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IVAN TRINKO padre della Benecia

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26 gen 2023

In Antartide si è staccato un iceberg grande 10 volte Milano

 


Quasi 256 miliardi di tonnellate di ghiaccio si sono staccate dalla piattaforma Brunt, in Antartide. Quello che ormai è un nuovo iceberg da circa 1.500 chilometri quadrati, circa 10 volte la superficie di Milano, si è formato lungo una crepa nota come Chasm-1, in un evento non legato al cambiamento climatico, ma parte del ciclo naturale della piattaforma glaciale.

Si tratta del secondo massiccio iceberg nato da una frattura dalla piattaforma Brunt in Antartide in circa tre anni. Il primo si era staccato nel febbraio 2021 e all’epoca rappresentava il più grande distacco mai avvenuto dall’inizio delle rilevazioni avvenuto negli anni Settanta. L’iceberg denominato A-74 aveva infatti una superficie di circa 1.270 chilometri quadrati, ma è stato surclassato dal blocco fratturatosi pochi giorni fa, nella notte del 22 gennaio 2023.

Secondo le dichiarazioni del geologo Dominic Hodgson, rilasciate a Gizmodo, questi movimenti rappresentano una sostanziale riconfigurazione della piattaforma Brunt e della costa dell’Antartide. La piattaforma glaciale si trova a est della catena montuosa transantartica del continente glaciale e ospita la stazione di ricerca Halley VI del Regno Unito.

Trattandosi di una delle piattaforme più monitorate, i ricercatori attendevano da anni un evento di questo tipo e nel 2016 la stazione di ricerca è stata spostata di 23 chilometri nell’entroterra per evitare pericoli al personale umano. Ora, secondo le analisi del British antartic survey (Bas), organizzazione di ricerca sull’Antartide, il nuovo iceberg senza nome dovrebbe cominciare a spostarsi lungo la corrente antartica, seguendo il suo predecessore A-74...continua https://www.wired.it/article/antartide-iceberg-grande-10-volte-milano/




20 lug 2022

Najhujša šuša v 30 letih / La peggiore siccità in 30 anni


L’ anno 2022 si sta prospettando come il più siccitoso degli ultimi 30 anni almeno per quanto riguarda le Valli del Natisone. Dal primo gennaio al 12 luglio sono caduti solamente 392 mm di pioggia (392 litri per metro quadro).

Se confrontiamo con l’anno 2021, quando per lo stesso periodo erano caduti 1167 mm, mancano all’appello 775 mm, fondamentali soprattutto per il settore agricolo. Patiscono particolarmente le coltivazioni di ortaggi e i frutteti, il mais, le patate e le zucche, l’erba non cresce.

La situazione si è aggravata anche per lo scarso apporto di neve in montagna – il 31 maggio 2021 alla stazione meteo di Triglav Kredarica (2515 m) la coltre nevosa misurava 480 cm, lo stesso giorno 31 maggio 2022 cm 42 – questa è tutta acqua che manca a sorgenti e falde freatiche.

Secondo le previsioni metereologiche a lungo termine, anche i mesi di luglio e agosto saranno molto caldi e con poche precipitazioni.

Negli ultimi 30 anni la media annua di pioggia a fondovalle nella Valle del Natisone si è assestata su 2000 mm con un estremo massimo nel 2014 di 3012 mm e minimo nel 2006con 1366. Nel 2006, anno molto siccitoso, però dal primo gennaio al 12 luglio erano caduti già 625 mm. Un quantitativo molto superiore a quello di quest’anno.

Se questo è un evento straordinario non lo possiamo affermare, la speranza è quella di un ritorno alla normalità anche se purtroppo la tendenza indica un aumento delle temperature ed il verificarsi di situazioni climatiche estreme.

Recentemente l’Università di Udine ha pubblicato alcune indicazioni sulla modifica della tipologia di coltivazioni agricole orientandosi verso colture che utilizzano meno acqua.

In ogni caso l’enorme quantitativo di pioggia che mediamente cade all’anno, 2000 mm. (2000 litri per metro quadro) circa, non dovrebbe essere disperso e bisogna prevedere la realizzazione di invasi per la raccolta e conservazione dell’acqua.

Intanto si cerca di correre ai ripari. Lo scorso 8 luglio il sindaco di San Pietro al Natisone, Mariano Zufferli, ha emesso un’ ordinanza per limitare l’uso dell’acqua «ai soli usi idropotabili e dell’igiene della persona» e ne vieta l’utilizzo «per annaffiature, trattamenti, getti ornamentali e comunque tutti gli usi impropri». (U. D.)

Benečiji grozi najhujša suša v zadnjih 30 letih. Med 1. januarjem in 12. julijem so v Nediških dolinah izmerili le 392 milimetrov dežja, ko ga je v istem obdobju lanskega leta padlo 1197 milimetrov.

Zaradi suše so prizadete predvsem nenamakane površine z vrtninami, poljščinami (koruza, krompir, buče) in sadovnjaki, močno prizadeto je travinje. Tudi julij in avgust naj bi bila po dolgoročnih napovedih vroča in suha. Strokovnjaki poudarjajo, da je v spopadanju z vremenskimi spremembami potencial za kmetijstvo v raznolikosti zasaditev in v novih, proti vremenskim stresom odpornih sortah.

