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🌞Blog che parla del Friuli: in particolare delle minoranze linguistiche slovena,friulana e tedesca e non solo. ❤️ Sono figlia di madre slovena (Ljubljana) e di padre appartenente alla minoranza slovena della provincia di Udine🌞 (Benecia).Conosco abbastanza bene la lingua slovena.Sono orgogliosa delle mie origini.OLga

INNO SLOVENO

তততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততত INNO SLOVENO "Vivano tutti i popoli che anelano al giorno in cui la discordia verrà sradicata dal mondo ed in cui ogni nostro connazionale sarà libero, ed in cui il vicino non sarà un diavolo, ma un amico!"❤️ FRANCE PREŠEREN poeta sloveno তততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততত

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Orchidee spontanee del Friuli

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9 ott 2020

Proverbio sloveno delle Valli del Natisone

 

L'uomo tiene un angolo della casa,la donna tre.

dal giornale Dom
vignetta di Moreno Tomazetig

S kolesom ob bivši železni zavesi - Lungo l’ex cortina di ferro in bici

Udeleženci čezmejnega kolesarskega izleta Egb bike tour/I partecipanti all’Egb bike tour transfrontaliero

 


Sabato, 19 settembre, tra le Alpi e Prealpi Giulie italiane e slovene si è svolto il primo
 Egb bike tour transfrontaliero. Dedicata alla stampa, l’iniziativa ha permesso di visitare alcuni luoghi simbolo della Guerra fredda lungo la ex Cortina di ferro, oggi European green belt (Egb).

Ad organizzarla è stato il Parco naturale delle Prealpi Giulie in collaborazione con l’Associazione rete italiana European green belt, il supporto del Parco nazionale del Triglav, della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia e del Consorzio acquedotto del Friuli Centrale.

Cornice d’eccellenza del bike tour sono stati i due parchi naturali delle Prealpi Giulie e del Triglav, che da anni rappresentano un esempio virtuoso di collaborazione transfrontaliera, tanto che dal 2009 sono riconosciuti congiuntamente come area protetta transfrontaliera. Il territorio percorso dal bike tour il 19 settembre costituisce anche il cuore delle due adiacenti Riserve di biosfera delle Alpi Giulie, istituite dall’Unesco nell’ambito del programma Man and the biosphere (in italiano Uomo e biosfera).

Questo tour, dedicato ai rappresentanti dei media e volto a promuovere la mobilità sostenibile lungo la European green belt, ha inaugurato gli Egb days, festeggiati ogni anno dal 18 al 24 settembre in tutti i paesi europei interessati dalla ex Cortina di ferro per celebrare la diversità biologica e il patrimonio culturale lungo il confine che divideva Est ed Ovest d’Europa e del mondo.

Contestualmente è stato lanciato il concorso fotografico dal titolo Natura e Guerra fredda. Ambienti in evoluzione lungo la ex Cortina di ferro, aperto fino al 15 novembre 2020, al quale seguiranno esposizioni dei migliori portfolio di immagini sul territorio regionale. Potete trovare maggiori informazioni in merito a regolamento e premi del concorso sul sito internet www.parcoprealpigiulie.it

continua in sloveno 

https://www.dom.it/s-kolesom-ob-bivsi-zelezni-zavesi_lungo-lex-cortina-di-ferro-in-bici/

Novità al Novi Matajur

 


Cari lettori, davanti a voi c'è il settimanale Novi Matajur graficamente aggiornato ed arricchito di contenuti. In questi giorni, la nostra piccola redazione festeggia il suo 70 ° anniversario, quindi era ora di fare un passo avanti con il quotidiano degli sloveni della provincia di Udine.

Purtroppo l'anno difficile della crisi ha attraversato i nostri piani per presentarci con una nuova immagine, per chiacchierare con voi, per fare amicizia, per incontrare tante nuove persone. Per ora, vi promettiamo che i fuochi d'artificio sono pronti e abbastanza champagne al freddo per mettere le mani su quando quei tempi di prova saranno finiti. La cosa più importante è che sarai il più soddisfatto possibile del prodotto in questo momento.

"Cambiare l'immagine grafica non significherebbe nulla se non provassimo a offrire ai nostri lettori qualcosa di più e ad arricchire il contenuto di Novi Matajur", ha scritto il nostro caporedattore Miha Obit nell'introduzione al nuovo numero storico.D'ora in poi il settimanale avrà più pagine, rafforzerà ulteriormente i suoi legami con la Valle dell'Isonzo, la scuola bilingue di San Pietro al Natisone e le associazioni slovene.

