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ESTATE

 


Ed è diventata estate


ŌTAGAKI RENGETSU

FIORI CADUTI

I fiori sono caduti,
Anche le catene del mio cuore
Si sono allentate,
Ed è diventata estate;
Un ruscelletto mormora fresco e limpido.

.

L’estate astronomica che comincia oggi con il solstizio alle 16.57, è stagione di rigoglio e di raccolto, dimenticate le ristrettezze dell’inverno. Ōtagaki Rengetsu, poetessa giapponese che perse due mariti e due figli prima di rinunciare al mondo e diventare monaca buddhista a 33 anni, traccia un parallelo tra la bella stagione e la sua vita ora pacificata.

dal Canto delle sirene

Tra un respiro e l’altro

 


Tra un respiro e l’altro


TOMÁS SEGOVIA

RESPIRI NELLA NOTTE

Qui contro la mia pelle il soffio
     del tuo respiro nel sonno
e dall'altra parte fuori
Il sussurro del vento che vaga nella notte
che trae dallo sfondo l'effusione solitaria
del silenzioso tumulto delle cose
E tra un respiro e l’altro
con le ali aperte che cadono nel tempo
l'estensione dell'abbraccio
     di un me stesso felice dell'assenza musicale
che beve un profondo fiume d'amore e di mistero
le cui due mani sono
due respiri diversi.

Princeton, 10/11/1969

(da Terzetto, 1970)


Un uomo sveglio nella notte, abbracciato nel letto alla donna che ama e che dorme. È il poeta messicano Tomás Segovia, in quel periodo professore a Princeton e da quella “alcova chiusa” che è punto centrale della sua poetica, ascolta il mondo manifestarsi nei due diversi respiri, quello all’esterno, della natura, e quello all’interno, della donna: l’amore è l’unico punto fermo capace di ovviare alla mancanza di radici e alla vita nomade cui è stato costretto.

da il canto delle sirene

.

MATTINO TRA I MONTI

 

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

Manieri creati per incanto


FËDOR TJUTČEV

MATTINO TRA I MONTI

Dalla bufera della notte
lavato, ride il cielo azzurro,
serpeggia rugiadosa tra le cime
la valle come un nastro rilucente.

Solo degli alti monti fino al mezzo
le nebbie coprono il pendio:
come le aeree rovine
di manieri creati per incanto.

1830

(da Poesie, Adelphi, 2011 - Traduzione di Tommaso Landolfi)

.

Le atmosfere eteree sono care a Fëdor Tjutčev: il poeta russo  si inchina ancora una volta davanti alla natura, unico elemento con cui l'anima si può sentire in sintonia. E si eleva, salendo con lo sguardo oltre le nebbie che ricoprono il pendio, oltre il sentiero che sale serpeggiante, fino a raggiungere la purezza assoluta del cielo, limpido e terso dopo la tormenta della notte.

.


  LA FRASE DEL GIORNO  

Che il respiro del vento / faccia ondeggiare l'erba, / che di lontano un flauto canti, / che luminose e placide le nubi / fluttuino sopra di me!
FËDOR TJUTČEV, Poesie

.



Fëdor Ivanovič Tjutčev (Ovstug, 5 dicembre 1803 - Carskoe Selo, 27 luglio 1873), poeta e scrittore russo. Fu diplomatico per 22 anni, anche a Torino, e a Monaco, dove conobbe Heine e Schelling. Non si curò dei propri versi, che furono scoperti dai simbolisti russi a inizio Novecento.

CONVERSAZIONE IMMAGINARIA


Ci sono poeti che fanno dell’immediatezza il loro punto di forza. Altri, come Linda Pastan, poetessa newyorkese di origini ebraiche scomparsa il 30 gennaio, masticano e rimasticano i loro testi: “No, non c'è facilità nello scrivere. Il compito è farlo sentire alla fine come se scorresse facilmente. Ma ogni mia poesia passa attraverso qualcosa come cento revisioni” dichiarò in un’intervista del 2003 alla PBS. E quanto al contenuto “domestico” delle sue poesie, spiegò: “Ho sempre scritto di ciò che è intorno a me, l'ambiente qui nei boschi, ma voglio dire, c'è sempre qualcosa che cambia. Quando i miei bambini erano piccoli, c'erano molti bambini piccoli che correvano attraverso le poesie. Poi gli amici e la famiglia hanno iniziato a invecchiare e morire, c'è stata molta più oscurità e morte. Ma penso di essere sempre stata interessata ai pericoli che sono sotto la superficie anche se sembra una vita domestica semplice e ordinaria. Possono sembrare superfici lisce, ma ci sono tensioni e pericoli proprio sotto, e quelli sono ciò a cui sto cercando di arrivare”.