24 giu 2022

EMERGENZA SICCITA' IN FRIULI

foto da https://www.ilfriuliveneziagiulia.it/la-siccita-minaccia-il-friuli-venezia-giulia-tagliamento-al-67-riduzione-dellirrigazione/

 Emanata l'ordinanza con le regole per uso corretto acqua dei pozzi e deroga a deflusso minimo vitale dei fiumi

La pioggia di ieri non ha risolto i problemi perciò il governatore Fedriga ha firmato l'ordinanza

che limita il consumo dell'acqua.

Taglio dei rilasci di acqua obbligatori verso valle per venire incontro alle esigenze irrigue dell'agricoltura.

E' consentito un prelievo d'acqua ai soli fini civili e limitato a 200 litri al giorno per abitante.

Per tutto il periodo della siccità, l'amministrazione regionale effettuerà una campagna di informazione e sensibilizzazione rivolta alla cittadinanzaMail17Tx0033-2 sull'uso accorto e razionale della risorsa idrica ma anche per eliminare ogni fonte di spreco, con particolare riguardo a quello derivante da auto approvvigionamento da pozzo.

fonti varie dal web


19 giu 2022

Desertificazione e siccità rendono molte aree ostili alla vita umana

 


Desertificazione e siccità rendono molte aree ostili alla vita umana

Ambiente

La desertificazione è uno degli effetti più dannosi del cambiamento climatico, perché la mancanza di acqua crea problemi di approvvigionamento idrico e insicurezza alimentare. Sempre più persone si trovano per questo costrette a migrare.
https://www.openpolis.it/

9 giu 2022

Dalla lana al fertilizzante

 


Un impianto autorizzato, unico in Italia, di trasformazione della lana di pecora in fertilizzante organico (pellet) con una capacità di produzione di circa 30-40 chilogrammi all’ora. Un macchinario destinato agli allevatori di ovini del Friuli Venezia Giulia, prevalentemente dell’area montana, nell’ottica dell’economia circolare. È uno dei primi risultati del progetto “Agrilana in pellet”, nato nell’ambito di una più ampia collaborazione tra l’Università di Udine e l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale (Asufc), sostenuta dalla Fondazione Friuli.

Obiettivo della collaborazione è contribuire a sostenere le imprese locali per lo sviluppo e la valorizzazione della multifunzionalità nel settore dell’agricoltura sociale, per attività e ricerche nell’ambito agroecologico e delle filiere zootecniche di piccola scala. In questo senso, l’Ateneo è impegnato con il Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali (Di4a) e l’Azienda agraria universitaria “Antonio Servadei” (Azia).

Attività e sperimentazioni della partnership sono stati presentati oggi nella sede di Pagnacco dell’Azienda agraria dell’Ateneo friulano. All’incontro hanno partecipato, fra gli altri: il rettore, Roberto Pinton; il direttore generale dell’Asufc, Denis Caporale; il presidente della Fondazione, Giuseppe Morandini; e i direttori del Dipartimento, Edi Piasentier, e dell’Azienda agraria, Piergiorgio Comuzzo.

Oltre al progetto “Agrilana”, la collaborazione tra Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali e Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, nata nel 2018, prevede altre tre attività mirate.

Azioni di sostegno alle imprese locali: per identificare le potenzialità di sviluppo della multifunzionalità aziendale, soprattutto nel campo dell’agricoltura sociale e del benessere in natura.

Programmazione di attività formative: rivolte a produttori, studenti e persone svantaggiate indicate dai servizi sociosanitari. Nel 2021 all’Azienda agraria “Servadei” è stata riconosciuta la qualifica di “Fattoria Sociale” e, con essa, quella di operatore dell’agricoltura sociale.

Una scuola estiva (field school): indirizzata a progettare e sperimentare nuovi modelli di sviluppo nell’interdipendenza uomo-animale-ambiente, ponendo attenzione alla agroecologia, alla inclusione sociale, al territorio e alla comunità. La scuola si terrà nel mese di settembre, in due tempi: il primo, dal 1° al 4 settembre, nella Val Tramontina; il secondo, dal 15 al 18 settembre, avrà come centro la sede di Pagnacco dell’Azienda agraria dell’Università di Udine.

Nato tre anni fa dalle ricerche dell’Ateneo friulano, il progetto, sostenuto dalla Fondazione Friuli, punta a dar corpo a una realtà aziendale, la startup Agrivello, che ha concorso a realizzare e gestirà l’impianto di trasformazione in collaborazione con l’Università. Il fine è quello di produrre fertilizzante organico su scala regionale, almeno inizialmente. La responsabile di Agrivello è Chiara Spigarelli, dottore di ricerca in Scienze e biotecnologie agrarie dell’Ateno udinese. Attualmente è in fase di brevettazione la filiera produttiva.

Trasforma il 100 per cento della lana con un rapporto uno a uno, cioè un chilogrammo di lana viene convertito in uno di pellet. La produzione oraria può variare per la disomogeneità della lana, proveniente da razze diverse e da contesti diversi. Questa non standardizzazione è un fattore positivo in quanto permette di recuperare qualsiasi tipo di lana.

