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🌞Blog che parla del Friuli: in particolare delle minoranze linguistiche slovena,friulana e tedesca e non solo. ❤️ Sono figlia di madre slovena (Ljubljana) e di padre appartenente alla minoranza slovena della provincia di Udine🌞 (Benecia).Conosco abbastanza bene la lingua slovena.Sono orgogliosa delle mie origini.OLga

INNO SLOVENO

তততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততত INNO SLOVENO "Vivano tutti i popoli che anelano al giorno in cui la discordia verrà sradicata dal mondo ed in cui ogni nostro connazionale sarà libero, ed in cui il vicino non sarà un diavolo, ma un amico!"❤️ FRANCE PREŠEREN poeta sloveno তততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততততত

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5 ott 2020

Benečija naš dom-Benečia la nostra casa

 


Il direttore del giornale cattolico ha scritto un libro dove sono raccolti tutti gli articoli di fondo pubblicati dal Dom dal 2003 fino all'inizio di quest'anno. Due volte al mese, mons. Qualizza offre ai lettori pensieri.commenti,incoraggiamenti,critiche e consigli su vari aspetti e problemi della Benečija.

La presentazione del libro di mons. Marino Qualizza"Benečija naš dom", avrà luogo sabato, 10 ottobre, al termine della santa messa in sloveno alle 18.30 nella chiesa parrocchiale di San Pietro al NatisoneSarà anche l’occasione per fare gli auguri a mons. Qualizza per il suo 80° compleanno.

Duomo di San Pietro/Špeter


4 ott 2020

Feste delle castagne in tono minore

 


Le tradizionali feste delle castagne, che animano l’autunno della Benecia, quest’anno sono condizionate dalla pandemia di Covid-19. Così la festa di Valle sarà incentrata, tutti i fine settimana di ottobre, su raccolta di castagne al sabato e passeggiate nei dintorni del paese la domenica. Anche a Lusevera, l’11 ottobre, al mattino ci sarà una belle escursione alla scoperta dell’Alta Val Torre, mentre nel pomeriggio si terrà un concerto di musica classica in chiesa. Annullato l’appuntamento organizzato dalla Planinska družina Benečije a Montefosca, non ci sono notizie riguardo al Burnjak più conosciuto, quello di Tribil superiore.

https://www.dom.it/letos-drugacni-burnjaki_feste-delle-castagne-in-tono-minore/

Sopa o Zupa Jaicova (pronuncia “Iaizova”)

Stregna

 Sopa o Župa Jaicova (pronuncia “Iaizova”)

Minestra di pane, camomilla e uova

Soffriggere nel burro (poco) del pane sminuzzato poi aggiungere:
1 - acqua calda e lasciar cuocere.
2 - uovo crudo
Mescolare energicamente.
3 - camomilla (un po’)
Aggiustare con sale.
... c’è anche la variante con i semi di finocchietto selvatico.
Ricetta di Antonella Loszach

A Tribil Inferiore si chiama Ponada.
Pane raffermo la mamma dice, no panini ma kruh host (pagnocca) da soffriggere in poco burro poi aggiungere acqua fredda (questo è il segreto) portare a bollore poi si stemperano uno o due uova. Fiore di camomilla per profumare e formaggio a volontà.
Al sale e pepe a volte la serviamo come saluto della cucina.
Consigli di Teresa Covaceuszach

3 ott 2020

PROVERBIO delle Valli del Natisone/Nediške doline

 Vignetta di Moreno Tomazetig dal giornale Dom



Quando in ottobre il vino bolle ,il cuore del contadino ride
(in dialetto sloveno delle valli del Natisone)


Invito a pranzo nelle Valli del Natisone

 www.invitoapranzo.it


SCARICA PDF LIBRETTO

SLAVIA: Un unico popolo e un'unica lingua, alle origini degli slavi

 

da wikipedia

Matteo Zola
 

Da dove vengono gli slavi? Quale fu il loro spazio originario? Sono interrogativi senza risposta. Sappiamo che appartengono al grande ceppo indoeuropeo, e sappiamo che giunsero alle porte d’Europa tra il secondo e il terzo secolo dopo Cristo. Cosa fu di loro prima di allora lo si può a malapena dedurre dai ritrovamenti archeologici che ne mostrano la progressiva “iranizzazione” (non pensate all’odierno Iran, che pure non sarebbe così sbagliato, ma a sarmati, sciti, alani, popolazioni indoeuropee – come gli iraniani di oggi – che occuparono l’area della moderna Persia). Dalle popolazioni iraniche apprenderanno anzitutto la coltivazione della terra e la cremazione dei morti, tratti salienti della cultura slava fino alla conversione al Cristianesimo avvenuta, più o meno, intorno all’anno Mille.

