raccolta di legna e ramaglie da ardere, il 23 giugno si raccolgono fiori ed erbe aromatiche, che secondo la tradizione in questo giorno raggiungono il culmine delle loro proprietà. I fiori vengono utilizzati per fare “križci” (croci) e “krancelni” (ghirlande), che, sapientemente intrecciati, verranno poi appesi alla porta d’ingresso delle case per proteggerle.

Le erbe aromatiche vengono fatte marinare nel vino, che viene benedetto e utilizzato come medicinale per tutte le malattie, “sia quelle note, che quelle ignote”. Ma le erbe aromatiche sono anche l’ingrediente principale delle “marve”, piatto particolarissimo e unico nel suo genere, senza il quale la festa di San Giovanni non è una vera festa.

La notte del solstizio d’estate è anche un’occasione unica per conoscere il futuro, sbirciando un albume d’uovo “cucinato” sotto i raggi della luna, o cancellare le rughe dal viso rotolandosi nella rugiada al mattino presto. O scoprire quali mesi saranno piovosi utilizzando 12 gherigli di noce. “Magie” che ci raccontano di un mondo contadino la cui vita era strettamente intrecciata con gli eventi della natura e le sue stagioni, gesti e tradizioni dietro a cui si celano antichissimi riti di cui sono giunte a noi solo tracce, sbiadite dalla patina dei secoli.

fonte https://www.slovely.eu/2017/06/22/kries-la-magia-del-falo-di-san-giovanni/

20 giu 2023

Rešujmo poljubljanje križev - Salviamo il bacio delle croci



La tradizione religiosa del bacio delle croci è ancora viva, ma si sta affievolendo e necessita di nuovo vigore. Così la pensa Remo Negro, che dal 1994, quando ha preso il testimone dal compaesano Aurelio Lendaro, è crucifero a Villanova delle Grotte/Zavarh. Eppure fino a pochi decenni fa la tradizione era molto viva, dice il signor Negro, che ha 70 anni.

«Qui in zona il rito religioso del bacio delle croci si svolgeva in un periodo che iniziava con la festa della Trinità di giugno a Monteaperta, per concludersi con la Festa dell’Immacolata a Taipana».

Già alla festa di Monteapert/Viškorša, a giugno, intervenivano le croci da un circondario molto ampio, con Taipana/Tipana, Villanova/Zavarh, Chialminis/Vizont, Montemaggiore/Brezje, Prossenicco/Prosnid, Platischis/Plestišča, e Cornappo/Karnahta. La visita delle croci e il bacio si ripetevano in ognuna di queste comunità, in particolar modo in occasione della festa patronale.

«Soprattutto fino a prima della pandemia, la tradizione era ancora piuttosto viva. In seguito alcune persone sono venute a mancare e, probabilmente anche per altre ragioni, l’interesse si è un po’ affievolito».

In vista di una celebrazione, di solito i cruciferi sono contattati e invitati, affinché siano sicuri del suo effettivo svolgimento. «Da qualche anno a questa parte ricevo sempre meno telefonate e sono un po’ rammaricato, perché mi sembra che l’uso religioso stia venendo meno».

Attraverso questo reciproco scambio di “visite”, nella zona occidentale della Slavia il rito del bacio delle croci rappresenta anche una forma di rete religiosa. E ogni forma di rete costituisce una risorsa preziosa, che sarebbe un peccato perdere. (L. L.)

Običaj poljubljanja križev je še živ, vendar je ošibel in bi bilo potrebno ga okrepiti. Tako misli Remo Negro, ki je star 70 let in je v Zavarhu križenosec. Pomembno vlogo sovaščana Aurelija Lendara je prevzel leta 1994. Gospod Negro nam je povedal, da se je v preteklosti čas poljubljanja križev na območju Terske in Karnajske doline začel junija. Vsako leto se je prvo poljubljanje križev odvijal na god Svete Trojice v Viškorši, zadnji pa na god Brezmadežnega spočetja v Tipani.