L’impiego nel settore agricolo costituisce una innovativa alternativa rispetto alle classiche destinazioni della lana, perché è in grado di valorizzare al meglio le sue molteplici proprietà. La lana, trasformata in pellet, può essere utilizzata come fertilizzante organico, perché è una sostanza ammendante, a lento rilascio di elementi nutritivi per le piante, con forti capacità di imbibizione e ritenzione dell’acqua. Il pellet può essere utilizzato su vaso o terreno libero, per qualsiasi tipo di piante: orticole, da frutto o da balcone. Si presenta come un concime organico che rilascia gradualmente azoto (N 9-10%) e migliora la qualità del terreno. Sono inoltre in corso delle attività sperimentali volte alla valorizzazione della lana come fertilizzante in pellet. Vi collaborano le docenti Luisa Dalla Costa, Maria De Nobili e Lucia Piani, con le loro competenze, rispettivamente, in orticoltura, chimica del suolo ed economia agraria.

Le aziende con pecore in Friuli Venezia Giulia continuano a essere numerose: oltre 650 allevamenti con circa 20 mila capi. Questa condizione favorisce la permanenza della popolazione, soprattutto in area montana. Oggi il ruolo chiave della pastorizia non è più solo quello di produrre alimenti di qualità, ma anche quello di generare servizi eco-sistemici a favore delle comunità locali, assicurando la diversità biologica, la conservazione di prati e pascoli e la tutela del paesaggio. Tuttavia, queste funzioni del settore primario, specie nei territori montani, oggi sono scarsamente riconosciute e vanno recuperare e rivalorizzate per sostenere le piccole produzioni, ancora oggi significative per il “paesaggio” e per la sua potenzialità inclusiva. Il mestiere di tosatore come quello di pastore, ad esempio, sono attività sempre meno praticate, con conseguente difficoltà di trasmissione generazionale delle competenze.

"La collaborazione tra il nostro Ateneo e l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale – ha affermato il rettore Roberto Pinton – naturalmente incentrata sui temi della sanità è molto proficua anche per quanto riguarda attività di ricerca, formazione interdisciplinare e sperimentazione in ambito agroecologico e sistemico-relazionale. L’obiettivo comune è sviluppare strategie di valorizzazione del settore agro-zootecnico e di risoluzione delle criticità con il coinvolgimento delle comunità locali, con particolare attenzione all’inclusione sociale in un’ottica di welfare generativo".

"Questo è un progetto di punta che unisce le nostre tre istituzioni – ha detto il direttore generale dell’Asufc, Denis Caporale –. Grazie all’Università di Udine, alla quale ci lega un rapporto costante di collaborazione, e alla Fondazione Friuli che vi ha creduto fortemente, abbiamo pensato in maniera univoca a questa iniziativa di One Welfare. Un progetto che racchiude una parte importante di integrazione sociosanitaria alla quale lavorano tutti i dipartimenti dell’Azienda con, fra gli altri, assistenti sociali, psicologi e veterinari".

Il presidente della Fondazione Friuli, Giuseppe Morandini, ha sottolineato come "l’intensa e gratificante collaborazione progettuale con l’Università, si arricchisce, grazie alla startup Agrivello, di un’ulteriore innovativa esperienza che oltre a mettere a sistema le competenze necessarie, realizza un intervento di economia circolare e welfare generativo di grande interesse non solo per il comparto agricolo".

La lana è una fibra nobile. Tuttavia, le pecore non sono tutte uguali e i tipi genetici più diffusi in Italia non sono specializzati nella produzione di lana per uso tessile industriale. Per essi si devono prevedere forme di utilizzo alternative. Perché tutte le pecore devono essere tosate regolarmente, almeno una volta all’anno, per garantire il benessere animale. Questa esigenza può determinare, e nei fatti frequentemente determina, un problema ambientale connesso allo smaltimento della lana che, quando non ha un suo canale di utilizzo, si configura come materiale di scarto, che dovrebbe essere raccolto da ditte specializzate nella gestione dei sottoprodotti di origine animale.

I processi di tosatura e di smaltimento della lana costituiscono in questo caso un costo significativo per gli allevatori, pari a circa 6 euro/capo/anno. La lana oggi si può quindi presentare non come una risorsa, ma come un problema serio, soprattutto per l’allevatore di piccole dimensioni. Questo tipo di allevatore, infatti, anche se vuole sostenere i costi di tosatura e trasporto, non ha, di fatto, né la possibilità di conferire la fibra naturale all’industria tessile, edile o per altri impieghi, né un facile accesso al servizio di smaltimento della lana di scarto. Ne deriva il conseguente rischio di una dispersione incontrollata nell’ambiente per interramento, pratica inquinante, o insacchettamento improprio per l’invio in discarica o, peggio, l’abbandono in discariche abusive.

Il riutilizzo del sottoprodotto lana per produrre fertilizzante organico in forma di pellet è un progetto di economia circolare per la valorizzazione della lana. Allo stesso tempo però costituisce un esempio concreto di organizzazione e riorganizzazione delle poche risorse produttive del territorio delle aree interne. In particolare di quello montano e pedemontano, al quale è prioritariamente rivolto, secondo una visione multi-attoriale e multifunzionale capace di creare nuovo valore economico e sociale, attraverso la costruzione di sistemi a rete nei quali siano inclusi non solo i produttori, ma anche gli stessi residenti. Una rete che prende le mosse dal settore primario ma che ha una visione intersettoriale, che si propone di integrare agricoltura, turismo, innovazione, servizi alla persona, filiere produttive fortemente collegate al territorio. Una rete per gestire il paesaggio, riattivare la simbolica dei luoghi, proporre turismo esperienziale, custodire i saperi locali, porre attenzione alla genuinità del prodotto e al benessere delle persone, condividere e cooperare.

