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IVAN TRINKO padre della Benecia

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8 apr 2024

Pulizia etnica all'italiana

 

Partigiani Sloveni uccisi da soldati italiani

Tra il '42 ed il '43 il nostro esercito internò nel campo di Gonars migliaia di persone: quasi 500 morirono in pochi mesi. Il progetto: ripopolare il territorio sloveno con italiani. Un articolo di Alberto Bobbio pubblicato su Famiglia Cristiana


10/02/2004 -  Alberto Bobbio

E' una storia rimossa che emerge oggi, 65 anni dopo, con grande difficoltà dalle pieghe della memoria. E' la storia della pulizia etnica all'italiana, che ha lo stesso linguaggio, nasce dalle stesse intenzioni e procede con le stesse azioni dei signori della guerra nei Balcani dell'ultimo decennio del secolo appena passato. Cambiano i nomi, ma quello dell'alto commissario fascista di Lubiana, annessa al Regno d'Italia nel 1941, Emilio Grazioli, potrebbe essere equivalente a quelli di Milosevic o Karadzic, e a quelli dei generali Mario Robotti e Mario Roatta al generale serbo Ratko Mladic o al croato Ante Gotovina, criminali di guerra.

Ma nessun militare né civile italiano è mai stato processato da un tribunale. L'Italia si è assolta e l'amnistia del dopoguerra non ha permesso neppure di conservare la memoria giudiziaria dei fatti. Ora qualcosa lentamente riemerge e il difetto di conoscenza e di coscienza collettiva è tragico. Alessandra Kersevan, ex insegnante di scuola media in Friuli, ricercatrice a contratto in didattica delle lingue all'Universitа di Trieste, ha pubblicato, con il contributo del Comune di Gonars, uno straordinario studio sul campo di concentramento fascista di quel paese, ricostruendo tutta la storia della "pulizia etnica all'italiana" in Slovenia e in Croazia.

Spiega la Kersevan: "Ho lavorato per 15 anni negli archivi sloveni a Lubiana, all'archivio di Stato di Udine e in quelli dell'Esercito italiano a Roma. Gonars è una faccenda tutta italiana. Tra il 1942 e il '43 vennero internate migliaia di persone, rastrellate dall'Esercito italiano, donne, vecchi, bambini. Quasi 500 morirono in pochi mesi".

Ma Gonars, come le altre decine di campi di concentramento fascisti, rimase invisibile nell'Italia del dopoguerra. Spiega il professor Spartaco Capogreco, docente alla facoltà di Scienze politiche dell'Università della Calabria, il maggior esperto dei campi di concentramento fascisti, di cui a febbraio uscirа per Einaudi il volume I campi del Duce: "E' una storia di minimizzazioni e amnesie, che hanno offuscato gravi e precise responsabilità e che hanno contribuito all'affermazione di un pregiudizio, quello della naturale bontà del soldato italiano. Va anche rilevato il potente effetto assolutorio di Auschwitz nei confronti degli altri campi di concentramento. Ma ciò non giustifica l'oblio, né della politica di internamento fascista né della pulizia etnica all'italiana".

Nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 1942, Roatta, Robotti e Grazioli fanno circondare Lubiana con reticolati di filo spinato: la cittа diventa così un immenso campo di concentramento. Robotti spiega al Duce il suo "metodo deciso": "Gli uomini sono nulla", e comunica la sua intenzione di "arrestare in blocco gli studenti di Lubiana". I rastrellamenti sono operati dai Granatieri di Sardegna. Il generale Orlando, comandante della divisione, prevede lo sgombero delle persone "prescindendo dalla loro colpevolezza".

Alla fine di giugno Orlando comunica che con l'arresto di "5.858 persone si è tolto dalla circolazione un quarto della popolazione civile di Lubiana". Scrive il tenente dei Carabinieri Giovanni De Filippis in un promemoria che Alessandra Kersevan ha rintracciato a Roma: "Continua caotico e disorientato il procedimento dei fermi... La popolazione vive in uno stato di vero incubo".

La filosofia della pulizia etnica era stata indicata nella circolare "3C" del generale Roatta: "Internamento di intere famiglie, uso di ostaggi, distruzione di abitati e confisca di beni".

"Internamento di massa"

Il 24 agosto 1942 Grazioli prospettava al ministero dell'Interno "l'internamento di massa della popolazione slovena" e la sua "sostituzione con la popolazione italiana". Robotti spiega ai comandanti: "Non importa se all'interrogatorio si ha la sensazione di persone innocue. Quindi sgombero totalitario. Dove passate, levatevi dai piedi tutta la gente che può spararci nella schiena. Non vi preoccupate dei disagi della popolazione. Questo stato di cose l'ha voluto lei, quindi paghi".continua https://www.balcanicaucaso.org/aree/Slovenia/Pulizia-etnica-all-italiana-25225

7 feb 2024

Denis, scelta di vita a Tamoris

 


A 19 anni ha preso in mano l’azienda di famiglia, avviata da venticinque anni. Denis Guion, che abita a Tamoris/Tamora, nella zona montana di Torreano, non ha avuto dubbi. «Era arrivato il momento di un cambio di generazione e avevo da poco finito la scuola. Anche se ciò che ho studiato non era esattamente afferente, perché ho un diploma da installatore d’impianti elettrici, ho deciso di prenderla in mano».

Non sono storie che si sentono spesso. Tamoris è la frazione di Torreano che si trova più in alto, a circa 800 metri, verso la cima del monte Ioanaz. Nella borgata, dove lo sloveno locale è ancora piuttosto parlato (anche Denis ha iniziato a spiegarci la sua storia così), è rimasta una decina di abitanti. Molti sono pensionati; alcuni per lavorare scendono verso la pianura, chi per andare in fabbrica, chi per andare a fare pulizie.

