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6 gen 2022

Proverbio ceco

 



"Quante più lingue conosci, tanto più sei un essere umano."Proverbio ceco

Imparare più lingue rende davvero più intelligenti e creativi? Quella che sembra una diceria, una frase fatta, in realtà ha una base scientifica: apprendere più lingue significa tenere in allenamento il cervello e mantenerlo più giovane. Ma non solo, l’apprendimento di più lingue cambia la visione del mondo.

https://www.aniti.it/parlare-piu-lingue-come-cambia-la-visione-del-mondo/



5 gen 2022

Canto per l'Europa

 

Un viaggio da oriente verso occidente, in barca. A bordo Evropa, una fuggiasca siriana, e quattro cavalieri: Petros il nocchiero greco, Ulivi il cuoco turco, Sam il nostromo francese e il narratore. In libreria "Canto per l'Europa", di Paolo Rumiz. Una recensione


29/12/2021 -  Fabio Fiori

Un libro di Paolo Rumiz è sempre un viaggio. In bici verso Istanbul, in treno per Odessa, a piedi sulla Via Appia, con una vecchia topolino su e giù per gli Appennini. Ha anche camminato nelle trincee delle guerre europee, ha viaggiato da fermo nel ventre di un ciclope in forma di faro. Senza dimenticare la sua predilezione per l'Oriente. In particolare per i Balcani, forse perché “dell'Europa ne sono il cuore di cui mai abbastanza ci si servirà”, riprendendo le parole di un'altro straordinario scrittore errante: Nicolas Bouvier.

In questo nuovo  “Canto per Europa” (Feltrinelli; 255 pp, 17 euro), si viaggia a vela, nella maniera più antica, almeno tra le sponde di quel Mediterraneo che oggi per “molti è solo una massa infinita d'acqua salata”, mentre per i migranti è “Pontos, passaggio, imbarcadero di terra promessa”. Un Mediterraneo che da millenni è al centro di straordinarie avventure e di terribili disavventure, ieri come oggi. Ed è proprio su questo doppio registro, di favola e tragedia, che oscilla questo viaggio di Paolo Rumiz, arricchito dalle illustrazioni oniriche di Cosimo Miorelli, che firma anche la copertina.

Il narratore di questa storia è un Rapsodolevantino, permettendosi un epiteto che si aggiunge agli altri: Scriba, Barbadineve, Taciturno. Perciò nel libro cerca innanzitutto un ritmo, quello dell'endecasillabo, e l’avvia nel proemio come una vecchia fiaba: “In una notte nitida di ottobre”. Una fiaba con una principessa chiamata Evropa, una fuggiasca siriana, e quattro cavalieri: Petros il nocchiero greco, Ulivi il cuoco turco, Sam il nostromo francese e il narratore. Una fiaba nera, come le nuvole che attraversano oggi, o forse da sempre, i cieli d'Europa, “il sogno di chi non ce l'ha”; quello della protagonista: l'Enigmatica, l'Ostinata, la Caparbia. Una giovane figlia dell’Asia che, come tante, scappa da una terra in fiamme, da violenze inenarrabili, da follie sanguinarie. “La divina migrante risplendeva / e quel suo piccolo corpo umiliato riabilitava gli uomini, aveva il potere di liberare il mondo / dal caos, dal disamore e dal frastuono”. Ma, come in tutte le favole, gli uomini non sono i soli personaggi; altrettanto importanti sono gli dei, gli animali, le geografie: terrestri, marine e celesti. Inoltre c'è una seconda, seducente protagonista: Moya, la barca, senziente e parlante.

Moya è realtà che supera la fantasia, perché Moya esiste e naviga ancora oggi. Un barca varata in Inghilterra più di cento anni fa, capace di superare due guerre e un naufragio, con scafo nero e vele rosse. Il suo albero genealogico, quello dei suoi armatori, suggella “uno sposalizio tra due mondi”, d'oltremanica e mediterraneo. Perciò ancora più straziante è il dolore di Petros, il suo ultimo comandante, per un'Europa rimasta orfana proprio dell'Inghilterra. Petros, “ammiraglio delle anime”, triestino di nascita ma figlio pagano dell'Ellade, inglese d'adozione, insegnante a Cardiff, dove cercava di far capire ai ragazzi le meraviglie del mare degli antichi.

Petros che con appassionata perizia marinaresca teneva a poppa l'Union Jack e issava ogni giorno alle crocette la bandiera blu stellata. Bandiere e vele al vento, per un viaggio che parte nell'estremo oriente mediterraneo, con un incontro fatale a Tiro, sulle coste del Libano. Lì, in un tramonto di marzo, nella vita dei quattro barbuti irrompe una ragazza che “sapeva di elicriso e di spavento”, ma controllava la paura e aveva un unico obiettivo. “Andarsene voleva in capo al mondo”, lontano dalla sua patria siriaca sfigurata da guerra, ferocia e ingiustizia.