Il rapporto con l'animale e l'ambiente, i ritmi non incalzanti dell’attività agricola, la partecipazione alla produzione di un bene o di un servizio di indubbio valore – quali il cibo o la trasformazione di un prodotto naturale come la lana – possono rappresentare, invece, un’interessante opportunità formativa e inclusiva per giovani, anche con fragilità, se adeguatamente formati e supportati. Molteplici gli esempi che testimoniano il ritorno alla pastorizia, che avviene in forme nuove e che è sostenuta soprattutto dai giovani, spesso laureati.

https://www.ilfriuli.it/articolo/tendenze/dalla-lana-al-fertilizzante-in-friuli-il-primo-impianto-di-trasformazione-in-italia/13/267256

11 mag 2022

Riconfermate le bandiere blu a Grado e Lignano


 (ANSA) Confermata anche nel 2022 la Bandiera Blu per Grado (Gorizia) e Lignano Sabbiadoro (Udine). I due comuni sono gli unici in Friuli Venezia Giulia ad aver ottenuto il riconoscimento, assegnato dalla Foundation for Environmental Education (Fee) a un totale di 210 località rivierasche di tutta Italia.

    Grado e Lignano, come nel 2021, hanno superato l'esame, che oltre alla validità delle acque di balneazione, valuta, tra le altre cose, efficienza della depurazione e della gestione dei rifiuti, aree pedonali, piste ciclabili, arredo urbano, aree verdi, servizi in spiaggia, abbattimento delle barriere architettoniche, strutture alberghiere, servizi d'utilità pubblica sanitaria, informazioni turistiche, pesca sostenibile.
    "E' record nazionale!! - si legge sul profilo fb del Comune di Grado - siamo orgogliosi di annunciarvi che oggi Grado ha ottenuto la sua 34/a Bandiera Blu Fee, il più prestigioso riconoscimento per le località balneari!".Per Lignano si tratta invece della 33/a. "L'amministrazione comunale insieme ai suoi cittadini non ha mai smesso di impegnarsi, ognuno per la propria competenza, per la conferma di questo prestigioso riconoscimento", osserva l'assessore comunale all'Ambiente, Paolo Ciubej.

22 apr 2022

Il processo Percy



Percy Schmeiser, un agricoltore che coltiva la sua terra con i semi che mette da parte ogni anno, viene citato in giudizio. La multinazionale Monsanto lo accusa di aver usato dei semi contenenti un gene brevettato da loro, il quale consente di usare l’erbicida Roundup senza danneggiare il raccolto. In realtà Percy non ha mai rubato i semi della Monsanto: sono semplicemente caduti sul suo terreno a sua insaputa. Con il sostegno di sua moglie Louise e di Rebecca della P.E.P., Percy inizia una battaglia legale che durerà a lungo.

29 mar 2022

Per la prima volta sono state trovate microplastiche nel sangue umano


 Le microplastiche sono ovunque, dalle vette dell’Everest alle coste di remote isole nell’oceano Indiano. Sappiamo che gli esseri umani le ingeriscono e le inalano e adesso, per la prima volta, un gruppo di ricercatori le ha trovate nel nostro sangue. È quanto riporta uno studio condotto dall’Università di Vrije, ad Amsterdam, nei Paesi Bassi e pubblicato sulla rivista Environment International.

Secondo lo studio, che ha analizzato campioni di sangue di 22 donatori anonimi, l’80% di essi presentava al suo interno minuscole particelle di plastica. Gli effetti sulla salute degli esseri umani sono ancora sconosciuti.

Presenza costante ma effetti sconosciuti

Le microplastiche, ovvero le particelle di plastica più piccole di cinque millimetri di diametro, rappresentano un agente inquinante emergente, ma decisamente pervasivo sul nostro pianeta: inizialmente trovate – circa venti anni fa - sulle spiagge del Regno Unito, ben presto sono state individuate ovunque, dai luoghi più remoti della Terra fino agli alimenti di cui ci cibiamo e, di conseguenza, anche nel nostro organismo, in particolare nell'intestino di adulti e bambini e nella placenta di donne incinte. 

Proprio perché la loro scoperta è relativamente recente, gli effetti delle microplastiche sulla salute umana sono ancora sconosciuti: alcune evidenze scientifiche hanno dimostrato che le microplastiche ingerite che passano attraverso l’apparato gastrointestinale possono avere ripercussioni sul benessere del microbiota (ovvero i microrganismi che normalmente si trovano nel nostro intestino che assicurano il corretto funzionamento di tutto l’organismo).

Vi avevamo già raccontato, inoltre, che le microplastiche, se ingerite, potrebbero trasportare microrganismi dannosi in maniera più efficace, rappresentando un ulteriore rischio per la nostra salute. In più alcuni studi hanno ipotizzato diversi meccanismi molecolari secondo cui le microplastiche sarebbero assorbite dai tessuti dell’organismo e ne amplificherebbero le risposte infiammatorie e immunitarie. ..continua qui https://www.wired.it/article/microplastiche-sangue-umano-prima-volta/

28 mar 2022

SICCITA'


 "Richiamo la popolazione e tutti i settori della società civile ad un impegno collettivo nel ridurre gli sprechi d'acqua. Siamo nel mezzo di una prolungata assenza di piogge che sta causando siccità un po' ovunque e serve quindi una maggiore attenzione ed un monitoraggio costante anche da parte dei cittadini".

