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‘Più friulano in Rai, basta minoranze di serie B’, pressing di cittadini e istituzioni per la marilenghe nella Tv di Stato

 


“Mille anni di Storia più 600mila parlanti uguale 30 ore di programmi tv all’anno. Più friulano in Rai.” È lo slogan di due camion vela che gireranno il territorio per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla scarsità della programmazione radiotelevisiva del servizio pubblico in lingua friulana. L’iniziativa è promossa dall’Assemblea di comunità linguistica friulana, l’ente cui aderiscono 128 comuni in cui è tutelata la lingua friulana presieduto da Markus Maurmair, ed è focalizzata sulla data del 29 aprile, quando scadrà la convenzione fra lo Stato e la Rai, concessionaria del servizio pubblico. L’obiettivo è quello di richiedere uno spazio più ampio e strutturato, ‘non folcloristico’, per il friulano nell’emittente pubblica. Ed ha già ottenuto il sostegno dell’amministrazione regionale.

L’assessore con delega alle lingue minoritarie Pierpaolo Roberti, intervenuto lo scorso 13 aprile alla presentazione degli atti del convegno della stessa Aclif ‘L’offerta radiotelevisiva per le minoranze linguistiche in Italia’, ha infatti affermato che “La Regione è pronta a sostenere qualsiasi attività si possa mettere in campo in questi giorni che ci separano dalla scadenza naturale della convenzione per la trasmissione di programmi radiofonici in lingua friulana tra la Presidenza del Consiglio e la Rai per centrare l’obiettivo di poter effettuare qualche passo in più rispetto a quanto già ipotizzato nella bozza di cui siamo in attesa.”

Parallelamente, la petizione ‘Basta minoranze di serie B’, (primo firmatario l’ex presidente dell’Aclif Diego Navarria) ha raccolto in pochi giorni già più di mille firme. I sottoscrittori chiedono un ampliamento dell’offerta di programmi in friulano almeno nella misura prevista per la lingua ladina, la creazione di una struttura autonoma dedicata alla radio e alla tv in friulano a Udine, l’assunzione di personale competente, risorse finanziarie e investimenti strutturali adeguati e il potenziamento della redazione Rai di Udine oltre al ripristino delle sedi di corrispondenza di Pordenone e Gorizia

https://novimatajur.it/attualita/piu-friulano-in-rai-basta-minoranze-di-serie-bpressing-di-cittadini-e-istituzioni-per-la-marilenghe-nella-tv-di-stato.html

LA #TRAMA E L'#INTRECCIO #StefanoMorandini friuli

Qualche anno fa ho girato il documentario "La trama e l'intreccio", la mia intenzione era raccontare tre anni di ricerca, incontri, osservazioni sul campo. Avevo scelto una zona poco battuta dai folkloristi e dagli etnologi, forse perché non era la Val Resia e nemmeno uno spazio vicino al confine. Ho conosciuto centinaia di persone, alcune non ci sono più, il mio lavoro di raccolta interrogava soprattutto gli anziani delle comunità; l'emergenza che cercavo di raccontare e le domande che mi ponevo, ora sono diventate delle sentenze senza appello. Raccoglievo le ultime tracce di un dialetto il Po Našin che vuol dire alla nostra maniera, il nostro dire, i friulani li chiamavo Sclafs, con un intento fortemente dispregiativo e i sclafs chiamavano i friulani lach, pagandoli con la stessa moneta. Riprenderlo in mano oggi è stato davvero emozionante e per questo ho deciso di condividerlo, perché continui a girare...
Devo ringraziare Pre Rizieri De Tina per avermi introdotto in queste comunità. Ed è stato davvero emozionante dopo averli letti, incontrare M. Matičetov e P. Merkù.
"Per chi viene da fuori, italiano o straniero, il Friuli è una zona non molto nota, e nemmeno è stato spesso meta di antropologi. Non sono stati ancora formulati interrogativi antropologici per affrontare l’ingannevole carattere della regione. Sebbene il Friuli non sia stato invaso dagli antropologi, è una zona per la quale sussistono un sofisticato corpus di storia e folklore regionale e sostanziose opere di geografia sociale, economia, demografia e politica. Il vantaggio più ovvio di questa letteratura è che essa consente di suffragare le argomentazioni, in particolare quelle che dipendono da punti di vista storici, ricorrendo a materiali complementari atti ad approfondire le analisi etnografiche”.
Stefano Morandini

In Italia si parla l'Italiano. Ci risiamo. Una proposta di legge su cui c'è poco da ironizzare