"Settant'anni di vita di questo giornale ci hanno mostrato chi eravamo, chi siamo e quanto sia stato difficile arrivare ai giorni nostri e in questi decenni lavorare con orgoglio per preservare la cultura e la lingua slovena. Tuttavia, non dobbiamo chiuderci - al contrario, dobbiamo sempre diffondere le nostre opinioni agli altri. È così che intendiamo andare avanti, sono convinto che questo percorso ci porterà lontano ", ha scritto Michele Obit.

Tempo di mele, tempo di Seuka. La speciale mela delle Valli del Natisone

 

Seuka,la mela dell'Eden

L’antica mela che piace ai giovani

Autunno, le belle mele friulane incantano per sapore e colore. Su tutte, Seuka, la mela particolare delle valli del Natisone (anche del Torre), che preferisce nascondersi. Troppo speciale per farsi trovare da tutti.

Per saperne di più, basta visitare il sito (vedi link: Seuka. it) dove trovate tutte le informazione che riguardano la storia, la specificità, le leggende, le ricette e tante altre curiosità dedicate a questa magnifica e poco nota mela.

Il sito web è stato realizzato completamente dai ragazzi del quarto anno (2014-2015) di Prima Formazione Professionale dell’Istituto ENAIP – FVG, sede di Pasian di Prato (Ud) – Corso di Grafica Multimediale.

I ragazzi, coadiuvati dai loro docenti, hanno sviluppato tutto il progetto mirato a far conoscere questo particolare prodotto attraverso vari esercizi didattici formativi che, appunto trovano la loro visibilità grazie a questo sito.

In questa maniera il lavoro di ricerca, di pensiero, di studio, di creatività e di visione trova uno  strumento efficace “per uscire dalle stanze della didattica scolastica” e diventare materiale utile per la conoscenza comune, per la valorizzazione del territorio e, soprattutto, scoprire il gusto della mela Seuka. Solo così, mordendola, esclamerete: divina la vita.

D.D.

https://durigatto.wordpress.com/2015/09/27/tempo-di-mele-tempo-di-seuka-la-speciale-mela-friulana-delle-valli/

8 ott 2020

Orgogliosamente con un nuovo aspetto


 Che la proposta ai nostri lettori di un giornale con una grafica rinnovata coincida con i 70 anni dall’uscita del primo numero del Matajur non era in verità un fatto voluto. Problemi legati all’emergenza coronavirus e di altra natura ci hanno costretto a rimandare di alcuni mesi l’attuazione di questo progetto. La coincidenza è però felice: un anniversario, e per di più per un avvenimento non proprio recente, rimanda al passato, un’innovazione grafica è invece qualcosa che proietta un giornale nel futuro, il segnale della volontà di continuare e di rinnovarsi. Certo, lo sforzo fatto sarebbe un risultato solo parziale se non venisse accompagnato da un impegno che riguarda anche i contenuti del Novi Matajur. Un impegno che ci sentiamo di prendere con i nostri lettori, sperando di poter arricchire il giornale di informazioni e notizie che sempre meglio possano raccontare la Benecia, la nostra comunità slovena, la fascia transfrontaliera (con un’attenzione sempre più marcata verso il territorio dell’Alto Isonzo), ma senza dimenticare che non siamo chiusi nel nostro piccolo mondo, anzi sempre più dobbiamo cercare di allargare il nostro sguardo a ciò che ci circonda.

Il mio personale pensiero va oggi a chi in passato si è impegnato per la vita (e a volte la sopravvivenza) di questo giornale, ma anche ai tanti nostri lettori, qui in Benecia e nel mondo, che ci hanno seguito e ci seguono.

È un legame fortissimo quello che continuiamo ad avere con loro, ancora oggi. Con loro vogliamo proseguire la nostra strada, che – ne sono convinto – ci porterà ancora lontano.