È l'appello con cui l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, energia e sviluppo sostenibile Fabio Scoccimarro ha accompagnato l'illustrazione fatta alla Giunta del rapporto sullo stato delle risorse idriche in Friuli Venezia Giulia che fotografa una situazione preoccupante su tutto il territorio regionale.
Il rapporto, redatto dal servizio Gestione risorse idriche della direzione centrale ambiente, ha messo in evidenza alcune situazioni critiche sulla portata dei fiumi. In particolare sul fiume Tagliamento, la zona tra Venzone e Osoppo risulta particolarmente delicata per la presenza della derivazione del Consorzio di bonifica Pianura Friulana. Qui, dal 6 gennaio è ben evidente la "curva di esaurimento" del fiume che ad oggi ha una portata di magra spinta pari a 14 metri cubi al secondo, tra i valori più bassi mai registrati. Sul torrente But si segnala la chiusura delle centrali della società cooperativa Secab per mancanza di portata sufficiente."Purtroppo non si tratta di un caso isolato nel territorio regionale - ha rimarcato Scoccimarro -. Dal 10 dicembre scorso si sono registrati soltanto due eventi di pioggia, peraltro non molto significativi, a gennaio e febbraio. Se si escludono queste due precipitazioni, i giorni "asciutti" dal 10 dicembre ad oggi sono stati circa cento. Le conseguenze sono tangibili sulle portate naturali dei corsi d'acqua che registrano valori di magra vicini ai minimi storici. A questo si aggiunga che i volumi degli invasi montani al momento hanno un volume complessivo di acqua immagazzinata inferiore al 20 per cento della capacità".

Anche le nevicate non sono state abbondanti se si escludono quelle del 5-6 gennaio e del 16 febbraio che hanno fatto sì che ad oggi sia ancora presente un certo spessore di neve sopra i 1800 metri di altitudine, anche se ben al di sotto dei valori medi del periodo. Neve a cui gli esperti guardano come ad una futura riserva primaverile a beneficio dei corsi d'acqua e dell'infiltrazione sotterranea, dal momento che si registra ormai anche l'andamento in discesa dei livelli di falda su tutta la regione. Sono in aumento in questi giorni anche le segnalazioni di un evidente calo delle portate delle risorgive, a loro volta alimentate dalla falda freatica dell'Alta Pianura.

23 mar 2022

Manca l'acqua, moria di pesci nell'alveo dell'Isonzo


 I fenomeni di secca grave che stamattina hanno causato una moria di pesci nell'alveo dell'Isonzo sono una delle conseguenze più tragiche della perdurante siccità. Per questo l'assessore regionale alle Risorse agroalimentari, forestali, ittiche e montagna Stefano Zannier rivolge un appello ai cittadini affinchè segnalino alla Regione le situazioni di grave mancanza idrica, con segnali di moria di pesci, nei corsi d'acqua del Friuli Venezia Giulia.

Le segnalazioni possono essere fatte al numero verde della Protezione civile regionale 800 500 300 oppure scrivendo una mail all'Ente Tutela patrimonio ittico all'indirizzo etpi@regione.fvg.it

"La situazione legata alla carenza idrica ha raggiunto livelli di gravità importante - ha ribadito stamattina Zannier -, l'altro giorno abbiamo dovuto decretare lo stato di estrema pericolosità rispetto al rischio di incendi boschivi. Ad oggi continuiamo a registrare un calo delle portate con asciutte improvvise in tutto il reticolo idrografico regionale. Facciamo fatica ad arrivare in tempo per salvare la fauna ittica quindi il mio richiamo è alla massima collaborazione di tutti i cittadini affinchè possano darci modo di ricevere in tempo le segnalazioni di eventuali asciutte. Solo così possiamo far intervenire i mezzi in maniera tempestiva. D'altro canto non abbiamo alcuno strumento per invertire il fenomeno siccitoso, perché fino a che non arriveranno delle precipitazioni capaci di ricondurre le portate a un livello accettabile, questo sarà un periodo decisamente critico. Le previsioni danno per la fine del mese qualche evento piovoso in alcune zone della regione, ma non sappiamo ancora la possibile entità del fenomeno.

https://www.ilfriuli.it/articolo/cronaca/manca-l-acqua-moria-di-pesci-nell-alveo-dell-isonzo/2/262889


9 gen 2022

La presenza di ibridi di lupo nel tarvisano

 


Le considerazioni di Legambiente FVG

La presenza nel tarvisiano di un ibrido di lupo proveniente dalla Slovenia che sembra aver figliato 7 cuccioli, pone interrogativi sulla complessiva gestione della biodiversità in questa importante area transfrontaliera.

Il cane e il lupo rappresentano la forma addomesticata e selvatica della stessa specie e le poche differenze si riscontrano prevalentemente a livello genetico e solo attraverso accurate analisi. Ma il colore nero ed altre differenze morfologiche riscontrabili a occhio nudo, sono indicatori sentinella della  presenza di lupi melanici frutto di ibridazione con il cane.

