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Questo blog parla delle minoranze linguistiche del Friuli:SLOVENA,FRIULANA eTEDESCA,articoli dei giornali della minoranza slovena,degli usi,costumi,eventi e tanto altro.Buona lettura.OLga

antifascista

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25 set 2023

Il primo territorio libero in Italia

 


Fondata 80 anni fa, la Repubblica di Caporetto/Kobariška republika fu la prima formazione statale libera all’interno del Regno d’Italia, i cui confini erano ancora quelli del Trattato di Rapallo (1920). Eppure per la storiografia della Resistenza resta un fatto generalmente sconosciuto, mentre, nella nostra regione, trovano largo spazio la Repubblica partigiana della Carnia e dell’Alto Friuli e la Zona libera del Friuli Orientale. Ma si trattava, come per la ventina dei territori liberi sorti nell’Italia settentrionale, di repubbliche fondate per lo più nella seconda metà del 1944 al fine di contrastare l’oppressione degli occupatori e preparare il terreno alle forze alleate che stavano salendo verso Nord. Le ragioni di tanta lacuna sono molteplici e sono da ricercare, per Luciano Marcolini Provenza, dell’Anpi di Cividale, «nei rapporti volutamente mantenuti tesi dal Governo centrale italiano, nel dopoguerra, sulla questione del “confine orientale”, argomento da spendere, e ancora ai giorni nostri accade, per motivi politico- ideologici; su un altro fronte a causa delle “gelosie” riguardanti la primogenitura del fenomeno resistenziale e ancora per motivazioni di carattere nazionalistico» ( Patria indipendente, novembre 2018).


La Repubblica di Caporetto fu fondata immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e negli stessi giorni in cui l’esercito di occupazione del Terzo Reich costituiva la Zona d’operazioni del Litorale adriatico/Operationszone Adriatisches Küstenland che comprendeva le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana, quest’ultima occupata dall’Italia nell’aprile 1941.


Fu don Antonio Cuffolo (1889-1959), parroco di Lasiz, per primo a scrivere nei suoi diari dell’esistenza di un’unità territoriale organizzata sotto il controllo dei ribelli, come chiamava i partigiani al loro apparire in Benecia, e dell’esistenza di una repubblica. Il 27 settembre 1943 annotò: «In Italia due governi e cioè quello del re, con a capo il gen. Badoglio sotto gli Alleati, e quello della repubblica fascista, con a capo Mussolini che, come si sente, sarebbe ancora vivo ed in mano ai tedeschi. Al di qua del Ponte S. Quirino noi abbiamo… la nostra repubblica da soli e nessuno ci secca, ma temiamo di giorno in giorno che tedeschi e repubblichini fascisti irrompano in forze nella valle per aprirsi la strada verso l’Austria, e che si vendichino su di noi». A diradare la nebbia che avvolgeva la Repubblica di Caporetto e a darne una visione complessiva è stato Zdravko Likar, già prefetto di Tolmino, nel volume Kobariška republika (2018, Kobarid, Fundacija Poti miru v Posočju, ZBV NOB). Seguiamo la sua narrazione.


Esercito. Dopo l’8 settembre i partigiani sloveni scesero nei paesi del fondovalle. Anche in Benecia fustran rono costituite varie unità partigiane con centinaia di combattenti. L’esercito della Repubblica raggiunse le 5mila unità, compresi i militari di diverse nazionalità fuggiti dai campi di concentramento italiani che in maggioranza erano sloveni, croati, montenegrini…; un centinaio appartenevano all’esercito inglese e avevano il loro punto di raccolta a Stupizza; c’era anche un plotone di soldati dell’Unione sovietica. I partigiani italiani che operavano nel Collio goriziano e tra Subit, Canebola e Montefosca erano inquadrati in unità che formeranno la Divisione Garibaldi. Compito dell’esercito era impedire l’occupazione di questo territorio nevralgico tra la pianura friulana, la Slovenia centrale e il territorio alpino. La Repubblica era organizzata politicamente ed era amministrata dall’autorità civile.


Territorio. La Repubblica, che aveva una superficie di circa 1400 km2, si estendeva sulla valle dell’Isonzo da Bovec/Plezzo a Tolmin (paesi esclusi), sul Collio, sul versante destro del comune di Kanal/Canale d’Isonzo, sulle Valli del Natisone, del Judrio e del Torre, sulle aree montane dei comuni della pedemontana e su fin a Resia. Gli abitanti erano oltre 55mila. La capitale era Kobarid/Caporetto.


Amministrazione. In un primo momento le funzioni amministrative e politiche erano svolte dalla Osvobodilna fronta/Fronte di liberazione, che provvedeva alle varie necessità della comunità civile e dei combattenti. Le principali entrate della Repubblica (la moneta era la lira italiana) erano prestiti, tasse e libere oblazioni. Le elezioni si tennero nel mese di ottobre.