Così il viaggio dei moyanauti diventa mitopietico: nella barca si rinnova l'unione tra Zeus ed Europa, dalla barca si osserva la follia degli uomini, sulla barca si ritrova la necessaria relazione con il dionisiaco. Moya naviga da oriente verso occidente, toccando Cipro isola sacra ad Afrodite, Rodi l'isola-mandorla, Creta che ha pelle di rugiada, Lesbo fiammeggiante, Ikaria artigliata dall'Austro, Tinos con le sue seicento chiese e tanti altri luoghi di quell'Arcipelago che è antica culla dei miti mediterranei. Ma il viaggio prosegue, i moyanauti inseguono il sole per poter soddisfare le richieste della ragazza, che si rivelerà essere Nostra Signora del Mediterraneo. Avvisteranno l'Etna, il monarca di fuoco, attraverseranno lo Stretto dagli infidi gorghi, seguiranno il falò dello Stromboli. Tanto altro accadrà nell'ultimo capitolo, intitolato “Libro del mare immenso”. Fatti marinareschi ordinari e straordinari, accadimenti divini dolci e amari.

Perché, come ricorda Eros a Tànatos, nei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese: “Quando un dio avvicina un mortale, segue sempre una cosa crudele”.

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Europa/Europa-bella-amata-e-dannata-214804

creative commons

La befana

immagine dal web

 La Befana, corruzione lessicale di Epifania (dal greco ἐπιφάνια, epifáneia) attraverso bifanìa e befanìa, è una figura folcloristica legata alle festività natalizie, tipica di alcune regioni italiane e diffusasi poi in tutta la penisola, meno conosciuta nel resto del mondo. Secondo la tradizione, si tratta di una donna molto anziana che vola su una logora scopa, per fare visita ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio (la notte dell'Epifania) per riempire le calze lasciate da essi, appositamente appese sul camino o vicino a una finestra; generalmente, i bambini che durante l'anno si sono comportati bene riceveranno dolciumi, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli. Al contrario, coloro che si sono comportati male troveranno le calze riempite con del carbone o dell'aglio.da wikipedia





I 3 RE MAGI


 Nella tradizione cristiana i re magi (singolare magio) sono alcuni saggi astrologi che, secondo il Vangelo di Matteo , seguendo «il suo astro» giunsero da Oriente a Gerusalemme per adorare il bambino Gesù, il «re dei Giudei» che era nato.

Gli storici e alcuni biblisti cristiani interpretano questo racconto evangelico come un particolare leggendario[2], mentre altri biblisti e il Magistero della Chiesa cattolica ne sostengono la veridicità. Il particolare ha comunque avuto una straordinaria fortuna artistica, in particolare nelle rappresentazioni della natività e del presepe.

Il racconto evangelico li descrive in maniera estremamente scarna e la successiva tradizione cristiana vi ha aggiunto alcuni particolari: erano tre (sulla base dei tre doni portati, oroincenso e mirra) e si chiamavano MelchiorreBaldassarre e Gaspare. Nel tardo medioevo si ritenne che fossero oltre che sapienti anche dei re, venuti simbolicamente a rendere omaggio al bambino Gesù dalle tre parti del mondo allora conosciuto: Asia, Europa e Africa. Per questo motivo nelle raffigurazioni artistiche uno dei magi a volte è raffigurato con la pelle scura. Secondo la simbologia bizantina a volte sono raffigurati come le tre età dell'uomo: il giovane, l'uomo maturo e l'anziano.

https://it.wikipedia.org/wiki/Magi_(Bibbia)


Magi(a) di Natale… tre concerti per i tre Re

L'Associazione musicale Serenade Ensemble di Muggia propone una serie di concerti dal 19 dicembre al 7 gennaio