Nel caso soprarichiamato una task force, richiesta e coordinata dalla regione e autorizzata dal Ministero, doveva essere attivata appena avuta la notizia della presenza del presunto ibrido che sembra risalire al 2020. L’inazione delle autorità preposte rende ora più complessa e costosa l’identificazione e l’intervento tramite le modalità consentite quali ad esempio, la cattura con sterilizzazione e il rilascio.

In futuro, un supporto importante nella gestione del lupo, può venire dalle esperienze maturate in questi anni nei numerosi progetti Europei realizzati sugli Appennini e sulle Alpi (Wofnet, Ibriwolf, Medwolf, WolfAlps. Progetti che hanno messo a punto metodiche per la gestione coordinata della specie, per una  migliore coesistenza fra il lupo e le attività umane, per il controllo e la gestione dell’ibridazione. Tutto questo  richiederà  anche un coordinamento più stringente, anche normativo,  con le autorità di oltreconfine  nella gestione dei grandi carnivori ma anche una corretta informazione alla popolazione (le scuole, i giovani) per promuovere la conoscenza della biodiversità locale, evitare i comportamenti sbagliati nella relazione con la fauna selvatica, ad esempio la ricerca di contatto e di alimentazione a maggior ragione se questi sono grandi predatori oppure lo scarso controllo dei cani, affinché non si trasformino in cani vaganti che aumentano i rischi di contatto e ibridazione con il lupo.

Legambiente da tempo segnala l'importanza della riserva naturale statale biogenetica della Foresta di Tarvisio, una delle foreste più ricche di biodiversità in Italia, e l'urgenza di una gestione appropriata che può essere favorita dalla costituzione di una nuova e più ampia area protetta che coniughi la gestione forestale sostenibile, la tutela attiva della biodiversità e il coinvolgimento delle comunità locali attraverso il mantenimento degli usi civici e la realizzazione di pratiche di turismo sostenibile nelle aree consentite.

Con riferimento all’aggressione ad un abitante di Santa Caterina da parte di un “presunto” lupo o ibrido, condividiamo la nota dei Carabinieri forestali che afferma che in Italia, “tutte le segnalazioni di aggressione nei confronti di uomini si sono rivelate infondate”.

https://www.legambientefvg.it/component/content/article/2-uncategorised/2557-la-presenza-di-ibridi-di-lupo-nel-tarvisiano?Itemid=101

27 ott 2021

Cambiamento climatico


Nei Vosgi diminuito di 7 volte il numero delle valanghe e accorciata la stagione valanghiva

[27 Ottobre 2021]

Le zone montane sono particolarmente colpite dal riscaldamento globale, ma gli impatti sulle valanghe sono ancora poco conosciuti. Lo studio “Upslope migration of snow avalanches in a warming climate”, pubblicato su PNAS da un team di ricercatori francesi di INRAE, Météo France, CNRS e delle un iversità di Grenoble Alpes, Genève e Haute-Alsace si è occupato dell’evoluzione dell’attività valanghiva  risalendo per quasi due secoli e mezzo nelle montagne dei Vosgi e mettendo insieme analisi delle fonti storiche e modellistica statistica e climatologia. I risultati dello studio dimostrano «Un aumento di quota delle valanghe che ora si verificano principalmente alle quote più elevate del massiccio». Questo aumento ha comportato una diminuzione di 7 volte del numero di valanghe, un accorciamento della stagione delle valanghe e una riduzione delle loro dimensioni rispetto alla fine della “Piccola Era Glaciale”.

I ricercatori francesi sottolineano che «E’ ormai assodato che il cambiamento climatico colpisce soprattutto le zone di montagna. Gli impatti sulla criosfera (neve, ghiaccio, permafrost) sono molto importanti e ben descritti per l’evoluzione dei ghiacciai e del manto nevoso. Tuttavia, le evoluzioni dell’attività valanghiva in risposta ai cambiamenti climatici sono ancora poco conosciute, a causa della mancanza di serie di osservazioni valanghive di durata sufficientemente lunga e di tecniche statistiche in grado di tenere conto dei numerosi bias insiti nelle poche serie esistenti. Questo è stato ricordato in particolare di recente nel rapporto speciale dell’IPCC sull’oceano e la criosfera, che include un capitolo specificamente dedicato alle aree montane. Il tema del rischio è cruciale data la pericolosità delle valanghe per l’uomo e le infrastrutture (edifici, reti di trasporto e comunicazione, ecc.)».

Per colmare queste lacune nella conoscenza,  il team di ricerca ha studiato l’evoluzione dell’attività valanghiva tra la fine del XVIII secolo e il 2014 nelle montagne dei Vosgi. Gli scienziati hanno utilizzato un approccio multidisciplinare innovativo che combina l’analisi del corpus delle fonti storiche (archivi scritti, documenti iconografici, testimonianze, ecc.), modelli statistici e climatologia e, grazie a questo lavoro, hanno potuto dimostrare che «L’aumento della temperatura di + 1,5° C nelle montagne dei Vosgi tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX secolo (fine di quella che viene chiamata la “Piccola Era Glaciale”) ha portato a una riduzione di 7 volte del numero medio di valanghe per inverno a livello del massiccio. La dimensione media delle valanghe è stata notevolmente ridotta – l’ultima valanga di dimensioni eccezionali è avvenuta nel 1952 – così come la durata della stagione durante la quale si sono verificate le valanghe (riduzione di 23 giorni in media)». L’analisi dell’evoluzione del manto nevoso ha dimostrato che  «Questi cambiamenti sono legati ad una netta riduzione, al termine della “Piccola Era Glaciale”, del manto nevoso alle basse e medie quote del massiccio. Di conseguenza, le valanghe sono ormai quasi scomparse da queste altitudini nelle montagne dei Vosgi. Oggi si verificano principalmente alle quote più elevate (zone di attivazione con quota minima intorno ai 1.200 m), anche se l’attività valanghiva è ancora un potenziale rischio in questo massiccio».