Michele Obit

https://novimatajur.it/senza-categoria/ponosno-napri-z-novim-obrazom.html?fbclid=IwAR0NjMoy1piNvSFjFzSBdQBvdRfnrVyvK8Zxny5WAgqH3UGkHDyrB0rj6Mc

7 ott 2020

La zucca



da Vita nei campi

di Sara Bosco
La zucca appartiene alla famiglia delle cucurbitacee a cui appartengono anche altri ortaggi come cetriolo e zucca da zucchino; è originaria del Messico ma viene attualmente coltivata in tutto il mondo. È un ortaggio molto apprezzato per il gusto dolce e la polpa ricca di nutrienti. La pianta è erbacea, a ciclo annuale, con fusto strisciante. Non ha particolari esigenze pedo climatiche ma predilige terreni profondi, ben drenati e con una buona disponibilità idrica, soprattutto durante il periodo estivo.
Il seme, essendo di buone dimensioni, può essere manipolato singolarmente e dev’essere posto a dimora con la parte più stretta rivolta verso il basso in modo che l’involucro vada a proteggere le prime foglioline che emergono dal terreno. Viene seminato nei mesi di aprile e maggio in vivaio o in pieno campo, facendo attenzione che la temperatura del terreno siano sopra i 10-15°C.
Le distanze di impianto sono di 2 metri tra le file e di 1-1,5 metri lungo la fila. È utile disporre una pacciamatura naturale o sintetica che permetta di prevenire lo sviluppo di erbe infestanti, conservare la struttura del terreno e favorire la precocità e la produttività della coltura.
È importante distribuire prima della semina un concime organico come il letame e un concime minerale con azoto, fosforo e potassio mentre durante il ciclo colturale si applica una concimazione con azoto e potassio. L’apporto di acqua dev’essere svolto con particolare attenzione durante il periodo di ingrossamento dei frutti, poi può essere sospeso. La raccolta di questo ortaggio avviene a completa maturazione nel periodo autunnale, quando le foglie iniziano ad ingiallire e le zucche presentano il peduncolo imbrunito, manipolandole con cura affinché non si creino ferite sulla buccia che ne possono compromettere la conservazione.

6 ott 2020

Il Friuli-Venezia Giulia: mosaico di lingue, lingue di minoranza e dialetti

 

dal web



di Fabiana Fusco*

Il Friuli-Venezia Giulia costituisce, da secoli, uno spazio di complesso contatto interlinguistico. Le basi dell’attuale situazione sono da ricondurre a fatti storici di immigrazione e insediamento che hanno collocato uno a fianco all’altro i Romani, i Germani e gli Slavi: la regione rappresenta così un esempio interessante – per varietà di fenomeni e per l’estensione temporale in cui possiamo osservarli – di comunità plurilingue. La storia del Friuli-Venezia Giulia e delle sue lingue è stata condizionata in buona parte dalla posizione geografica, ovvero dalle sue relazioni sulle direttrici europee nord-sud ed est-ovest: la regione si configura come punto obbligato di passaggio e di incontro.
 
Italiano, marilenghe, germanico e slavo
 
Non è un caso quindi che la sua fisionomia linguistica sia piuttosto articolata, contemplando da un lato idiomi neolatini, quali l’italiano (nella sua forma standard e nelle sue varianti regionali), il friulano (furlan, anche detto marilenghe, cioè ‘lingua materna’) e il veneto (il veneto udinese a Udine, il ‘bisiaco’ nel territorio di Monfalcone, le parlate delle località lagunari di Marano e Grado e altre lungo il confine occidentale e sudoccidentale), dall’altro gli idiomi di ceppo germanico (presenti nello spartiacque alpino tra Friuli e Austria) e slavo (distribuiti lungo la fascia che segue il confine con la Slovenia) che determinano aree plurilingui di notevole interesse storico e sociolinguistico. Questo intreccio delinea un panorama linguistico peculiare in cui trovano spazio ulteriori varietà locali e regionali, la cui presenza è dovuta ai massicci spostamenti di gruppi provenienti da varie regioni italiane, ma soprattutto molte lingue ‘altre’, parlate da gruppi che scelgono il Friuli come approdo stabile o luogo di transito: si tratta di flussi migratori di una certa consistenza numerica che hanno portato manodopera prima dai Paesi dell’Est e poi dalle aree più depresse del mondo.
 
I Patriarchi e gli Slavi
 
La fisionomia linguistica del friulano acquista tratti ben delineati a partire dal X secolo. Lo testimoniano il completo assorbimento delle parlate dei coloni slavi chiamati dai Patriarchi a ripopolare le zone della media pianura friulana e la resistenza alla pressione linguistica e culturale del mondo germanico, di cui il Friuli fu parte integrante fino al 1420, anno della dedizione del Patriarcato di Aquileia alla Repubblica di Venezia. Il governo della Serenissima sul Friuli si protrae fino al 1797, rimpiazzato dai Francesi di Napoleone e poi dagli Austriaci fino al 1866, quando a essi subentra il Regno d’Italia.
 
