- Antro/Landar cappella della grotta
- Ciseriis di Tarcento
- Castelmonte/Stara gora Santuario
- Cepletischis
- Coritiis Oseacco di Resia/Osojane
- Cividale /Čedat Chiesa di san Domenico, Chiesa di san Martino, restauro pale del Duomo, Istituto Orsoline, pianta topografica della città;
- Cravero/Kravar, la statua della Madonna;
- Liessa
- Purgessimo
- San Pietro al Natisone/Špeter
- Tercimonte/Tarčmun
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15 mag 2020
Antonio Gentilini (1908/1977) pittore-affreschista
14 mag 2020
viaggio virtuale a TOPOLO'
Topolò in una cartolina degli inizi del Novecento |
La frazione è costruita su un ripido pendio a 580 metri s.l.m. ed è situata tra i monti San Martino e Colovrat; nei suoi pressi scorrono i torrenti Za Velin Čelan, Patok e Za Traunim che, nel corso dei millenni, hanno scavato la valle del Codariana. Il paese era collegato con il fondovalle solo con sentieri e mulattiere fino al 1953, quando venne inaugurata l'attuale strada comunale che lo mette in comunicazione con il capoluogo di Clodig e quindi con la provinciale che conduce alla pianura friulana. I vecchi sentieri fanno attualmente parte integrante del Sentiero Italia identificato con il segnavia CAI numero 746 (che procede verso il comune di Drenchia) e del sentiero A.V. Valli del Natisone numero 745.
Il toponimo di Topoluove deriva da "pioppo" (topol in sloveno e tapù in dialetto sloveno locale) ed indica un terreno ricco di alberi di pioppo/pioppeto.
L'abitato di Topolò ha subìto, come gli altri paesi delle Valli del Natisone, un forte processo di spopolamento, iniziato verso la fine dell'Ottocento e proseguito con intensità maggiore dopo la metà del XX secolo, dovuto in parte a motivi comuni a tutte le zone montuose italiane, ed in parte a motivi particolari legati alla durezza di vita conseguente alla vicina cortina di ferro (il confine italo-jugoslavo).
La popolazione maschile cominciò ad emigrare in massa dapprima verso l'estero ed in particolare verso la Germania, il Belgio, l'Australia e le Americhe e, successivamente, verso le altre Regioni italiane e la pianura friulana che offrivano migliori prospettive di lavoro. Le ragazze si sparsero per l'Europa dove lavorarono come collaboratrici familiari (dikle in dialetto locale). Gli abitanti nel 1891 erano composti da 490 unità, scese a 243 nel 1900, a 296 nel 1908, a 264 nel 1961 e ridotte, infine, a 36 (16 maschi e 20 femmine) nel dicembre del 2007.
- È oltremodo interessante visitare il paese stesso in quanto caratterizzato dalle costruzioni in pietra tipiche dell'architettura spontanea della Slavia veneta. Passeggiando per le stradine lastricate in acciottolato si possono ammirare le case realizzate con pianta rettangolare e contraddistinte da ballatoi in legno e scale esterne. Il pianoterra consiste generalmente in una cucina (anticamente chiamata "stanza del fumo" in quanto priva di camino) ed in un tinello (izba) riscaldato dal forno (peč). Al primo piano sono realizzate le camere, raggiungibili tramite la scala esterna ed il ballatoio utilizzato, anticamente, anche per far essiccare i legumi ed il mais prodotti dalla famiglia. Molte case sono state recentemente restaurate grazie a finanziamenti dell'Unione europea e costituiscono un modello di "albergo diffuso". Tra gli edifici rurali sono ancora visibili diverse costruzioni, in pietre e legno, chiamate "kozolec", che erano adibite alla custodia degli attrezzi impiegati per la coltivazione dei campi ed all'essiccazione del fieno e dei prodotti agricoli.
