Sono nata il ventuno a primaverama non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
Blog che parla del Friuli: in particolare delle minoranze linguistiche slovena,friulana e tedesca e non solo. ❤️ Sono figlia di madre slovena (Ljubljana) e di padre appartenente alla minoranza slovena della provincia di Udine (Benecia).Conosco abbastanza bene la lingua slovena.Sono orgogliosa delle mie origini.OLga❤️
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
– Com’è bella notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro al sonno – Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgere a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.
(da La storia delle vittime, Mondadori, 1966)
https://cantosirene.blogspot.com/2023/03/a-mio-padre.html
Esistono moltissime varietà di salice .
Gemme di salice gattici/misici(da mis=topo)
(sloveno macice=gattini)
Salix caprea (salicacee)
Poesia di Giovanni Pascoli
I Gattici
E vi rivedo, o gattici d’argento,
brulli in questa giornata sementina:
e pigra ancor la nebbia mattutina :
sfuma dorata intorno ogni sarmento.
Già vi schiudea le gemme questo vento
che queste foglie gialle ora mulina;
e io che al tempo allor gridai, Cammina,
ora gocciare il pianto in cuor mi sento.
Ora le nevi inerti sopra i monti,
e le squallide piogge, e le lunghe ire
del rovaio che a notte urta le porte,
e i brevi dì che paiono tramonti
infiniti, e il vanire e lo sfiorire,
e i crisantemi., il fiore della morte.
dal web
Col brusio dei tuoi sonni, dove tacciono
le magnolie e i cortili,
cedi allo spazio dove il vento tiene
agitati i tuoi fiori: ivi passarono
coi ginocchi infantili
le donne con gli uguali occhi. E che fanno
agli sbocchi delle vie tortuose?
Col cereo lume delle mani additano
le ginestre sui colli, e intanto róse
da un segreto si sfanno. Ultima premi
la tua infanzia sui colli, rosea luna,
e i campanili indietro indietro guardano.
(da La figlia di Babilonia, Parenti, 1942)
fonte Il canto delle sirene
Quest'anno l'inverno feroce e rigido mi ha colpito
sorprendendomi senza fiamma e senza giovinezza,
e giorno dopo giorno mi aspettavo davvero di svenire
per le strade innevate.
Ma ieri, quando il sorriso di marzo mi ha incoraggiato
e ho cominciato a ritrovare i vecchi sentieri,
al primo profumo di una rosa lontana
i miei occhi si sono inumiditi.
(da Città e solitudine, 1912
da il canto delle sirene
CLAUDE MONET, "FIORI SULLA RIVA DELLA SENNA VICINO A VETHEUIL"
Per un Iddio che rida come un bimbo,
Tanti gridi di passeri,
Tante danze nei rami,
Un'anima si fa senza più peso,
I prati hanno una tale tenerezza,
Tale pudore negli occhi rivive,
Le mani come foglie
S'incantano nell'aria…
Chi teme più, chi giudica?
Giuseppe Ungaretti
(da Sentimento del Tempo, Vallecchi, 1933)
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Compare in questi versi uno dei temi ricorrenti nella poetica di Giuseppe Ungaretti: la nostalgia dell'innocenza perduta. Il ritorno in quello che è una sorta di Paradiso perduto, un giardino evidentemente, riporta la leggerezza nell'anima, anche le parole sembrano farsi più leggere e trasparenti in questo contatto con la natura, con l'essenza stessa del divino.
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Ad Auschwitz questa poesia è scritta sulla parete principale dell'edificio in cui hanno vissuto molti italiani deportati.
Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947
foto di Daniele Riva
Come potrò dimenticare l’odore
del calicanto nelle notti di febbraio,
la volatile gioia d’acuta verdezza
traboccante nel buio della strada deserta.
S’udiva l’amata respirare ansiosa
per sentire il fiore clemente di là dal giardino;
sì fonda tenerezza riempiva il fiato
che il petto aveva un affanno di felicità.
Guardavamo il cielo lontano,
i firmamenti ghiacciati di luce;
là era la culla dei venti forti,
nudo splendeva in seno a Sirio il raggio.
Ma in noi era solo un sentire
nei vivi desii l’aroma terreno
che aveva toccato, scendendo nel petto,
il fondo dei nostri amorosi sospiri.
Poesia di Rainer Maria Rilke
Respirano lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo, via via.
Le candide strade si fanno più zitte:
le stanze raccolte, più intense.
Rintoccano l'ore. Ne viene
percosso ogni bimbo, tremando.
Di sovra gli alari, lo schianto di un ciocco
che in lampi e faville , rovina.
In niveo brillar di lustrini
il candido giorno là fuori s'accresce,
diviene sempiterno, infinito.
Rainer Maria Rilke, nome completo René Karl Wilhelm Johann Josef Maria Rilke (Praga, 4 dicembre 1875 – Montreux, 29 dicembre 1926), è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo austriaco di origine boema.
È considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX secolo. Autore di opere sia in prosa che in poesia, è famoso soprattutto per le Elegie duinesi (iniziate durante un soggiorno a Duino), i Sonetti a Orfeo e I quaderni di Malte Laurids Brigge.
Rilke viene oggi riconosciuto come il maggior poeta tedesco dell’età moderna, come uno dei più grandi interpreti lirici della spiritualità moderna, ma la sua opera si ricollega più che altro al secolo precedente, ai simbolisti francesi (di cui tradusse anche diverse opere) e al clima decadente di fine Ottocento/inizio Novecento.
