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IVAN TRINKO padre della Benecia

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7 feb 2024

Web sul blog: L'aria è diventata irrespirabile

Web sul blog: L'aria è diventata irrespirabile: Articolo da  Unimondo Decresce troppo lentamente l’inquinamento atmosferico nelle città italiane mettendo a rischio la  salute  dei  cittadi...

26 lug 2023

Il boscaiolo, una professione di cultura

 




A prima vista potrebbe sembrare un puro fenomeno imprenditoriale ed economico. Ma se le Valli del Natisone – e in particolare il comune di San Leonardo – in pochi anni sono diventati la zona del Friuli a maggior concentrazione di imprese boschive, è un fatto prima ancora culturale.

È, in definitiva, un esempio posistran tivo in cui i valori spirituali della famiglia e dell’amore e il rispetto dell’ambiente, insieme alla cultura materiale trasmessa fin dalla tenera età con il seguire il papà o i parenti nel bosco, passano per osmosi tra generazioni, arricchendosi di nuove sfide, di professionalità e capacità manageriale.

Dopo quella pubblicata sullo scorso numero del Dom, vediamo insieme altre due storie esemplari di questo «boom di boscaioli».

Il gioco da bambino è diventato impresa

Per Andrea Dugaro, 39 anni, la vocazione da boscaiolo inizia da bambino, seguendo il padre nel bosco a fare legna. Non una attività imprenditoriale vera e propria, ma tutti i rudimenti e la cultura del taglialegna si trasmettono da padre in figlio. «Piuttosto che lasciarmi a casa da solo, papà Antonio mi portava con lui – racconta –. All’inizio mi ha fatto quasi odiare il bosco, perché l’ho vissuta come una imposizione, dopo è diventato un gioco, trasformatosi in passione e poi in lavoro vero e proprio. Il giorno del suo settantesimo compleanno gli ho regalato una foto nostra insieme con queste parole: “Il gioco di un bambino è diventato una professione”».

L’amore per la propria terra lo ha portato a scegliere come scuola l’istituto agrario di Cividale, già con la precisa idea di diventare un imprenditore nel settore agrario: «Col diploma agrario si possono saltare dei corsi propedeutici alla richiesta della partita Iva – spiega Andrea –. Già alle medie avevo deciso che quello era il mio futuro e subito dopo la scuola, finito il servizio militare, ho aperto partita Iva. Nel 2005, a 21 anni, ho aperto la mia impresa con sede a Ussivizza di San Leonardo e un capannone a Cemur. Oltre che a San Leonardo, tagliamo boschi anche nei comuni di San Pietro al Natisone, Stregna, Grimacco e Pulfero. Un gioco, con la mia passione infantile per i macchinari e i trattori e di stare all’aria aperta lavorando nella natura, è diventato con la maturità un lavoro, che alla fine rimane una grande passione! Se guardiamo il riscontro economico rispetto alle ore di lavoro che si fanno, dovrei essere miliardario! In realtà è la passione che mi sostiene».

In tutto ciò un ruolo importante lo gioca l’amore per il proprio territorio: «La natura, gli incontri con la fauna come caprioli e cinghiali, beccacce, scoiattoli, fanno un bellissimo quadro – evidenzia Andrea – . Non ho mai preso in considerazione di fare un altro lavoro, magari al chiuso e in pianura. Anzi, andando avanti, ottimizzando il lavoro con l’acquisto di macchinari, la passione aumenta».

Nelle Valli del Natisone «non c’è un bosco da cartolina, come quello di abeti nel Trentino o le faggete del Cansiglio. È un ambiente particolare, ripido e scosceso, in molti punti roccioso, altrove fangoso, molto vario (castagneti, bosco ceduo, qualche faggeta…), non un ambiente agevole e semplice per lavorarci. Negli ultimi anni, il lavoro con materiale da lavorazione come tronchi di acero, frassino, ciliegio, noce che poi finivano nelle segherie per tavolame è andato a decadere, un po’ per carenza di materia prima, un po’ per il tracollo del Triangolo della sedia che ha diminuito drasticamente la domanda. Oggi è richiestissima la paleria per vigna, sia di acacia che di castagno per la loro durata nel tempo. Il resto è legno da brucio».

Dugaro vede con scetticismo la possibilità di fare nuovi impianti con essenze più richieste dall’industria. «Intanto bisognerebbe eliminare tutto quello che c’è – spiega –, poi sui nostri versanti la ricrescita del sottobosco è molto rapida e ciò aumenta le spese di manutenzione. Solo nelle faggete il sottobosco rimane pulito da rovi e abusti che soffoca tutto ciò che di piccolo può crescere. Anche i castagneti rendono poco, sia come frutto che come legno da brucio. Il mercato lo snobba, anche se personalmente lo trovo ottimo».