Il paese di Topolò è stato segnalato dal periodico tedesco dedicato al turismo GEO Saison come uno dei dieci borghi più belli d'Italia. - Interessante è la chiesa di San Michele realizzata nel 1847 dagli abitanti del paese senza alcun contributo esterno, impiegando materiale lapideo estratto da cave locali. Sulla facciata si può ammirare un mosaico raffigurante San Cristoforo; all'interno sono ubicati tre altari dedicati, il maggiore, a San Michele ed i due laterali rispettivamente a San Giuseppe ed alla Santa Vergine. Sulla parete sinistra, una grande pala in terracotta raffigurante la Natività, opera realizzata nel 2006 dallo scultore Isidoro Dal Col. Affreschi della chiesa eseguiti dal pittore friulano Antonio Gentilini.
- Di interesse è anche il sentiero che conduce al vicino paese sloveno di Livek (Luico) che per molti anni è stato sbarrato dalla frontiera e che oggi è un percorso d'arte grazie a dodici installazioni espressamente realizzate da artisti di diverse nazionalità.
- Faticosa, ma attraente, è anche la passeggiata lungo il torrente Codariana, dove scorrono acque purissime e ricche di trote. Lungo il percorso si incontra la forra del "Velik Suopota", contraddistinta da due cascate di notevole bellezza e dalle altissime pareti verticali scavate nella roccia dalla corrente del ruscello. Al termine del canalone si può osservare la cascata, di minori dimensioni, denominata "Mali Suopota". Più a monte, lungo la riva sinistra, sono inoltre visibili i resti, ancora discretamente conservati nelle murature, di un vecchio mulino e della relativa casa padronale. Il complesso, in funzione fino al 1956, ha subito notevoli danni a causa del terremoto che colpì il Friuli nel 1976.
MANIFESTAZIONIarchivio Novi Matajur
- Le prime tre settimane di luglio tutto il paese è coinvolto nella manifestazione "Stazione di Topolò/Postaja Topolove". La rassegna d'arte è organizzata dall'Associazione Topolò/Topoluove e consiste in recite, incontri, spettacoli, concerti, proiezioni video e cinematografiche e mostre di artisti internazionali.
- Non è un festival la Stazione/Postaja. Non è un contenitore di spettacoli itineranti. Vengono realizzati sul posto progetti ispirati direttamente dal contatto, dalla conoscenza del luogo, che diventa così il motore e non lo scenario passivo degli accadimenti: la sperimentazione che si innesta sulla tradizione. Gli incontri avvengono nelle piazzette, nei vicoli, nei fienili, nei boschi che assediano il paese, senza palchi, senza quinte, senza separazione tra abitanti, artisti e pubblico tanto da ricavarne un’impressione di quotidianità e di partecipazione corale. E tutto è gratuito. Gli orari sono “verso sera”, “dopo il tramonto”, “nel pomeriggio”, “con il buio”, “fino all’alba”.
dal Novi Matajur - A luglio-agosto si svolge la camminata transfrontaliera Topolò-Luico/Livek. È organizzata dal Circolo Culturale Rečan e si snoda lungo un vecchio sentiero, adornato da opere d'arte appositamente realizzate, per incontrare la comunità della vicina Slovenia. Prima della caduta del confine la passeggiata era contraddistinta dal titolo "Al di là della linea immaginaria/pohod čez namišljeno črto".
- A fine settembre ha luogo la festa patronale in onore di San Michele. Consiste in una caratteristica sagra paesana con riti religiosi e degustazione di dolci tipici. testo da wikipedia e altre fonti
IVAN TRINKO padre della Benečija
"O ti zemlja rodna,zemlja bedna,ki te milost božja,meni v last je dala"
"O terra natia,terra misera che la grazia divina,mi ha donato" Ivan Trinko
(sulla sua epigrafe )
12 mag 2020
Tutti i dialetti sloveni hanno caratteristiche comuni
Janoš Ježovnik (Dom, 15. 10. 2018)
pubblicato su SLOVIT
Stanko Vraz primo studioso della musica resiana
1810- 1851 |
Stanko Vraz.nato a Ljutomer ( ora Slovenia)si trasferì a Zagabria,dove trovò la sua seconda patria.