I ricercatori francesi concludono: «Questo studio suggerisce che nel tempo, in molte catene montuose, l’attività valanghiva sarà gradualmente limitata a quote sempre più elevate e che questo movimento sarà probabilmente accompagnato da una riduzione media della loro dimensione e durata della stagione in cui si verificano come futuri il riscaldamento riduce il manto nevoso. Più in generale, questi risultati mostrano che i massicci di media montagna possono fungere da sentinelle degli impatti del riscaldamento globale e quindi aiutare a progettare strategie di adattamento efficaci per tutte le aree montane».

https://greenreport.it/news/clima/cambiamento-climatico-in-montagna-le-valange-partono-de-sempre-piu-in-alto/
 

24 giu 2021

Legambiente Pordenone: sacrificare il patrimonio arboreo in piena crisi climatica è poco lungimirante

 I lavori in corso tra il Ponte di Adamo ed Eva e Borgomeduna, nel quartiere di San Giuliano, preoccupano il circolo Legambiente "Fabiano Grizzo" di Pordenone, a cui molti cittadini si stanno rivolgendo per avere spiegazioni e per comprendere il significato di quanto sta accadendo in città. Da mesi, la richiesta di creare occasioni pubbliche di condivisione delle informazioni relative alla gestione del verde urbano e instaurare un dialogo tra amministrazione e residenti è rimasta inascoltata. Non solo, ma oggi si assiste a un'opera che impatterà in modo profondo sul paesaggio urbano e che viene realizzata in un'area ad elevato valore naturalistico, lungo lo straordinario e delicato corridoio ecologico del Noncello. Da uno studio commissionato dal Comune di Pordenone nel 2008, la porzione urbana del fiume è risultata il sistema con il più elevato numero e la maggiore superficie di habitat naturaliformi - cioè con una vegetazione simile a quella che si svilupperebbe in condizioni naturali. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, la naturalità degli habitat diminuisce seguendo il corso del fiume fuori dalla città.

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È difficile, per Legambiente, comprendere perché si sia scelto di intervenire in maniera così impattante proprio in quest'area. Infatti, data la presenza delle piste ciclabili di via Riviera del Pordenone e via San Giuliano e dell'argine, su cui molti pordenonesi amano già correre e passeggiare, non si capisce l'utilità di un nuovo percorso tanto ampio, soprattutto vista la quantità di alberi che è stato necessario abbattere (con la speranza che non ne vengano abbattuti altri) per realizzarlo e visto che il suggestivo sentiero che già attraversava l'area poteva essere mantenuto senza un intervento tanto pesante.L'operazione, peraltro, è stata realizzata in un periodo non consentito. Infatti, secondo la direttiva europea n.147 del 2009, è vietato assolutamente tagliare rami e alberi nel periodo di nidificazione degli uccelli e la legge 157 del 1992 sulla protezione della fauna selvatica omeoterma, all’articolo 21 lettera O e all’articolo 31, prevede pesanti sanzioni per la distruzione di uova e nidi. Il periodo di nidificazione dovrebbe iniziare dalla metà di marzo e proseguire fino ad agosto. Alla luce di ciò, pur considerando la presenza di alcune specie aliene invasive che eranopresenti nell'area, appare impossibile giustificare, da un punto di vista forestale e naturalistico, una devastazione simile.

20210410 11Sacrificare un tale quantitativo di alberi nel contesto della crisi climatica e con i problemi che la città ha da anni per il contenimento dell'inquinamento da polveri sottili, appare poco lungimirante. Il patrimonio arboreo fornisce infatti una serie di importanti benefici, tra cui un indispensabile contributo al contrasto del riscaldamento globale e al miglioramento della qualità dell’aria. Agendo da filtri naturali, gli alberi assorbono gli inquinanti generati dal traffico veicolare, riducendo l'insorgenza di malattie respiratorie nelle aree urbane.

Infine, il Comune di Pordenone non ha ancora adottato il Piano comunale del verde pubblico e privato, previsto dalla legge 10 del 2013, che dovrebbe consentire di formulare una visione strategica del sistema del verde urbano nel medio e lungo periodo. Ancora una volta, Legambiente ribadisce che, per una corretta progettazione e cura del verde urbano pubblico e privato, è indispensabile informare e coinvolgere la cittadinanza, come accade in diverse città europee, dove la progettazione è partecipata.https://www.legambientefvg.it/component/content/article/2-uncategorised/2374-legambiente-pordenone-sacrificare-il-patrimonio-arboreo-in-piena-crisi-climatica-e-poco-lungimirante?Itemid=101

9 mag 2021

POSITIZIE

 




I negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo hanno finalmente raggiunto un accordo politico rispetto al clima, accordo che ora deve essere approvato dai Consiglio (Paesi membri) e dalla plenaria dell’Europarlamento e che stabilisce l’obiettivo di portare l’Unione Europea ad essere climaticamente neutra entro il 2050 e un obiettivo collettivo, netto, di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% entro 2030 rispetto al 1990.