Consiglierebbe questa professione ad un giovane? «Se c’è la passione senza dubbio – risponde Dugaro –, come in ogni lavoro. Bisogna buttarsi e partire. Certo bisogna essere coscienti che avere una impresa significa improntare tutta la vita in un certo modo. Non ci sono orari di lavoro prestabiliti e neanche giorni festivi intoccabili. Quando la creatura è tua cerchi di fare più che puoi».

Orgoglioso di fare belle le Valli

Per Riccardo Predan quella del boscaiolo non è solo una tradizione di famiglia, ma già una impresa da 30 anni. «Mio papà comprò il suo primo trattore con carretto e iniziò a fare bosco – racconta Riccardo –, fondando la Predan Legnami. Con gli anni l’attività si è evoluta e anche io e mio fratello Alessandro siamo entrati come contitolari aiutando il papà e permettendo all’azienda di crescere. Ora abbiamo anche due dipendenti. Fin da bambino venivo a giocare nei locali dell’azienda e dai 14 anni davo già una mano. A 13 anni ho preso in mano per la prima volta la motosega. Mio papà non voleva, ma sapevo già tagliare un albero da solo. Già con l’idea di entrare in azienda, ho frequentato alle superiori l’Istituto tecnico commerciale e ora seguo anche tutto il settore contabile amministrativo».

In altre zone del Friuli la successione tra padri e figli nel bosco fa un po’ fatica, «mentre qui nelle Valli del Natisone ci sono tanti esempi positivi di continuità, non solo tra padri e figli ma anche tra zii e nipoti. È un bel segno di unità delle famiglie e di amore per il nostro territorio. Sono molto orgoglioso di essere di Tribil, della bellezza dei nostri boschi e dei nostri prati. Siamo anche uniti come boscaioli nelle Valli. La festa di domenica 25 giugno a San Leonardo l’abbiamo organizzata insieme. Ci sentiamo i custodi dell’ambiente, impegnati a tenere bene il paesaggio. Oggi Tribil, il Matajur e il Kolovrat sono davvero molto belli. Oggi vedo che i giovani sono attaccati più allo smartphone che alla motosega e hanno il mito della città. È un peccato, si rischia di perdere valori molto importanti».

Il bosco è il grande tesoro delle valli, «un patrimonio che è sostenibile perché si rigenera con una giusta programmazione che rispetti i cicli di ricrescita. La gente di pianura vede spesso noi boscaioli ancora come persone che distruggono il bosco.

In realtà poniamo le basi affinché il bosco cresca sano e migliore. I piani di taglio vengono sempre concordati con la Guardia Forestale che alla fine decide cosa deve essere preservato e non tagliato, per i suoi valori naturalistici e paesaggistici. Inoltre nei boschi un po’ più diradati, meno densi di alberi, il sole aiuta la ricrescita naturale del faggio, un legno di pregio molto richiesto per il brucio».

Predan è convinto che il bosco nelle Valli del Natisone abbia un grande futuro: «Penso che anche da noi arriveremo a migliorare il bosco con essenze più pregiate. Ci sono molti ostacoli ma alla fine ce la faremo. Comunque seguiamo con attenzione il mercato e l’innovazione tecnologica. Se ci sono incentivi l’attività boschiva in montagna progredisce, non esistono solo i boschi di pianura. Quando ci sono gli incendi e le frane e le alluvioni, la gente capisce l’importanza di sostenere il nostro lavoro. Nei nostri progetti c’è anche quello di proporci per pulire gli alvei dei nostri fiumi dagli arbusti che vi crescono o da quelli che vengono trasportati dalla piene e che minacciano ponti e passerelle».

Consiglierebbe questo lavoro ad un giovane? «Sì. Tra escavatori, teleferiche, macchinari specializzati, la fatica fisica è sempre meno, ormai quasi limitata all’uso della motosega. Se si vuole stare a contatto con la natura e avere un lavoro vario, non confinato in ufficio o in fabbrica, è l’ideale». (Roberto Pensa)

dal Dom

11 giu 2023

Qui tra prevenzione e illusione

 

Tu med preventivo in iluzijo
Qui tra prevenzione e illusione

Non sono di certo passate inosservate, nelle Valli del Natisone, le tremende immagini delle esondazioni in Emilia Romagna. Il ricordo è andato dritto al 5 giugno 2020, quando una quantità eccezionale di pioggia (180 millimetri), scaricatasi in poche ore sulle convalli del Natisone, dell’Alberone, dell’Erbezzo e del Cosizza, provocò vasti allagamenti da Biarzo ad Azzida, dalle pendici del Matajur fino a Cosizza e Scrutto.

Chi le ha ben vive negli occhi quelle immagini è senza dubbio il sindaco di San Pietro al Natisone, Mariano Zufferli, che in quelle ore, come primo responsabile di Protezione Civile per l’incolumità dei propri cittadini, era in prima linea ad affrontare il disastro.

