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19 gen 2021

Vignetta di Cecco Dotti

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https://ceccodotti-2.blogspot.com/2021/01/le-contraddizioni-della-politica.html

Cecco Dotti ringrazia!

Prepotto di nuovo nella sua scuola

 

Inizio d’anno in una scuola tirata a nuovo per gli alunni della primaria «Dante Alighieri» di Prepotto. Giovedì, 7 gennaio, dopo due anni e mezzo di lavori di ristrutturazione e messa a norma, l’edificio ha di nuovo accolto i bambini. Per l’occasione assieme a loro, al personale docente e ad alcuni genitori, nell’ampio spiazzo davanti al rinnovato edificio sono intervenuti la sindaca di casa, Mariaclara Forti, il sindaco di Dolegna del Collio, Carlo Comis, l’assessore alle Infrastrutture e territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia, Graziano Pizzimenti, il consigliere regionale Diego Bernardis nonché rappresentanti dell’Istituto comprensivo di Cividale, dell’impresa che ha eseguito i lavori e della locale Protezione civile.

«Ringrazio la Regione per avere fatto sì che Prepotto non perdesse la propria scuola – ha detto la sindaca Forti – e per avere seguito le varie fasi dei lavori e risposto alle nostre richieste di aiuto. Questo ha permesso che i genitori riconoscessero gli sforzi e la buona volontà dell’amministrazione regionale e del Comune, affinché i ragazzi riprendessero il prima possibile le lezioni nel nuovo edificio scolastico. A questo primo passo nei prossimi anni ne seguirà un altro, con una nuova struttura dedicata a mensa e palestra, per offrire ai bambini una scuola completa». Forti ha anche preso atto di come la comunità scolastica abbia saputo affrontare il periodo di svolgimento dei lavori con spirito d’adattamento: «I tre anni trascorsi nella scuola prefabbricata temporanea all’inizio ci facevano paura, ma i bimbi si sono trovati bene e la certezza prospettata dall’edificio che inauguriamo oggi ha portato a nuove iscrizioni». Lo sgombero della struttura che ospitava la primaria «Dante Alighieri» si era reso necessario a marzo 2018. Da una perizia tecnica era risultato come l’edificio, per il quale erano in programma interventi di ristrutturazione agli impianti, non rispondesse agli standard vigenti in materia di vulnerabilità sismica.

Soddisfatto l’assessore Pizzimenti, che ha dato particolare risalto agli sforzi messi in campo per giungere alla conclusione dei lavori. L’incremento dei fondi stanziati per portare a termine i lavori è stato, infatti, uno dei primi interventi seguiti alla sua nomina ad assessore, avvenuta un paio di anni fa. «L’amministrazione regionale punta, infatti, a terminare le opere già in fase di realizzazione ma anche a mandare i ragazzi in classe in sicurezza, dando serenità ai genitori, che lasciano i propri figli in un edificio sicuro e tranquillo», ha precisato Pizzimenti, che ha evidenziato anche come la «ristrutturazione abbia evitato ulteriore consumo di suolo».

Dopo i saluti delle autorità non è potuta mancare la benedizione del rinnovato edificio da parte del parroco, padre Andrea Cereser. Richiamando la festività dell’Epifania appena trascorsa, ha evidenziato come i Re Magi seguissero la stella, in latino sidus, termine alla radice della parola desiderio. «Se non c’è desiderio – ha spiegato p. Cereser ai piccoli – non si conosce la verità e non si apprende. Quando siamo a scuola serve desiderio di capire e conoscere, perché senza il desiderio anche i sapienti Re Magi non sarebbero giunti alla grotta di Betlemme per incontrare Gesù bambino».

In un’atmosfera di festa sono stati proprio due alunni a tagliare il nastro del nuovo edificio, addobbato per l’occasione dall’associazione «Attivamente», che riunisce i genitori degli allievi della «Dante Alighieri ». (Luciano Lister)

Frase di Rumiz

 


La pandemia può essere sconfitta solo con un comportamento responsabile di tutti i cittadini.Mentre medici e infermieri sono sovraccarichi,parte della popolazione si comporta in modo irresponsabile.

Paolo Rumiz giornalista e scrittore

immagine da wikipedia






18 gen 2021

Steccati per la Cm Torre e Natisone



Il primo gennaio è entrata in funzione la nuova Comunità di montagna del Natisone e Torre. Già il 9 dicembre dell’anno scorso si è riunita l’assemblea dei sindaci del nuovo ente per l’elezione del presidente e dei componenti del Comitato esecutivo di gestione.

