questo blog

questo blog

blog

blog

IVAN TRINKO padre della Benecia

IVAN TRINKO padre della Benecia
IVAN TRINKO padre della Benecia

calendario

GIF

GIF

slide benecia

slide benecia
benecia

profilo di OLga

profilo di OLga
profilo OLga

Translate

Cerca nel blog

Powered By Blogger

gif

gif

follower

Visualizzazione post con etichetta cibi.. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cibi.. Mostra tutti i post

4 nov 2023

Piatti tradizionali, delizia vegetariana

 

Piatti tradizionali, delizia vegetariana

C’era una volta «Invito a pranzo» d’autunno…. Quest’anno, invece, la tradizionale e seguitissima rassegna gastronomica si è svolta per un paio di settimane in un clima di fine estate, il che ha avuto importanti conseguenze. Dal 6 ottobre e fino al 10 dicembre in 12 locali delle Valli del Natisone vengono proposti a prezzi promozionali dei succulenti menù degustazione fatti apposta per scoprire e apprezzare la peculiare cucina della Slavia Friulana, fatta di ingredienti naturali e genuini del territorio ma soprattutto frutto di una contaminazione che ha preso elementi culinari dalla Slovenia, dal Friuli, dall’Italia e dalla Mitteleuropa.

«Siamo molto soddisfatti di questo avvio – spiega Tiziana Strazzolini, presidente dell’associazione Invito –. Questa iniziativa conserva una forte attrattiva, è attesa dai buongustai di tutta la regione e anche fuori. Quest’anno il clima ha provocato due importanti conseguenze. Innanzitutto ha favorito gli associati dell’alta montagna, da Drenchia a Stregna e Grimacco, perché gli avventori hanno percorso strade sulle quali col brutto tempo non si avventurano facilmente. Dall’altro lato, un effetto negativo è stato che la gente ha ordinato in misura inferiore i menù degustazione e più alla carta, anche se con assoluta prevalenza dei piatti della tradizione. Forse pesa un po’ l’inflazione e la crisi economica, molto di più il fatto che il meteo ha spinto a tagliare i tempi del pasto per godersi all’aperto le belle giornate».

Di certo l’approccio col cibo sta notevolmente cambiando e anche «Invito a pranzo» si sta adattando, pur rimanendo fedele alla sua pluridecennale storia. «Sempre più raramente e solo nelle grandi occasioni si fanno pasti pantagruelici con tante portate – spiega Strazzolini –. I clienti sempre più spesso si limitano ad un solo piatto. Anche l’aumento di clienti vegetariani e vegani è una sfida, in una zona dove le carni e la selvaggina negli ultimi decenni hanno guadagnato un posto importante in cucina. Con i vegetariani non ci sono problemi, perché in realtà la nostra cucina tradizionale è povera di carni e ricca di verdure e non si fa fatica a trovare ricette tradizionali che vanno incontro a questo tipo di clientela. Un po’ più complessa la situazione con i vegani, perché togliere uova e formaggio dai nostri menù è più impegnativo. Comunque accontentiamo tutti, anche se chi ha esigenze e intolleranze particolari è meglio che avverta al momento della prenotazione».


Sì, prenotazione, perché chi incautamente dovesse presentarsi nel weekend nei ristoranti senza un posto assicurato, rischia di restare a bocca asciutta causa «tutto esaurito». Un buon segnale, ma anche un limite, di fronte al quale Strazzolini evidenzia pure il ruolo «politico» dell’associazione, nel senso di essere attiva e protagonista nelle scelte di fondo che riguardano lo sviluppo turistico delle Valli del Natisone. «Ci sono troppo pochi ristoranti rispetto alla domanda – spiega la presidente di “Invito a pranzo” –. Bisognerebbe far conoscere a nuovi imprenditori del settore le opportunità che ci sono, sensibilizzandoli ad abbracciare la cultura gastronomica locale. Che turismo facciamo se poi, dal lunedì al giovedì, i turisti fanno fatica, specie a cena, a trovare un posto aperto dove mangiare? Anche i proprietari degli immobili andrebbero sensibilizzati a calmierare i canoni d’affitto. Siamo realtà particolari, che lavorano quasi esclusivamente dal venerdì alla domenica, non possiamo pagare come i locali di pianura».

I ristoratori, poi, sentono forte il bisogno di un portale web che offra al turista una visione complessiva delle risorse del territorio, tra le quali particolare importanza, come in tutti i casi virtuosi in giro per il mondo di valorizzazione turistica, riveste l’enogastronomia. «Se ne parla da molto tempo e da varie parti – conclude Strazzolini –, ma noi abbiamo bisogno di concretezza».