Nella primavera del 1841 si recò nella Val Resia.Testimonianza delle sue visite sono le 4 sue lettere a Vukotinovič che sono state pubblicate nel 1841 nel n° 29 della rivista Ilirska Danica a pag 118,sotto il titolo "Dopis prijateljski Mletačkog ".Le lettere sono molto interessanti ,perchè sono un tentativo di grammatica resiana.Questo testo è stato tradotto per la prima volta dal croato in sloveno nel Quaderno "Del Stanka Vraza" che è stato edito nel 1877 .
ballo resiano foto da http://www.mismotu.it/2009/11 |
Canzone resiana
" Lipa dežela Rezija !
Koj nutar h njej sowa paršlà :
Ne cpaše nu na snuwaše ..." ecc
Il 5° dialetto musicale sloveno si trova nella valle di Resia (in sloveno: Rezija) . Secondo alcuni ricercatori (come Julijan Strajnar e Marko Terseglav) la posizione geografica isolata di Resia ha svolto un ruolo fondamentale nella conservazione di un folklore particolarmente vecchio. Altri esperti su Resia sono d'accordo con questa teoria. Secondo loro la valle è sempre stata aperta a varie influenze. Tuttavia, la musica caratteristica di Resia rimane ancora piuttosto autentica.
Gruppo folcloristico Val Resia
gruppo folcloristico dal mio archivio |
I costumi utilizzati dal gruppo sono la fedele riproduzione degli abiti da festa indossati in Val Resia alla fine del 1700 fino ai primi anni del 1800 e caratterizzano le seguenti figure: la giovane in cerca di marito, la donna spostata, la vedova, il giovane celibe ed il signore facoltoso. Sono particolarissimi i costumi delle lipe bile maškire / le belle maschere bianche. Queste maschere vengono utilizzate in valle durante il periodo di carnevale, sono costituite da gonne bianche sovrapposte, nastri colorati e campanelle. Sul capo portano un pesante cappello realizzato con centinaia di fiori di carta colorata.
Le musiche e le danze sono molto antiche e probabilmente sono giunte in valle con i primi insediamenti della comunità resiana nel VI secolo d. C. La piccola orchestra consta di soli due strumenti: il violino chiamato “cïtira” in dialetto resiano ed il violoncello detto “bünkula”. I due strumenti vengono opportunamente modificati per rendere il suono simile e quello di una cornamusa, chiamatadudy, utilizzata in valle prima dell’avvento di questi strumenti a corda. Il battito del piede, che accompagna la musica è il fondamentale “terzo strumento” utilizzato per assicurare il ritmo. A Resia non ci sono scuole di musica popolare, i giovani imparano a suonare “ad orecchio” ascoltando i più anziani.
Il programma proposto dal Gruppo Folkloristico “Val Resia” comprende molte danze e tra queste le più caratteristiche sono: Lipa ma Marica / Oh mia bella Maria, l’inno di tutti i resiani; Ta püstawa la danza del carnevale resiano; Ta Zagatina, la danza di Zagata una località d’alpeggio che si trova sopra l’abitato di Prato di Resia; Čärni potök / Rio nero, Ta Solbaška la danza di Stolvizza; Potï me döpo Lïpjë / Strade mie giù per Lipje; Kölu la danza in cerchio e Ta Kuškrïtawa la danza del coscritto.
Comitato per la conservazione del folklore resiano
Via Varcota, 1 – 33010 Resia/Rezija (Udine)
Tel. 0039 0433 53428
E-mail: rozajanskidum@libero.it
Resia/Rezija
Stolvizza/Solbica |
Geografia fisica
La Val Resia è situata nella parte nord-orientale della regione Friuli-Venezia Giulia. È una valle pre-alpina che si estende in direzione ovest-est per 20 km. Ad est la valle è chiusa da un massiccio montuoso, del quale il Monte Canin (2587 m) rappresenta il punto più alto. Tale massiccio segna il confine fra l'Italia e la Slovenia. La valle si raggiunge seguendo la SS13 Pontebbana in direzione di Tarvisio oppure dal casello Carnia-Tolmezzo dell'autostrada A23 in direzione di Tarvisio arrivando dopo 10 km circa a Resiutta e seguendo il bivio per la Val Resia.