A Trieste niente friulano
 
Il friulano, parlato oggi da ca. 5.000.000 di persone, è una delle minoranze linguistiche storiche incluse nella legge 482/1999 ed è oggetto di tutela anche da parte di norme regionali, in base alle quali è stata anche definita una grafia ufficiale: in applicazione di tali leggi sono state incoraggiate iniziative per la salvaguardia e la diffusione della lingua e progetti di normalizzazione e standardizzazione, che talora sono espressione di istanze non solo culturali ma anche ideologiche e politiche. Va poi segnalato che la diffusione del friulano nella regione non si presenta in modo omogeneo: esso si mostra forte e compatto nelle aree montane e collinari e in quelle distanti dai centri maggiori e dalle vie di comunicazione, nei territori delle province di Pordenone e di Gorizia, ma nei centri urbani ha ceduto il passo all’italiano. Va poi sottolineato che il modello linguistico non è monolitico, e all’interno dell’area friulana convivono tipologie dialettali (occidentale, centro-orientale e carnico), per quanto riconducibili a un diasistema che assicura la mutua intercomprensione. Merita attenzione il fatto che un tempo anche a Trieste e a Muggia si parlava il friulano che è stato abbandonato nella seconda metà dell’Ottocento a favore del tipo veneto.
 
Friulano, vincolo di coesione comunitaria
 
Si può affermare che il friulano soddisfi esigenze comunicative legate alla pratica quotidiana e all’ambiente rurale e tradizionale, mentre più recenti sono gli usi amministrativi e ufficiali: attualmente il rapporto tra italiano e friulano è interpretabile nei termini di un bilinguismo in cui possono intervenire parziali sovrapposizioni e coincidenze funzionali, poiché la marilenghe viene talvolta adoperata nella scrittura letteraria e nella comunicazione pubblica mentre l’italiano, in quanto lingua nativa di gran parte dei parlanti, dilata sempre più il proprio spazio comunicativo anche ai domini informali. Il regresso del friulano è in ogni caso accompagnato dal fatto che esso viene percepito come un vincolo di coesione comunitaria: la storia della regione, la conformazione del territorio, il temperamento degli abitanti poco inclini alle innovazioni, il contenuto processo di urbanizzazione hanno in ogni caso agevolato il delinearsi di una varietà spiccatamente individuale rispetto al resto dell’Italia settentrionale e il mantenimento di un rilevante grado di vitalità.
 
Le comunità di lingua tedesca nel territorio friulano
 
Le comunità di lingua germanica disseminate lungo le aree alpine del Friuli ( link all’articolo di Marco Caria ) hanno avuto fin dall’inizio caratteri di insediamenti spontanei da parte di gruppi esigui di persone, allontanatisi verosimilmente dalle valli carinziane nel corso del XIII sec. alla ricerca di occupazione nell’estrazione mineraria (a Sappada/Plodn, ora in provincia di Belluno e a Timau/Tischlbong, ca. 700 abitanti, nella valle del But) o di sfruttamento di terre spopolate (a Sauris/Zahre, ca. 500 abitanti, nell’alta valle del Lumiei). Diversa è la vicenda dei tedescofoni della Val Canale/Kanaltal (con i centri principali di Pontebba/Pontafel e Tarvisio/Tarvis) sudditi fino la 1918 dell’Impero Austro-Ungarico. Si tratta di comunità che usano varietà di tedesco o austro-bavarese, talora a stretto contatto con sloveno e friulano in contesto plurilingue. Negli ultimi decenni si osserva, in specie fra i giovani, un progressivo cedimento delle antiche parlate: tale regresso è in parte rallentato dalla riscoperta delle proprie origini e da una più matura consapevolezza linguistica, favorite da molteplici iniziative promosse dalle associazioni culturali e dalle istituzioni locali.
 