Magi(a) di Natale… tre concerti per i tre Re

L'Associazione musicale Serenade Ensemble di Muggia si "fa in tre", proponendo una serie di concerti tra la quarta domenica d'Avvento e l'Epifania con la fattiva collaborazione della Parrocchia Santi Giovanni e Paolo e degli "Amici di Muggia Vecchia"per formulare anche quest'anno gli auguri in musica. La musica alla corte Versailles sarà il filo conduttore dei primi due concerti, in programma domenica 19 dicembre alle ore 16.00 al Duomo di Muggia e domenica 26 dicembre alle ore 17.00 presso il Santuario di Muggia Vecchia. Il complesso "Musica Gentil in Corso", curato da Andrea Sfetez e formato da flauti, liuto, chitarre, violino, violoncello e clavicembalo, proporrà pagine musicali di autori francesi composte tra il '500 e il '700 ospitando anche musicisti di Trieste e del vicino Veneto per arricchirne i colori musicali. Il concerto del 19 dicembre sarà introdotto dal Coro "Semplici Note" che formulerà un augurio in musica.
Nel terzo e conclusivo appuntamento di venerdì 7 gennaio alle ore 19.00 presso la Sala "Roma" del Ricreatorio Penso di Muggia si darà spazio invece alla musica della tradizione natalizia e folcloristica locale e italiana eseguite dal Coro "Semplici Note" di Muggia diretto da Giulia Fonzari e dalla neocostituita orchestra "In punta di plettro" diretta da Francesca Pernigo e composta tra i gruppi musicali della Serenade Ensemble. I tre concerti vengono proposti nell'ambito del "Progetto Aris"/Invecchiamento attivo a Muggia.


Nell'occasione verrà annunciato il cambio al vertice della Serenade Ensemble: al giovane presidente Giacomo Sfetez succede un nome di prestigio nella storia della musica e musicologia. Ivano Cavallini, docente accademico a Palermo e triestino d'adozione, ha infatti accettato con entusiasmo la proposta di guidare l'associazione muggesana.

Ingresso libero. Accesso con Green Pass obbligatorio. Il progetto “Crescere tutta la vita” è finanziato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia con risorse statali del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali ai sensi degli artt. 72 e 73 del d.lgs. 117/2017 “Codice del Terzo Settore”.
https://www.ilfriuli.it/articolo/spettacoli/magi(a)-di-natale%E2%80%A6-tre-concerti-per-i-tre-re/7/257214

    Proverbio delle valli del Natisone

     




    Če lesjak ženarja laja,huda zima se nastaja.

    Se in gennaio il lupo abbaia si prepara un crudo inverno.

    da http://www.lintver.it/cultura-tradizioni-dettimeteo.html


    S


    Da "ATTIVITA' INTEGRATIVE" Sc. Media Statale "Dante Alighieri" S. Pietro al Nat.e in gennaio il lupo abbaia, si prepara un crudo inverno.

    Riti epifanici in Friuli

    dal web

     La messa dello spadone è una celebrazione liturgica rituale che si svolge ogni anno il 6 gennaio nel duomo di Cividale del Friuli.

    Questo rito, unico nel suo genere, ha origine nel 1366, ai tempi del patriarca Marquardo di Randeck (1296 - 1381) ed era volto ad affermare il potere spirituale, militare e civile conferito dall'imperatore al patriarca sulla Patria del Friuli.

    Il decano del capitolo di Cividale, che per l'occasione porta un elmo piumato (una riproduzione, l'originale è andato perso nel settecento), regge una spada con la quale saluta il popolo vibrando tre colpi in aria, per poi riporla nel fodero. La spada, lunga 109 cm, è quella che fu donata dai cividalesi al patriarca al suo ingresso in città, sull'elsa reca la scritta AN MCCCLXVI DIE VI IUL TEM. RE MARQUARDI PATR.

    La messa viene celebrata in latino ed è accompagnata da antichi canti aquileiesi. La messa è seguita poi da un corteo storico medievale, al quale prendono parte i figuranti del Palio di San Donato, rievocazione storica medievale estiva che si tiene a Cividale del Friuli ogni anno.

    In quest'occasione si riuniva il Parlamento della Patria del Friuli.

    da wikipedia


    Messa del tallero

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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    MTThaler.png
    M • THERESIA • D • G • R • IMP • HU • BO • REG • ; busto a destra; S • F in esergoARCH • AUST • DVX • BVRG •CO • TYR • 1780 • X; aquila bicipite con scudo araldico

    La messa del tallero, la cui origine risale probabilmente al medioevo[1], quando il Friuli era governato dal Patriarca, viene celebrata ogni 6 gennaio a Gemona.

    Durante la funzione religiosa la comunità civile, rappresentata dal sindaco, alla fine di un corteo che parte da palazzo Boton, sede del comune, attraverso via Bini, arriva fino all'altare del duomo, dove offre un dono concreto alla comunità religiosa, nella persona dell'arciprete, nella forma di un tallero d'argento di Maria Teresa d'Austria coniato nel 1780, come segno di sottomissione del potere temporale a quello spirituale. Il rituale, celebrato proprio nel giorno dell'Epifania potrebbe anche simboleggiare i doni che i magi portarono a Gesù [2].