I primi cittadini di Torreano, Roberto Sabbadini, di Pulfero, Camillo Melissa, e di San Pietro al Natisone, Mariano Zufferli, hanno proposto per la presidenza il sindaco di Tarcento, Mauro Steccati, il quale è stato eletto mediante voto palese, con 14 voti favorevoli e un astenuto.

Steccati, 64 anni il prossimo 29 gennaio, è stato eletto sindaco con il sostegno delle liste Lega Nord, Amare Tarcento, Tarcento Futura e Forza Tarcento. Il suo primo mandato da primo cittadino è in scadenza, dato che l’amministrazione comunale sarà rinnovata in questo 2021.

Quindi si è passati alla elezione dei componenti del Comitato esecutivo. Melissa ha proposto per l’area delle Valli del Natisone Zufferli e Antonio Comugnaro (San Leonardo), mentre la sindaca di Magnano in Riviera, Roberta Moro, ha proposto per la zona delle Valli del Torre Alan Cecutti (Taipana) e Gloria Bressani (Nimis).

A tal proposito, Sabbadini ha evidenziato con disappunto di non essere stato contattato da nessuno, né del territorio del Natisone, né del territorio del Torre, al fine di concordare i nominativi da proporre per la composizione del Comitato esecutivo. A fronte di tale mancanza nei confronti del Comune di Torreano ha comunicato di non voler partecipare all’elezione dei componenti del Comitato esecutivo. Pertanto con 14 voti sono stati eletti Comugnaro, Cecutti, Zufferli e Bressani.

Nel dibattito il sindaco di San Pietro al Natisone ha evidenziato un certo squilibrio territoriale, infatti, a suo avviso incomprensibilmente la rappresentanza penda nettamente a favore della zona del Torre, che conta 7 comuni su 15 di cui 2 parzialmente montani (Tarcento e Faedis). Quindi l’assemblea all’unanimità ha stabilito di mantenere nel suo iniziale avvio l’organizzazione già prevista dall’Uti del Torre vale a dire: Area amministrativa, Area sviluppo risorse umane, Area economico finanziaria e Area tecnica.

Il nuovo ente si è dotato anche di un logo, caratterizzato da un’anonima grafica, che non richiama assolutamente le peculiarità ambientali e culturali del territorio e tra l’altro scritto solo in lingua italiana e non anche nelle altre due lingue di minoranza, sloveno e friulano, previste dallo statuto.

A Resia portano anche le favole


 Nel 2008 il Circolo culturale resiano Rozajanski dum affrontava il tema del turismo culturale, organizzando il convegno «Lingue e Turismo. Le varianti locali delle minoranze linguistiche come elementi di richiamo turistico». Già allora era ben chiaro come l’elemento linguistico potesse essere anche per la Val Resia un fattore d’attrazione turistica.

Lo scorso anno, invece, il Museo della gente della Val Resia ha presentato a una tavola rotonda le potenzialità che in tale ambito offre il patrimonio di narrativa orale. Durante questi momenti di confronto è emerso come questo segmento della cultura locale potrebbe stimolare idee di turismo nuove, sostenibili e coerenti con l’identità territoriale.

Oggi essere una destinazione turistica che funziona – che attrae, cioè, turisti – significa offrire un valore aggiunto che affascini e conquisti. Siamo convinti che la cultura locale in generale ed in particolare la lingua parlata e le sue varie espressioni, come ad esempio i racconti popolari, possano essere considerati come veri e propri «prodotti turistici», in grado di attrarre visitatori e fidelizzarli.

https://www.dom.it/v-rezijo-privabljajo-tudi-pravljice_a-resia-portano-anche-le-favole/?fbclid=IwAR2p0LVN3ckuzJyF_RRbPZpWhFZBTwsgq_OR33LwOSk-NQYrb0lzLR3Dm_c

Mario Benedetti

 

immagine dal web


«Povera umana gloria/ quali parole abbiamo ancora per noi?»

(da Umana gloria, p. 112)

Mario Benedetti (Udine9 novembre 1955 – Piadena27 marzo 2020) è stato un poeta e insegnante italiano. Fu tra i fondatori delle riviste di poesia contemporanea “Scarto minimo”, Padova, 1986-1989, ed “Arsenal littératures”, edita a Brest dal 1999 al 2001.