Mi dici di vivere ogni giorno
come se fosse l'ultimo. Questo è in cucina
dove prima del caffè mi lamento
del giorno che inizia, questa corsa a ostacoli
di minuti e ore,
di negozi di alimentari e di medici.

Ma perché l'ultimo? Chiedo. Perché non
vivere ogni giorno come se fosse il primo —
tutto puro stupore, Eva che si strofina
gli occhi svegli quella prima mattina,
il sole che sorge
come un ingenuo ad oriente?

Tu macini il caffè
con il piccolo ruggito della mente
che prova a chiarirsi. Io ho apparecchiato
la tavola, guardo fuori dalla finestra
dove la rugiada ha battezzato ogni
superficie vivente.

(da Insonnia, 2015)

fonte https://cantosirene.blogspot.com/2023/02/linda-pastan.html

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Poesia di Evgenij Aleksandrovic Evtusenko

 




Poesia di Evgenij Aleksandrovic Evtusenko

Era lei, la neve 

E un mattino
appena alzati, pieni di sonno,
ignari ancora,
d'improvviso aperta la porta,
meravigliati la calpestammo:
Posava, alta e pulita
in tutta la sua tenera semplicità.
Era
timidamente festosa
era
fittissimamente di sé sicura.
Giacque
in terra
sui tetti
e stupì tutti
con la sua bianchezza.

https://www.poesie.reportonline.it/poeti-russi/poesia-di-evgenij-aleksandrovic-evtusenko-era-lei-la-neve.html

IL FIORE

 

Un fiore così


ROBERT CREELEY

IL FIORE

Penso di coltivare le tensioni
come fiori
in un bosco dove
nessuno va mai.

Ogni ferita è perfetta
racchiude sé stessa in un minuscolo
bozzolo impercettibile
che provoca dolore.

Il dolore è un fiore così,
come questo
come quello,
come questo.

(da Per amore, 1962)

.

Della poesia di Robert Creeley, John Ashbery disse che “è essenziale e necessaria come l’aria che respiriamo”. Questa concisione che è “illimitata come i bagliori di un diamante” e che deriva a dalla pratica costante con le filosofie orientali, consente al poeta statunitense di guardarsi dentro, di analizzare i propri sentimenti con la metodica chiarezza di un esploratore.

https://cantosirene.blogspot.com/


IL GIACINTO


 

VILBORG DAGBJARTSDÓTTIR

CANZONI D’INVERNO, II

Come un raggio di sole
come il ricordo di un piacevole giorno d'estate
è il giacinto che mi hai mandato.
Il viola è il colore della Quaresima
ho pensato quando l'ho messo sul comodino
e quando ho spento la luce
il suo profumo riempiva l'oscurità
dominando la tempesta fuori
come se fosse un tema delicato
in una potente sinfonia.

(da Candelora, 1971)

Poesia di Drago Stammbuch

 

Antenati


DRAGO ŠTAMBUK

STAMMBUCH

Non ho l’anello d’oro puro,
ma l’occhio che vede l’invisibile
mi conduce dai Boscimani,
mi porta illeso alla corte paterna,
nell’antica montagna sul lago,
sotto il ghiacciaio trasparente e la cupola di neve.

Non ho quell’anello, ma sento i miei
antenati nelle correnti della mia fronte.
È un tocco leggero e benedetto,
è un bacio improvviso con cui mi visitano
nei mezzogiorni ardenti e nelle mattine
azzurre.

Oh, lo splendido sguardo, il respiro gelido
all’origine di Axel, dove nasce il Danubio,
l’innocenza di porcellana di Lohengrin,
che nella profondità dell’Adriatico
ondula raffinato il brillante ovale!

E un bracciale cerca il mio fragile polso,
nel mare, il letto più dolce
per l’albero genealogico che racconta i morti.

(da L’usignolo e la fortezza)

.

È il 2 novembre, giorno in cui si commemorano i defunti. Ho scelto questa poesia di Drago Štambuk che, inserendo elementi dell’epica germanica ripescati attraverso la tetralogia wagneriana dell’Anello del Nibelungo, ricorda i propri antenati: chi non c’è più ma ha contribuito a forgiarci, chi sentiamo talora in noi, in un gesto che facciamo, in uno sguardo o in un nostro tratto somatico che rinveniamo in quelle fotografie che ora ci guardano dalle lapidi dei cimiteri.

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1024px-Wagner,_R._Rheingold_(München,_1952)

SCENOGRAFIA DI HELMUT JÜRGENS PER “L’ORO DEL RENO”, STAATSOPER, 1952

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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni uomo è un omnibus in cui viaggiano i suoi antenati.
OLIVER WENDELL HOLMES




drago_stambuk2Drago Štambuk (20 settembre 1950) è un poeta, saggista e ambasciatore croato. Medico esperto di malattie del fegato e di AIDS, ha pubblicato 50 opere poetiche ed è stato ambasciatore in Giappone, Corea del Sud, Brasile, Colombia e Venezuela.