«La zona di Tarpezzo fu interessata da frane e smottamenti, al punto di dover sgomberare una casa; nella zona di Azzida, alla confluenza dei torrenti Cosizza, Alberone ed Erbezzo, tutto l’assetto idrico andò in tilt, e perfino la statale 54 fu trasformata in un fiume – racconta Zufferli –. Purtroppo vedere oggi le immagini dell’Emilia Romagna mi porta a fare delle considerazioni amare, anche se non ho perso la speranza di poter fare qualche cosa di importante per la prevenzione degli eventi alluvionali sul mio territorio».

L’esperienza di Zufferli, infatti, ha dell’incredibile e getta una lunga ombra sul significato della parola prevenzione che in queste ore viene ripetuta ossessivamente da politici e tecnici. «La prima brutta sorpresa fu che, dopo numerosi e interminabili sopralluoghi e valutazioni, i comuni delle Valli colpiti non vennero inseriti nel perimetro della calamità naturale e rimasero esclusi da quel tipo di aiuti straordinari», evidenzia Zufferli. Ma l’amministrazione di San Pietro al Natisone non si fece scoraggiare. «Capimmo che non potevamo solo rincorrere gli eventi straordinari e riparare i danni, ma che ci voleva una strategia per anticipare le catastrofi attraverso una adeguata politica di prevenzione. Per questo conferimmo ad una società specializzata uno studio sul terreno, costato oltre 20 mila euro, per capire cosa si doveva fare per mettere in sicurezza idrogeologica il nostro territorio».

Lo studio ha arricchito non poco la cartografia di rischio elaborata dalla Protezione civile regionale per il comune di San Pietro al Natisone e su questa base si decise di inserire questi interventi nel piano triennale delle opere pubbliche e di inoltrare domande di finanziamento per effettuare gli interventi attraverso due canali: i fondi dedicati a questo scopo dalla Protezione civile regionale e i fondi messi a disposizione dai vari ministeri nazionali.



Risultato? Zero assoluto! «Sia la Regione che Roma non hanno dato seguito alle nostre richieste – spiega Zufferli –. Non ho perso la speranza di vedere concretizzato ciò che serve al nostro territorio. O deve prima accadere una disgrazia prima che ci si renda conto che è necessario agire?».

Zufferli ne ha parlato recentemente con un viceministro e si dice fiducioso che un supporto arriverà. Intanto l’attenzione del sindaco è sempre concentrata sul gruppo comunale di Protezione civile, formato da volontari, essenziale per gestire le emergenze.

«Sono infinitamente grato a chi si mette in gioco e assume una responsabilità e un impegno per proteggere gli altri e in particolare i più deboli – evidenzia il sindaco –. Mi rendo conto, però, che in questo campo bisogna fare sempre di più e meglio per contrastare il cambiamento climatico. Occorrono più mezzi, ma anche un personale con una età media più bassa: oggi abbiamo tanti anziani nei gruppi comunali e questo è anche un ostacolo alla formazione e all’ingres-so di nuove competenze».

Sulla base dell’esperienza vissuta, Zufferli sa che spesso a fare la differenza sono le persone sul campo: «I piani di emergenza sono fatti molto bene e abbiamo cercato di diffonderli il più possibile tra la popolazione. Ma quando un fiume esonda, d’improvviso cambia la geografia di un territorio e ciò che è scritto sulla carta può risultare non più adeguato. Fondamentali sono le risorse umane che operano nei gruppi comunali di Protezione civile».

Zufferli intende organizzare presto degli incontri sul territorio con la popolazione: «È fondamentale che siano conosciuti i comportamenti corretti quando si verifica un’emergenza, a partire da chi bisogna avvertire ». (Roberto Pensa)dal Dom

19 mag 2023

Web sul blog: Ancora una tragedia annunciata

Web sul blog: Ancora una tragedia annunciata: L'alluvione che ha colpito l'Emilia-Romagna nei giorni scorsi è una tragedia che ha causato morti, dispersi, sfollati e danni incalc...

13 apr 2023

Web sul blog: La Terra di Kahlil Gibran

Web sul blog: La Terra di Kahlil Gibran: La Terra La terra vi concede generosamente i suoi frutti, e non saranno scarsi se solo saprete riempirvi le mani. E scambiandovi i do...

7 mar 2023

La Benecia (Friuli) va collocata nella strategia transfrontaliera


A Lubiana, il ministro per gli Sloveni nel mondo, Matej Arčon, ha convocato un incontro che rappresenta il primo passo verso nuove sinergie, finalizzate al sostegno della base economica delle due minoranze nazionali, gli sloveni in Italia e gli italiani in Slovenia. In quest’ambito è emersa l’esigenza di sostenere la realtà economica e turistica della Benecia. Lo stesso ministro ha assicurato l’interesse totale della Slovenia affinché nelle nostre vallate vada ricercata una soluzione concreta e realizzabile con la realtà dell’Alto Isonzo, dove hanno saputo, intelligentemente, coniugare la bellezza del territorio con l’offerta turistica.