Le sue opere vennero tradotte in Francia da Jean-Charles Vegliante (da ultimo in "Siècle 21" n.25, 2014, Poésie italienne d'aujourd'hui - Antologia).Dopo i primi venti anni trascorsi a Nimis (Udine), paese dei suoi genitori, si trasferì nel 1976 a Padova dove si laureò in Lettere con una tesi sull'opera complessiva di Carlo Michelstaedter, diplomandosi poi in Estetica presso la Scuola di Perfezionamento della stessa Facoltà universitaria. Si dedicò all'insegnamento nelle scuole superiori, dapprima a Padova poi a Milano, città in cui si trasferì.

La sua vita, la sua poesia ed il suo modo di essere furono fortemente connotati dalla presenza di una malattia cronica: una particolare forma di sclerosi multipla che lo accompagnò dall'infanzia. Gravi episodi dovuti a questa patologia si verificarono nel 1999 e nel 2000. La notte del 14 settembre 2014 a seguito di un infarto con ipossia cerebrale venne ricoverato all'Ospedale San Luca di Milano dove fu tenuto in coma farmacologico per diverso tempo.

Al suo graduale risveglio cominciò una terapia riabilitativa, per poi essere trasferito in una struttura sanitaria milanese per continuare le cure. Benedetti è morto il 27 marzo 2020, a causa del COVID-19, nella struttura in cui viveva dal 2018, a Piadena (Cremona).[1] È stato tumulato nella cappella di famiglia di Donata Feroldi, l'amica di una vita, la mattina del 30 marzo 2020.In seguito alla pubblicazione di varie plaquettes, nel 2004 Mario Benedetti riassunse il suo lavoro con Umana gloria, pubblicato nella collana Lo Specchio (Mondadori). A distanza di quattro anni da Umana gloria, uscì Pitture nere su carta (Mondadori, 2008), raccolta in cui l'autore batteva sentieri comunicativi ed espressivi precedentemente inesplorati, inaugurando una stagione nuova. ..da https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Benedetti_(poeta_italiano)



SLAVIA ITLIANA


Madri così presenti dopo essere tante volte morte: 

grida sulla porta, zoccoli da soli, anni.

 Nonni che lavorano terra di altri e parlano dialetto sloveno 

– campi della loro vita, erba e filari della loro vita –.

 Si era soltanto piccoli e c‟erano le felci da raccogliere 

per il maestro Dialmo una mattina di agosto. 

Le felci come un viso che si impara dietro il muro del paese

 una mattina tutti insieme con il maestro Dialmo.

 Sono venuti giù i sassi,

 il letto ha detto la zia aveva una pietra grossa nel mezzo.

 Siamo scappati dagli occhi, il vento nella testa.

 Ho pensato ogni giorno a questo solo stare senza sguardo 

– cose dette dalle giacche, dalle scarpe, dai calzoni –

 contro la terra e i sassi, senza poter finire.


da "Il Parco del Triglav" 1999

La rosa di Gorizia


 La Rosa di Gorizia è una varietà locale di radicchio (Cichorium intybus della sottospecie sativum) tipica della zona di Gorizia in Friuli-Venezia Giulia. È riconosciuto tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali Friulani e Giuliani e come presidio Slow Food.La Rosa di Gorizia è una varietà di cicoria caratterizzata da un colore rosso intenso o da un rosso con sfumature che portano al rosa a seconda del tipo di selezione effettuata. Le foglie sono larghe e disposte a forma di rosa aperta. Il sapore è solo leggermente amarognolo, a differenza dei radicchi veneti (radicchio di Castelfranco, di Chioggia, di Treviso, di Verona), e al palato risulta croccante. La varietà della Rosa di Gorizia dal gusto più delicato è detta “Canarino” ed è ottenuta probabilmente da un incrocio con la cicoria bionda di Trieste. Il Canarino è dotato di un fogliame di colore giallo e un gusto ancora più dolce.La storia della Rosa di Gorizia risale già ai tempi degli Asburgo, ma le prime fonti scritte comparvero nel volume “Gorizia – la Nizza austriaca” del 1873, scritto dal Barone Carl von Czoernig-Czernhausen, vissuto a Gorizia nella seconda metà dell'800. Nel volume, tra la descrizione dei legumi coltivati nella città, viene citata anche una “cicoria rossastra” coltivata nella piana tra Gorizia e Salcano e, in misura minore nelle aree periferiche della città.

La Rosa di Gorizia ha avuto in passato una grande importanza per l’economia della città che era basata prevalentemente sull'agricoltura e che contava molto sulla produzione di questo particolare radicchio.[2] Gli agricoltori più anziani della zona ricordano di averlo sempre prodotto perché una delle poche e sicure fonti di reddito durante la fredda stagione invernale goriziana.