La pace domestica ; L’elisir di lunga vita ; La borsa


 Racconti scelti

Questo volume edito da Sonzogno nel 1893 riunisce tre racconti scelti di Balzac. Sono tre testi abbastanza disomogenei tra loro, ma tutti estremamente interessanti. Entrarono tutti a far parte de La Comédie humaine (La commedia umana), la grande costruzione letteraria nella quale l’autore francese stabilì di organizzare pressoché tutta la sua opera.

Il primo racconto, La pace domestica, noto anche come La pace coniugale (La Paix du ménage) è del luglio 1829. Fa parte del gruppo Études de moeurs: Scènes de la vie privée. Per l’autore era un semplice schizzo, un consiglio alle mogli perché siano indulgenti verso gli errori dei propri mariti. È la prima di tutte le “Scene della vita privata”. La vicenda, in una straordinaria unità di tempo e di spazio che ne fa quasi automaticamente una pièce teatrale, ruota, all’interno di un fastoso ballo in età napoleonica, intorno ad una manciata di personaggi sullo sfondo di musiche, crinoline, profumi inebrianti e tutta la folla festosa degli invitati. Si tratta di un intrico amoroso che potrebbe compromettere, appunto, la pace domestica di una coppia. È inevitabile il richiamo alla mente al mirabile Le relazioni pericolose (Les Liaisons dangereuses), romanzo di Choderlos de Laclos del 1782 considerato uno dei capolavori della letteratura francese, ed anche alle insuperabili pagine sui ricevimenti chez Guermantes ne Alla ricerca del tempo perduto di Proust (1920-1921), peraltro grande appassionato di Balzac.

Il secondo racconto, L’elisir di lunga vita (L’Élixir de longue vie) fu composto nell’ottobre 1830 e è nel gruppo degli Études philosophiques. In questo testo si palesa la predilezione particolare di Balzac per l’Italia, particolarmente per Roma, Venezia e infine Ferrara, nella quale lo scrittore ambienta questo racconto. Si tratta di una versione decisamente originale del Don Giovanni. L’origine del mito di Don Giovanni si perde nella notte dei tempi, incarnando l’attrazione dell’uomo verso la donna e genericamente verso il peccato in contrasto con la salvazione anche attraverso la religione. Qui le novità sono nello svolgersidella vicenda in una diretta relazione tra padre e figlio e nel tradurre la rinascita dal peccato, in una rinascita alla vita per mezzo di un miracoloso elisir.

L’ultimo racconto, La borsa (La Bourse), del maggio 1832, fa parte, come La pace domestica, del gruppo Études de moeurs: Scènes de la vie privée. Nel corso delle varie pubblicazioni, venne a volte inserito nelle Études de moeurs: Scènes de la vie parisienne. L’ambientazione è decisamente cittadina, molto velatamente bohèmienne: il protagonista è un giovane pittore di umili origini ma già modestamente affermato e ha, come vicine di atelier, una madre e sua figlia, molto povere ma generose, che nascondono la loro indigenza con grande dignità. La ragazza è bellissima e inevitabilmente il pittore cade innamorato, ma prima di arrivare al probabile lieto fine, Balzac inserisce anche qui, come quasi in ogni sua opera, un elemento che scatena curiosità, incertezza, novità. Il tema della creazione artistica, del tormento della genesi dell’opera d’arte, qui di sfondo, è uno dei più presenti in tutta l’opera di Balzac.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

NOTA: Il testo è presente in formato immagine su “The Internet Archive” (https://www.archive.org/). Realizzato in collaborazione con il Project Gutenberg (https://www.gutenberg.org/) tramite Distributed Proofreaders (https://www.pgdp.net/).

continua a leggere https://www.liberliber.it/online/autori/autori-b/honore-de-balzac/la-pace-domestica-lelisir-di-lunga-vita-la-borsa/

LIBRI - letteratura straniera (domenica)


 «I romanzi di Dostoevskij sono vortici in ebollizione, turbinose tempeste di sabbia, getti d'acqua che sibilano e ribollono e ci risucchiano. Consistono essenzialmente e completamente della materia di cui è fatta l'anima. Contro la nostra volontà, ci troviamo risucchiati al loro interno, costretti a roteare, accecati, soffocati e nello stesso tempo in preda a un vertiginoso rapimento. Tolto Shakespeare, non esiste lettura piú elettrizzante».