Le comunità slovenofone del Friuli Venezia Giulia
 
Trovano spazio lungo la fascia montuosa e collinare del confine nord-orientale tra Italia e Slovenia. Parte di quest’area (alta valle del Torre e valli del Natisone), appartenente alla provincia di Udine, è anche nota, per l’antica dipendenza dalla Repubblica di Venezia, come Benècija o Slavia Veneta. Dal punto di vista linguistico, le comunità slovenofone sono suddivise in vari gruppi dialettali da nord verso sud: lo zegliano (zilijsko), propaggine italiana, acquisita dopo il primo conflitto mondiale, del dialetto della valle carinziana di Zeglia, ancora diffuso in alcuni centri della Val Canale (Kanalska Dolina), a contatto con dialetti tedeschi e i friulani; il resiano (rezijansko), in uso nei paesi della Val di Resia, che, esibendo tratti conservativi, rappresenta un caso a sé tra i dialetti sloveni del Friuli; il tersko, cioè i dialetti del Torre, sulle Prealpi, con diramazioni verso l’area pianeggiante; il nadiško, ossia i dialetti della Val Natisone (e delle valli contermini), tipo più vitale ed esteso. A questi si affiancano le varietà della provincia di Gorizia (briško cioè del Collio o collinare) e di Trieste (kraško, parlato prevalentemente nei paesi del Carso).
Di tale articolata compagine va sottolineato che gli slavofoni della fascia prealpina orientale del Friuli hanno saputo preservare fino ai nostri giorni la loro antica parlata avvantaggiati dal relativo isolamento in cui si sono trovati i loro insediamenti, situati in aree scarsamente popolate, e dal tenace radicamento alle origini etnico-linguistiche. Sul piano del riconoscimento e della tutela, gli sloveni della Provincia di Udine sono stati lasciati un po’ nell’ombra fino all’entrata in vigore della legge 38/2001, che intrducendo “Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della Regione Friuli-Venezia Giulia”, ha promosso una significativa politica linguistico-culturale di sviluppo degli idiomi locali; alla normativa statale si sono poi affiancati provvedimenti regionali. Diverso è stato il trattamento riservato alle altre comunità slovene della regione, che godono della tutela da parte dello Stato, in particolare nel settore scolastico, prevista alla fine del secondo conflitto mondiale dal Memorandum di Londra del 1948 e poi dal Trattato di Osimo del 1975.
Gli abitanti delle aree slovenofone non sono concordi nella scelta degli strumenti e del modello linguistico da proteggere e promuovere, che alcuni vorrebbero appiattire sullo sloveno letterario, ritenuto in grado di salvaguardare anche l’identità linguistica delle valli della provincia di Udine. A tale opzione si oppone tuttavia una parte consistente della popolazione, che vi ravvisa un tentativo di imporre una lingua che non percepisce come sua (lo sloveno letterario), a svantaggio delle parlate locali, che sono considerate invece il patrimonio da tutelare. La ragione di tale atteggiamento dipende anche dalla consapevolezza che esiste un forte legame partecipativo con le vicende storiche e culturali del Friuli (e indirettamente, dell’Italia) mentre i rapporti con gli Sloveni dell’opposto versante alpino, seppur mai interrotti, non sono stati mai così stringenti. Fino a qualche anno fa, inoltre, ribadire le relazioni di parentela linguistica coi vicini della ex Repubblica Iugoslava assumeva in alcune comunità il valore di accettazione di un simbolo politico sgradito a molti.
 
*Fabiana Fusco è professore associato di Linguistica e Teoria e storia della traduzione presso l’Università degli Studi di Udine. I suoi interessi scientifici si rivolgono all’ambito della sociolinguistica italiana e di area friulana, dell’interferenza linguistica (Che cos’è l’interlinguistica, Roma, Carocci 2008) e della storia e delle tecniche della traduzione Dal 1997 collabora con il Centro Internazionale sul Plurilinguismo di cui è Direttore Vicario.
 

V šolskih klopeh v Terski dolini - A scuola sui banchi dell’alta Val Torre

 

Il plesso scolastico di Vedronza/Šolsko poslopje na Njivici

Se c’è una bella novità, all’inizio dell’anno scolastico 2020-2021, è quella della crescita delle iscrizioni alla scuola d’infanzia e primaria di Vedronza/Njivica, attive in seno all’Istituto comprensivo di Tarcento.

Alla scuola d’infanzia gli alunni in più rispetto allo scorso anno scolastico sono 4, per un totale di 11, mentre alla scuola primaria di alunni in più ce n’è ben 11, per un totale di 39.

