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18 nov 2023

Favola della Val Resia

 

Sapete perché i cani non possono vedere i gatti
ed i gatti non possono vedere i topi?

C’era una volta un cane che non aveva padrone e c’era una gattina, anche lei sola, senza padrone.
Un giorno si incontrarono e la gattina gli chiese:
“Come va? Sei sempre solo!”
“Si, – lui le disse – anche tu sei sola?”
“Non ho nessuno” – rispose.
“Se è così – continuò il cane –  possiamo stare insieme!”

Il cane e la gattina per un po’ stettero insieme.
Quando la gattina prendeva qualcosa lo dava al cane e anche il cane quando prendeva qualcosa lo dava alla gattina.
Insieme stavano bene e avevano fiducia l’uno dell’altro.
Un giorno il cane le disse:
“Così non possiamo stare, dobbiamo fare le carte per sposarci”.
Decisero così di fare le carte necessarie per sposarsi.
Poco dopo però il cane ricevette la cartolina per andare a fare il soldato e disse alla gattina:
“Tieni tu le carte, nascondile bene, e quando tornerò, ci sposeremo!”
“Si!!, si!!, tengo io le carte e vedrai che nessuno le troverà!”
La gattina si recò in un solaio dove nessuno andava.
Cercò un posto sicuro. Fece un buco dove mise le carte e lo coprì bene.
Quando il cane tornò a casa disse alla gattina:
“Ora finalmente possiamo sposarci, vai a prendere le nostre carte che, sono certo, avrai ben nascoste e messe al sicuro!”
Quando la gattina andò nel posto dove aveva nascosto le carte, vide che erano tutte mangiucchiate.
La gattina tornò dal cane e disse: “Guarda!!! le carte sono tutte mangiucchiate!”
“Ma come, avevi detto che le avresti messe al sicuro!” – rispose il cane tutto arrabbiato.
“Le ho messe al sicuro, più che potevo, ma il topo le ha mangiate” – disse la gattina desolata e preoccupata.
“Allora sai cosa ti dico? D’ora in poi non sopporterò più alcun gatto!” – disse il cane.
“Tu….?! Anch’io diventerò nemica dei topi; quando li vedrò li mangerò!” – disse la gattina.

Per questo ancora oggi il cane non può vedere il gatto ed il gatto non può vedere il topo.

 fonte http://rezija.com/it/circolo-culturale-resiano-rozajanski-dum/lingua/favole/

Se ti interessa leggi la favola in lingua resiana

16 lug 2022

Le favole nel museo di Stolvizza

 


Tra gli aspetti piu caratterizzanti della Val Resia, accanto alla tradizionale musica, alla danza e al mestiere dell’arrotino, possiamo collocare il ricco patrimonio orale, con particolare riferimento a favole e racconti.

Grazie ad uno specifico contributo della Regione Friuli Venezia Giulia, assegnato nel 2014 all’Associazione culturale Museo della Gente della Val Resia in base alla legge di tutela della minoranza linguistica slovena, è stato possibile istituire, nella nuova sede museale di Stolvizza/Solbica, una sezione dedicata a questo importante aspetto, che in questo contenitore trova, con la relativa mostra, una degna collocazione. Per la realizzazione di tutto il progetto, denominato Zverinice tu-w Reziji, il museo si è avvalso di un apposito comitato scientifico, composto dall’architetto Donatella Ruttar, curatrice dell’allestimento dello Slovensko multimedialno okno (SMO), il museo multimediale di San Pietro al Natisone/Špietar; dal prof. Roberto Dapit, ricercatore e studioso della narrativa di tradizione orale e docente di Lingua e letteratura slovena all’Università di Udine e dal dr. Andrej Furlan, etnologo e ricercatore presso la Slovenska akademija znanosti in umetnosti (Accademia slovena delle scienze e delle arti) di Lubiana.

La mostra intende presentare il patrimonio della tradizione orale locale. Con la sezione è stato creato un archivio che potrà essere continuamente implementato. In Val Resia, infatti, si è conservato fino ai giorni nostri un interessante patrimonio orale rappresentato prevalentemente da favole, fiabe, leggende, canti popolari e altre testimonianze. Vi sono fiabe di re, principi e principesse. Non mancano racconti sul Dujak, l’essere selvatico, la Dujačesa, la sua compagna e la Dujačesica, la loro piccola. Altri esseri leggendari sono Dardej e Lol kutleć.