Importante però, come è stato detto a Lubiana, che in questa strategia entri con più convinzione anche la Regione Friuli Venezia Giulia, molte volte troppo assente lungo la fascia confinaria della provincia di Udine. Anche la comunità slovena in toto è chiamata a fare il proprio compito ed elaborare una strategia funzionale affinché la Benecia non venga sempre affiancata al problema dello spopolamento e alla cronica difficoltà economica.
La Capitale Europea della Cultura 2025 a Nova Gorica e Gorizia rappresenta una grande opportunità per le due comunità nazionali, che dovranno essere capaci di trasformare le grandi ed importanti idee in progetti concreti. Utile dunque ricercare le sinergie che sostengano, in particolare, i settori quali lo sviluppo economico e turistico, per valorizzare, nel miglior modo possibile, un territorio transfrontaliero unico. Determinante è che le due comunità collaborino in modo pragmatico per far sì che la regione transfrontaliera trovi una sua posizione apicale all’interno della realtà europea. Ci sono tutte le condizioni. Bisogna crederci.
(r.p.) https://novimatajur.it/senza-categoria/sld/la-benecia-va-collocata-nella-strategia-transfrontaliera.html

6 set 2022

Una strada dopo il fuoco . Po požaru je potrebna cesta

 

Dopo il grande incendio che di recente ha interessato anche la Val Resia, nei comuni di Resiutta e Resia è ancora in uso la viabilità straordinaria su strada sterrata, realizzata sul greto del torrente Resia da località Povici a località ta-pod Klancon. È stata aperta dalla sera di venerdi, 29 luglio.

Questa unica alternativa viaria, di circa 3 km, è stata necessaria in sostituzione della strada ex provinciale 42, chiusa al transito dal 20 luglio per l’incendio durato 12 giorni e soprattutto per il pericolo di caduta massi, dovuto all’instabilità del suolo che l’incendio stesso ha provocato lungo il versante. Destino ha voluto che anche la strada verso Uccea, per i lavori che la stanno interessando, non fosse e non sia tuttora transitabile, pertanto per 9 giorni la viabilità in entrata e uscita dalla vallata è stata assicurata solo per emergenze o, in giorni meno critici, con servizio di scorta.

In questa situazione, per uscire dalla valle, alcuni hanno percorso più volte a piedi l’antico tracciato pedonale, situato sulla destra orografica del torrente, che da località Tigo in circa un’ora di cammino allenato porta alla località di Povici.

In un comunicato dell’8 agosto, la sindaca di Resia/Rezija, Anna Micelli, ha spiegato quanto previsto per la viabilità ordinaria. «I primi interventi di messa in sicurezza, con disgaggi e posa di ulteriori tratti di barriere come mantovane per circa 1,3 km ed altre attività complementari, sono previsti a partire dal mese di settembre, in modo da consentire la riapertura della strada al traffico veicolare con un senso unico alternato, regolato da impianti semaforici, ispirandosi al principio di maggior cautela, in quanto la garanzia della sicurezza delle persone è prioritaria».

La sindaca prevede la verosimile riapertura per la seconda metà di ottobre. «Per i successivi interventi di messa in sicurezza della strada sarà necessario posizionare barriere paramassi alte 4-5 metri, con una capacità di assorbimento di energia fino a 3000 kJ, pertanto si stima che tutti gli interventi potrebbero essere completati entro la primavera-estate 2023».

Per i mesi a venire la criticità maggiore sarà la pioggia. Caduta di massi e colate di fango sulla strada potrebbero rendere l’ex provinciale 42 potenzialmente impraticabile; anche il by-pass sul greto del torrente Resia potrebbe non garantire la viabilità in caso di piena. Le autorità, quindi, non escludono nuovi possibili isolamenti(Sandro Quaglia)

Po nedavnem večjem požaru, ki je prizadel tudi dolino Rezija, je v občinah Rezija in Bila še v rabi nadomestna cestna povezava, ki so jo 29. julija zvečer uredili na strugi potoka Rezija med krajem Povici in krajem ta-pod Klancon.

Nadomestno cestno povezav, ki je dolga 3 km, so uredili ker je bivša pokrajinska cesta 42 od 20. julija zaprta  prej zaradi požara, ki je trajal 12 dni in zdaj zaradi tveganja plazu.

Ker v teh mesecih potekajo obnovitvena dela tudi na cesti proti Učji, je promet iz doline Rezije in vanjo devet dni bil odprt samo v najnujnejših primerih. V tistem obdobju so nekateri domačini dolino Rezijo zapustili tudi peš, po starih poteh.

V komunikeju je 8. avgusta rezijanska županja Anna Micelli napovedala, da bodo prve posege za višjo varnost pred plazovi izvajali že septembra. Cesto bi odprli čimprej, predvidoma proti koncu oktobra; promet naj bi potekal izmenično enosmerno, sicer s semaforjem. V okviru kasnejših posegov naj bi postavili zaščitne mreže, ki naj bi varovale pred padajočim kamenjem. Dela naj bi se končala poleti 2023.