Il sindaco di Lusevera/Bardo, Luca Paoloni, è soddisfatto per i numeri in crescita nel plesso scolastico di riferimento per il territorio comunale. «Molto è legato alla promozione del plesso, anche tramite iniziative, da parte dei genitori stessi dei bimbi che frequentano la scuola – sottolinea –. Ma di richiamo sono anche l’offerta del trasporto scolastico gratuito, che va a prendere i bambini fino a Tarcento, e la qualità stessa dell’insegnamento, con vari approfondimenti. Nel plesso scolastico di Vedronza, inoltre, grazie ai fondi montagna erogati dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, accanto alle normali attività scolastiche offriamo ai bimbi la possibilità di frequentare corsi, ad esempio di nuoto».

Sempre dal municipio, l’assessore all’Istruzione, Sara Pascolo, aggiunge che gli alunni al plesso scolastico di Vedronza sono seguiti molto bene, anche in ragione del loro numero ridotto. «Negli ultimi anni sono arrivate delle maestre giovani, che propongono molti progetti – dice –. Quello di Vedronza è un plesso pluriclasse, con pochi bambini ma molto seguiti. Le professoresse delle scuole medie spesso rilevano che i nostri bimbi sono più preparati rispetto a quelli che provengono da scuole con classi più numerose. Oltre a questo, contribuisce alla crescita del numero di iscritti il passaparola tra le famiglie e interno alle famiglie stesse. Il nostro plesso, inoltre, dispone di una mensa dotata di cuoco, con pasti preparati sul posto».

Come già il sindaco Paoloni, anche la assessora Pascolo nota il fattore di richiamo rappresentato dal servizio di scuolabus gratuito. «Andiamo a prendere i bimbi fino a Tarcento, dalla cui zona proviene circa il 70% dei bambini, tra il plesso d’infanzia e primario».

La dinamica è interessante. Se per decenni varie motivazioni economiche, lavorative e di vita hanno portato molti abitanti delle Valli del Torre a emigrare – in molti casi trasferendosi proprio a Tarcento – ora in ambito scolastico c’è una sorta di ritorno.

«Io stessa ho frequentato le scuole a Vedronza – spiega l’assessora Pascolo – e mi fa piacere rilevare questi numeri importanti».

Va aggiunto che probabilmente alcune famiglie sono state attratte a Vedronza anche in considerazione della pandemia di coronavirus. «Con meno concentrazione di persone, vedono il plesso come una realtà più protetta». (Luciano Lister)

Zelo spodbudna novica na začetek šolskega leta 2020-2021 je porast vpisanih v otroškem vrtcu in osnovni šoli na Njivici, ki delujeta pod okriljem Večstopenjskega zavoda Čenta.

V primerjavi s prejšnjim šolskim letom hodi v otroški vrtec 4 učencev več, za skupno 11 vpisanih; v osnovno šolo 11 otrok več, za skupno 39.

Župan Občine Bardo, Luca Paoloni, nam je povedal, da je rast posledica raznih dejavnikov. Sami starši učencev opozorijo na delovanje šolskega poslopja z raznimi pobudami; nadaljnja spodbuda sta brezplačni šolski prevoz in sama kakovost pouka. H kakovosti slednjega prispeva tudi samo omejeno število vpisanih, je z Občine dodala barska odbornica za kulturo, Sara Pascolo.

V trenutnih razmerah, ki jih zaznamujejo ukrepi proti širjenju pandemije novega koronavirusa, so nekateri starši verjetno ocenili, da je manj obiskano šolsko poslopje varnejše.


Dove si può sentire il gorgoglìo del ruscello

 «Vanno riempiti i borghi, dobbiamo tornare a vivere la natura. Il borgo va naturalmente recuperato perché l’urbanizzazione generalizzata crea delle persone psicologicamente molto fragili: non conosci neppure il vicino di casa, mentre nei borghi ci si dà una mano l’un l’altro. Non possiamo rimuovere la natura dalla nostra Esistenza».


Sono considerazioni del noto filosofo, sociologo, psicologo e giornalista Umberto Galimberti espresse in una recente intervista televisiva che ha trattato, tra altri, anche il tema delle possibili e necessarie modifiche comportamentali dettate dall’emergenza della pandemia. Un’altra voce che segnala la mancanza di razioci- nio del genere umano. «Abitiamo l’età della tecnica – ripete Galimberti –. La terra non è più la nostra casa, il nostro luogo di riferimento; l’abbiamo ridotta a materia prima, ne abbiamo cambiato anche la stessa percezione. Non è più luogo di abitazione ma un luogo di sfruttamento, il quale non si limita al suo uso consentito; siamo arrivati alla sua usura». Ma non è su questo secondo tema che vorrei soffermarmi, quanto piuttosto sul richiamo al valore, in parte ritrovato e da sfruttare, dei borghi, dei paesi dispersi sul territorio, a debita distanza dalla massiva concentrazione delle città e delle megalopoli.