Denis, invece, ha scelto di restare in paese, anche perché nella sua attività non è partito da zero. «Ho sempre avuto l’esempio e l’impronta da mio padre Egidio, così mi sono ritrovato già abbastanza pratico delle attività da seguire». Nel concreto, insieme a suo padre pulisce i terreni e i prati di Masarolis/Mažeruola, un po’ più a valle, e Tamoris. «In questa zona di montagna, dove non ci sono campi grandi come quelli di pianura, in estate continuiamo a tenere pulito, ossia a fare il fieno, mentre in inverno, quando il fieno non si può fare, produciamo legna da ardere», spiega il giovane agricoltore, che ha anche altri progetti.

«Nell’ultimo periodo mi sto specializzando, in ambito agricolo, preparandomi a prendere degli animali, esclusivamente al pascolo, che al momento sto strutturando. L’intenzione sarebbe di avere qualche capra, qualche asino – da lasciare allo stato brado, grezzo, non in allevamenti di stalla. Abbiamo avuto, poi, qualche piccolo orto e ora l’intenzione è quella di iniziare una coltivazione di patate. Tutto questo esclusivamente in agricoltura biologica, perché la nostra azienda ha tutte le certificazioni ». Per il periodo invernale, invece, Denis ha appena attrezzato una segheria. «Ho acquisito qualche macchinario per fare tavole, di tutte le dimensioni richieste a livello commerciale. Il legno che lavorerò deriva dall’abbandono dei terreni, avvenuto circa 50-60 anni fa da parte della gente del luogo, che se n’è andata. Principalmente si tratta di tiglio, che non è ottimo da ardere, ma ha molto impiego nelle sculture, altrimenti acero o frassino. In diversi si sono già rivolti a me. Nella filiera del legno, una piccola parte può servire anche a dare lavoro ad industrie manifatturiere».

Viene da sé che reperire il legno porta anche a più pulizia e ordine in zona, perché viene prelevato soprattutto dalle zone più vicine alle case o dal bosco che fa ombra ai campi, dove trovano spesso rifugio i cinghiali.

La scelta di Denis è, quindi, di strutturare vita e reddito a Tamoris. «Ho la casa qui, ho sempre abitato qui, non è che mi spaventi… So benissimo affrontare, ad esempio, le criticità dell’inverno, la neve, le strade dissestate… Uno può dire che siamo un po’ distanti dalla pianura, ma la distanza è un concetto relativo. E anche se il mio titolo di studio non è afferente, prevale l’interesse a seguire l’attività nella mia zona. Vince sull’idea di passare ore in fabbrica o in un capannone, senza la luce del sole».

Certo, da giovane titolare di azienda agricola Denis ritiene che, allo sviluppo di realtà come la sua, sarebbero d’aiuto forme di unione tra aziende agricole. «Intendo forme di collaborazione in cui più aziende, quattro o cinque, si mettono insieme, anche da paesi vicini, e creano un indotto effettuando ognuna una sua parte, senza entrare in conflitto nelle attività». Per potere interfacciarsi, poi, anche come struttura, con aziende a livello medio in provincia e regione.

Nel comune di Torreano, al momento quella di Denis è l’unica azienda montana ad essere gestita da un giovane. «Nella zona di pianura si stanno sviluppando di più i settori vitivinicolo e olivicolo. A Pulfero e a Stremiz di Faedis, invece, qualcuno in montagna c’è». Come quella di Denis, spesso si tratta di attività che proseguono una linea familiare. Prima erano state dei genitori o dei nonni.

«Al momento tra noi non c’è una collaborazione economica, perché non c’è vantaggio; anche lo spostamento è un onere», nota Denis. «La distanza rappresenta un problema, perché non c’è una struttura bene organizzata e i mezzi sono quelli che sono. Già se ci fosse un camion acquisito con un ragionamento tra più persone, ad esempio, i problemi sarebbero meno. Succede così in Carnia, dove i boscaioli della montagna collaborano direttamente con le segherie e tutto il comprensorio. Non si va a cercare un trasportatore per il trasporto – aspetto che incide molto sui costi» L’azienda di Denis Guion è affiliata a Kmečka zveza, l’associazione di categoria espressione della minoranza slovena in Italia. «Assolutamente. Se non ci fosse la Kmečka zveza, probabilmente saremmo in difficoltà. Segue direttamente quelle che sono le peculiarità della zona montana». (Luciano Lister)

DAL DOM

5 feb 2024

Al teatro di Tolmin febbraio di cultura

 Nel mese in cui in Slovenia e nelle zone in cui sono presenti minoranze autoctone di lingua slovena si svolgono le celebrazioni nella Giornata della cultura slovena, che ricorre l’8 febbraio, al Kinogledališče di Tolmin si susseguono eventi per tutti i gusti, dai concerti agli spettacoli teatrali, tra proiezioni cinematografiche e di documentari.

A introdurre il mese è la rassegna musicale dei cori dell’alto Posočje, organizzata dalla filiale di Tolmin del Fondo pubblico per le attività culturali della Repubblica di Slovenia. La rassegna si svolgerà, nel corso del mese, tra i centri culturali di Kobarid e Tolmin, con la partecipazione di 15 formazioni corali.

Anche se il Comune di Tolmin quest’anno non organizza eventi ufficiali nella Giornata della cultura slovena, al cinema di Tolmin martedì, 6 dicembre sarà proiettato il documentario dal titolo «Da beseda, ki smo jo podedovali, ne izumre» (in italiano «Perché la parola che abbiamo ereditato non muoia»), diretto da Aljaž Škrlep. Concepito come intervista al compianto operatore culturale, professore e politico delle Valli del Torre Guglielmo Cerno, l’opera offre uno spaccato sulla vita della comunità slovena della Benecia tra passato e presente. Dopo la proiezione, a intervistare il regista Aljaž Škrlep il figlio di Guglielmo, Igor Cerno, saranno il pubblicista Igor Tuta e l’ex prefetto di Tolmin, Zdravko Likar.