V Viškoršo so nekoč na Sveto Trojico križe pripeljali iz Tipane, Zavarha, Vizonta, Brezij, Prosnida, Plestišč in Karnahte. Običaj se je nato ponovil v vseh teh krajih, še posebej na god tamkajšnjih vaških zavetnikov.

Remo Negro meni, da je pred pandemijo navada bila še precej živa. V zadnjih letih na žalost pogreša telefonske klice, s katerimi ga vabijo k Mašam, da bi s sabo nosil tudi križ.

V zahodni Benečiji predstavljajo poljubljanja križev pomembno pobožno mrežo, ki bi jo bilo res žalostno izgubiti.

28 mar 2022

Il pagliericcio-pajon


da fb

Il PAGLIERICCIO DI FOGLIE DI PANNOCCHIA. Non immaginerete mai che avventura!!!! Ero andata a raccogliere il fieno di montagna con una amichetta e la sua mamma, in un sito abbastanza lontano dal paese e, visto che loro lassù possedevano uno stavolo, ci siamo fermate a dormire per una notte. SUL PAGLIERICCIO appunto! A me, quel sacco pieno di foglie che facevano un fracasso demoniaco ogni volta che mi giravo, mi teneva sveglia per la paura di destare le due donne che dormivano come bimbi nella culla. Inoltre avevo un gran freddo visto che coperte non ce n’era e poi…avevo pure bisogno del bagno ma avevo paura ad uscire all’aperto…. Una notte da non dimenticare… Dopo, pensandoci, abbiamo riso per anni di questa avventura ma credetemi…su un PAGLIERICCIO, (PAJON) simile non mi sdraierei più neppure per scommessa!!

Eugenia Monego

28 dic 2021

Oggi è la giornata delle botte

 

 InVal Canale l'usanza è ancora viva, specialmente a Ugovizza-Ukve, Valbruna-Ovčja vas e Camporosso-Žabnice.
 pittore Maksim Gaspari

Una volta in Sovenia e in Val Canale in questo giorno, i bambini prendevano il potere. Il giorno delle botte è un momento in cui almeno una volta all'anno i bambini si vendicano dei colpi che hanno ricevuto. 

C'erano grida che risuonavano tra le case, e cantavano:"Sbarazzati di te stesso, sbarazzati di te stesso, o Sorseggia, zampa, sorseggia"



30 ott 2021

Il ricordo dei cari e le usanze - Spomin na rance in stare navade

 