Scuola. La costituzione del territorio libero diede la possibilità di istituire scuole in sloveno, com’erano prima del fascismo. A capo dell’organizzazione scolastica fu chiamato il noto scrittore France Bevk che già il 21 e 22 settembre diede le disposizioni per l’inizio delle lezioni. Anche alcuni sacerdoti si dedicarono all’insegnamento e svolsero una funzione di supporto ai maestri che non avevano le competenze linguistiche necessarie dal momento che avevano compiuto gli studi nelle scuole italiane. In alcuni paesi delle Valli del Natisone prima furono organizzati corsi di sloveno, in seguito furono istituite delle vere e proprie scuole.


Sanità. Furono istituiti due ospedali civili: uno a Sužid, trasferito poi a Svino, l’altro nell’albergo Devetak di Caporetto. Ma anche in questo settore mancava il personale. Anton Lister, un odontotecnico che aveva fatto un corso nella sanità italiana, rilevò la farmacia del paese e prestò servizio anche nell’ospedale. I 30 feriti ricoverati venivano curati da due medici: Pavel Filipov, russo, e Giuseppe Marangon, italiano.


Approvvigionamenti. Il più grande problema era il reperimento dei generi alimentari. Furono organizzate delle cucine da campo, i viveri venivano cercati nei paesi vicini e in Benecia. I comandi vennero a sapere che nel mulino di Azzida erano ammassate oltre mille tonnellate di grano e dieci tonnellate di farina che, grazie ad una spedizione ben organizzata e all’aiuto di carrettieri locali, furono trasportati a Caporetto.


Difesa. Numerosi furono i tentativi di tedeschi e collaborazionisti di occupare la Repubblica, in particolare lungo la Val Natisone che rappresentava la via più diretta.


Ma per arrivare a Caporetto le truppe di stanza a Cividale dovevano superare Ponte San Quirino, ben presidiato dalle formazioni partigiane. Qui si ebbero vari scontri, sempre respinti. Per domare la resistenza si ricorse anche all’aviazione che compì numerose incursioni e bombardò i paesi della Benecia e del Caporettano, ma senza risultati sul piano militare. Due vere battaglie furono combattute il 6 ottobre – la prima a Merso Inferiore, dove cadde il partigiano Mario Jurman di Costne (Grimacco), la seconda ad Antro, dove giovani della zona e partigiani stanziati a Loch tentarono di fermare la marcia di una grossa colonna di tedeschi che, salita da Cividale a Spignon stava scendendo nel fondovalle.


Fine. Visti i vani tentativi di sfondare nelle Valli del Natisone, il comando tedesco mise in campo un poderoso schieramento di forze. A Resia furono mandati 280 uomini delle unità alpine tedesche, Cividale e Tolmino furono forniti di unità corazzate. Il piano per la conquista della Repubblica prevedeva un attacco da tutte le direzioni, ma quello principale doveva arrivare da Bovec e poi da Tolmin, Cividale, Tarcento e Resia. Si trattava di forze bene addestrate e dotate di armamenti efficienti; a loro disposizione avevano anche armi pesanti, mezzi blindati e l’aviazione. L’attacco iniziò il 26 ottobre nella conca di Bovec. A sferrarlo furono i Kraški lovci/Cacciatori del Carso. Altre unità avanzarono dalla sponda sinistra dell’Isonzo e da Resia lungo la valle dell’Uccea. Il 29 fu occupata Trnovo. Alle 13 del 1° novembre iniziò l’ultimo attacco che portò alla conquista di Caporetto. Gli scontri continuarono nei giorni seguenti.


Quando i tedeschi riuscirono ad occupare anche il Breginjski kot, un contingente di partigiani si spostò oltre il Natisone e si concentrò sul Matajur, dove furono accerchiati. Si accese una battaglia furibonda che durò un giorno intero e provocò 32 morti tra i partigiani che in maggioranza provenivano dal Collio. Il resto della formazione riuscì a rompere l’accerchiamento e a passare sul versante sinistro del Judrio. Le Valli del Natisone resistettero ancora qualche giorno. Il 6 novembre le truppe tedesche salirono a Luico, scesero nella valle di Savogna e raggiunsero San Pietro; da Robič arrivarono a Pulfero. Un’altra colonna, partita da Cividale, occupò Vernasso e si spinse sul versante destro del Natisone. Il 9 novembre tutta la Benecia era occupata.


Don Cuffolo, sconsolato, scrisse: «Addio alla nostra repubblica!»; e poi: «È la fine della nostra buona sorte, della nostra libertà e della nostra pace!». (Giorgio Banchig)

dal Dom

7 commenti:

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Generalmente rispondo ai commenti,ma seguendo parecchi blog non sempre ci riesco.
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