Sempre dalla Benecia, dal 15 febbraio nella galleria del Kinogledališče di Tolmin troverà spazio una mostra di arte astratta dell’artista beneciano Giacinto Iussa, dal titolo «Sprehod po barvah» («Passeggiata tra i colori»). A promuoverla è stato il circolo degli artisti di Tolmin, che prima aveva, a sua volta, già curato un’esposizione nelle Valli del Natisone.

dal dom

3 feb 2024

Il progetto di sviluppo turistico "Benecia 2028" avanti tutta


 Il Progetto di sviluppo turistico Benecia 2028 va avanti a pieno ritmo ed è arrivato a un punto cruciale. Nei mesi scorsi la Dmo Turismo Benečija (una struttura operativa dedicata al progetto all’interno dell’Istituto per la cultura slovena di San Pietro al Natisone) ha lavorato sodo per mettere le fondamenta di una nuova era del turismo nelle Valli del Natisone e del Torre e in Val Resia.

Tutte le importanti novità sono state illustrate in un incontro tenutosi lunedì, 29 luglio, nella sala del Circolo culturale a Merso di Sopra. L’appuntamento era soprattutto rivolto agli amministratori pubblici, per creare quell’unità di intenti necessaria per affrontare in maniera vincente la sfida del turismo. Erano presenti numerosi sindaci o loro delegati dei 15 comuni interessati, il presidente della Comunità di montagna del Natisone e Torre, Antonio Comugnaro, il presidente del Torre Natisone Gal, Mauro Veneto, i consiglieri regionali Simona Liguori e Marko Pisani nonché numerosi operatori turistici che stanno seguendo con interesse il progetto dell’Istituto per la cultura slovena.
Dal punto di vista materiale, il risultato più eclatante del lavoro finora conseguito dalla équipe guidata da Sandro Quaglia è la realizzazione del logo e del sito internet ( www.benecija. eu)che costituirà un vero e proprio portale per l’accesso alle risorse turistiche e culturali della Benecia, con tutti gli strumenti per prenotare pernottamenti, pasti e organizzare il soggiorno, per conoscere sentieri e itinerari cicloturistici, punti di interesse dal punto di vista storico, artistico e naturalistico. Sono stati coinvolti oltre 400 portatori di interesse (albergatori, ristoratori, imprenditori turistici e agricoli, associazioni culturali). Ci sono anche gli eventi del territorio, importanti per destagionalizzare una afflusso turistico di chi pernotta nella Slavia che attualmente si concentra quasi esclusivamente d’estate. Tutto è realizzato in 4 lingue (italiano, inglese, tedesco e sloveno), quelle più usate nei bacini di attrazione più interessante per il nostro turismo. Realizzata anche una cartina riassuntiva delle risorse del territorio che valorizza tutte le porte d’ingresso alla Benecia (da Cividale a Bovec, Kobarid e Tolmin, da Gorizia/ Nova Gorica a Tarvisio. Ma ancora più imponente è stato il lavoro immateriale di contatti e relazioni che una molteplicità di soggetti esterni alla Slavia e che si tradurranno nella proposta di appositi pacchetti su diversi mercati turistici italiani e stranieri. Contatti sviluppati, ad esempio, con diverse agenzie viaggi europee, con l’associazione nazionale degli alpinisti tedeschi. Il progetto Benecia 2028 è entrato anche nel Gect di Gorizia/Nova Gorica e rientrerà nel programma della capitale della cultura europea 2025.
Si lavora anche ad un obiettivo fondamentale per il turismo in Benecia: l’aumento dei posti letto in alberghi, B& B, case vacanza ecc…. Un percorso non facile e non breve, che dovrà coinvolgere sicuramente le Comunità di montagna, i Gal e la Regione. Un segnale molto positivo in questo senso è che il finanziamento per il progetto «Benecia 2028», attinto dalla legge di tutela della minoranza slovena, è stato prorogato per un altro triennio.
Roberto Pensa

dal Dom

27 nov 2023

festival leggere le montagne


 È ormai tradizione per il Comune di Resia, in stretta collaborazione con l’Ecomuseo Val Resia, la Biblioteca Comunale e il Parco naturale delle Prealpi Giulie partecipare al festival Leggere le Montagne, promosso ogni anno, nella data dell’11 dicembre, dalla Convenzione delle Alpi. È in quest’occasione che, in tutto l’arco alpino, vengono organizzate iniziative di vario genere per promuovere lettura e montagna.

A Resia anche quest’anno sono stati coinvolti Virna Di Lenardo e Gianluca Da Lio di KRAMA, mercanti di storie, un progetto con il quale i due giovani resiani attraverso eventi, canali social e Podcast si impegnano per valorizzare, promuovere e divulgare aspetti del territorio resiano e regionale. Con il loro podcast “Storie di sassi”, che ha alle spalle già due stagioni con un totale di 18 episodi sempre disponibili sul canale Spotify di KRAMA, mercanti di storie, hanno dato voce finora a giovani che vivono in Val Resia e che hanno deciso di rimanere a vivere in montagna e radicare qui le proprie radici, esattamente come sassi e pietre. Nella terza stagione si parlerà di “casa” e delle varie sfumature sociali e linguistiche del resiano per parlare di “casa”! Sarà dato spazio a storie di persone che sono partite dalla valle per vivere la propria vita altrove, ma che non dimenticano le proprie origini e ritornano sempre. Nuovi 10 episodi che si potranno ascoltare attraverso le piattaforme Spotify, Apple Podcasts e Anchor, ricercando il canale “KRAMA, mercanti di storie”, in uscita a partire da martedì 14 novembre e poi ancora il 16, 21, 23, 28 e 30 novembre e 5, 7, 12 e 14 dicembre.
L’iniziativa si concluderà con un incontro assieme ai principali promotori dell’attività e a tutti gli ospiti del podcast nella giornata principale di “Leggere le Montagne”, lunedì 11 dicembre alle ore 18.00.
Tutto il percorso sarà accompagnato da continui spunti e sondaggi sui social dell’Ecomuseo Val Resia, della Biblioteca Comunale e del progetto “KRAMA, mercanti di storie”.
dal Novi Matajur

9 ago 2023

Numeri del turismo in crescita


Sorride il turismo nelle Valli del Natisone nella stagione estiva 2023. I segnali positivi non mancano. C’è un incremento del 15% delle presenze nelle case vacanza che si affidano ad agenzie viaggi straniere per promuovere il loro incoming; anche l’albergo diffuso è in crescita, grazie a strategie web più efficaci. Cresce la fedeltà di chi in Benecia ci è stato, se ne è innamorato e torna regolarmente. E parliamo soprattutto di famiglie del Centro-Nord Europa. Dall’altra parte, però, il territorio non riesce a trovare la giusta visibilità sul mercato turistico internazionale e i B& B dove non c’è l’uso della cucina sono un po’ in difficoltà perché i turisti fanno fatica a trovare in loco una ristorazione diurna. E gli alberghi, fatta eccezione per i gruppi, si riempiono solo in concomitanza con i grandi eventi.