In questo contesto ci trovo un possibile nuovo ruolo delle zone periferiche, delle località dove ha ancora peso la Natura, quella con l’iniziale maiuscola. Là dove si possa sentire il flebile sibilo della brezza del mattino, il profumo d’acacia, il gorgoglio del ruscello, i cinguettii dell’alba e la frescura del bosco. Bellezza – come significato filosofico dell’anima – contro tecnologia, che svuota l’anima in nome dell’efficienza e della produttività.

Per questo non posso non pensare alla nostra Slavia, alle vicine vallate ed ai monti che fanno da corona alla pianura friulana.

I borghi, i paesi, i piccoli insediamenti di valli e contrafforti montani; là dove la socialità ha occasione di espandersi per una frequentazione di vicinanza e di conoscenza reciproca, spesso di collaborazione, solidarietà e accoglienza.

Si leggono notizie di iniziative di amministrazioni comunali o singoli che offrono, magari per una cifra puramente simbolica, fabbricati in borghi semideserti nell’intento di rivitalizzarli e di preservare nello stesso tempo patrimoni architettonici e culturali altrimenti irrecuperabili. Di recente un trafiletto su un settimanale ha richiamato la mia attenzione: la giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha varato un bando da dieci milioni di euro riservato a giovani coppie o famiglie per favorire l’acquisto o la ristrutturazione di una casa d’abitazione in uno dei 119 Comuni dell’Appenino emiliano-romagnolo. Da 10 a 30 mila euro a fondo perduto per il recupero di un patrimonio edilizio a rischio di totale o parziale degrado.

Camminando e conversando per strade, sentieri, sottoboschi montani, magari nella pura e semplice ricerca di luoghi sconosciuti, di nuove suggestioni, di un luogo tranquillo in cui gustare il creato lontano dalla cacofonia e della frenesia lavorativa, si prova una sensazione particolare; perfino il dialogo tra parenti o amici si fa più silenzioso, non concitato, quasi rispettoso del dialogo del vento con le fronde degli alberi, attenti al richiamo della coturnice, del picchiettio o del richiamo del picchio. L’emozione per un incontro fortuito con la volpe o il capriolo e la sorpresa per la vivacità aerea dello scoiattolo sui rami più alti.

Questo magari per un giorno di gita in montagna per chi vive e lavora in città… ma chi nel borgo ci vive, può gustare, volendo, tutta la meraviglia della natura perché ci vive dentro. E, se incontri qualcuno, viene spontaneo almeno un cenno di saluto, senza la fretta e la chiusura impersonale del marciapiede.

Una fortuna, purtroppo solo teorica, quella dei borghi valligiani della Slavia, quando già negli anni difficili della ricostruzione dopo il terremoto di 44 anni fa, leggi favorevoli dello Stato permisero di ristrutturare, di salvaguardare buona parte del patrimonio edilizio locale. Nel frattempo una politica regionale miope ed autolesionista – al contrario di quanto è stato possibile fare per arginare il degrado demografico nelle province autonome del Trentino e del Sud Tirolo – ben poco ha fatto per mantenere vitale, produttivo e dinamico il territorio montano che rappresenta almeno la metà del territorio regionale. Oggi ci ritroviamo con migliaia di case vuote, specie nella fascia territoriale confinaria, le porte sprangate, gli orti invasi di rovi e ortiche, gli ex-prati coperti da boschi cedui, residui di un’economia montana che non ha potuto svilupparsi. Ma le case hanno ancora i rispettivi padroni, magari figli o nipoti di chi le abitava ed è possibile ipotizzare che molti di essi, con opportuni contributi economici, si sentirebbero in grado di ritornarvi, complice lo stesso rischio della pandemia e le possibilità offerte dallo smart working.