Prometne povezave bodo v naslednjih mesecih v veliki meri odvisne od vremena, saj bi lahko neurje povzročilo nadaljnje plazove in onemogočilo prevoze po nadomestni cesti na strugi potoka Rezija.

https://www.dom.it/una-strada-dopo-il-fuoco_po-pozaru-je-potrebna-cesta/

23 lug 2022

A Topolò sulla strada della verità per Giulio, tutte le lingue di Helena Janeczek

 


La vicenda di Giulio Regeni è arcinota. La tortura e l’uccisione subite dal ricercatore di Fiumicello in Egitto sono avvenute più di sei anni fa. Un tempo ormai lontano, che pure non è servito ad avere giustizia per quel delitto. Un tempo lontano in cui però – grazie soprattutto ai suoi genitori, Paola Deffendi e Claudio Regeni – la memoria di questa triste storia e il desiderio di verità e giustizia processuale su di essa non si sono mai assopite. A questo, anche, è servito l’incontro di sabato 9 luglio alla Stazione di Topolò, durante il quale è intervenuto anche Pif, regista, attore, autore e conduttore sia televisivo che radiofonico, ormai ospite fisso della Postaja. Un incontro che, grazie all’ironia e alla leggerezza di Pif, e al garbo dei genitori, è servito anche ad avere un ritratto particolare di Giulio, dal fatto che avesse il difetto di essere ‘rognoso’, come ha detto sua madre, quindi puntiglioso, al fatto che usasse spesso il dialetto del proprio paese, anche quando doveva comunicare da lontano.

Venendo agli aspetti più legati alla vicenda, la madre ha ricordato che “fin dall’inizio ci siamo trovati a dover difendere l’immagine di Giulio, non tanto per dire se era un bravo ragazzo o meno, quanto perché una certa parte della stampa aveva creato una figura su di lui che non corrispondeva alla realtà, attribuendogli attività e funzioni non sue”.
“Quando ci chiedono dove troviamo la forza, il coraggio per fare quello che facciamo, per andare avanti dopo tanti anni – ha aggiunto poi il padre – rispondiamo che è qualcosa che ci viene spontaneo, perché quanto è stato fatto a Giulio è un oltraggio inaccettabile che nessuno dovrebbe subire e che non auguriamo a nessuno.”
Non è mancato l’accenno a come i governi italiani di questi ultimi anni abbiano affrontato la vicenda. “Abbiamo ricevuto tante promesse e attestazioni di comprensione – ha affermato Claudio Regeni – ma alla fine la politica si è arresa alle questioni pratiche, economiche. Nei rapporti tra Stati, come vengono trattati i diritti civili è qualcosa che non viene mai preso in considerazione.” L’eccezione, hanno ammesso i genitori di Giulio, è stata l’azione del presidente della Camera, Roberto Fico.
Ma si arriverà mai alla verità? Il padre ha fatto sapere che non si è lontani: “La verità è stata scritta, anche dalle istituzioni, e abbiamo i nomi delle quattro persone che sono state quelle più implicate nell’inseguimento, nelle torture e nell’uccisione di Giulio. Anche se in questo momento a causa di cavilli legali il processo non sta andando avanti.”
Infine, cosa puà fare una singola persona, chiunque, per dimostrare la sua vicinanza ai coniugi Regeni? Ha risposto la madre: “Chi ha delle idee, che non vuol dire fare un film su Giulio, un suo ritratto o una canzone, ma idee, per starci vicino e per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica, è ben accetto. Se riusciamo, insieme, ad aprire un varco nelle paure delle istituzioni, se riusciamo a farlo con Giulio, lo faremo per le tante tragedie sulle quali è calato un velo di omertà.”