Questa, in sintesi, la situazione alla viglia di agosto, mese principe del turismo.

Molto bene vanno le case vacanza aderenti all’associazione «B& B e ospitalità nelle case del Friuli-V. G.», numerose nelle Valli del Natisone. I migliori risultati sono per chi si è rivolto ad agenzie straniere specializzate nel «turismo lento», spiega Rosina Vogrig, referente locale dell’associazione e, a sua volta gestore di «Casa Lienartova» a Seuza. «I turisti sono soddisfatti e vivono con entusiasmo la vacanza in Benecia – spiega Vogrig – . Sta a noi albergatori indirizzarli sul territorio a scoprire le Valli e l’intera Regione Friuli-V. G».

Sorride anche l’albergo diffuso Valli del Natisone. «Le nostre case sono piene a luglio e agosto – evidenzia la presidente Marzia Ursic – . Gli ospiti sono contenti dell’accoglienza, ci riempiono di complimenti per le nostre case, per le vedute e i panorami. Chiedono molto bici e canoa e sono sempre contenti delle attività che svolgono sul nostro territorio». Cresce anche il numero di valligiani che offrono case e stanze all’albergo diffuso.

Situazione più in chiaroscuro per l’hotel «Natisone» di Tiglio (comune di San Pietro al Natisone), realtà storica del turismo valligiano, attiva da ben 55 anni.

«Quando c’è qualche evento, come il Rally del Friuli Orientale, o la Cividale-Castelmonte o le gare di go kart al circuito di Clenia, le stanze si riempiono – evidenzia la titolare, Teresa Marginai –. Stiamo lavorando molto bene, sin dalla primavera, con i gruppi organizzati. Ospiti singoli per adesso molto pochi. Quelli passano e proseguono per la Slovenia. Non ci mancherebbe nulla, ma non siamo organizzati bene come loro e abbiamo meno appeal». L’albergatrice punta il dito, ad esempio, contro la scarsa apertura al pubblico delle Grotte di San Giovanni d’Antro, attualmente visitabili solo previo appuntamento. «Il weekend almeno dovrebbero essere aperte – sostiene Marginai – in passato lo erano e questo generava movimento».

Un problema è anche la rarefazione degli esercizi commerciali e della ristorazione, specie diurna e non solo serale. «Anche noi abbiamo dovuto chiudere la pizzeria – spiega Marginai – non perché non andasse bene ma a causa delle restrizioni provocate dal Covid. A furia di chiudere in molti paesi non c’è più nulla».

Questo è un tema fondamentale per i bed& breakfast e per le case vacanza dove l’ospite deve fare la spesa per conto suo. «Si potrebbe creare un servizio di spesa a domicilio, come è stato fatto in altri luoghi – evidenzia Rosina Vogrig –. Va anche detto che raramente l’ospite straniero si lamenta delle distanze per raggiungere i supermercati a fondovalle, è piu facile avvenga col cliente italiano». (Roberto Pensa)

dal Dom

26 lug 2023

Il boscaiolo, una professione di cultura

 




A prima vista potrebbe sembrare un puro fenomeno imprenditoriale ed economico. Ma se le Valli del Natisone – e in particolare il comune di San Leonardo – in pochi anni sono diventati la zona del Friuli a maggior concentrazione di imprese boschive, è un fatto prima ancora culturale.

È, in definitiva, un esempio posistran tivo in cui i valori spirituali della famiglia e dell’amore e il rispetto dell’ambiente, insieme alla cultura materiale trasmessa fin dalla tenera età con il seguire il papà o i parenti nel bosco, passano per osmosi tra generazioni, arricchendosi di nuove sfide, di professionalità e capacità manageriale.

Dopo quella pubblicata sullo scorso numero del Dom, vediamo insieme altre due storie esemplari di questo «boom di boscaioli».

Il gioco da bambino è diventato impresa

Per Andrea Dugaro, 39 anni, la vocazione da boscaiolo inizia da bambino, seguendo il padre nel bosco a fare legna. Non una attività imprenditoriale vera e propria, ma tutti i rudimenti e la cultura del taglialegna si trasmettono da padre in figlio. «Piuttosto che lasciarmi a casa da solo, papà Antonio mi portava con lui – racconta –. All’inizio mi ha fatto quasi odiare il bosco, perché l’ho vissuta come una imposizione, dopo è diventato un gioco, trasformatosi in passione e poi in lavoro vero e proprio. Il giorno del suo settantesimo compleanno gli ho regalato una foto nostra insieme con queste parole: “Il gioco di un bambino è diventato una professione”».

L’amore per la propria terra lo ha portato a scegliere come scuola l’istituto agrario di Cividale, già con la precisa idea di diventare un imprenditore nel settore agrario: «Col diploma agrario si possono saltare dei corsi propedeutici alla richiesta della partita Iva – spiega Andrea –. Già alle medie avevo deciso che quello era il mio futuro e subito dopo la scuola, finito il servizio militare, ho aperto partita Iva. Nel 2005, a 21 anni, ho aperto la mia impresa con sede a Ussivizza di San Leonardo e un capannone a Cemur. Oltre che a San Leonardo, tagliamo boschi anche nei comuni di San Pietro al Natisone, Stregna, Grimacco e Pulfero. Un gioco, con la mia passione infantile per i macchinari e i trattori e di stare all’aria aperta lavorando nella natura, è diventato con la maturità un lavoro, che alla fine rimane una grande passione! Se guardiamo il riscontro economico rispetto alle ore di lavoro che si fanno, dovrei essere miliardario! In realtà è la passione che mi sostiene».