La valle è suddivisa in 5 principali frazioni che sono, da ovest a est, San Giorgio, Prato, Gniva, Oseacco e Stolvizza; vi sono inoltre le borgate di Lipovaz, Crisaze, Gost, Lischiaze, Coritis e in una adiacente valle più a sud, Uccea.
L'aspetto più importante della valle, oltre all'indiscussa importanza linguistico-culturale, è il profilo naturalistico. Immersa com'è in una conca verde su cui vegliano i picchi del Canin, innevati per buona parte dell'anno; merita una visita sia per un contatto diretto con la popolazione dei borghi, sia per le piacevoli escursioni in una delle più suggestive vallate alpine. Vi è ubicata la stazione meteorologica di Resia.
Storia
Le origini di Resia sono legate all'insediamento della sua popolazione nella vallata, che si fa risalire al VII secolo. I resiani sono i discendenti di quelle popolazioni di ceppo slavo che giunsero in Italia al seguito degli Avari e dei Longobardi e che, abbandonando il nomadismo, qui presero dimora. Un tempo isolata tra i monti Musi a sud e l'imponente massiccio del Canin ad est e a nord, Resia rappresenta per la cultura un'isola linguistica e di tradizioni estremamente importante. La singolare Lingua, il Resiano riconosciuta dall'Unesco che vi si parla è stato ed è tuttora oggetto di molti studi, si custodiscono così e si tramandano tradizioni (costumi, canti, balli, cerimonie) di grande interesse.
La comunità di Resia è oggi in gran parte raggruppata nelle frazioni di Prato, San Giorgio, Oseacco, Gniva, Lischiazze, Stolvizza e Uccea. Dal punto di vista storico, essendo stata soggetta alla giurisdizione dell'Abbazia di Moggio, ne seguì le vicende nel corso dei secoli. Rivestì una certa importanza sotto il dominio veneziano per la difesa delle selle di Carnizza e di Guarda che permettono di raggiungere la valle dall'Isonzo in Slovenia. A questo scopo vi fu nella vallata la presenza di una guarnigione militare con fortificazioni a Stolvizza e a San Giorgio.
Nel 1976 il comune fu devastato dal terremoto del Friuli, che provocò enormi crolli e danni.
I resiani
I resiani sono una popolazione appartenente al gruppo linguistico slavofono. Mancano reperti archeologici certi, o d'altra natura, tali da offrire un'indicazione sulla datazione dell'insediamento slavo nella valle. Resia è citata nel testamento del conte Cacellino che verso l'XI secolo lasciava a Federico, Patriarca di Aquileia, i beni allodiali del Friuli e della Carinzia, nei cui confini era compreso anche il sartum montem. Al riguardo, è stato osservato come il significato medievale di mons si riferisca ad una malga esistente sul Monte Sart e quindi della possibilità che esistesse a fondo valle un insediamento di carattere stabile. È quindi accettato il VI secolo-VII secolo anche per i Resiani quale riferimento più generale agli stanziamenti di quelle popolazioni appartenenti al ramo meridionale degli Slavi nell'arco Alpino e Prealpino Orientale.
Invece, rinvenimenti archeologici romani e preromani nella vicina Resiutta vi testimoniano la presenza di un insediamento antecedente al VI secolo, mentre si fa menzione di un documento secondo il quale a Prato, nel 1098, esisteva una cappella dedicata alla Madonna. Dopo il loro insediamento, i Resiani seguirono le vicende storiche legate al Friuli, fino ai nostri giorni.
I Resiani, secondo il linguista polacco Baudouin de Courtenay, che li studiò a fondo nella seconda metà dell'800, "dovevano provenire da diverse tribù con diversi dialetti" e offriva la seguente classificazione dei principali, sottolineando l'importanza di questo fatto anche sotto il profilo etnografico: 1) di Lipovaz - San Giorgio; 2) di Gniva; 3) di Stolvizza; 4) di Oseacco 5) di Uccea. Resta d'indubbio interesse, sotto il profilo demografico e antropologico, la tipologia della popolazione resiana suggerita dalle varietà delle parlate e che, comunque, testimoniano per Resia la presenza di una situazione di accentuato isolamento e di forti localismi interni. Tale situazione di isolamento è stata confermata, fino a tempi recentissimi, dalle recenti indagini storico-demografiche eseguite sui registri di matrimonio per il periodo 1745 - 1905 (G. Rotta, 1987, 1988).