Nelle Valli del Natisone un tempo era diffuso ovunque, nell’ultimo giorno di ottobre, l’uso che i bambini andasero di casa in casa a pregare per i defunti. I padroni di casa davano loro per riconoscenza dei panetti. L’usanza prende il nome dalla raccolta dei panetti, difatti viene chiamata «hliebce brat».
Nelle Valli del Natisone un tempo era diffuso ovunque, nell’ultimo giorno di ottobre, l’uso che i bambini andasero di casa in casa a pregare per i defunti. I padroni di casa davano loro per riconoscenza dei panetti. L’usanza prende il nome dalla raccolta dei panetti, difatti viene chiamata «hliebce brat».
Nell’ambito di questa tradizione, ancora viva nella vallata di San Leonardo, oggi i bimbi dopo le preghiere ricevono anche del denaro.
Bo šlo vbogime, v pomuoč misijonarjam patru Raza, v Indiji, an patru Francu Sardella v Tanzaniji, kar bojo na Liesah in par Hlocju zaslužil’ skoze staro navado »hliebce brat«.
Je tela tradicionalna navada, ki je bla zadnji dan otuberja ankrat arzširjena povsierode v Nediških dolinah. Otroc an veliki gredo molit po hišah za te rance in v zahvalo domačini so ankrat dal’ hliebce kruha, donas pa tudi denar.
Donas je še živa v Rečanski dolini, kjer jo v Lieški fari pejejo naprej tudi otroc katekizma. V Seuci se celuo tisti, ki na živjo vič gor, varnejo za telo parložnost, de bi odparli hišo in sparjel’ viernike. Takuo kažejo močnuo navezanost na navado, par keri skoze moliteu za te rance in šenk se zahvalijo tistim, ki so zazidal’ hiše in obdielal’ zemljo, pa tud’ prosijo Boga, naj da dobro lieto.
V pandiejak, 31. otuberja zvičer, bojo vasnjani šli pobierat hliebce tudi v Jesičju in v Jagnjedu, v Podutanski fari. Tudi v Kravarju spoštujejo telo lepo navado. Otroci in odrasli se zberejo popudan in grejo po hišah do vičernih ur.
Hliebce šele pobierajo v Gorenjem an Dolenjin Tarbiju, od kod otroci in te veliki grejo tudi po vaseh Gniduca, Polica dol do Sv. Lienarta.
Na dvojezičnin vartacu so v Sauodnji an v Špietru noni društva Srebrne kaplje otrokan pravli, de puno liet nazaj so zadnji dan otuberja po vaseh pobieral’ sierak an ga potle nesli u malne, de bi imiel’ moko doma. Potle se je pa začelo hliebce brat. Otrokam bojo dal’ žakjac z zarnami sierka an hliebcan.
V torak 1. in v sriedo 2. novemberja bojo Vahti. Zmisnili se bomo vsieh svetih an viernih duš v vicah, se pravi vsieh naših te rancih. Zatuo bomo šli na britofe, de bi zmolili, paržagali svečo in nesli rože na grobuove naših dragih, ki jih nie vič med nami. Hvaležni jim muoremo biti tudi zaki so nan zapustili jezik, kulturo in sviet, na katerim živimo.

2 apr 2021

USANZE PASQUALI IN BENEČIJA

 

UNA DELLE USANZE PASQUALI  RADICATE E VIVE ANCORA OGGI IN ALCUNI PAESI NELLA BENEČIJA È, OLTRE ALLA BENEDIZIONE DELL’ULIVO, LA BENEDIZIONE DEL PANE,DEL VINO,DELLE UOVA COLORATE CON LE ERBE E DEI DOLCI PASQUALI (GUBANA NELLE VALLI DEL NATISONE).
A ZAVARH/VILLANOVA DELLE GROTTE DEI PANINI DOLCI,APPOSITAMENTE PREPARATI, VENGONO BENEDETTI ALLA FINE DELLA MESSA E POI OFFERTI AI PARTECIPANTI.
GRAGIULA 001

gragiula o raganella

Una volta,durante la settimana Santa,quando le campane non suonavano,i bambini andavano per il paese e suonavano con”la gragiula” o “raganella”dal quindicinale dom.http://www.dom.it/velikonone-navadeemle-tradizioni-di-pasquaem/La Pasqua è la festa cristiana più antica e più sentita, in cui si commemorano la passione, la morte e la resurrezione di Gesù. Non si tratta, però, solo di una commemorazione: nella liturgia della Settimana Santa partecipiamo ai misteri della fede. Cristo è risorto di notte, o meglio, all’alba del primo giorno della settimana, che venne per questo chiamato «giorno del Signore. Quella notte è stata fondamentale per tutto il genere umano: in quella notte è iniziata una nuova era della storia dell’uomo.È interessante notare che gli sloveni chiamano la Pasqua «Velika noč», ovvero «grande notte». Quest’espressione deriva dalla liturgia aquileiese. La cerimonia antica, infatti, prevedeva una lunga vigilia notturna che terminava al mattino con una processione al sepolcro di Gesù. Questa processione viene effettuata ancora in alcuni luoghi della Slovenia con la statua del Cristo Risorto.Anche nelle Valli del Natisone si sono conservate ancora oggi molte tradizioni. In questa zona, alcuni dei simboli di questa festività sono le uova dipinte e le colombine che si portano a benedire il Sabato Santo.

