UN FIORE BELLO DA MANGIARE
dalla rubrica radiofonica della TgrRaiFVG
Vita Nei Campi
Bella e romantica come il profumato fiore, ma decisamente più saporita, la rosa di Gorizia è una delle eccellenze culinarie di questo periodo, annoverata tra i PAT - Prodotti alimentari tradizionali – della nostra Regione e tra i presidi Slow food.
L'estetica basterebbe da sola, ma quando il gusto incontra la sua delicata dolcezza e croccantezza si capisce appieno il suo valore e si cambia per sempre la percezione sui radicchi invernali veneti solitamente amari. E’ una coltivazione limitata solo alle campagne di Gorizia i cui segreti vengono gelosamente custoditi e tramandati da poche famiglie produttrici.
Questo radicchio che è sostanzialmente una cicoria, un ecotipo di Cichorium intybus varietà sativa, deve il nome alla forma del cespo a bocciolo di rosa, caratterizzato da un colore rosso intenso. La rosa ha anche un fratello più raro e più dolce, il radicchio canarino, che ha le foglie giallo chiaro ed assomiglia ad un uccellino arruffato. La rosa, che esprime un’antica sapienza contadina, non ha origini certe: probabilmente i primi semi furono portati a Gorizia dal Veneto nell’Ottocento e l’ortaggio si è adattato alle condizioni ed alle esigenze locali. La prima citazione di questo radicchio risale al 1873 negli scritti del barone Karl von Czoernig von Czernhausen, funzionario boemo, lo stesso che battezzò Gorizia “la Nizza austriaca” per il suo clima mite.
Ma come si ottiene questo ortaggio che è il radicchio più caro del mondo? La tecnica culturale rientra tra le mode di metà Ottocento di forzatura dei radicchi introdotte nel trevigiano dal vivaista belga Van den Borre. Dopo le prime gelate in campo, le piante, raccolte e legate in mazzi, sono messe al buio a 12° per 15 giorni su un letto di torba, mentre nel passato si accatastavano sul letame delle stalle che con il suo calore di fermentazione le preservava dai danni del freddo. Nel tepore umido la pianta riprende a vegetare, il cuore cresce, si colora, diventa croccante e acquisisce un sapore dolce. Al momento della vendita si tolgono le foglie esterne, con uno scarto dell’ottanta percento, e si lavano i piccoli cespi.
In cucina, a mio avviso, la rosa di Gorizia non va assolutamente cotta: il radicchio va assaporato crudo e accompagnato da patate e fagioli lessati, uova sode a spicchi oppure solo condito con olio d’oliva, aceto e sale. Anche la piccola radice, tagliata sottile, è ottima da mangiare. Splendido anche assaggiato alla friulana, tagliato in quattro quarti e condito con lis fricis di maiale tostate in padella e sfumate con aceto. Si può servire ridotto a julienne, con appena un filo d’extravergine e del fior di sale, appoggiato su un filetto di branzino cotto al vapore. Un sogno!
Buon appetito! da fb
Interessante ! Quando ho visto la foto, ho pensato subito al radicchio , che io non amo tanto perchè è un pò duretto. Lo taglio fine, fine è lo uso per l'insalata. Questa Rosa di Gorizia penso di non averla mai assaggiata. Buona domenica.
RispondiEliminaMa che bellino che è. E' quasi un peccato metterlo in tavola.
RispondiEliminaPer me il radicchio è un po' troppo amaro, ma ho imparato a mangiarlo nell'insalata mista, perché so che fa molto bene alla salute.
Poi ci faccio anche il risotto.
Buona domenica.
Ciao, Olga. Non credo di averlo mai provato, ma è molto interessante quello che spieghi, e soprattutto è molto bello.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Non sapevo che le rose si possano mangiare.
RispondiEliminaNo non è una rosa:è un radicchio che assomiglia a una rosa.
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