Si hanno ancora notizie su una suddivisione nei quattro territori di Gniva, Oseacco, San Giorgio e Stolvizza, definiti vuoi ora come pertinenze vuoi come ville o come comuni. Il Loschi cita il documento nel quale si elencano i quattro vassalli di Resia che nel 1336 prestarono giuramento di fedeltà all'Abate Ghiberto della vicina Moggio Udinese. Tale distinzione la ritroviamo nella descrizione della carta geografica del 1672 nella quale il Cancelliere di Moggio, Bernardino Nodaro, dava una descrizione dei confini delle quattro pertinenze. Quattro Comuni le ritroviamo aggregate a quella di San Giorgio, indicata nella descrizione della carta viaria di Resia del 1808 come capo-luogo. Da quadri d'insieme del Catasto del 1851, rileviamo ancora una suddivisione in territori. L'espansione degli insediamenti e delle aree di pertinenza resiane all'interno della valle fu caratterizzata da numerose liti che scoppiarono non solo fra gli stessi Comuni resiani, ma anche con gli abitanti della vicina Resiutta che vantavano diritti di pascolo sulle pendici del Monte Canin e in Planinizza, a ridosso dei Monti Musi, di cui si hanno notizie fin dalla seconda metà del XIV secolo.
Recenti indagini antropologico fisiche eseguite sulle popolazioni resiane (Corrain e Capitanio, 1987) hanno consentito, attraverso l'esame della distribuzione di diversi fenotipi ematologici, di accertare le caratteristiche genetiche delle quattro popolazioni anche attraverso confronti con le altre popolazioni, in particolare quelle dell'Europa centro orientale che risultarono negativi. Dai risultati dell'indagine è invece emerso come un'inattesa omogeneità interna consente di considerare valida la proposta di un comportamento medio della valle agli effetti dei vari confronti con l'esterno. Per questi confronti gli abitanti della valle vanno a costituire un isolato genetico quasi da manuale. Ciò non toglie che si verifichino, all'interno della valle, diversità distributive anche significative: a conferma d'una divisione in 4 gruppi di località su basi storiche e demografiche. I due autori, rilevavano inoltre di come "si fanno tuttora sentire gli effetti delle poche famiglie iniziali fondatrici...". Grazie all'interdisciplinarità dell'osservazione della realtà resiana, lo scenario oggi più verosimile sull'origine dello stanziamento è quello di poche famiglie iniziali, forse una ventina, alcune, probabilmente, già fra loro imparentate, che si distribuirono nei vari villaggi della valle. L'isolamento successivo ha mantenuto nei secoli il patrimonio genetico dei fondatori. Si tratta di una situazione genetica ormai rarissima a trovarsi in Europa. Resia, come si è accennato, molto probabilmente nel VI secolo-VII secolo era già abitata. In tal senso, un forte indizio ce lo offre ancora una volta la genetica; la presenza solo nella popolazione di Oseacco del raro complesso, in Europa, ccDee. Un'elevata incidenza di tale complesso è stata rilevata anche nella vicina Resiutta. Al riguardo, suggeriscono gli autori: "quasi tutta la gente è venuta da là o là si è fermata, se pure non si tratti di un più antico substrato".
La lingua
Grazie alle leggi 482/99 e 38/01 approvate dal Parlamento italiano e ratificate dell'allora Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi, sulla tutela delle lingue minoritarie, oggi è possibile insegnare a scrivere e leggere in resiano nelle scuole dell'obbligo, permettendo così di mantenere le scuole a Resia, altrimenti sarebbero state trasferite a Moggio Udinese. Programmi Interreg 2007-2013 (finanziati dalla comunità Europea), prevedono, al di qua e al di là del confine (Slovenia-Italia), progetti transfrontalieri che stanno incidendo in maniera significativa nello sviluppo della Val di Resia. Volendo attuare progetti comuni con gli enti oltre confine, si è sentita la necessità che gli operatori del Parco delle Prealpi Giulie e delle associazioni che operano in valle imparassero anche la lingua slovena.