* * *

Helena Janeczek, nata a Monaco di Baviera da genitori polacchi di origine ebraica, è diventata un nome di rilievo della letteratura italiana (vive in Italia dal 1983) grazie al libro ‘La ragazza con la Leica’, che nel 2018 ha ottenuto il premio Strega e il premio Bagutta. È una biografia romanzata della fotoreporter Gerda Taro, uccisa durante la guerra civile spagnola degli anni ’30, vista attraverso i punti di vista e i ricordi di alcuni personaggi a lei molto vicini. Il libro diventerà un film diretto dalla regista milanese Alina Marrazzi, che a Topolò, dove è già venuta spesso per la Postaja, ha incontrato la scrittrice, dialogando con lei e con la curatrice degli eventi letterari, Antonella Bukovaz.
Il tema da cui sono partite le tre protagoniste dell’incontro è stato però quello delle “lingue che ci abitano”: per Helena sono il tedesco, l’inglese, il russo, il francese, l’italiano, in forma minore il polacco e l’yiddish. Nei suoi libri usa spesso degli intarsi linguistici diversi dall’italiano. “L’uso delle lingue altre è qualcosa con cui sono cresciuta, il non avere una lingua sola, una lingua madre… L’uso che faccio delle lingue straniere nei miei libri non è sempre uguale, ha a che fare con il rapporto di appartenenza o non appartenenza con le lingue, ha spesso a che fare anche con il rapporto tra lingua e potere (se puoi scegliere di cambiare lingua o nome, anche se sei in posizione di subalternità, è un atto di affermazione, se avviene invece per imposizione è un atto di potere, di violenza). Le lingue dicono sui rapporti tra le persone, che possono essere anche affettivi” ha spiegato la scrittrice, per la quale è comunque importante che, al di là della comprensione, qualcosa della parola arrivi al lettore anche attraverso il suono “che dice anche di come le parole, per quanto astratte, abbiano a che fare con una risonanza, hanno un potere evocativo.”
Helena Janeczek ha poi parlato del suo impegno per la causa dell’attivista Alaa Abdel Fattah – incarcerato perché oppositore del governo egiziano e che da parecchie settimane è in sciopero della fame per denunciare le condizioni disumane della sua detenzione – ma anche di un suo libro (‘Lezioni di tenebra’) in cui alla fine degli anni Novanta raccontò di un viaggio con sua madre ad Auschwitz, al cui lager la genitrice era sopravvissuta.

https://novimatajur.it/cultura/a-topolo-sulla-strada-della-verita-per-giulio-tutte-le-lingue-di-helena-janeczek.html

15 lug 2022

VENERDI':EVENTI

 


A Tigo per assaggiare lo «strok»

A fine luglio la Val Resia invita gli amanti della gastronomia e non solo alla scoperta del rinomato aglio di Resia, lo strok.

Domenica 31, in località Tigo, nel Comune di Resia, sarà protagonista indiscusso nell’ambito della rinomata «Festa dell’Aglio di Resia» organizzata dall’Associazione FivEvents.

Lo «strok» è un prodotto agricolo della Valle, riconoscibile grazie alla sua tunica rossastra e al particolare aroma dolce. Coltivato con tecniche tradizionali, è messo a dimora a novembre e raccolto a luglio.

Questo prodotto di nicchia, che nel 2004 è diventato presidio Slow Food, ogni anno attira a Resia centinaia di persone. Anche se è in aumento, la produzione di aglio resiano rimane perlopiù su scala ridotta, a carattere familiare, e rappresenta un’integrazione al reddito delle famiglie locali.

Nell’ambito della «Festa dell’Aglio di Resia», il programma del 31 luglio sarà molto variegato. Con partenza dall’area festeggiamenti, alle 9.00 inizierà un’escursione guidata gratuita lungo i sentieri del fondo valle, a cura dell’Ecomuseo della Val Resia. Dalle 11.00, invece, sarà possibile degustare piatti a base di aglio, con menù completo su prenotazione obbligatoria.

Durante la giornata sarà possibile acquistare l’aglio e i suoi prodotti derivati, prodotti tipici regionali, prodotti dei presidi regionali Slow Food e prodotti dell’artigianato locale.

In Val Resia, inoltre, sarà possibile visitare il Centro Visite del Parco naturale delle Prealpi Giulie a Prato di Resia/Ravanca (9.00-13.00 e 14.0017.00), il Centro polifunzionale «La Tana in Val Resia» a Lischiazze/Liščace e il Museo ex-latteria turnaria a San Giorgio/Bila. A Stolvizza/Solbica, invece, saranno aperti il Museo dell’Arrotino (10.00-13.00 e 14.00-16.00) e il Museo etnografico della gente della Val Resia (10.00-13.00 e 14.00-16.00).

Per maggiori informazioni è possibile contattare l’ufficio Iat della Pro loco Val Resia, aperto al pubblico presso il Centro visite del Parco naturale delle Prealpi Giulie a Prato di Resia, dal venerdì al lunedì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.00, oppure telefonare al numero 043353534.

https://www.dom.it/pri-tigu-da-bi-pokusili-strok_a-tigo-per-assaggiare-lo-strok/



11 lug 2022

Srebrenica: le rimozioni della narrazione pubblica europea

 

Srebrenica, Potočari © foto Andrea Rizza Goldstein

Il nuovo governo sloveno ha promesso, entro fine anno, la rimozione delle famigerate barriere di filo spinato anti-migranti al confine con la Croazia. Non sarà un “liberi tutti”, ma solo la sostituzione di un rozzo meccanismo di controllo con altri più sofisticati

07/07/2022 -  Stefano Lusa

I primi rotoli di filo spinato vennero piazzati nel novembre del 2015 nei pressi di Rigonce, nella Stiria meridionale, un paesino salito alla ribalta della cronaca per essere diventato una delle principali vie d’accesso in Slovenia lungo la rotta balcanica, poi le barriere si diffusero lungo tutto il confine tra lo sbigottimento della popolazione locale, che si vide arrivare i genieri dell’esercito a piazzare le “barriere tecniche” anche letteralmente nel cortile di casa. La cosa non mancò di sollevare vibranti proteste in Croazia ed anche qualche simbolica manifestazione lungo la frontiera. L’ultima è andata in scena agli inizi di luglio nella Carniola Bianca dove organizzazioni non governative, il locale ente turismo e istituzioni culturali con una trentina di imbarcazioni hanno disceso un tratto del fiume Kolpa, per invitare il governo a non attendere oltre per rimuovere le barriere e a cambiare rotta in materia di controlli al confine.