Una delle ipotesi sull'origine della Rosa nel territorio goriziano riferiscono di un signor Vida, sfuggito a un'epidemia di peste scoppiata in Veneto portando con sé i semi a Gorizia. Vida potrebbe aver trasportato sementi del radicchio rosso veneto, o forse quelle del Chioggia, che una volta seminate nei terreni goriziani avrebbero dato origine della Rosa di Gorizia.

Un'altra ipotesi fa risalire l'origine delle sementi alla contessa di Gorizia, Leukardis, dal 1046 al 1072 badessa del monastero di Castel Badia ove le monache erano pratiche nella coltivazione di fiori e ortaggi, i quali, a causa del clima rigido, avevano necessità di particolari cure. Visti i rapporti strettissimi che ai tempi sussistevano tra quelli che oggi sono i territori della Val Pusteria e del goriziano, si può immaginare che tra i due luoghi ci fossero scambi frequenti di prodottiLa Rosa era coltivata in larga parte nella piana tra Gorizia e Salcano (oggi in Slovenia), nel corso degli anni però la coltivazione si è ridotta a causa dell'allargamento dei centri urbani. La sua produzione non è quindi di tipo intensivo e questo garantisce al prodotto un mercato di nicchia, che rende la Rosa un'eccellenza italiana da proteggere . Oggi si trova in vendita a prezzi molto elevati a causa delle elevate necessità di manodopera. La Rosa di Gorizia, ha avuto negli ultimi anni un assoluto accrescimento commerciale nell'alta ristorazione mondiale. Riconosciuta come il radicchio più costoso al mondo, è ricercata da chef di tutto il mondo per la sua bellezza e peculiarità gastronomiche. La sua bellezza e perfezione nella forma, unite alla croccantezza e alla dolcezza della costa, ne fanno l'ingrediente speciale del periodo invernale. Compare nelle cucine dei più famosi ristoranti Europei e mondiali, i quali la considerano preziosa come il tartufo, e quindi degna di abbinamenti come il caviale ed altri preziosi ingredienti. Un esempio della divuldazione della Rosa di Gorizia è l'evento Cookitraw del 2010, avvenuto sul Collio Goriziano, dove 20 chef mondiali l'hanno celebrata nelle creazioni a tavola. Chef del calibro di Renè Redzepi, Yoshihiro Narisawa, Massimo Bottura, l'hanno interpretata nelle varie elaborazioni di cucina facendo capire come sia possibile utilizzarla nelle più svariate forme, dal cotto al crudo, sino ad arrivare alla versione sott'olio extra vergine di oliva, anch'essa tutelata e diventata Presidio Slow Food.li

Il radicchio, leggermente amarognolo, è da assaporare possibilmente crudo, tagliato il meno possibile per evitarne l'ossidazione e accompagnato da patate lesse, fagioli lessati, uova sode a spicchi oppure condito con olio d’oliva, aceto di vino e sale. Anche la piccola radice è ottima da mangiare, tagliata sottile e unita all'insalata .  continua.https://it.wikipedia.org/wiki/Rosa_di_Gorizia

17 gen 2021

Proverbio friulano

 

dal web

proverbio friulano della settimana

di Vita nei campi
“Sant Antoni da barbe blancje, s’a no plûf la nêf no mancje”” ovvero a Sant’Antonio Abate (il 17 gennaio) se non piove la neve non manca” a sottolineare il cattivo tempo del periodo.

Santo Antonio abate, detto anche sant'Antonio il Grandesant'Antonio d'Egittosant'Antonio del Fuocosant'Antonio del Desertosant'Antonio l'Anacoreta (in greco anticoἈντώνιοςAntṓnios, in latinoAntonius, in coptoⲀⲃⲃⲁ ⲀⲛⲧⲱⲛⲓQumans12 gennaio 251 – deserto della Tebaide17 gennaio 356), è stato un abate ed eremita egiziano, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati.

A lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale, abbà, si consacrarono al servizio di Dio. La sua vita è stata tramandata dal suo discepolo Atanasio di Alessandria. È ricordato nel Calendario dei santi della Chiesa cattolica e da quello luterano il 17 gennaio, ma la Chiesa ortodossa copta lo festeggia il 31 gennaio che corrisponde, nel suo calendario, al 22 del mese di Tobi...

continua https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_abate

UN FIORE BELLO DA MANGIARE

 UN FIORE BELLO DA MANGIARE


di Roberto Zottar
dalla rubrica radiofonica della TgrRaiFVG
Vita Nei Campi
Bella e romantica come il profumato fiore, ma decisamente più saporita, la rosa di Gorizia è una delle eccellenze culinarie di questo periodo, annoverata tra i PAT - Prodotti alimentari tradizionali – della nostra Regione e tra i presidi Slow food.
L'estetica basterebbe da sola, ma quando il gusto incontra la sua delicata dolcezza e croccantezza si capisce appieno il suo valore e si cambia per sempre la percezione sui radicchi invernali veneti solitamente amari. E’ una coltivazione limitata solo alle campagne di Gorizia i cui segreti vengono gelosamente custoditi e tramandati da poche famiglie produttrici.
Questo radicchio che è sostanzialmente una cicoria, un ecotipo di Cichorium intybus varietà sativa, deve il nome alla forma del cespo a bocciolo di rosa, caratterizzato da un colore rosso intenso. La rosa ha anche un fratello più raro e più dolce, il radicchio canarino, che ha le foglie giallo chiaro ed assomiglia ad un uccellino arruffato. La rosa, che esprime un’antica sapienza contadina, non ha origini certe: probabilmente i primi semi furono portati a Gorizia dal Veneto nell’Ottocento e l’ortaggio si è adattato alle condizioni ed alle esigenze locali. La prima citazione di questo radicchio risale al 1873 negli scritti del barone Karl von Czoernig von Czernhausen, funzionario boemo, lo stesso che battezzò Gorizia “la Nizza austriaca” per il suo clima mite.
Ma come si ottiene questo ortaggio che è il radicchio più caro del mondo? La tecnica culturale rientra tra le mode di metà Ottocento di forzatura dei radicchi introdotte nel trevigiano dal vivaista belga Van den Borre. Dopo le prime gelate in campo, le piante, raccolte e legate in mazzi, sono messe al buio a 12° per 15 giorni su un letto di torba, mentre nel passato si accatastavano sul letame delle stalle che con il suo calore di fermentazione le preservava dai danni del freddo. Nel tepore umido la pianta riprende a vegetare, il cuore cresce, si colora, diventa croccante e acquisisce un sapore dolce. Al momento della vendita si tolgono le foglie esterne, con uno scarto dell’ottanta percento, e si lavano i piccoli cespi.
In cucina, a mio avviso, la rosa di Gorizia non va assolutamente cotta: il radicchio va assaporato crudo e accompagnato da patate e fagioli lessati, uova sode a spicchi oppure solo condito con olio d’oliva, aceto e sale. Anche la piccola radice, tagliata sottile, è ottima da mangiare. Splendido anche assaggiato alla friulana, tagliato in quattro quarti e condito con lis fricis di maiale tostate in padella e sfumate con aceto. Si può servire ridotto a julienne, con appena un filo d’extravergine e del fior di sale, appoggiato su un filetto di branzino cotto al vapore. Un sogno!
Buon appetito! da fb

IL MONTE CANIN

 

Di I, Johann Jaritz, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2378093

Il monte Canin (mont Cjanine in friulanoKanin in slovenoCjanen in resiano[1]) (2.587 m s.l.m.) è una montagna delle Alpi Giulie, che dà il nome all'omonima catena e segna il confine fra provincia di Udine (comuni di Chiusaforte e Resia) e la Slovenia (comune di Plezzo), l'ultimo massiccio montuoso delle Alpi Giulie in territorio italiano, scendendo da nord verso sud.

Il gruppo del Canin è costituito da un colossale altipiano calcareo, alto dai 1.800 ai 2.300 m culminante in una larga cresta che lo percorre in tutta la sua estensione, posta tra la Val Raccolana a nord e la Val Resia a sud. Solo verso est questa cresta si biforca, dando origine alla val Mogenza.

A sud, verso la conca di Plezzo, l'altopiano ha la forma di un grande mare di roccia. Sul lato Nord, in territorio italiano, è presente un ghiacciaio (in effetti tre piccoli ghiacciai), che con i suoi 2200 m di quota è uno dei più bassi della catena alpina e che è però, al pari di tanti suoi simili nelle Alpi, in forte regressione negli ultimi anni in conseguenza dei mutamenti climatici in atto.Dalla cima si gode un panorama: verso nord lo Jôf di Montasio (2.754 m) e lo Jôf Fuart (2.666 m), verso est il Mangart (2.677 m), lo Jalouz e il Tricorno (2.853 m), verso sud i Monti Musi e il Gran Monte, la pianura friulana e l'Alto Adriatico. continua su https://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Canin

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"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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