Il tema è di grande rilevanza e anche la recente iniziativa «Vieni a vivere in montagna», attuata dai comuni di Savogna e Stregna, ha scontato una minore attrattività rispetto ad altri territori montani che hanno creato risorse sul web capaci di raccontare in modo complessivo il territorio. Nelle Valli del Natisone esistono solo dei portali settoriali (Albergo diffuso, Bed& Breakfast, Invito a pranzo, l’Ufficio Iat ben gestito dalla Pro loco Nediške doline, ma focalizzato su eventi ed escursioni) e la frammentazione non rende giustizia alla reale attrattiva. (Roberto Pensa)

dal Dom

15 giu 2021

GLI ASPARAGI

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante cibo e spazio al chiuso

Degli asparagi robusti di Adriano Del Fabro

Il primo documento friulano in cui si cita l’asparago è legato a un processo. Infatti, il 5 agosto del 1647, don Valentino di Stefano da Forame, viene condannato a 50 lire di multa per vari reati tra i quali c’è anche il furto di asparagi “nell’orto dei nobili di Attimis”.Durante il pranzo di nozze del conte Carlo Gabrielli, celebrate a Udine nel febbraio del 1727, vennero serviti anche gli “sparesi”, assieme a ostriche e carciofi.Nel maggio del 1773, le monache del monastero di Latisana, registrano sul loro libro dei conti, la “spesa in sparesi” per 3,15 lire, reiterata anche nell’aprile del 1774 e negli anni successivi.L’abate codroipese, Domenico Sabbadini, nel 1826, in una sua rima scrive: “Degli asparagi robusti / Che son grati a tutti i gusti, / E di maggio al ritornar / Mai non devono mancar”. La Tipografia Pascatti di San Vito al Tagliamento, nel 1838, diede alle stampe un opuscoletto di autore anonimo, intitolato: “Memoria sulla coltivazione degli asparagi e dei loro usi”.Tra i documenti sottoscritti nel “trattato di Cormòns”, alla fine della III Guerra d’indipendenza, nel 1866, si trova un elenco di prodotti di particolare pregio che comprendeva anche l’asparago bianco di Sant’Andrea di Gorizia. La sua fama venne poi confermata nello scritto del barone Carl von Czoernig: “Gorizia, la Nizza austriaca”, del 1873, dove si ricorda come: ”Il comune di Sant’Andrea nella prossimità di Gorizia coltiva su vasta scala gli asparagi che vengono spediti lontano… D’altro canto gli asparagi sono coltivati già da molto tempo con ottimi risultati sul territorio di Monfalcone che alimenta coi suoi prodotti il mercato di Trieste”. All’Esposizione di prodotti d’orticoltura e giardinaggio del 1868, tenutasi a Gorizia, G. F. del Torre mise in mostra degli “asparagi giganteschi”.In precedenza, nel 1844, l’abate Leonardo Brumati aveva segnalato come la coltivazione degli asparagi fosse presente negli orti familiari della Bisiacaria. Ancor prima, nel 1728, il pittore-incisore Antonio Dall’Agata magnificava i “grossi e bellissimi spariggi” del Collio.Il settimanale “L’Amico del Contadino”, stampato a San Vito al Tagliamento, si occupa della coltivazione degli asparagi pubblicando due articoli tecnici, nel 1847.Nel 1824, il poeta friulano Pietro Zorutti cantava la bontà degli asparagi di Tricesimo inserendoli nelle sette “Rarità del Friuli” e sorprendendosi della grossezza dei turioni di quella località che aveva ricevuto in dono. Il suo stupore venne poi registrato dall’abate Pirona nel Vocabolario friulano del 1928.L’importanza dell’asparagicoltura tricesimana non era sfuggita a Ippolito Nievo che, nella novella “La Santa di Arra” pubblicata nel 1855, menziona il contadino Tita che si reca a “menar gli asparagi sulla piazza di Udine”.