    La prima testimonianza scritta del rituale, presente nell'Archivio di Stato di Udine, è del notaio Gio Maria Rossi, attivo a Gemona nella metà del XVIII secolo, il quale riporta che almeno dal 1760 "[I rappresentanti della comunità] il giorno dell'Epifania, venivano incensati doppo che si portarono all'altare al baccio della pace ed a fare offerta al reverendissimo signor arciprete". Il rito è dunque precedente l'introduzione in Friuli della moneta oggi utilizzata (arrivata a Gemona probabilmente a seguito del Trattato di Campoformio e conseguente passaggio del Friuli all'Arciducato d'Austria), al posto della quale dovevano essere utilizzate altre monete.

    La celebrazione non sarà accompagnata da un corteo storico.

    4 gen 2022

    Le quattro stagioni del Näš kolindrin/Štirje letni časi na Näšem kolindrinu


    Anche per il 2022 Resia avrà il suo calendario bilingue resiano/italiano «Näš Kolindrin 2022». È ormai tradizione che il Circolo culturale resiano «Rozajanski Dum» ogni anno realizzi questa bella iniziativa che è molto apprezzata sia dai valligiani che dai molti resiani che vivono lontani da Resia e che, in prossimità del Santo Natale, ne attendono l’arrivo.

    Per questa nuova edizione, il circolo resiano ha voluto collaborare con l’appassionato di fotografia naturalistica Daniele Buttolo Ploc che con i suoi scatti realizzati durante tutte le stagioni dell’anno, mese per mese, ci regalerà emozionanti sensazioni.

    Come il fotografo ricerca l’attimo più suggestivo anche il camminatore lungo la fitta rete di sentieri, oltre alla natura selvaggia, potrà scorgere molti segni e testimonianze lasciate dall’uomo che aveva, per necessità, antropizzato buona parte della vallata. I tempi del vivere, in queste località, erano scanditi dalle tradizioni che ciclicamente si ripetevano e accompagnavano l’esistenza di ognuno.

    Oggi, con l’abbandono di molti di questi luoghi come gli alpeggi di alta quota, le attività produttive realizzate lungo i corsid’acqua, gli stavoli disseminati ovunque e addirittura interi paesi, anche le usanze locali sono inesorabilmente destinate all’oblio perché indissolubilmente legatealla dimensione del viverli

    quotidianamente. Il calendario pertanto mese per mese, oltre alle suggestive immagini, ci propone la descrizione dialcune delle principali usanze e tradizioni perpetrate per secoli dai resiani, alcune delle quali fortunatamente ancora in auge.

    L’idea del calendario dedicato alleStagioni e tradizioni in Val Resia/ Štağuni anu nawade tu-w Reziji è stata suggerita più volte dai molti escursionisti che durante tutto l’anno, soprattutto il fine settimana, trascorrono qualche ora lungo i sentieri di fondovalle o ne ascendono i monti che la circondano.

    Il calendario sarà anche un utile mezzo di promozione turistica non solo dell’elemento naturalistico della vallata ma anche di quello culturale ed in particolare di quello linguistico che già richiama molte persone che visitando i musei trovano l’opportunità di approfondire anche questo aspetto della tradizione resiana. (Sandro Quaglia)


    Il vin brulé dell’Epifania

     