Il centrosinistra aveva promesso in campagna elettorale che in caso di vittoria avrebbe tolto il filo spinato in tempi rapidissimi. All’indomani del trionfo alle urne, non senza un certo entusiasmo, c’era anche chi era pronto ad organizzare squadre di volontari per andare a levare le barriere. Dalla coalizione si sono premurati di chiedere ai cittadini non aver frette per evitare di incappare in sanzioni, precisando che ci avrebbero pensato loro...continua a leggere https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Srebrenica-le-rimozioni-della-narrazione-pubblica-europea-219406

6 lug 2022

STORIA: 1918, quando la Regia Marina d’Italia occupò la Dalmazia


Con l’armistizio con l’Austria-Ungheria, e in accordo con gli alleati, ai primi di novembre del 1918 le truppe italiane occuparono le aree della Dalmazia assegnate all’Italia dal trattato di Londra del 1915. Navi da guerra della Regia Marina si presentarono nei porti dalmati, dove presero contatto con le sedi dei Fasci Nazionali, le associazioni locali degli italiani.

A seguito del ritiro dell’esercito austriaco, il Consiglio Nazionale Jugoslavo, formatosi a Zagabria in attesa dell’unione con la Serbia, creò un governo regionale provvisorio per la Dalmazia che prese il controllo di Spalato, Sebenico e Zara. Solo a Zara  l’ex sindaco autonomista Ziliotto organizzò un contropotere, proclamando l’autorità del Fascio Nazionale Italiano come successore del Consiglio comunale zaratino disciolto nel 1916.

Il 31 ottobre l’Italia ottenne il consenso degli Alleati all’occupazione dei territori contemplati dal patto di Londra, pur senza il riconoscimento di un diritto di annessione.  Navi da guerra della Regia Marina si presentarono nelle isole e nei porti dalmati, dove presero contatto con le sedi dei Fasci Nazionali, le associazioni locali degli italiani. Il 4 novembre la Marina prese possesso delle isole di Lissa/Vis, Lagosta/Lastovo, Melada/Molat, e Curzola, dove i comitati nazionali jugoslavi non opposero resistenza armata. Lo stesso giorno il capitano di corvetta De Boccard fu accolto sulla banchina di Zara da Luigi Ziliotto, tra l’esultanza degli zaratini italiani, nonostante le proteste diplomatiche dei rappresentanti jugoslavi. La situazione in città restò tesa per alcuni giorni, fino all’arrivo del cacciatorpediniere Audace e di nuove truppe, mentre gli jugoslavi si riorganizzavano nella campagna zaratina.

Il vice ammiraglio Enrico Millo ispeziona le truppe italiane in arrivo a Sebenico

L’occupazione di Sebenico prese un paio di giorni in più, a causa dell’ostilità della popolazione croata; solo il 9 novembre il contrammiraglio Leopoldo Notarbartolo proclamò l’occupazione della Dalmazia fino a Capo Planka da parte dell’Italia a nome delle potenze dell’Intesa e degli Stati Uniti.

Altre isole dalmate vennero occupate nel corso di novembre: Lesina il 13 novembre, Pago/Pag il 21, nonostante l’ostruzionismo dei notabili e del clero. Migliore accoglienza ci fu a Cherso e Lussino, dove metà della popolazione era italiana. La Regia Marina si spinse ad occupare anche Veglia e Arbe (il 26), isole non incluse nel patto di Londra, anche per via degli appelli dei notabili italiani locali. Anche qui il clero cattolico fu tra i principali elementi di agitazione filo-jugoslava, tanto che le autorità italiane decisero di espellere il vescovo di Veglia, monsignor Mahnic.

governatore della Dalmazia il governo italiano nominò il vice ammiraglio Enrico Millo, già ministro della Marina e sostenitore dell’annessione, che stabilì comando a Sebenico – misura che indicava l’intenzione di conservare il controllo dell’intera Dalmazia – fino alla primavera del 1919, quando si trasferì a Zara. Millo esautorò i comitati nazionali jugoslavi, benché i notabili filo-jugoslavi restarono rappresentati istituzionalmente nella Dieta provinciale dalmata e nella Corte d’appello. I vecchi membri del partito autonomo-italiano, risorto nei Fasci Nazionali Italiani, vennero nominati commissari civili o assunti alle dipendenze delle istituzioni pubbliche. Gli ex funzionari asburgici, benché corteggiati dalla nuova amministrazione, spesso non vollero prendervi parte per timori di rappresaglia in caso di ritorno al potere degli jugoslavi.