Il 1 luglio 1947  il deputato autonomista, ma aderente inizialmente al fascismo, 
Codignola, contrario all'autonomia del Friuli-Venezia Giulia, riportava durante il dibattito sull'articolo 6 della Costituzione, un telegramma di protesta che arrivava da Gorizia da parte del Comitato di liberazione nazionale di Gorizia, che diceva testualmente: «Gorizia allarmata eleva alta protesta contro imposizione statuto regionale Friuli-Venezia Giulia contrastante aspirazioni et tradizioni nazionali popolazione esige riesame problema spirito democratico previa consultazione popolare et ampia pubblica non affrettata discussione». C'era contrarietà da una parte politica e culturale italiana nel voler riconoscere autonomismo e identità linguistiche, ricordiamo che la Regione del FVG troverà luce solo nel 1963. Una prima versione dell'articolo 6 voleva la seguente formula:  "La Repubblica detta norme per la tutela delle minoranze linguistiche", poi verrà adottata il 20 dicembre del 1947 la seguente formula "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". Nella nostra Costituzione non c'è stata alcuna necessità di dover scrivere che la lingua italiana è la lingua ufficiale dell'Italia. Per un semplice motivo. Il fascismo. Il fascismo con il suo regime, con le sue politiche di italianizzazione forzata ha imposto a colpi di legislazione, violenza, e barbarie, la supremazia della lingua italiana sulle altre, con le conseguenze drammatiche che si sono conosciute soprattutto ma non solo nel confine orientale italiano. Ancora oggi sono migliaia le famiglie che non hanno restituito il proprio cognome alla loro forma originaria, slava, germanica. In Italia sono poco più di una decina le lingue minoritarie tutelate per legge. Dal 2018 in Parlamento c'è dormiente una proposta di legge che puntualmente ogni anno vien tirata fuori. Il pretesto di quest'anno è stato il Dantedì. Proposta da un partito di estrema destra che è passato nel giro di pochi anni a percentuali da governo. Da non credere, ma così è. Su questa proposta di legge si è fatta tanta ironia. C'è chi ha detto che la prossima cosa da fare sarà quello di scrivere in Costituzione che l'Italia è una penisola. Si tratta di una proposta costituzionale che vuole intervenire a modificare proprio l'articolo 6 della Costituzione.  E da ironizzare c'è veramente poco. E nella premessa si legge quanto segue:  "Un altro aspetto non trascurabile riguarda il riconoscimento dell’italiano come lingua ufficiale della Repubblica, fino ad oggi non ancora avvenuto nella nostra Carta fondamentale, nonostante che la lingua italiana sia il fondamento della nostra unità culturale e, prima ancora, nazionale e statuale. Tra gli elementi costitutivi della unità nazionale deve, pertanto, certamente essere annoverata la lingua italiana e, soprattutto in questa fase, si ritiene indispensabile riconoscere il suo ruolo quale fattore identificante della comunità nazionale. Con la presente proposta di legge costituzionale si intende, pertanto, inserire tra i valori fondanti della nostra Costituzione anche il riconoscimento della lingua italiana come unica lingua ufficiale, avente precedenza su qualsiasi altra lingua e dialetto minoritari".

Avente precedenza su qualsiasi altra lingua e dialetto minoritari. Insomma, in Italia si parla l'Italiano. E l'articolo 6 verrebbe stravolto in questa maniera:  "La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica. La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche e i dialetti".

È lo spirito della legge che deve preoccupare, delle intenzioni, non c'è alcuna necessità di mettere mano all'articolo 6 della Costituzione e di costituzionalizzare la precedenza dell'italiano sulle altre lingue minoritarie, perchè significherebbe tornare indietro in quel '900 che non riusciamo proprio a lasciarci alle spalle. 

Giù le mani dalle minoranze linguistiche che devono essere tutelate in via prioritaria e non subordinata rispetto all'uso della lingua italiana in un Paese unito con la forza ed artificiosamente come non mai nella storia europea.

mb

tratto da http://xcolpevolex.blogspot.com/2021/03/in-italia-si-parla-litaliano-ci-risiamo.html

L'Aula si schiera compatta a difesa delle lingue minoritarie


 È stata approvata dall’Aula all’unanimità la mozione di censura, sostenuta trasversalmente da tutti i Gruppi Consiliari di maggioranza e opposizione, nei confronti della Commissione europea, dopo la decisione di non accogliere le richieste contenute nel “Minority SafePack”, voltando in tal modo le spalle a più di un milione e 100 mila cittadini europei e a diverse istituzioni territoriali che, con tale iniziativa, avevano chiesto protezione giuridica per i 50 milioni di cittadini dell’Unione appartenenti a minoranze nazionali, culturali e linguistiche.