Chissà cosa potrebbe cambiare se anche la regione Friuli Venezia Giulia prendesse ad esempio iniziative similari a quelle emiliano-romagnole citate. Ne guadagnerebbe l’ambiente, la salute di nuove generazioni coraggiose e, almeno per essi, una vita più vivibile magari senza eccessive rinunce al falso e rischioso benessere dei grandi agglomerati urbani.

https://www.dom.it/dove-si-puo-sentire-il-gorgoglio-del-ruscello/

5 ott 2020

Ancora senza cura nelle lingue locali

 


È trascorso un anno da quando l’ex parroco di Tarvisio/Trbiž, don Claudio Bevilacqua, ha annunciato alle parrocchie della Collaborazione pastorale le proprie dimissioni. Bevilacqua, che ora ha 76 anni, ha guidato la parrocchia di Tarvisio, allora sede foraniale, dal 2002 al 2019. Ha assunto la decisione di lasciare l’incarico di concerto con l’arcivescovo Mazzoccato, dopo avere rilevato come l’incarico gli fosse da tempo gravoso. Negli ultimi anni, infatti, è mancato dapprima mons. Dionisio Mateucig (parroco a Camporosso/Žabnice e rettore al santuario di Lussari/Svete Višarje), quindi don Giuseppe Morandini (parroco a Fusine, Cave del Predil e referente della comunità di Coccau) e, infine, don Mario Gariup (parroco a Ugovizza/Ukve e Malborghetto-Valbruna/Naborjet-Ovčja vas).

A novembre 2019 l’incarico di parroco della Collaborazione pastorale di Tarvisio, con la cura delle parrocchie di Tarvisio, Camporosso, Fusine, Cave del Predil, Ugovizza e Malborghetto-Valbruna, è stato assunto da don Alan Iacoponi. Ha 43 anni e prima ha prestato servizio, da vicario parrocchiale, a Gemona del Friuli. È nato in Bolivia ed ha origini toscane. Ad aiutarlo in pianta stabile nelle parrocchie della Valcanale, come vicario parrocchiale, in questo momento c’è solo don Gabriel Cimpoesu, che ha 44 anni e viene dalla Romania.

Nel presentarsi alla comunità, l’anno scorso don Iacoponi aveva mostrato molta apertura, promettendo che avrebbe imparato anche lo sloveno e il tedesco.

Con l’eccezione di Lussari/Svete Višarje, nell’ultimo anno nella vita religiosa di Ugovizza e Camporosso lo sloveno è stato presente soprattutto su iniziativa dei fedeli, che hanno contribuito con letture, quando non con qualche preghiera bilingue; a Valbruna col canto. Un certo coinvolgimento rispetto alla multiculturalità della fede locale è stato dimostrato da don Giovanni Driussi, che tra novembre 2019 e settembre di quest’anno ha prestato aiuto nelle parrocchie della Collaborazione pastorale soprattutto nei fine settimana.

Escludendo p. Peter Lah, che si occupa del santuario di Lussari in particolar modo nei mesi estivi, nel nuovo anno pastorale della Valcanale ancora non c’è cura spirituale in sloveno e nelle altre lingue tradizionali. Questa situazione si protrae da novembre dell’anno scorso, quando, poco prima dell’arrivo di don Iacoponi a Tarvisio, è partito p. Jan Cvetek. Il padre francescano, che ha 39 anni e proviene da Bohinj, aveva prestato aiuto soprattutto nelle parrocchie di cui fino alla morte era stato titolare don Mario Gariup, ovvero a Malborghetto, con le filiali di Bagni di Lusnizza, Santa Caterina e Valbruna/Ovčja vas, e Ugovizza/Ukve.

Allo scadere del relativo accordo tra l’arcidiocesi di Udine e la provincia francescana slovena i fedeli della Valcanale hanno preparato una lettera, con cui hanno chiesto agli esponenti del clero diocesano competenti di accogliere nuovamente p. Cvetek nell’arcidiocesi di Udine, indirizzandolo alle loro comunità. La lettera è stata sottoscritta da un migliaio di fedeli da tutte le località valcanalesi – e nella valle risiedono circa cinquemila abitanti. Il documento è stato consegnato dai rappresentanti di varie parrocchie della Valcanale all’arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzoccato, già a dicembre dell’anno scorso. La risposta alla lettera, tuttavia, deve ancora arrivare, così come la cura delle anime nelle lingue locali.

https://www.dom.it/se-brez-oskrbe-v-domacih-jezikih_ancora-senza-cura-nelle-lingue-locali/?fbclid=IwAR36_3rAPukvRYw412U0qkTBlgwaMR7ky6KQqf9vaWFnkk7hNClMrb6f80g

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