In tutto ciò un ruolo importante lo gioca l’amore per il proprio territorio: «La natura, gli incontri con la fauna come caprioli e cinghiali, beccacce, scoiattoli, fanno un bellissimo quadro – evidenzia Andrea – . Non ho mai preso in considerazione di fare un altro lavoro, magari al chiuso e in pianura. Anzi, andando avanti, ottimizzando il lavoro con l’acquisto di macchinari, la passione aumenta».

Nelle Valli del Natisone «non c’è un bosco da cartolina, come quello di abeti nel Trentino o le faggete del Cansiglio. È un ambiente particolare, ripido e scosceso, in molti punti roccioso, altrove fangoso, molto vario (castagneti, bosco ceduo, qualche faggeta…), non un ambiente agevole e semplice per lavorarci. Negli ultimi anni, il lavoro con materiale da lavorazione come tronchi di acero, frassino, ciliegio, noce che poi finivano nelle segherie per tavolame è andato a decadere, un po’ per carenza di materia prima, un po’ per il tracollo del Triangolo della sedia che ha diminuito drasticamente la domanda. Oggi è richiestissima la paleria per vigna, sia di acacia che di castagno per la loro durata nel tempo. Il resto è legno da brucio».

Dugaro vede con scetticismo la possibilità di fare nuovi impianti con essenze più richieste dall’industria. «Intanto bisognerebbe eliminare tutto quello che c’è – spiega –, poi sui nostri versanti la ricrescita del sottobosco è molto rapida e ciò aumenta le spese di manutenzione. Solo nelle faggete il sottobosco rimane pulito da rovi e abusti che soffoca tutto ciò che di piccolo può crescere. Anche i castagneti rendono poco, sia come frutto che come legno da brucio. Il mercato lo snobba, anche se personalmente lo trovo ottimo».

Consiglierebbe questa professione ad un giovane? «Se c’è la passione senza dubbio – risponde Dugaro –, come in ogni lavoro. Bisogna buttarsi e partire. Certo bisogna essere coscienti che avere una impresa significa improntare tutta la vita in un certo modo. Non ci sono orari di lavoro prestabiliti e neanche giorni festivi intoccabili. Quando la creatura è tua cerchi di fare più che puoi».

Orgoglioso di fare belle le Valli

Per Riccardo Predan quella del boscaiolo non è solo una tradizione di famiglia, ma già una impresa da 30 anni. «Mio papà comprò il suo primo trattore con carretto e iniziò a fare bosco – racconta Riccardo –, fondando la Predan Legnami. Con gli anni l’attività si è evoluta e anche io e mio fratello Alessandro siamo entrati come contitolari aiutando il papà e permettendo all’azienda di crescere. Ora abbiamo anche due dipendenti. Fin da bambino venivo a giocare nei locali dell’azienda e dai 14 anni davo già una mano. A 13 anni ho preso in mano per la prima volta la motosega. Mio papà non voleva, ma sapevo già tagliare un albero da solo. Già con l’idea di entrare in azienda, ho frequentato alle superiori l’Istituto tecnico commerciale e ora seguo anche tutto il settore contabile amministrativo».

In altre zone del Friuli la successione tra padri e figli nel bosco fa un po’ fatica, «mentre qui nelle Valli del Natisone ci sono tanti esempi positivi di continuità, non solo tra padri e figli ma anche tra zii e nipoti. È un bel segno di unità delle famiglie e di amore per il nostro territorio. Sono molto orgoglioso di essere di Tribil, della bellezza dei nostri boschi e dei nostri prati. Siamo anche uniti come boscaioli nelle Valli. La festa di domenica 25 giugno a San Leonardo l’abbiamo organizzata insieme. Ci sentiamo i custodi dell’ambiente, impegnati a tenere bene il paesaggio. Oggi Tribil, il Matajur e il Kolovrat sono davvero molto belli. Oggi vedo che i giovani sono attaccati più allo smartphone che alla motosega e hanno il mito della città. È un peccato, si rischia di perdere valori molto importanti».

Il bosco è il grande tesoro delle valli, «un patrimonio che è sostenibile perché si rigenera con una giusta programmazione che rispetti i cicli di ricrescita. La gente di pianura vede spesso noi boscaioli ancora come persone che distruggono il bosco.

In realtà poniamo le basi affinché il bosco cresca sano e migliore. I piani di taglio vengono sempre concordati con la Guardia Forestale che alla fine decide cosa deve essere preservato e non tagliato, per i suoi valori naturalistici e paesaggistici. Inoltre nei boschi un po’ più diradati, meno densi di alberi, il sole aiuta la ricrescita naturale del faggio, un legno di pregio molto richiesto per il brucio».

Predan è convinto che il bosco nelle Valli del Natisone abbia un grande futuro: «Penso che anche da noi arriveremo a migliorare il bosco con essenze più pregiate. Ci sono molti ostacoli ma alla fine ce la faremo. Comunque seguiamo con attenzione il mercato e l’innovazione tecnologica. Se ci sono incentivi l’attività boschiva in montagna progredisce, non esistono solo i boschi di pianura. Quando ci sono gli incendi e le frane e le alluvioni, la gente capisce l’importanza di sostenere il nostro lavoro. Nei nostri progetti c’è anche quello di proporci per pulire gli alvei dei nostri fiumi dagli arbusti che vi crescono o da quelli che vengono trasportati dalla piene e che minacciano ponti e passerelle».