“Il Consiglio regionale e la Regione Fvg ribadiscono il loro pieno appoggio alle minoranze linguistiche e stigmatizzano con convinzione la decisione presa dalla Commissione Eu di rigettare le istanze di 1.128.385 cittadini europei, in rappresentanza di oltre 50 milioni di individui che appartengono a comunità nazionali minoritarie, contenute nel Minority SafePack Initiative”, afferma il consigliere regionale della Lega, Diego Bernardis, primo firmatario della mozione.“La specialità del Friuli Venezia Giulia – spiega Bernardis – è dovuta alla presenza di quattro lingue, fra cui il friulano, lo sloveno e il tedesco. È evidente che la tutela delle minoranze linguistiche è fondamentale per la nostra comunità regionale, dunque ritengo doverosa ogni possibile iniziativa che dà valore aggiunto e maggiori garanzie alla nostra specialità”.

“La posizione presa dalla Commissione europea è estremamente preoccupante – commenta l’esponente della Lega – in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, l’attaccamento alle nostre radici dovrebbe essere tutelato e valorizzato per guardare al futuro con cauto ottimismo”.

“Esprimo grande soddisfazione per il voto unanime di quest’oggi, che assume un valore ancor più importante se consideriamo l’approssimarsi della festa per la Patria del Friuli del prossimo 3 aprile” conclude la nota stampa del consigliere regionale Diego Bernardis.

Una presa di posizione condannata da subito dal Gruppo Consiliare del Patto per l’Autonomia, "un atto gravissimo della Commissione Europea che più volte aveva dichiarato prioritarie l’inclusione e il rispetto della ricca diversità culturale e linguistica dell’Europa, ma che, alla prova dei fatti, ha negato i diritti di milioni di cittadini europei appartenenti a comunità linguistiche minoritarie", osservano i consiglieri regionali del Patto per l’Autonomia Massimo Moretuzzo e Giampaolo Bidoli.

Senza dimenticare che, respingendo le richieste contenute nel “Minority SafePack”, "i legislatori si sono allontanati ulteriormente dai cittadini che rappresentano, cittadini che si erano avvalsi dell’unico strumento di democrazia partecipativa dell’Unione Europea", concludono Bidoli e Moretuzzo, auspicando un processo democratico più trasparente e inclusivo di tutti i popoli nel processo decisionale all’interno dell’UE e un’azione politica che metta al centro anche il tema della valorizzazione delle diversità e riconosca la libertà dei popoli di autodeterminarsi, di decidere del proprio futuro.

"La recente revoca, da parte del Parlamento Europeo, dell’immunità parlamentare a tre eurodeputati appartenenti a partiti indipendentisti catalani non va certamente in questa direzione", ricorda Moretuzzo.


A Resia per la lingua madre


 Domenica, 21 febbraio, con un bel video in dialetto sloveno resiano, postato sulla pagina Facebook della Biblioteca comunale di Resia, anche la comunità resiana ha voluto celebrare la Giornata internazionale della lingua madre, istituita nel 1999 dall’Unesco per promuovere la diversità linguistica, culturale e il multilinguismo.

La ricorrenza ricorda un drammatico episodio avvenuto proprio il 21 febbraio del 1952. In quell’anno, infatti, a Dacca alcuni studenti furono uccisi dalla polizia del Pakistan mentre rivendicavano il riconoscimento ufficiale della loro lingua, il bengalese.

L’iniziativa locale, promossa dal Comune di Resia/Rezija e dall’Ecomuseo Val Resia, ha coinvolto alcuni giovani resiani che, nel video, si sono espressi ognuno nella propria variante del dialetto resiano, invitando tutti ad usarlo. Ciascuno con il suo personale punto di vista, inoltre, hanno spiegato l’importanza del parlare nella propria lingua madre. Il suo quotidiano utilizzo, a volte inconsapevolmente, veicola opportunità, tradizioni, memoria, modi di pensare e fa sì che i parlanti, ma anche chi arriva in queste particolari comunità, ricordino di vivere in un contesto diverso da quello dominante.