Quando arrivano alle porte d’Europa gli slavi hanno una cultura definita, una propria produzione artigianale e una forte connotazione agricola. Non hanno scrittura (non l’avranno fino al nono secolo dopo Cristo) ma parlano la stessa lingua, lo “slavo comune“. Si stanziano nel bacino del Pripjat, tra i fiume Dnestr e Dnepr, o almeno così si crede. A spingerli in quelle terre, a cavallo tra le moderne Ucraina e Bielorussia, è la spinta di altri popoli che premono verso ovest. E’ infatti quella l’età delle grandi migrazioni.

Lo “slavo comune”

La lingua originaria degli slavi è oggi deducibile grazie alla filologia, esistono infatti molte parole comuni nelle moderne lingue slave grazie a cui è stato possibile stabilire quale fosse il “proto-slavo”, detto anche “slavo comune”, da non confondersi con il “paleoslavo”, di cui parleremo in futuro, che è stata la prima lingua letteraria. Lo “slavo comune” andò differenziandosi via via che le tribù slave si allontanavano tra loro, nello spazio e nel tempo, dopo aver lasciato la “culla” originaria nel bacino del Pripjat. Cosa fu a dividerle? La spinta di altre popolazioni provenienti da oriente, come gli unni e gli avari, frantumarono l’unità slava costringendo le tribù a disperdersi. Queste, nella loro diaspora, arriveranno a occupare uno spazio immenso che va dal Baltico al Mar Nero. L’uniformità linguistica ha retto fino al nono secolo, pur deteriorandosi rapidamente dal sesto secolo in poi. Ne sono nate una dozzina di lingue tra loro collegate da molti dialetti. Oggi, da Mosca a Praga a Skopje, la differenza non è così grande come sembra e sono ancora circa millesettecento le parole comuni.

La differenziazione è stata progressiva, tuttavia è stata più marcata dove la continuità tra genti slave è stata spezzata. Ad esempio gli slavi che, dalla “culla” originaria, si diressero verso ovest, si trovarono a un certo punto separati dagli slavi del sud a causa della presenza germanica e magiara. Le lingue slave si dividono oggi in tre gruppi che raccolgono lingue tra loro simili:

– lingue slave occidentali: polacco, ceco, slovacco, sorabo e casciubo

– lingue slave orientali: russo, bielorusso, ucraino

– lingue slave meridionali: sloveno, macedone, serbocroato e bulgaro (sul serbocroato, che tante questioni ha sollevato dopo la fine delle guerre jugoslave, si legga qui)

Il vocabolario comune

Dal vocabolario comune possiamo comprendere quali fossero le conoscenze tecniche degli slavi e come fosse il loro ambiente originario: descrivevano l’ambiente circostante con termini specifici per l’elemento acquatico (fiume, torrente, lago, mare ma anche palude, fango, acquitrino, ghiaccio). Conoscevano le stagioni, segno che vivevano in una zona temperata, e sapevano definire il tempo. Fanno pare del vocabolario comune il miglio, l’orzo, l’avena, la canapa e il lino, e usavano l’aratro, la vanga, il rastrello, il falcetto e la zappa. Conoscevano l’albero del melo ma non il faggio, cui diedero nome solo dopo essere migrati verso le terre dei germani (lo chiameranno “buk”, dal tedesco “buche”). Il loro mondo spirituale era fatto di divinità legate alla terra, alla guerra, ma anche a virtù morali (come amore, odio, giustizia, vendetta, bene e male, saggezza e castigo) che avevano sviluppato ben prima dell’incontro con il Cristianesimo. Ma è nella definizione delle strutture famigliari che raggiungono livelli tali da superare i germani, segno dell’importanza e della complessità dei rapporti sociali. I termini per descrivere queste realtà restano ancora oggi comuni ai popoli slavi.

La radice indoeuropea

Anche se i nazisti sostenevano il contrario, gli slavi sono indoeuropei (indogermanici o indoariani, come dicevano a Berlino). Questo si riscontra proprio nel vocabolario famigliare: mat, in russo, e mati in ucraino, ceco, serbocroato, bulgaro e sloveno, sono l’equivalente del latino mater e del tedesco mutter. Nel russo e nel bulgaro il termine sestra corrisponde al latino soror, quindi sorellasoeursister. Lo stesso vale per il russo brat, che è brother in inglese e frater in latino. La casa è dom in molte lingue slave, come in latino è domus, ed evidente è la comune origine del latino mare e dello slavo more. Interessante, in ambito tecnico, la parola kamen, che in slavo vuol dire pietra ma la cui radice “kam” è da accomunare alla radice germanica “ham“, che in inglese dà “hammer” (martello, che è fatto di pietra) e l’islandese hamarr conserva il significato originario di “roccia”.