Consiglierebbe questo lavoro ad un giovane? «Sì. Tra escavatori, teleferiche, macchinari specializzati, la fatica fisica è sempre meno, ormai quasi limitata all’uso della motosega. Se si vuole stare a contatto con la natura e avere un lavoro vario, non confinato in ufficio o in fabbrica, è l’ideale». (Roberto Pensa)

dal Dom

23 lug 2023

Grotte e leggende in Val Cornappo

 


Jame v legendah v Karnajski dolini
Grotte e leggende in Val Cornappo

Sono vent’anni e il Centro ricerche carsiche Carlo Seppenhofer intende festeggiarli come si deve. Gestire da così tanto tempo il rifugio speleologico a Taipana/Tipana, infatti, è un impegno e una responsabilità, ma anche un onore.

Per questo ha promosso, sabato, 29 luglio, una tavola rotonda sul tema: «Le grotte nella leggenda. Invito a raccontare le leggende legate alle grotte». La manifestazione si svolge col patrocinio dei comuni di Taipana e Gorizia. Chi desideri partecipare è invitato nella sala consiliare a Taipana alle 15.00. La tavola rotonda sarà strutturata in brevi interventi, seguiti da discussioni aperte.

Esperti e appassionati avranno, quindi, la ghiotta opportunità di esplorare le affascinanti leggende e storie intrecciate alle grotte. In serata seguiranno i festeggiamenti nella ricorrenza dei 20 anni di gestione del rifugio speleologico. Nella seguente giornata di domenica, invece, sarà possibile partecipare a cinque escursioni alla scoperta di cascate e grotte.

Ai partecipanti sarà richiesto un contributo simbolico di 10 euro.

Per motivi logistici, chi intendesse partecipare alla tavola rotonda e ai festeggiamenti è invitato a darne comunicazione entro sabato, 15 luglio. Per informazioni o domande è possibile contattare il presidente del Centro, Maurizio Tavagnutti (seppenhofer@libero.it – 329 7468095). Nella ricorrenza dei 20 anni di gestione del Rifugio speleologico Carlo Seppenhofer a Taipana, i membri del Centro ricerche carsiche hanno deciso di festeggiare il raggiungimento di questo traguardo invitando gli amici e tutti coloro che, negli anni, hanno fornito loro supporto.

«Abbiamo pensato di dare un tono significativo a questa giornata organizzando anche una tavola rotonda impostata sui vecchi temi già introdotti in passato dai vari “Triangoli dell’Amicizia”. Per questo motivo sono stati invitati a partecipare anche gli amici degli stati contermini: Austria e Slovenia, con cui abbiamo sempre collaborato», spiegano dal Centro.

Il Centro ricerche carsiche Carlo Seppenhofer è un’associazione senza fini di lucro, fondata a Gorizia il 25 novembre 1978. Si interessa di speleologia nelle sue molteplici forme: dall’esplorazione delle grotte, fino alla protezione dell’ambiente carsico e alla sua valorizzazione in senso naturalistico. A Taipana gestisce il rifugio speleologico Carlo Seppenhofer dal 2003. (Luciano Lister)

dal Dom

21 lug 2023

Una casa di comunità per la salute

 


Tempi stretti per la realizzazione della strategia per le aree interne, a cui le Valli del Natisone e del Torre accedono per la prima volta. In ballo ci sono ben 17 milioni di euro: 4 milioni vengono dallo Stato e dovranno essere impiegati per primi esclusivamente nei settori dei servizi sanitari, trasporti e istruzione. 13 milioni sono della Regione Friuli- Venezia Giulia e sono più liberi come destinazione.

Entro 6 mesi dovranno essere approvati i primi 44 progetti da realizzare con una spesa di circa 4 milioni di euro di fondi statali. Ecco perché sono iniziati senza indugi, nonostante il periodo estivo, gli incontri sul territorio per sensibilizzare e coinvolgere la popolazione e a coinvolgere i portatori di interesse per dare spunti e idee per combattere lo spopolamento e l’abbandono dei nostri borghi montani.

I primi appuntamenti hanno coinvolto San Pietro al Natisone (il 28 giugno), Savogna (29 giugno, anche per il comune di Drenchia), Taipana (il 4 luglio anche per il comune di Lusevera), Magnano in Riviera il 6 luglio e Attimis il 10 luglio. Ultimo appuntamento mercoledi, 12 luglio, alle ore 18, nell’ex scuola elementare di Nimis.

«Sono molto soddisfatto del primo incontro – evidenzia il sindaco di San Pietro al Natisone, Mariano Zufferli –. Nonostante fosse solo un appuntamento per informare la popolazione sulle caratteristiche di questo intervento, sono già emersi dei contenuti interessanti». Zufferli tiene in particolar modo ai temi della salute e della sanità e si dice convinto che andrà affrontato il tema della cosiddetta «Casa della comunità», un presidio sanitario che a fondovalle dovrebbe accogliere tutti i medici di medicina generale operanti nei comuni delle Valli del Natisone, supportati anche da mezzi diagnostici e dalla presenza saltuaria di altri specialisti.

«Poco importa se per la “Casa della comunità” si sceglierà San Pietro o San Leonardo – evidenzia Zufferli –, l’importante è che la popolazione possa appoggiarsi ad un presidio sanitario che può dare risposte ampie in termini di orari di apertura e competenze».

Il sindaco di Lusevera, Luca Paoloni, rilancia una proposta molto importante per i paesi più periferici in tema di sanità : «Credo vada finalmente introdotta anche da noi la figura dell’infermiere di comunità che può supportare il medico di base per molti interventi e seguire anche gli anziani vicini al loro domicilio».

Un punto di vista sostanzialmente condiviso da Tatiana Bragalini, sindaco di Savogna, secondo cui «si potrebbe trovare una forma agile per portare alcuni esami diagnostici meno complessi ma molto utilizzati al domicilio degli anziani con l’uso di un mezzo appositamente predisposto. Per la popolazione di mezza età vedrei invece un forte potenziamento della prevenzione delle più diffuse patologie».