    di Roberto Zottar
    Da Santa Lucia, nome che deriva da ‘lux’, ‘luce’, e che gli Scandinavi festeggiano con coroncine di candele accese, si allungano le giornate, tanto che si dice “Di Santa Lùssia fin Nedàl - Cres il dì un pit di gial - Di Nedàl fin a l’an gnov, - Cres il dì un pas di lov - Da l’an gnov fin la Pifania - Cres ‘na pissula mincioneria”. “e a Pasquetta de un’oretta” aggiungono i triestini. Ovvero Da Santa Lucia fino a Natale il giorno cresce di un piede di gallo, da Natale a Capodanno cresce di un passo di lupo e da Capodanno all’Epifania di una stupidaggine. I riti del periodo sono legati al fuoco, come il zoc nadalin, il grosso ceppo d’albero stagionato che i contadini accendevano nel fogolar a Natale e che doveva rimanere acceso fino a Capodanno, e se riusciva a mantenersi ardente fino all’Epifania avrebbe portato gran fortuna. Il rito risale forse al Concilio di Tours del 567 dC che proclamò come festività l’intero periodo di 12 giorni tra Natale e l’Epifania. Il 5 gennaio è la dodicesima notte - resa anche celebre da Shakespeare: i re Magi visitano Gesù, si accendono i pignarui e si mangia la pinza. Un tempo si dava fuoco alle sterpaglie e i ragazzi saltando oltre le fiamme gridavano “Pan e vin la lujania tal ciadìn! (pane e vino la salsiccia nel catino), ovvero a Pasche Tafànie – si magne la lujanie (all’Epifania si mangia la salsiccia).
    E per combattere il freddo si beve il vin brulé, la cui ricetta risale ai Romani con il Conditum paradoxum di Apicio, un vino caldo con miele, foglie di nardo, zafferano, datteri e pepe. Oggi il pepe è sostituito dalla cannella, ricca di antiossidanti e uno degli antichi rimedi per combattere raffreddore e influenza.
    Vin brulé in francese significa "vino bruciato", ma in Francia la bevanda si chiama invece "vin chaud", ossia vino caldo, mentre in Inghilterra è mulled wine, in Germania Gluhwein e nei Paesi Scandinavi Glogg. Un suo antenato medievale è anche l’ipocras, il vino panacea arricchito con erbe officinali, che la leggenda fa risalire al medico greco Ippocrate.
    Non esiste una singola ricetta di vin brulé, ma per un’ottima bevanda vi suggerisco di usare solo vino di qualità, meglio se rosso e corposo. Ad un litro aggiungete 100 g di zucchero, scorze di limone e arancia, 2 stecche di cannella, 5 bacche di ginepro, noce moscata, 8 chiodi di garofano e 1 anice stellata, qualche fetta di mela e due cucchiai di miele. Fate bollire per 5’ e fiammeggiate. E per dare una marcia in più, copiando i francesi, aggiungete un goccio di cognac o rum.
    Non si tratta solo di una bevanda, ma di una tradizione che ogni anno condividiamo davanti ai fuochi epifanici, sempre con grandi speranze per l’Anno Nuovo.



    A tu per tu con i caprioli, due incidenti

     


    Il primo si è verificato a Varmo, nella borgata di Romans, il secondo lungo l'ex provinciale 55 del Cormor a Treppo Grande


    Ancora incidenti causati dall'attraversamento improvviso della carreggiata da parte di animali selvatici. Il primo si è verificato a Varmo, nella borgata di Romans, nel tardo pomeriggio di ieri, intorno alle 18. Il conducente del veicolo non è riuscito a evitare l'impatto con un capriolo che poi è fuggito nelle campagne. La vettura ha riportato notevoli danni ma fortunatamente l'automobilista è rimasto illeso.

    Il secondo, invece, lungo l'ex provinciale 55 "del Cormor", a Treppo Grande. Anche in questo caso ad attraversare la strada improvvisamente è stato un capriolo, poi deceduto, finito a bordo strada. Illeso il conducente della macchina, una Bmw. Sul posto il Servizio Recupero Fauna Selvatica della Regione.https://www.ilfriuli.it/articolo/cronaca/a-tu-per-tu-con-i-caprioli-due-incidenti/2/258285


    3 gen 2022

    FLORA NIVALIS

     


    ARTURO GRAF

    FLORA NIVALIS

    Bianco di neve, lucido di gelo,
    Grandeggia il bosco in cupo sonno immerso:
    Scintillante di stelle, algido, terso,
    Traspar fra i rami irrigiditi il cielo.

    E la crescente luna di gennajo,
    Che nel sommo del ciel splende falcata,
    Sembra una squamma d’oro intarsïata
    In uno specchio di brunito acciajo.

    Trema per l’alta notte e pei divini
    Soporati silenzii a quando a quando
    Teneramente doloroso e blando
    Un gorgheggio di flauti e di clarini.

    Chi è costei che così sola e franca
    Per la foresta, in mezzo all’ombre, incede,
    E segna appena con lo scarso piede
    In suo cammin la intatta neve e bianca?

    Chi è costei che in verde gonna, cinta
    L’aureo capo di sì pia corona,
    Raggia da tutta la gentil persona
    Il dolce lume onde l’aurora è tinta?

    Di quanti fior la primavera i piani
    Allieta e i clivi ed ogni erboso lembo,
    Tu fiorite hai le trecce e pieno il grembo,
    E piene, o cara, ambe le bianche mani.

    O donzelletta, cui benigno elesse
    A così nova meraviglia il cielo,
    Stringe ogni gleba aspro e tenace il gelo:
    Tu dov’hai colta sì gioconda messe?

    O cara e pia! se amor non anche è morto,
    Spargi lungo la via; spargi i tuoi fiori:
    Troppo è la via selvaggia ed aspra, e i cuori
    Vengon men per l’angoscia e lo sconforto.

    (da Morgana, Treves, 1901)

    https://cantosirene.blogspot.com/

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    "O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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