Lo spazio slavo originario resta tuttavia difficile da definire e proprio per questo si è spesso prestato ad essere immaginato. E’ anzitutto uno spazio psicologico, un luogo vasto e perduto cui riandare nei momenti di difficoltà, quando l’identità delle nazioni slave è oppressa. Un’identità tuttavia forte, la cui specificità si è mantenuta grazie al relativo isolamento in cui gli slavi si sono trovati tra il 1000 a.C. e il 500 d.C.. Da quel momento in poi inizierà la storia degli slavi per come oggi la conosciamo. Una storia europea che vi racconteremo nelle prossime puntate.

https://www.eastjournal.net/archives/49533

BUON COMPLEANNO MATAJUR

AUGURI-VSE NAJBOLŠE




IL 3 OTTOBRE IL MATAJUR/NOVI MATAJUR COMPIE 70 ANNI

 ORGANO DEGLI SLOVENI DELLA BENEČIJA-GLASILO

BENEŠKIH  SLOVENCEV
ČEDAD/CIVIDALE, 3. Ottobre 1950.
Anno/Leto 1-numero 1/štev.1

Primo giornale degli Sloveni bella Benečija
3 ottobre 1950 primo numero

Il Novi Matajur è il settimanale degli sloveni della provincia di Udine. Dal primo numero uscito nel 1950 il 3 ottobre (MATAJUR) diretto per 23 anni da Tedoldi Vojmir (mio padre) svolge un importante ruolo informativo, culturale e di collegamento. Il giornale è bilingue, gli articoli sono in sloveno standard o nei dialetti locali e in italiano.Ora è diretto da Michele Obit. Il 3 ottobre 1950 a San Pietro al Natisone uscì il primo numero del periodico Matajur,portavoce della Benečija.L’idea di istituire questo giornale venne a Vojmir Tedoldi, a sua moglie Jožica Miklavčič (mia madre),a Mario Cont e a Izidor Predan (Dorič).

Il nome Matajur lo prese da un giornale partigiano del 1944.
Inizialmente la redazione ebbe sede a San Pietro al Natisone,ma poi a causa dei movimenti antisloveni di allora, fu trasferita a Udine dove vi rimase fino alla fine del 1973.

Inizialmente si stampava a Gorizia nella tipografia Lukežič e poi a Udine da Marioni. Fino ad allora il direttore responsabile del Matajur fu Vojmir Tedoldi,giornalista di Cornappo,che con la moglie Jožica si è impegnato per la diffusione della lingua slovena in Benečija attraverso il Matajur.
All’inizio usciva su due,a volte quattro pagine ,poi si arricchì di più fogli ed iniziò a pubblicare un’appendice linguistica in italiano che presentava, in modo semplice,le regole della grammatica slovena (le declinazioni).
Successivamente diventò quindicinale con più pagine ed immagini a colori.

Il Matajur era scritto nei vari dialetti della Benečija, in sloveno ed italiano.
Essere direttore di un giornale sloveno in provincia di Udine per gli anni 50′-60’non era era facile.
Ricordo con piacere le belle illustrazioni del prof. Emilio Kavčič ,originario della Benečija,insegnante all’istituto d’arte di Udine.
Gli abbonati del Matajur erano Benečani delle varie valli ed emigranti sloveni dell’ Europa e del mondo.
Attraverso la lettura del giornale generazioni di benečani hanno imparato a leggere e a scrivere nelle varianti di dialetto e si sono avvicinati alla lingua slovena letteraria.
Dal 1 gennaio 1974 il periodico prese il nome di Novi Matajur,la redazione da Udine si trasferì a Cividale,dove ha sede tuttora.Il direttore responsabile era Izidor Predan fino all’ 84, con il primo gennaio 1985 il giornale è diventato settimanale, la direzione è stata affidata prima a Iole Namor. Oggi è direttore responsabile Michele Obit.
Il Matajur e il suo successore Novi Matajur, pubblicando contributi in italiano, sloveno e in diverse varianti dialettali, svolge un’attività informativa, culturale e di raccordo sia sul territorio che tra gli sloveni emigrati all’estero.(O.T.)

 

Primo direttore del Matajur - Tedoldi Vojmir

Predan Isidoro/Dorič

Jole Namor

Miha/Michele Obit
attuale direttore


disegno di Emil Cenčič



Il Natisone a Purgessimo

Una forra del Natisone che non conoscevo. Incontrato lungo le rive due tedeschi, uno sloveno, un friulano, l'unico italiano ero io. Un fiume cerniera fra i popoli.