«I professionisti incaricati dalla Regione sono super disponibili e questo è di buon auspicio per la redazione dei progetti – aggiunge Paoloni –. È emersa l’importanza del segnale telefonico cellulare per la sicurezza di queste aree, il ruolo fondamentale del turismo e un certo interesse anche per il sostegno alla filiera foresta/ legno come risorsa importante anche per la prevenzione del problema della caduta di alberi sulle strade, di cui potrebbero essere incaricate le aziende forestali del territorio. Va inoltre sviluppato il trasporto pubblico locale con maggiori collegamenti con i centri più grossi, come Udine e Tarcento». (Roberto Pensa)

V okviru terenskih srečanj z občani, de bi izdelali strategijo za obrobna območja v Benečiji, je prišel na dan sugestiven predlog po ustanovitvi «Doma skupnosti» v Špietru ali Svetem Lienartu. V njem bi delali vsi družinski zdravniki Nediških dolin in nudili tudi dodatne usluge pacientom. Iz strategije za takozvana Notranja območja so takoj na voljo štiri milijoni evrov. Na srečanjih so bile izpostavljene tudi potrebe na področju javnih prevozov in šolstva oziroma izobraževanja.

dal Dom

7 lug 2023

Riportare l’acqua ai Bagni di Lusnizza

 




Il progetto del Thomashof ristrutturato

A Bagni di Lusnizza/Lužnice sono tante le aspettative risvegliate dalla prospettiva di una rinascita del Thomashof come struttura ric

Ricordiamo che dopo la chiusura delle province da parte della giunta Serracchiani, la struttura è passata alla Regione, che infine l’ha ceduta al Comune di Malborghetto-Valbruna, interessato a prospettive di sviluppo.

Il municipio valcanalese ha avviato in seguito, con fondi regionali, una prima ristrutturazione da 1.100.000 euro circa, che ha interessato il riscaldamento e la coibentazione dell’edificio, al fine di dedicarlo ad attività ricettiva. Completata questa prima parte di lavori, serve un ulteriore investimento per sistemare camere e bagni, per poi aprire definitivamente un’attività ricettiva pubblica, presumibilmente a fine 2023 o nell’estate del 2024.

In futuro, una particolare attrattiva del complesso sarà un percorso Kneipp, spiega il sindaco Boris Preschern. «È finanziato in parte dalla Regione Fvg e in parte dal Comune. Si tratta di un percorso d’idroterapia nel parco del Thomashof. Il progetto preliminare è già realizzato; ora si sta ragionando su come riuscire a scaldare l’acqua». L’idroterapia si basa su un’alternanza tra immersione in acqua fredda e calda. Nel giardino del Thomashof sarebbe, quindi, creato un ruscello.

Anche se i progetti sono già avviati e finanziati, prima di poter utilizzare l’acqua solforosa per scopi terapeutici passerà del tempo, constata Preschern. «Cento anni fa nel Thomashof c’era l’acqua termale, portarla oggi è molto più difficile. Per questo, attraverso un altro contributo chiesto alla Regione Fvg, si vorrebbe portare l’acqua solforosa dalla sorgente di Bagni nello stabile dell’ex scuola elementare che si trova a poche decine di metri dal Thomashof ed è sempre di proprietà comunale». Lì sarebbero create vasche per i bagni nell’acqua solforosa e sarebbe possibile fare inalazioni e bagni di vapore.

«L’impianto deve essere prima di tutto a beneficio della popolazione locale e poi dei turisti, come l’utenza della ciclabile e altro. L’ultimo passaggio, però, non è ancora finanziato dalla Regione. Tra l’altro, il Consorzio vicinale di Bagni di Lusnizza sostiene che l’acqua gli vada pagata, mentre il Comune ha la concessione regionale per prelevarla». (Luciano Lister)

V Lužnice bi Občina Naborjet-Ovčja vas iz sosednjega vrelca rada spet pripeljala žvepleno vodo, da bi v vasi oživela topliško dejavnost. Toplice so pred več kot stoletjem že zaznamovale vas, sicer z zdraviliščem Thomashof.

Bralce spominjamo, da je bivši hotel nekoč bil v lasti pokrajine Gorica, ki je v njej organizirala poletne kolonije. Ko je deželna uprava v prejšnjih letih ukinila pokrajine, bi Thomashof morali predati Deželi Furlaniji-Julijski krajini. Občina Naborjet-Ovčja vas se je takrat izpostavila, saj se je bala, da bi usoda poslopja po njegovi predaji Deželi utonila v pozabo. Deželna uprava je za Občino ob tisti priliki imela posluh, saj so stavbo predali prav njej.

Kasneje je naborješko-oška občinska uprava z deželnimi sredstvi v višini milijona sto tisoč evrov začela prva obnovitvena dela. Šlo je za toplotno izolacijo in ogrevanje poslopja, da bi ga namenili gostinski dejavnosti. Nadaljnja sredstva vlagajo v ureditev sob in stranišč. Upajo, da bodo obnovljeni Thomashof otvorili decembra 2023 ali julija 2024.

Posebna obogatitev bo pot Kneipp, ki je še v načrtovanju, je že pred časom povedal župan Boris Preschern. Projekt finančno podpirata Dežela Furlanija-Julijska krajina in sama Občina. Gre za hidroterapijo v vrtu Thomashofa. Pripravljalni projekt že obstaja; trenutno razmišljajo o tem, kako bi lahko vodo ogrevali, saj hidroterapija predvideva izmenično kopanje v mrzli in topli vodi. V ta namen bi v vrtu Thomashofa uredili potočič.

Ker napeljati cevi in žvepleno vodo v samo poslopje Thomashofa bi bilo po stoletju zahtevno, bi radi v bližnjem poslopju bivše lužniške osnovne šole uredili bazene za kopanje. Tudi ta poseg bi radi izvajali s podporo Dežele Furlanije-Julijske krajine, ki ga sicer ni še financirala.

Župan Preschern je povedal, da bi tudi ta projekt bil najprej v prid krajevnemu prebivalstvu in nato še turistom in kolesarjem po bližnji kolesarski stezi Alpe Adria. Z Vaške skupnosti Lužnice trdijo, da bi za porabo vode Občina morala plačati, medtem ko z županstva Preschern trdi, da Občina že razpolaga z deželnim dovoljenjem za porabo.

dal Dom


6 lug 2023

Quest'anno meno miele e meno frutta


 Purtroppo quest’annata si prospetta dura per gli apicoltori del Friuli-Venezia Giulia. E sui banconi di negozi e mercati troveremo molta meno produzione nostrana di alcuni frutti che di solito sono facilmente reperibili, come susine e mele.