uovo-di-pasqua-immagine-animata-0004

2 gen 2021

La tradizione del koledo


"I koledniki"di Maksim Gaspari famoso pittore sloveno di origini carniche

 Anche la Slavia prima del covid si preparava a festeggiare la fine dell’anno vecchio e l’arrivo del nuovo anno. Una delle tradizioni più antiche è la «koleda», la questua del periodo natalizio conosciuta in Slovenia e in tutto il mondo slavo. Un tempo il rito si svolgeva in tutti i paesi. Ora nelle Valli del Natisone è rimasto a Cicigolis di Pulfero, dove nell’ultima sera dell’anno (dalle ore 17.30) gli uomini del paese, portando una stella, intonando canti tradizionali, effettuavano una questua di casa in casa. Al mattino (dalle 9.30) si svolgeva, invece, la koleda dei bambini. A Lusevera, nell’Alta val Torre, i bambini raccoglievano la «Koleda» l’1 gennaio, mentre a Ugovizza, in Valcanale, lo facevano il 6 gennaio, nella solennità dell’Epifania. Il Capodanno quest'anno sarà atteso nelle valli slovene del Friuli nelle abitazioni con pochi intimi.

I bambini cantavano:kolè ,kolè, koledo daj nam no dorò lieto!

5 dic 2020

Babbo Natale o San Nicola? La tradizione di Sveti Miklavž


 Stanotte arriva!! Chi? Ma Sveti Miklavž - San Nicolò, a portare i regali!

🎁
Lo sapevate che la tradizione del Santo portatore di doni in realtà è un mix di credenze animistiche, riti degli antichi romani e usanze medievali? 🧐
Vi raccontiamo tutto - ma proprio tutto, inclusa la storia di Babbo Natale - nel nostro nuovissimo articolo!

23 lug 2020

Dan bot so pravili...Un tempo raccontavano...

Pruoti hudi uri 

Dan bot so uorili,ke pruoti hudi uri to ma uzeti sarp zat, to ma močno udareti trikrat ta na no pejč .   

Vecchi rimedi per allontanare il temporale

Una volta dicevano che per allontanare il temporale,si doveva battere fortemente il falcetto per tre volte su un masso.    
            

19 lug 2020

DAN BOT - UN TEMPO


Možje so siekli travo.
S sabom tou košu so nosili osounik,
oslu,butaču,rabje,varvi za briemana.
So nosili s sabon še obed,pojužnjak ali juženo.

Lo sfalcio  (traduzione personale)

Gli uomini falciavano l'erba.
Con sè avevano nel gerlo il porta cote,
la cote,il fiasco,il rastrello,le corde.
Portavano con sè la colazione,la merenda o il pranzo.

il testo nel dialetto sloveno dell'alta val Torre è tratto da un vecchio calendario edito dal Centro ricerche culturali di Bardo/Lusevera

23 giu 2020

Šentjanževo – la notte di San Giovanni, tra magia e religione

Celebrato da millenni presso le popolazioni di mezza Europa, il solstizio d’estate, che il cristianesimo ha associato alla festa di San Giovanni Battista, è un autentico scrigno di tradizioni popolari, alcune delle quali ancora vive in Slovenia. Qui come altrove, la festa del Santo cristiano si è sovrapposta a riti pagani antichissimi, al cui centro vi era Kresnik (“Svetovit” per gli antichi slavi), divinità del sole.
Anche grazie all’assonanza dei nomi, presso gli sloveni il cristianesimo ebbe gioco facile a sostituire questa figura con quella del Battista, che in sloveno si chiama appunto “Krstnik” (da “krst” = battesimo). L’antica figura mitologica di Kresnik è stata quindi soppiantata da quella di Janez Krstnik, ma ciò non è bastato a cancellare tutta una serie di riti e usanze di origine pagana, con innumerevoli varianti nelle singole regioni slovene.