La ricorrenza è stata anche l’occasione giusta per ribadire che i diritti linguistici fanno parte dei diritti fondamentali delle persone e delle comunità di tutto il mondo. Ancor più nella nostra regione, dove convivono da secoli i parlanti le lingue friulana, slovena e tedesca o i loro dialetti. Oggi, purtroppo, le lingue dominanti come l’italiano e l’inglese stanno fagocitando le lingue minoritarie, che vengono parlate da sempre meno persone. In Italia con la legge 482 del 15 dicembre 1999 la Repubblica, in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei, tutela le proprie minoranze linguistiche storiche. Oltre a questo importante diritto, non vanno dimenticate le opportunità, non sempre evidenti, che possono derivare dall’utilizzo di una lingua minoritaria in alcuni settori, soprattutto in campo turistico ed economico. Pensiamo alla tipicizzazione dei prodotti e alle produzioni di servizi che hanno come base la lingua. O ai musei realizzati nei territori della minoranza linguistica slovena in provincia di Udine. Oggi la diversità è da molti, fortunatamente, percepita come una ricchezza, che contribuisce all’appiattimento della globalizzazione. Questo importante concetto è stato ben espresso ed evidenziato dai giovani nel video della Val Resia, dove traspare non la nostalgia di una Resia che non c’è più, ma la ferma volontà, quasi un accorato appello, a fare di più per continuare a vivere nella vallata all’ombra del Canin/ta-pod Ćanïnawo sinco. (Sandro Quaglia)

https://www.dom.it/v-reziji-za-materni-jezik_a-resia-per-la-lingua-madre/

Tutela delle minoranze nell’UE, prosegue la raccolta firme per ‘Sign It Europe’

 


Da almeno quarant’anni siamo abituati a vedere le istituzioni europee – in particolare il Consiglio d’Europa, da una parte, e gli organi delle Comunità europee e poi dell’Unione europea, dall’altra – prendere posizione a favore della garanzia dei diritti linguistici, della tutela delle minoranze e della promozione del pluralismo culturale. Ciò si è verificato in più occasioni e con risultati significativi sia in termini teorici che sul piano pratico, basti pensare alle prime iniziative del Parlamento europeo, nel 1981 e nel 1983, che permisero l’attivazione di una linea di bilancio dedicata al sostegno comunitario ai progetti territoriali e in rete a favore di lingue e minoranze, oppure all’adozione da parte del Consiglio d’Europa, rispettivamente nel 1992 e nel 1994, della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie e della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali. Alla fine dell’anno scorso un segnale decisamente positivo è giunto dal Parlamento europeo che, tra il 14 e il 16 dicembre del 2020, ha discusso ed approvato ad ampia maggioranza (con 524 voti a favore su 694) una risoluzione a sostegno del “Minority SafePack”, l’Iniziativa dei cittadini europei (che con una certa approssimazione corrisponde a quella che a livello statale è la proposta di legge di iniziativa popolare) volta a dotare l’Unione europea di una normativa più efficace e specifica in materia di tutela delle minoranze, per la quale tra il 2017 e il 2018 erano state raccolte più di un milione di firme (oltre un milione e trecentomila, di cui 1.128.000 validate) in tutti gli allora ventotto Stati membri. All’inizio del 2021 il “Minority SafePack” è stato sottoposto all’attenzione della Commissione europea, sollecitata anche dal Parlamento europeo a prendere in carico i contenuti dell’Iniziativa affinché si giunga all’approvazione di «un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati», come prevede il Trattato di Lisbona. Per il momento, però, la Commissione non ha preso in carico i contenuti dell’iniziativa. La delusione dei suoi promotori è stata espressa pubblicamente dal presidente della FUEN (Unione federale delle nazionalità d’Europa), l’eurodeputato Loránt Vincze, esponente della minoranza ungherese in Romania.

Una buona notizia, invece, riguarda l’Iniziativa dei cittadini europei promossa con lo slogan “Sign It Europe”, il cui iter è stato avviato nel 2019. Il suo obiettivo consiste nell’apertura da parte dell’Ue di una specifi ca linea di bilancio, nel quadro dei fondi assegnati per lo sviluppo regionale, dedicata a quelle comunità che hanno caratteristiche linguistiche e culturali specifiche e distinte, allo scopo di promuoverne lo sviluppo socioeconomico in armonia con il riconoscimento e la promozione delle rispettive peculiarità e con l’esercizio dei corrispondenti diritti linguistici. Il termine per la raccolta delle firme per presentarla, fissato prima al 7 maggio 2020 e poi al 7 novembre scorso, è stato prolungato sino al prossimo 7 febbraio. È quindi ancora possibile sostenerla. Le adesioni alla proposta si esprimono sempre attraverso il sito www.signiteurope.com.

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