I protagonisti maggiormente presenti nelle favole di animali sono la volpe/lisica ed il lupo/uk. Ma vi sono anche favole con protagonisti altri animali: la lepre/zec, il gallo/ pitilen, il cane/pas, il gatto/tuca, l’orso/ midved e altri ancora. A Stolvizza sono ancora oggi note la leggenda della Kodkodeka, che incendiò la sua casa e quindi tutto il paese, e quella del monte Castello/Ta-na Rado.

Tra i canti popolari vanno ricordati quelli mitologici, come Sveti sinti Lawdić e Linčica Turkinčica. Degna di nota e la presenza in valle di canti e storie con protagonista la Lepa Vida, qui in valle nota come Lipa Lina, Lipa Wida, che similmente a kralj Matjaž occupa una posizione centrale nella tradizione culturale slovena, anche letteraria.

Molto noti ancora oggi in valle sono i canti narrativi a tema religioso, quali Tičica Arličica e Sveti sint’Antunišeć. Altre storie raccontano dell’occulto, dell’aldilà, della vita dei Santi e delle vicende di Gesù e San Pietro. Tra le testimonianze orali spiccano le filastrocche, gli indovinelli, i modi di dire e i racconti di vita vissuta. (Sandro Quaglia e Luigia Negro)

dal Dom

15 mar 2022

Favola resiana

 


Favola resiana

ANTONIO LONGHINO

 Un giorno Gesù e San Pietro stavano camminando lungo un sentiero e notarono una donna che seminava delle rape nel suo campo.

 Passandole vicino, Gesù le chiese per chi seminasse e la donna rispose che seminava per lei, per suo marito e per nessun’altro.

 Le rifece la domanda per altre due volte ma la risposta era sempre la stessa. Vedi, disse Gesù a S. Pietro — semina solo per lei e per suo marito — vedremo ancora questa.

 Più avanti incontrarono un’altra donna che seminava rape e fece anche a lei la stessa domanda. La donna, girandosi verso di loro, rispose: — io semino prima per i ladri, poi per i poveri e poi anche per me, se Gesù lo vorrà.

 Quando fu la stagione del raccolto, nel campo della prima donna incontrata, non crebbe nessuna rapa mentre in quello della seconda, prima si sfamarono i ladri, poi i poveri e, infine, ne rimasero molte anche per i suoi familiari.

Toni Longhino Livìn


 Din den Jëśuš anu S. Piëri ni so hodili po ni poti anu ni so vidale dno žanò k na usiawala rëpe tu-w njivi. Ko ni so prislï bliśu, Jëśuš an jo baral śa kogà na je usiala. Ta baba na mu raklà da na usiawa śa nju, śa njagà muza anu śa ninaga drugaga. An jo spet baral śauokir to mu parialu da an ni ciul lopu. Ta baba na mu raklà spet itaku. Vidiš, rekal Jëśuš Sampierinu, na sejë makoi śa njù anu śa sfega muža; ćjemo videt pa isö. Ni so naredli šćjë din kos poti ni so nalëslï no drugo žanò anu ni so spet jo barali to k ni so bili barali to drugo babo. Ta žanà, na se śvila tau nji nu na raklà: ja sejien pret śa ti k kradaio, anu dopo śa te böghe judi anu dopo śa mlè ćjë Jëśuš an bo tel. Ko to bilu śa pobràt, tau njvi uot te prve žanè k ni so bili srëtli, ni bilu urastlu nine rëpe tau ti njivi. Tapar ti drughi babi so se najëdli ti k so kradli, ti boghi ani neiśat je uostalu karie rëpow pa śa use sfe judi.


 Mi jo pravil te nun Štifan Di Lenardo Meu tu-w Osojane te din pet favraria 1989

fonte http://147.162.119.1:8081/resianica/x-sgo/lontfare.do

9 mar 2021

LA FAVOLA DEL CANE, DEL GATTO E DEL TOPO

favola della Val Resia/Rezija

Sapete perché i cani non possono vedere i gatti
ed i gatti non possono vedere i topi?