Il sole e il fuoco

Durante il solstizio d’estate il sole raggiunge il suo apice, ma ciò significa anche che a partire da questo punto la sua forza andrà diminuendo giorno per giorno. Desiderio dell’uomo era quello di prolungare il più possibile il potere del sole, “aiutandolo” e dandogli forza con l’accensione di grandi fuochi. Ancora oggi uno dei momenti centrali dei riti di San Giovanni è proprio il falò, in sloveno “kres” (legato al nome della divinità Kresnik).

Il Kries (falò) di San Giovanni, ancora in uso nei paesi di minoranza slovena in Italia
Il Kries (falò) di San Giovanni, ancora in uso nei paesi di minoranza slovena in Italia

Il kres viene acceso la notte tra il 23 e il 24 giugno di solito sulle alture, affinché possa essere il più vicino possibile al cielo. In molti paesi la raccolta stessa del materiale da ardere rappresenta una sorta di rituale: i giovani vanno di casa in casa a raccogliere legno di scarto e ramaglie e tutte le famiglie devono contribuire in base alla propria disponibilità.
I paesi fanno a gara a chi ha il kres più grande e più bello, in alcuni luoghi si gareggiava addirittura tra le varie frazioni del paese (così ad esempio a Doberdò del Lago – Doberdob (GO)). Nella Slovenia settentrionale al centro del kres si pone un palo decorato chiamato “kresni mlaj”, simile a quello innalzato per il primo maggio. La tradizione del kres è conosciuta anche nei paesi in Italia dove vive la minoranza slovena ed è ancora molto viva in Benečija (Slavia Veneta), dove il più famoso è il “Kries svetega Ivana” a Gorenji Tarbij – Tribil Superiore.

La gente attorno al kries di Tribil Superiore
La gente attorno al kries di Tribil Superiore

Secondo l’usanza, intorno al kres si balla e si canta (anticamente si trattava di canzoni rituali di origine pagana innegianti al sole), ma anche si salta oltre il fuoco per sfruttarne i suoi poteri di purificazione. Oltre al kres si usava accendere anche “ruote infuocate”, che si facevano rotolare giù dalle colline, o le “šibe”, tavolette di legno infuocate lanciate in aria, conosciute anche dalla tradizione friulana sotto il nome di “cidulis” (che però vengono lanciate per il solstizio d’inverno). Il lancio della “šiba” viene accompagnato da invocazioni ai santi, dediche alla ragazza amata o critiche ai compaesani.

Le “šibe”, tavolette di legno infuocate lanciate in aria
Le “šibe”, tavolette di legno infuocate lanciate in aria

L’acqua e le piante

Oltre al fuoco, anche l’acqua rappresenta un elemento centrale dei riti del solstizio d’estate. Secondo la tradizione, in questa notte tutte le fonti d’acqua diventano “benedette” e l’immersione in esse porta salute e benessere. Anche la rugiada ha un potere magico: in Benečija, così come in alcuni paesi in Slovenia, le donne la notte di S. Giovanni stendono un panno sull’erba per raccogliere la rugiada. La mattina dopo strizzano il panno e conservano il prezioso liquido in boccettine da usarsi all’occorrenza come medicinale.

Štanjel - Venček svetega Ivana
Štanjel – Venček svetega Ivana

Durante il solstizio anche le piante assumono poteri magici: quelle più “tipiche” dei riti di San Giovanni sono l’iperico (chiamato “šentjanževka”, erba di S. Giovanni), la barba di capra (Aruncus Dioicus), la margherita (che in sloveno si chiama “ivanjščica”, fiore di S. Giovanni), il sambuco e soprattutto la felce (“praprot”). Si dice che chi ha in tasca dei semi di felce la notte di S. Giovanni riesce a capire il linguaggio degli animali (il che avrebbe anche un significato divinatorio, in quanto, secondo la tradizione, in questa notte gli animali parlano di come sarà il futuro).