La legge europea sul clima è il principale accordo che definisce il quadro per la legislazione dell’Unione Europea in materia di clima per i 30 anni a venire. L’Unione Europea è fortemente impegnata a diventare neutra dal punto di vista climatico entro il 2050

Per quanto riguarda l’obiettivo 2030, i negoziatori hanno convenuto sulla necessità di dare priorità alla riduzione delle emissioni di CO2 rispetto alla rimozione delle stesse. Al fine di garantire che entro il 2030 vengano compiuti sforzi sufficienti per ridurre e prevenire le emissioni, è stato introdotto un limite di 225 Mt di CO2, equivalente al contributo delle rimozioni all’obiettivo netto. Si è anche stabilito che l’Unione Europea si prefigge di raggiungere un volume maggiore di assorbimento netto di carbonio entro il 2030. ..CONTINUA https://www.positizie.it/2021/05/06/ce-laccordo-per-la-legge-clima-europa-55i-emissioni-in-meno-entro-il-2030/


22 apr 2021

QUALCOSA DA AMARE

 

La terra come comunità è il principio base dell'ecologia, ma che essa sia qualcosa da amare e rispettare è un'estensione di natura etica. Che la terra produca cultura è un fatto noto da tempo, ma ultimamente troppo spesso dimenticato.

ALDO LEOPOLD 
Pensare come una montagna


21 mar 2021

LA FORESTA DI TARVISIO


 Nella GIORNATA delle FORESTE vogliamo parlarvi di una perla della nostra regione.🌲🌳🌲

La FORESTA di TARVISIO è la più grande foresta demaniale italiana.

Compresa tra la Val Canale e il Lago del Predil, è dominata da abeti 🌲 e faggi 🌳 secolari. Passando sotto di essi si potrebbe pensare di essere in un ambiente naturale sul quale non si è mai posata la mano dell'uomo. 🖐🏻
Il fascino nascosto di questo luogo, invece, sta proprio nel fatto che si è sviluppato da una stretta interazione tra Uomo e Natura. Più di mille anni fa questa foresta venne affidata al Vescovado di Bamberga, a cui restò per oltre 7 secoli. In quel periodo nacquero le concessioni per il taglio degli alberi 🪓 che il signore feudale dava agli abitanti di queste terre per poter costruire e scaldare le loro case. 🛖
Proprio le scelte gestionali fatte da quel momento in poi hanno influenzato l'attuale composizione arborea della foresta.
Diventa quindi chiaro come una convivenza armonica ed equilibrata tra gli uomini e l'ambiente sia possibile (anche se, come potremmo scoprire approfondendo la storia di questi boschi, non è certo semplice), e la Foresta di Tarvisio ne è un fulgido esempio. 😍 Lo dimostra anche il fatto che proprio qui, negli ultimi decenni, si è stabilito l'unico nucleo stabile di linci in Italia.
Se non doveste essere ancora convinti, vi porto un altro esempio: quello degli alberi di risonanza.
Questo è uno dei rari territori dove si possono trovare gli abeti di risonanza, dal cui legno si ottengono le casse armoniche di diversi strumenti musicali a corda. 🎻 Solo con una corretta gestione del bosco è possibile prelevare regolarmente abeti di almeno 200 anni (questa è l'età che devono avere per poter essere impiegati). E solo con una grande conoscenza della foresta da parte dell'uomo 🚶‍♂️ si possono selezionare e trovare gli alberi che rispondano alle altre caratteristiche richieste (accrescimento lento e regolare, senza nodi o difetti).
Speriamo e chiediamo che gli esempi virtuosi di simbiosi tra Uomo e Natura vengano estesi a tutte le foreste! 💚da fb

11 mar 2021

IL CANTIERE ABUSIVO NEL PARCO DEL TORRE - Primulacco (UD)

La "campagna social" di Prospettive Vegetali e del gruppo FB "Difensori della Natura” per istituire un #GarantedelVerde, degli Alberi e del Suolo in ogni Comune Italiano, continua senza tregua. Sono ormai migliaia le persone, che dopo i fatti di Vieste (dove il Sindaco ha coniato il dispregiativo “ambientaloidi” per i cittadini che chiedevano spiegazioni sull’abbattimento di 53 Pinus pinea sani nel cuore della città), si stanno mobilitando da Nord a Sud perchè si metta un freno alla prepotenza delle amministrazioni sulla gestione del Verde, spesso accompagnata da profonda ignoranza. Ed è su instagram che l’iniziativa sta regalando le sorprese più grosse, dove i più giovani manifestano la propria impotenza dichiarandosi “pronti a qualsiasi cosa” per difendere l’ambiente e generare processi che diano garanzie alla cittadinanza sul verde urbano e non. Ed ecco arrivare anche il primo (clamoroso) riscontro, perchè qualche giorno fa Elsa Merlino, studentessa di Scienze dell’Ambiente all’Università di Udine, è riuscita a “mettere in fuga” le ruspe in un solo giorno denunciando il cantiere abusivo nel Parco del Torre (UD). Video by @heatedmedia ed Elsa Merlino

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