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5 lug 2022

SALVIAMO IL PIANETA TERRA!





Il nostro pianeta rischia seriamente di morire, la natura e le specie viventi sono in via d'estinzione e l'unico colpevole di tutto questo è l'uomo. Nei secoli, persone senza scrupoli e avidi di profitti, hanno distrutto la nostra bellissima Terra e se non si agisce adesso, rischiamo una grande estinzione di massa.


Basta essere indifferente è l'ora di agire: salviamo il pianeta!




Video credit 96LF caricato su YouTube
da https://websulblog.blogspot.com/2022/07/salviamo-il-pianeta-terra.html?lr=1

24 giu 2022

1918, quando la Regia Marina d’Italia occupò la Dalmazia


Con l’armistizio con l’Austria-Ungheria, e in accordo con gli alleati, ai primi di novembre del 1918 le truppe italiane occuparono le aree della Dalmazia assegnate all’Italia dal trattato di Londra del 1915. Navi da guerra della Regia Marina si presentarono nei porti dalmati, dove presero contatto con le sedi dei Fasci Nazionali, le associazioni locali degli italiani.

A seguito del ritiro dell’esercito austriaco, il Consiglio Nazionale Jugoslavo, formatosi a Zagabria in attesa dell’unione con la Serbia, creò un governo regionale provvisorio per la Dalmazia che prese il controllo di Spalato, Sebenico e Zara. Solo a Zara  l’ex sindaco autonomista Ziliotto organizzò un contropotere, proclamando l’autorità del Fascio Nazionale Italiano come successore del Consiglio comunale zaratino disciolto nel 1916.

Il 31 ottobre l’Italia ottenne il consenso degli Alleati all’occupazione dei territori contemplati dal patto di Londra, pur senza il riconoscimento di un diritto di annessione.  Navi da guerra della Regia Marina si presentarono nelle isole e nei porti dalmati, dove presero contatto con le sedi dei Fasci Nazionali, le associazioni locali degli italiani. Il 4 novembre la Marina prese possesso delle isole di Lissa/Vis, Lagosta/Lastovo, Melada/Molat, e Curzola, dove i comitati nazionali jugoslavi non opposero resistenza armata. Lo stesso giorno il capitano di corvetta De Boccard fu accolto sulla banchina di Zara da Luigi Ziliotto, tra l’esultanza degli zaratini italiani, nonostante le proteste diplomatiche dei rappresentanti jugoslavi. La situazione in città restò tesa per alcuni giorni, fino all’arrivo del cacciatorpediniere Audace e di nuove truppe, mentre gli jugoslavi si riorganizzavano nella campagna zaratina.

Il vice ammiraglio Enrico Millo ispeziona le truppe italiane in arrivo a Sebenico

L’occupazione di Sebenico prese un paio di giorni in più, a causa dell’ostilità della popolazione croata; solo il 9 novembre il contrammiraglio Leopoldo Notarbartolo proclamò l’occupazione della Dalmazia fino a Capo Planka da parte dell’Italia a nome delle potenze dell’Intesa e degli Stati Uniti.

Altre isole dalmate vennero occupate nel corso di novembre: Lesina il 13 novembre, Pago/Pag il 21, nonostante l’ostruzionismo dei notabili e del clero. Migliore accoglienza ci fu a Cherso e Lussino, dove metà della popolazione era italiana. La Regia Marina si spinse ad occupare anche Veglia e Arbe (il 26), isole non incluse nel patto di Londra, anche per via degli appelli dei notabili italiani locali. Anche qui il clero cattolico fu tra i principali elementi di agitazione filo-jugoslava, tanto che le autorità italiane decisero di espellere il vescovo di Veglia, monsignor Mahnic.

governatore della Dalmazia il governo italiano nominò il vice ammiraglio Enrico Millo, già ministro della Marina e sostenitore dell’annessione, che stabilì comando a Sebenico – misura che indicava l’intenzione di conservare il controllo dell’intera Dalmazia – fino alla primavera del 1919, quando si trasferì a Zara. Millo esautorò i comitati nazionali jugoslavi, benché i notabili filo-jugoslavi restarono rappresentati istituzionalmente nella Dieta provinciale dalmata e nella Corte d’appello. I vecchi membri del partito autonomo-italiano, risorto nei Fasci Nazionali Italiani, vennero nominati commissari civili o assunti alle dipendenze delle istituzioni pubbliche. Gli ex funzionari asburgici, benché corteggiati dalla nuova amministrazione, spesso non vollero prendervi parte per timori di rappresaglia in caso di ritorno al potere degli jugoslavi...continua a leggere https://www.eastjournal.net/archives/126261

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