Štanjel - Venček svetega Ivana
Štanjel – Venček svetega Ivana

In alcuni paesi si ricoprono di felce i pavimenti della casa e della stalla, perché San Giovanni vi si sdraierà per dormire, portando così benedizione a tutta la casa. La tradizione più diffusa è quella di intessere piccole ghirlande, croci o mazzetti fatte di “fiori di san Giovanni” e appenderle sulla porta di casa o sulle finestre, per tenere lontani gli spiriti maligni che si aggirano in questa notte. San Giovanni stesso passerebbe poi a benedire queste ghirlande, le cui erbe vengono bruciate per scongiurare i temporali.

Prevedere il futuro e trovare tesori

Il solstizio d’estate era anche un’occasione per prevedere il futuro. Ci sono stati tramandati innumerevoli riti di divinazione utilizzati in varie regioni della Slovenia. I più diffusi sono quelli praticati dalle ragazze per sapere quando e con chi si sposeranno. Secondo una tradizione della valle del Vipava (Vipacco) a mezzanotte della notte di San Giovanni, mettendo un secchio d’acqua sotto la finestra, la ragazza vi avrebbe scorso il volto del futuro marito.
Un’altra usanza, legata anche al culto della fertilità, è quella di piantare in un vasetto dei semi di grano. In base a come germogliava, si poteva predire se in casa ci sarebbero stati eventi lieti o tragici.
Questa notte magica era anche propizia per trovare tesori nascosti. Estirpando a mezzanotte una piantina di felce, vi si poteva trovare, infilato sulla radice, un anello d’oro. Secondo un’antica tradizione popolare, camminando a mezzanotte con in tasca una costola di rana, tre granelli di sale e il pelo di nove gatti, sarebbe apparsa una piccola luce verde che avrebbe guidato il fortunato verso un enorme tesoro.

Le Kresnice, sacerdotesse e benedicenti

Una figura particolarissima dei riti di San Giovanni in Slovenia è quella delle “kresnice” o “ladarice” (dal nome della dea slava Lada, protettrice dell’amore e della salute). Secondo quest’usanza, viva soprattutto nella regione della Bela Krajina, piccoli gruppi di ragazze vestite di bianco e con il volto coperto da un fazzoletto la notte vanno cantando per i campi, accompagnate da un ragazzo che suona il flauto, e quando arrivano in paese fanno visita a tutte le case, senza smettere mai di intonare canti di benedizione per gli uomini e il raccolto. In cambio ricevono in dono cibo o denaro, che utilizzano alla fine della festa di San Giovanni in un banchetto conviviale.
Originariamente questo rito non si svolgeva solo la notte di San Giovanni, ma anche in quelle precedenti: secondo la tradizione, infatti, i campi e il raccolto andavano protetti dalle forze del male che nel periodo intorno al solstizio d’estate erano particolarmente insidiose.

Danza delle Kresnice
Danza delle Kresnice
Le kresnice, come gli altri riti del solstizio d’estate diffusi in Slovenia, rispecchiano una cultura contadina fortemente legata ai cicli della natura, in cui la sopravvivenza dipendeva dal raccolto, che bisognava proteggere ad ogni costo. La mescolanza di elementi cristiani e pagani non fa che aumentare il fascino di queste usanze, in cui possiamo trovare, occultate dalla patina del tempo, tracce di un passato antichissimo che ancora oggi rivive ogni anno, per un’unica, magica notte.

Si ringraziano per le testimonianze: Cecilija Blazutič (Benečija) e Slavka Lakovič (Doberdò del Lago – Doberdob).https://www.slovely.eu/2013/06/24/notte-di-san-giovanni-tra-magia-e-religione/

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