C’era una volta un cane che non aveva padrone e c’era una gattina, anche lei sola, senza padrone.
Un giorno si incontrarono e la gattina gli chiese:
“Come va? Sei sempre solo!”
“Si, – lui le disse – anche tu sei sola?”
“Non ho nessuno” – rispose.
“Se è così – continuò il cane –  possiamo stare insieme!”


Il cane e la gattina per un po’ stettero insieme.
Quando la gattina prendeva qualcosa lo dava al cane e anche il cane quando prendeva qualcosa lo dava alla gattina.
Insieme stavano bene e avevano fiducia l’uno dell’altro.
Un giorno il cane le disse:
“Così non possiamo stare, dobbiamo fare le carte per sposarci”.
Decisero così di fare le carte necessarie per sposarsi.
Poco dopo però il cane ricevette la cartolina per andare a fare il soldato e disse alla gattina:
“Tieni tu le carte, nascondile bene, e quando tornerò, ci sposeremo!”
“Si!!, si!!, tengo io le carte e vedrai che nessuno le troverà!”
La gattina si recò in un solaio dove nessuno andava.
Cercò un posto sicuro. Fece un buco dove mise le carte e lo coprì bene.
Quando il cane tornò a casa disse alla gattina:
“Ora finalmente possiamo sposarci, vai a prendere le nostre carte che, sono certo, avrai ben nascoste e messe al sicuro!”
Quando la gattina andò nel posto dove aveva nascosto le carte, vide che erano tutte mangiucchiate.
La gattina tornò dal cane e disse: “Guarda!!! le carte sono tutte mangiucchiate!”
“Ma come, avevi detto che le avresti messe al sicuro!” – rispose il cane tutto arrabbiato.
“Le ho messe al sicuro, più che potevo, ma il topo le ha mangiate” – disse la gattina desolata e preoccupata.
“Allora sai cosa ti dico? D’ora in poi non sopporterò più alcun gatto!” – disse il cane.
“Tu….?! Anch’io diventerò nemica dei topi; quando li vedrò li mangerò!” – disse la gattina.
 
Per questo ancora oggi il cane non può vedere il gatto ed il gatto non può vedere il topo.

 fonte http://rezija.com/it/circolo-culturale-resiano-rozajanski-dum/lingua/favole/

Se ti interessa leggi la favola in lingua resiana

Vi è piaciuta,a me molto!

24 set 2020

Il marito, la moglie e il diavolo Marcellina Madotto — Ćikarïnawa

 


Fiabe resiane / Rezijanske pravljice / Pravice po rozajanskin


 Milko Matičetov, Roberto Dapit Dall'archivio dell'Istituto di etnologia slovena ZRC SAZU e dalla raccolta privata di Roberto Dapit Iz arhiva Inštituta za slovensko narodopisje ZRC SAZU in privatne zbirke Roberta Dapita