Virginia Woolf

«Sto leggendo I fratelli Karamazov di Dostoevskij. È la cosa piú stupefacente che mi sia mai capitata fra le mani».
Albert Einstein

«I fratelli Karamazov mi ha colpito profondamente. Chiamiamola pure follia, ma proprio in questo potrebbe risiedere il segreto del suo genio. Io preferisco la parola esaltazione, esaltazione che travalica nella follia, magari. Di fatto tutti i grandi uomini ne hanno una vena; è la fonte della loro grandezza; l'uomo ragionevole non approda a nulla».
James Joyce

«I fratelli Karamazov sono il romanzo piú grandioso che mai sia stato scritto, l'episodio del Grande Inquisitore è uno dei vertici della letteratura universale, un capitolo di bellezza inestimabile...»
Sigmund Freud

Aleksandr Sergeevič Puškin

 Buon compleanno Puškin


«La nostra memoria serba sin dall'infanzia un nome allegro: Puškin. Questo nome, questo suono, riempie molti giorni della nostra vita. Accanto ai cupi nomi degli imperatori, dei condottieri, di inventori di armi per uccidere, di torturatori e di martiri, si affaccia un nome, Puškin. [Egli] seppe portare con allegria e gentilezza il suo fardello, sebbene il suo ruolo di poeta non fosse né facile né allegro, ma tragico.»

(Aleksandr Blok, citato in Jurij M. Lotman, Puškin. Vita di Aleksandr Sergeevič Puškin, Ledizioni, Milano, 2012, p. 226.)
Aleksandr Puškin, ritratto del 1827 di Vasilij Andreevič Tropinin

Aleksandr Sergeevič Puškin (in russo: Алекса́ндр Серге́евич Пу́шкин, AFI[ɐlʲɪˈksandr sʲɪˈrɡʲejɪvʲɪtɕ ˈpuʂkʲɪn]ascolta[?·info]Mosca6 giugno 1799, 26 maggio del calendario giuliano[1] – San Pietroburgo10 febbraio 1837, 29 gennaio del calendario giuliano) è stato un poetasaggistascrittore e drammaturgo russo.

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Puškin a circa 4 anni

In filologia egli è considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea e le sue opere, tra le migliori manifestazioni del romanticismo russo, hanno ispirato numerosi scrittoricompositori e artisti; dette opere costituiscono tuttora tra le più importanti espressioni della letteratura russa, in quanto nonostante i quasi due secoli passati dalla loro creazione, ci presentano una lingua tuttora viva e attuale. L'Istituto Puškin, che si prefigge la diffusione della lingua russa nel mondo, prende il nome dal letterato.Puškin nacque a Mosca il 6 giugno (il 26 maggio secondo l'allora calendario giuliano) del 1799. Il padre, Sergej L'vovič Puškin (1767-1848), era un maggiore in congedo, appartenente ad un'antichissima famiglia aristocratica russa, mentre la madre, Nadežda Osipovna Gannibalova (1775-1836), era la figlia di Osip Abramovič Gannibal (un gentiluomo, a sua volta figlio del maggior generale russo di origine africana Abram Petrovič Gannibal - a cui Puškin dedicherà l'incompiuto romanzo storico Il negro di Pietro il Grande - e della di lui seconda consorte Christina Regina Siöberg, una dama appartenente ad una nobile famiglia di origini scandinave e tedesche), e di Marija Alekseevna Puškina, una nobildonna imparentata con lo stesso Sergej L'vovič (ciò faceva dei lontani parenti i genitori del poeta)

La madre Nadežda Osipovna

Il futuro poeta venne alla luce in casa Skorcov - dove i Puškin, ridotti in ristrettezze economiche, vivevano in affitto -, sulla Molčanovka, all'attuale numero 10 di via Bauman.[2] Il padre era un uomo dedito alla mondanità e molto avaro; Pëtr Andreevič Vjazemskij, amico di Aleksandr, ne avrebbe tracciato una descrizione corredata da un aneddoto: «Egli era avaro sia con se stesso che con i familiari. Un giorno, durante il pranzo, suo figlio Lev ruppe un bicchiere. Il padre avvampò e per tutto il pranzo continuò a brontolare. "Ma come si può prendersela tanto per un bicchiere che costerà venti copeche", disse Lev. "La prego di scusarmi, signore, non venti, ma trentacinque copeche!"».[3] Molto mondana era anche la madre, una donna «dispotica e capricciosa».[4]

Nonostante i rapporti con i genitori fossero piuttosto freddi, il secondogenito Puškin andrà sempre orgoglioso della sua nobiltà "vecchia di 600 anni" e del suo sangue in parte africano.[5] Non venne educato dai genitori, come s'è detto assidui frequentatori di salotti mondani, bensì dalla nonna materna, dallo zio materno Vasilij, che apparteneva a un circolo letterario d'avanguardia chiamato Arzamas, e dalla balia Arina Rodionovna, il cui nome fu reso celebre dalle liriche che l'autore compose nell'ultimo periodo della sua vita. . .https://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr_Sergeevi%C4%8D_Pu%C5%A1kin