2 ott 2020

Alla scoperta dell'origine degli slavi

Matteo Zola

Gli slavi sono un popolo antico di cui, però si sa ben poco. La loro storia non si studia nelle nostre scuole, nemmeno quella moderna. Eppure sono il terzo gruppo etnico-linguistico maggioritario d’Europa, insieme a quello latino e a quello germanico. Ma nulla, silenzio. Come se non facessero parte della nostra storia, di una storia europea che anche adesso – malgrado esista una “unione” – è vittima di chiavi di lettura nazionaliste o più semplicemente di ottusità mentale. Nulla si insegna dei Balcani, tanto vicini, o della Polonia, e incrociamo la Russia solo quando arriviamo alle guerre napoleoniche o a Pietro il Grande che tagliò la barba ai boiari.

Qualcosa, per fortuna, sta cambiando negli ultimi anni ma non si esce dal raggio della storia moderna e contemporanea. Esiste però una storia più antica della quale non si parla mai. Chi sono gli slavi? Da dove vengono e quando si sono stanziati in Europa? Quale era la loro cultura e la loro religione, come si è evoluto il loro carattere nazionale? Lungi dal voler fare lezioni di storia, dedicheremo nei prossimi mesi uno spazio fisso all’approfondimento su questi temi. Lo chiameremo “slavia” e affronteremo i temi delle origini dei vari gruppi slavi, della formazione dei primi regni (come la Rus’ di Kiev o il khanato bulgaro), e delle loro vicende prima della conversione al Cristianesimo, affrontando un periodo storico che va dal secondo secolo d.C. all’anno Mille.

Nel farlo cercheremo di essere semplici mettendo in luce aspetti meno noti e assai curiosi, fornendo a tutti le coordinate per capire, anche senza una conoscenza pregressa, di cosa stiamo parlando. Sacrificheremo qualcosa all’approfondimento, poiché si tratterà di brevi articoli, ma cercheremo di farvi discutere e riflettere: in modo più o meno polemico, infatti, metteremo in relazione quegli antichi fatti con l’attualità.

Chi volesse approfondire può iniziare da Gli slavi, di Francis Conte, Einaudi 2006, da cui questa rubrica prende le mosse; da Gli slavi nella storia e nella civilità europea, di Francis Dvornik, Ed. Dedalo 1993; e Chi sono gli slavi? di Saronne e Alberti, Clueb 2002. E speriamo che la prossima volta che andrete in vacanza in Polonia, nei Balcani, in Russia, possiate avere qualche piccola consapevolezza in più. O che quando guarderete vostra moglie o la vostra fidanzata la prossima volta, le possiate dire “cara, pensavo tu fossi ucraina e invece sei svedese”. 

 https://www.eastjournal.net/archives/49583


LA POESIA DI PATRICIJA DODIČ traduzione di Jolka Milič

 

LA POESIA DI PATRICIJA DODIČ di Jolka Milič


Večer

Diši po domačem žganju.
Po napovedanem prihodu.
André Velter je v glinenem pepelniku
tisoče kilometrov stran od svojega prsta
ugašal čik.
Plin je požiral vonj brusnice z olupki bledih pomaranč.
Koža je sivo blestela.

Povej, kako deluje skrajna ljubezen, ko ostaneš sam?

Sera
Odore di grappa fatta in casa.
Dopo l’arrivo preannunciato.
André Valter,{*} a distanza di qualche migliaio
di chilometri dal suo dito, spegneva la cicca
nel posacenere di argilla.
Il gas divorava il profumo dei mirtilli rossi con le bucce delle pallide arance.
La pelle risplendeva grigia.

Dimmi come funziona l’amore estremo, quando resti solo?
{*}Poeta francese (1945), autore di molte raccolte di poesia,
ritenuto uno dei poeti contemporanei più importanti.


Patricija Dodič
è nata a Capodistria nel 1969 e vive a Ilirska Bistrica (Slovenia).
Poetessa, pubblicista, designer, bibliotecaria e tantissime altre cose inerenti alla letteratura, delle quali si occupa intensamente. Laureata in lingua slovena e francese, con indirizzo letterario filologico. Collaboratrice instancabile di quasi tutte le riviste letterarie slovene e organizzatrice e moderatrice di serate di poesia e culturali.
Suoi testi sono stati inseriti in molte antologie e scelte collettive.
Raccolte poetiche: Pet minut blaznosti (Cinque minuti di follia), 2008; Črno obrobljene oči (Occhi orlati di nero), 2008; Wada, 2014; Ljubimje (Amorevolezza), 2015 e Ekstremofil (Estremofilo), 2017.
(Foto di Ivan Dobnik)

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