da vita nei campi


18 gen 2021

La rosa di Gorizia


 La Rosa di Gorizia è una varietà locale di radicchio (Cichorium intybus della sottospecie sativum) tipica della zona di Gorizia in Friuli-Venezia Giulia. È riconosciuto tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali Friulani e Giuliani e come presidio Slow Food.La Rosa di Gorizia è una varietà di cicoria caratterizzata da un colore rosso intenso o da un rosso con sfumature che portano al rosa a seconda del tipo di selezione effettuata. Le foglie sono larghe e disposte a forma di rosa aperta. Il sapore è solo leggermente amarognolo, a differenza dei radicchi veneti (radicchio di Castelfranco, di Chioggia, di Treviso, di Verona), e al palato risulta croccante. La varietà della Rosa di Gorizia dal gusto più delicato è detta “Canarino” ed è ottenuta probabilmente da un incrocio con la cicoria bionda di Trieste. Il Canarino è dotato di un fogliame di colore giallo e un gusto ancora più dolce.La storia della Rosa di Gorizia risale già ai tempi degli Asburgo, ma le prime fonti scritte comparvero nel volume “Gorizia – la Nizza austriaca” del 1873, scritto dal Barone Carl von Czoernig-Czernhausen, vissuto a Gorizia nella seconda metà dell'800. Nel volume, tra la descrizione dei legumi coltivati nella città, viene citata anche una “cicoria rossastra” coltivata nella piana tra Gorizia e Salcano e, in misura minore nelle aree periferiche della città.

La Rosa di Gorizia ha avuto in passato una grande importanza per l’economia della città che era basata prevalentemente sull'agricoltura e che contava molto sulla produzione di questo particolare radicchio.[2] Gli agricoltori più anziani della zona ricordano di averlo sempre prodotto perché una delle poche e sicure fonti di reddito durante la fredda stagione invernale goriziana.

Una delle ipotesi sull'origine della Rosa nel territorio goriziano riferiscono di un signor Vida, sfuggito a un'epidemia di peste scoppiata in Veneto portando con sé i semi a Gorizia. Vida potrebbe aver trasportato sementi del radicchio rosso veneto, o forse quelle del Chioggia, che una volta seminate nei terreni goriziani avrebbero dato origine della Rosa di Gorizia.

Un'altra ipotesi fa risalire l'origine delle sementi alla contessa di Gorizia, Leukardis, dal 1046 al 1072 badessa del monastero di Castel Badia ove le monache erano pratiche nella coltivazione di fiori e ortaggi, i quali, a causa del clima rigido, avevano necessità di particolari cure. Visti i rapporti strettissimi che ai tempi sussistevano tra quelli che oggi sono i territori della Val Pusteria e del goriziano, si può immaginare che tra i due luoghi ci fossero scambi frequenti di prodottiLa Rosa era coltivata in larga parte nella piana tra Gorizia e Salcano (oggi in Slovenia), nel corso degli anni però la coltivazione si è ridotta a causa dell'allargamento dei centri urbani. La sua produzione non è quindi di tipo intensivo e questo garantisce al prodotto un mercato di nicchia, che rende la Rosa un'eccellenza italiana da proteggere . Oggi si trova in vendita a prezzi molto elevati a causa delle elevate necessità di manodopera. La Rosa di Gorizia, ha avuto negli ultimi anni un assoluto accrescimento commerciale nell'alta ristorazione mondiale. Riconosciuta come il radicchio più costoso al mondo, è ricercata da chef di tutto il mondo per la sua bellezza e peculiarità gastronomiche. La sua bellezza e perfezione nella forma, unite alla croccantezza e alla dolcezza della costa, ne fanno l'ingrediente speciale del periodo invernale. Compare nelle cucine dei più famosi ristoranti Europei e mondiali, i quali la considerano preziosa come il tartufo, e quindi degna di abbinamenti come il caviale ed altri preziosi ingredienti. Un esempio della divuldazione della Rosa di Gorizia è l'evento Cookitraw del 2010, avvenuto sul Collio Goriziano, dove 20 chef mondiali l'hanno celebrata nelle creazioni a tavola. Chef del calibro di Renè Redzepi, Yoshihiro Narisawa, Massimo Bottura, l'hanno interpretata nelle varie elaborazioni di cucina facendo capire come sia possibile utilizzarla nelle più svariate forme, dal cotto al crudo, sino ad arrivare alla versione sott'olio extra vergine di oliva, anch'essa tutelata e diventata Presidio Slow Food.li

Il radicchio, leggermente amarognolo, è da assaporare possibilmente crudo, tagliato il meno possibile per evitarne l'ossidazione e accompagnato da patate lesse, fagioli lessati, uova sode a spicchi oppure condito con olio d’oliva, aceto di vino e sale. Anche la piccola radice è ottima da mangiare, tagliata sottile e unita all'insalata .  continua.https://it.wikipedia.org/wiki/Rosa_di_Gorizia

vignetta

vignetta
vauro

io sto con emergency

logotip

logotip
blog