I temi di fondo delle opere di Rilke sono la religiosità, profondamente influenzata dall’ambiente cattolico della sua famiglia, ma che si modifica nelle opere seguenti ai viaggi in Russia in cui era venuto a contatto con l’anziano Tolstoj, cioè in Storie del buon Dio e nel Libro delle ore (in tedesco: Das Stundenbuch, 1899-1903).
Qui il Dio di Rilke appare panteistico e presente in tutte le cose, e la sua religiosità sembra più di tipo lirico-simbolico. Accanto a ciò l’altro grande elemento dell’uomo senza casa, presente anche in Franz Kafka, un uomo privo quindi delle certezze basilari sulla sua vita e che soffre profondamente per questa sua condizione.
A partire dal Libro delle immagini (Das Buch der Bilder, 1902 seconda edizione del 1906) la sua poesia prende una via nuova, sulla quale si sente l’influenza delle altre arti, pittura e scultura con le quali era venuto a contatto soprattutto nel suo soggiorno parigino; il poeta non vuole più parlare ma cerca una soggettività facendo parlare le cose, gli uomini, gli animali, ottenendo i suoi esiti più alti nelle Poesie Nuove (Neue Gedichte, 1907).
In seguito la produzione di Rilke sarà sempre più simbolica-profetica e filosofica, di non facile comprensione. Di particolare interesse per la sua poetica è il concetto di «spazio interno del mondo», quel «Weltinnenraum» che Rilke vede estendersi attraverso tutti gli esseri.
Note biografiche tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Rainer_Maria_Rilke
Il Tempo chiamò dalla torrelontana... Che strepito! È un trenolà, se non è il fiume che corre.O notte! Né prima io l’udiva,lo strepito rapido, il pienofragore di treno che arriva;sì, quando la voce straniera,di bronzo, me chiese; sì, quandomi venne a trovare ov’io era,squillando squillandonell’oscurità.Il treno s’appressa... Già sentola querula tromba che geme,là, se non è l’urlo del vento.E il vento rintrona rimbomba,rimbomba rintrona, e insiemerisuona una querula tromba.E un’altra, ed un’altra. - Non essam’annunzia che giunge? - io domando.- Quest’altra! - Ed il treno s’appressatremando tremandonell’oscurità.Sei tu che ritorni. Tra pocoritorni, tu, piccola dama,sul mostro dagli occhi di fuoco.Hai freddo? paura? C’è un tetto,c’è un cuore, c’è il cuore che t’amaqui! Riameremo. T’aspetto.Già il treno rallenta, trabalza,sta... Mia giovinezza, t’attendo!Già l’ultimo squillo s’inalzagemendo gemendonell’oscurità...E il Tempo lassù dalla torremi grida ch’è giorno. Risentola tromba e la romba che corre.Il giorno è coperto di brume.Quel flebile suono è del vento,quel labile tuono è del fiume.È il fiume ed è il vento, so bene,che vengono vengono, intendo,così come all’anima viene,piangendo piangendo,ciò che se ne va.
Chissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è la stessa o soltanto sua sorella… “Ma son sempre quella! – la luna protesta – non sono mica un berretto da notte sulla tua testa! Viaggiando quassù faccio lume a tutti quanti, dall’India al Perù, dal Tevere al Mar Morto, e i miei raggi viaggiano senza passaporto.
Lo scrittore e poeta Gianni Rodari va cantando l’amore per la fratellanza, e per quanto il testo sia stato scritto per i bambini, in questi momenti difficili per il mondo intero, la poesia La luna di Kiev appare una lettura commovente e necessaria anche per gli adulti.
Dicembre è questa immagine
della pioggia che scroscia a rotaia di treno,
e diffonde un odore di carbonella e campi.
Dicembre è un giardino, è una piazza
in fondo alla città
a fine di una notte,
e la visione in fuga di porticati.
E gli occhi immensi
– tizzoni spalancati –
nel viso bruno di una
che trema come un passero fradicio.
Ha in mano un paio di scarpe rosse,
eleganti, fiammanti come un uccello
esotico.
Il cielo è nero e grigio
e rosa verso gli orli,
la luce dei lampioni un relitto giallognolo.
A un rovescio di pioggia, io attraverso,
piangendo,
vile come uno straccio, fradicio fino
all’anima.
(da Poesia, n. 200, Dicembre 2005 - Traduzione di Lucia Valori)
Quest'anno Natale
mi ha fatto un bel dono,
un dono speciale.
Mi ha dato allegria,
canzoni cantate
in gran compagnia.
Mi ha dato pensieri.
parole, sorrisi
di amici sinceri.
Dei vecchi regali
non voglio più niente.
A ogni Natale
io voglio la gente.
.
Un dono speciale – come il poeta bresciano Roberto Piumini – è quello che vi auguro di trovare oggi, nel giorno di Natale: gli affetti, l’allegria, la gioia di ritrovarsi attorno alla tavola da pranzo a raccontarsi, a giocare, a mangiare dolcetti, a bere liquori, a ridere, a commuoversi anche pensando a chi non c’è più. Insomma, Natale…
da Il canto delle sirene
.
La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a Te, Santo Bambino!
Tu, Re dell’universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.
Gesù, fa’ ch’io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa’ che il tuo dono
s’accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel Tuo nome.