C’erano una volta un marito e una moglie che avevano dodici bambini e l’uomo, si capisce, era povero dato che avevano così tanti figli. Per avere almeno un po’ di companatico andava a pesca nei ruscelli ma la moglie di nuovo rimase incinta, aspettava di nuovo un bambino. Il marito però ancora non ne sapeva nulla perché lei aveva paura di dirglielo avendo già dodici figli, più lei tredici e lui quattordici, più quello che sarebbe nato. Preferiva tacere per non recar dispiacere anche a suo marito. Allora l’uomo, un giorno, ritornando dalla pesca, si trovò davanti un elegante signore. Questo signore lo salutò e gli chiese: “Dove siete stato?” L’uomo rispose: “Sono venuto a pescare qualche pesce per dare un po’ di companatico ai bambini” e aggiunse, “non posso lavorare da nessuna parte perché da nessuna parte c’è lavoro e abbiamo tanti bambini, non sappiamo come fare per sopravvivere!” Siccome l’uomo si lamentava, il signore gli disse: “Se siete d’accordo, vi darò io i soldi che vi servono ma dovete promettermi una cosa che non sapete di avere in casa”. “Ma come” disse, “io non so di qualcosa che ho in casa!?” “Comunque” disse, “voi non lo sapete ma se me lo promettete” disse, “vi riempirò di denaro”. “Beh” disse, “allora ve la darò” disse. “Dunque” replicò il signore, “mi farò vivo fra un anno e un giorno”. Sicché gli diede molto denaro e l’uomo ritornò a casa tutto orgoglioso, consegnò a sua moglie i pesci e rovesciò i soldi sul tavolo dicendo: “Ecco, va’ a comprare di ogni cosa un po’ per sfamare almeno i piccoli che qui” disse, “non mangiamo mai abbastanza”. La donna chiese: “Dove hai rubato questi soldi?” Lui rispose: “Non li ho rubati!” “Ma, caro mio” disse, “dove nascondevi tutti questi soldi se non ne hai mai avuti: hai ucciso qualcuno, oppure sei stato a rubare da qualche parte? Li hai trovati o cosa?”
 L’uomo replicò: “Non ho né ucciso né rubato né li ho trovati” disse, “ritornando indietro dalla pesca ho incontrato un signore distinto che mi ha salutato e mi ha chiesto dove vado. Io gli ho raccontato come stanno le cose, che vado a pesca per sfamare i nostri figli e mi sono lamentato della nostra condizione. Lui mi ha detto che mi avrebbe dato molti soldi se gli avessi promesso una cosa che non sapevo di avere in casa” disse, “ma io so tutto quello che ho in casa. Alla fine gliel’ho promessa e lui mi ha dato i soldi”. “Accidenti” disse lei, “ma sai che sono di nuovo incinta?” L’uomo si colpì la testa con i pugni mettendosi a piangere: “Perdio” disse, “ma perché non me l’hai detto?” “Mah” disse, “non volevo dirtelo per evitare di affliggere anche te”.
Lui replicò: “Che dobbiamo fare allora?” “Beh” disse lei, “zitto tu che è affar mio, lascia pure che venga” e aggiunse, “è sicuramente il diavolo”. Intanto il tempo trascorreva finché giunse il nono mese e nacque un maschietto. Allora nacque questo maschietto ma, trascorso un anno e un giorno, videro quel signore presentarsi all’uscio: era venuto a prendersi il bambino. La moglie gli disse: “Vi daremo il bambino, però dovete rispondere a tre indovinelli”. Allora il diavolo disse: “Va bene”. Così la donna andò su in camera, portò giù una gerla di lana nera e una gerla di lana bianca dicendo: “Ecco qui, ora andate giù al ruscello: questa deve diventare bianca e quest’altra nera!” Il diavolo allora prese prima quella nera e si mise a lavarla, la lavò talmente tanto e talmente tanto nel ruscello che più la lavava e più questa lana diventava nera. “Ah, dannata donna” disse, “guarda qui, la lana diventa sempre più nera!” Allora riportò a casa la lana e disse: “Cara padrona, questa lana io non riesco a lavarla. Datemi l’altra”. Il diavolo, con la sua lunga lunga coda arrotolata, ritornò giù al ruscello con la lana bianca per lavarla, però più la lavava e la sbatteva, più la lana diventava bianca: “Ma insomma” diceva il diavolo guardando su la donna, “è mai possibile che non riesca a indovinare queste cose io!?” Ritornò su e disse: “Questa cosa io non riesco a farla diventare nera!”
Lì era rimasto solo il marito, perché la moglie era andata nella stalla. Lì si sciolse i capelli, lasciandoli cadere lungo il corpo, e si spogliò. Prima però aveva avvisato il marito che il diavolo avrebbe dovuto indovinare quale animale ci fosse nella stalla. “Se riuscite a indovinare, potete portare via il piccolo, ma se non indovinerete, il bambino resterà con noi” disse il marito. “Sì, sì” disse il diavolo, “accompagnatemi nella stalla a vedere di che animale si tratta!” E andarono nella stalla. Insomma la donna aveva lasciato cadere la chioma all’indietro e sul davanti le scendevano delle lunghe trecce. Il diavolo non faceva che guardare: “Ma cosa può essere questo” disse, “come è fatto, non ho mai visto un animale simile: ha le mammelle davanti che penzolano, di dietro ha la coda e davanti o di dietro la barba. Ma come è fatto?” disse. “Io… tenetevi il bambino e tenetevi tutte le ragioni che” aggiunse, “non ho mai visto una bestia simile, pur avendo attraversato tutte le montagne, non ho mai visto una bestia simile!” Ciò che non riesce a fare il diavolo, riesce la donna e così la storia è finita tanto che il diavolo se ne andò senza portarsi via il bambino.
FINE

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