A spiegare perché il comparto del Friuli-Venezia Giulia ha lanciato l’allarme ed è pronto a chiedere lo stato di calamità alla Regione, da Cergneu Inferiore/Dolenjena è Luisa Capitan, dell’azienda agricola «Le rubide». Per la propria produzione di miele nell’azienda a conduzione familiare ha anche ricevuto riconoscimento.

«A noi apicoltori il freddo e la pioggia dei mesi scorsi stanno dando, ora, il colpo di grazia. Dal punto di vista della produzione di miele e della gestione degli apiari, già le ultime annate sono state altalenanti. Alcuni problemi di salute delle api hanno pregiudicato l’attività di famiglie forti e la tenuta della popolazione negli alveari».

In apicoltura il periodo di produzione è piuttosto ristretto. Potremmo dire che «o la va o la spacca», a sentire Luisa. «Non si può recuperare come in agricoltura, perché il periodo di produzione del miele e lo sviluppo delle famiglie di api inizia a marzo. La raccolta del miele e delle principali essenze racimolate dalle api operaie, le bottinatrici, avviene a fine aprile e inizio maggio. Mi riferisco soprattutto alle nostre zone, dove sono presenti acacia, acero, tarassaco. Seguono, poi, le fioriture a scalare, fino ad arrivare al ciliegio, alla colza, vicino alle zone coltivate, al tiglio, al castagno. O a tiglio e castagno insieme, là dove la fioritura è concomitante». Il periodo di raccolta termina alla fine di giugno, o nei primi dieci giorni di luglio.

Il freddo degli ultimi mesi ha pregiudicato la deposizione di uova e la nascita di nuove api. E, ora che è arrivato il caldo, le famiglie si trovano indebolite per il freddo passato, oltretutto senza abbastanza api per raccogliere il miele, che sarà, così, molto di meno.


Ma c’è anche un altro aspetto legato all’impollinazione, fa notare Luisa. «Con pioggia e freddo le api non sono uscite. Il fatto che non ci siano state le condizioni perché le api volassero, impollinassero tra un fiore e l’altro e portassero a casa il nettare e il polline, che serve per nutrire la famiglia, testimonia che non siamo in un’annata fruttuosa. La minore impollinazione avrà come conseguenza meno frutti come ciliegie e mele, che sono le principali fioriture di questo periodo».

Certo, magari ci saranno un po’ più di castagne, ma la produzione di frutta il cui ciclo inizia perlopiù in primavera, con cui si fanno le marmellate in estate, sarà ridotta a metà o meno del raccolto necessario, che siano prugne, pesche o susine.

Non meno grave è il problema della salute delle api. «Le famiglie di api sono in forte disequilibrio – spiega Luisa –. Non hanno le condizioni per essere forti, in salute e in numero tale da poter affrontare bene l’inverno. Certo, soprattutto in riferimento alla Varroa, che è un acaro parassita dell’ape, c’è un piano regionale per contenerne la diffusione. Ma tutti i trattamenti fatti negli ultimi anni stanno perdendo efficacia, ragion per cui dobbiamo ricorrere alla tecnica apistica per fare fronte alla problematica». Quest’anno, comunque, la Varroa sarà probabilmente meno presente.

L’acaro, infatti, depone tre uova nello spazio della celletta in cui l’ape depone un uovo. Dove crescono le larve dell’ape, in seguito, cresce anche la Varroa, però più velocemente, alimentandosi delle larve. Le ipotesi sono due: essendoci al momento poca covata e poche api, quest’anno potrebbe esserci anche poca Varroa, oppure le poche api presenti saranno falcidiate dalla malattia.

La situazione, molto complessa, è stata presa in esame a un incontro tra apicoltori, molto partecipato, che si è svolto lunedì, 19 giugno, all’azienda dei fratelli Comaro a Cassacco. Già nel 2021 si erano verificati grandi problemi, perché aveva fatto freddo fino a stagione inoltrata e quest’anno ci si è trovati nelle stesse condizioni. A Cassacco sono intervenuti i rappresentanti dei consorzi di apicoltori delle province del Friuli-Venezia Giulia, dell’associazione Ape carnica e dell’Associazione regionale produttori apistici-Arpa, nonché la maggior parte degli apicoltori professionisti regionali. Volendo tradurre questo in numeri, è stato come se a Cassacco fosse presente il 70% degli alveari in Friuli-Venezia Giulia. «All’incontro è stato deciso che il passo successivo sarà quello d’incontrare l’assessore regionale alle Risorse agroalimentari, Stefano Zannier», conclude Luisa, che confida in risposte per il comparto. «È stato richiesto, infatti, lo stato di calamità». (Luciano Lister)

Letošnji pridelek medu bo občutno manjši kot v preteklih letih, sporočajo čebelarji. Mrzla in deževna pomlad je namreč povzročila težave čebeljim družinam. Ker so čebele zaradi vremenskih razmer dolgo ostale v panjih in niso v zadostni meri oprašile sadnih dreves, bo tudi manj nekaterih vrst sadja. Na primer sliv ne bo in jabolka ne bodo prava. Napovedujejo pa dosti kostanja.

Več o tem nam je povedala Luisa Capitan, ki v Dolenjeni upravlja kmetijo »Le rubide«.

Ker je stanje resno, se je v ponedeljek, 19. junija, v kmetiji bratov Comaro v Cassaccu odvijalo srečanje med čebelarji iz cele dežele Furlanije-Julijske krajine. Sklepali so, da se bodo srečali z deželnim odbornikom za agroživilske vire, Stefanom Zannierjem. Prosili ga bodo, naj Dežela Furlanija-Julijska krajina razglasi izredno stanje.

Novi Matajur

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