https://it.wikipedia.org/wiki/Resia
val Resia/Rezija |
L'aglio di Resia-Rezija
aglio di Resia/Rezija immagine dal web |
Il bulbo (testa:glaua o laua dallo sloveno glava) è di piccole dimensioni , i bulbilli cioè gli spicchi (noize-noghize) variano da 6 a 8,ed è privo di spicchi centrali..Ha un caratteristico colore rossastro di solito dal secondo strato delle tuniche che rivestono il bulbo,gli spicchi invece sono bianchi .Presenta delle caratteristiche di odore e sapore più accentuate dell'aglio in commercio.
Viene coltivato in fazzoletti di terreno sparsi a ridosso delle frazioni,fino all'altezza di 1000 m.I bulbi vengono interrati a circa 3 cm di profondità,dopo una lavorazione fatta a mano.Gli spicchi vengono messi con l'apice rivolto in alto ad una distanza di 25 - 30 cm tra le file.La piantagione viene fatta nel mese di novembre con i primi geli o in marzo dopo il disgelo.La concimazione è fatta con il letame bovino.Quando il germoglio ha raggiunto i 3 cm ,viene cimato cioè vengono tolte le "uorè" che bollite e condite vengono mangiate in insalata.La sarchiatura( smutikat) è fatta in primavera ,le erbacce vengono tolte a mano .Non ha bisogno di essere innaffiato essendo la zona molto piovosa.Viene raccolto in agosto,le piante vengono collocate su graticci o marciapiedi (scialisc),di rado estirpate e lasciate sul terreno per 2 o 3 giorni .Poi i bulbi vengono privati delle tuniche esterne e delle radici che si tagliano.Le teste migliori vengono conservate per la semina dell'anno successivo.I bulbi sono intrecciati in trecce (kitte dallo sloveno kite) e messi nei fienili o sotto la tettoia per essere vendute.Oggi lo strok è confezionato in mazzetti da 4-5 bulbi e si conserva per un anno.La liliacea resiana è rientrata tra i Presidi di Slow Food,progetti che tutelano piccole produzioni di qualità da salvaguardare,realizzate secondo pratiche tradizionali.www.presidislowfood.it
L'inizio della coltivazione di questo aglio è molto antica ,non ci sono documentazioni.
Giovanni Clemente,scrittore resiano ,nel libro Torna al suo paesello - Memorie di vita resiana dice che già dai tempi passati era un rimedio contro i vermi intestinali (glìsti dallo sloveno gliste).Venivano fatte delle collane con gli spicchi.Queste collane erano messe di notte attorno al collo dei bambini che erano affetti da verminosi,un' usanza comune in tutta la Terska Dolina (Val Torre).
In un negozio del paese e durante la festa dell'aglio è possibile acquistarlo.
riadattamento dell'articolo di:
http://www.ersa.fvg.it/divulgativa/prodotti-tradizionali/vegetali-naturali-o-trasformati/aglio-di-resia
e da altre fonti reperite sul web.
11 mag 2020
Ta pëjna - Resia/Rezija
Karjë nih šekolöw Rezija jë bila ta-pod abacïjo to tu-w Mužacë. Iso abacïjo jë jo zdëlel naredit patriarka Swatobor, ki an jë znen bojë po jïmano Federico, lëta 1085 dopo, ki grof Kocelj jë bil šinkal patriarkatu tu-w Akwileji rad, ki an mël tu-w Mužacë, ito ki jë nešnji din abacïja, ano pa wso zëmjo, ki an mël, pa Rezijo.
Nejzad od lëta 1866 Rezija jë ta-pod tëmi laškimi. (Sandro Quaglia)
10 mag 2020
FESTA DELLA MAMMA
Una cartolina del 1915 edita dalla Northern Pacific Railway per celebrare la festa della mamma |
La festa della mamma è una ricorrenza civile in alcuni Paesi del mondo, celebrata in onore della figura della madre, della maternità e dell'influenza sociale delle madri.
Non esiste un unico giorno dell'anno in grado di accomunare tutti gli Stati in cui l'evento è festeggiato: in quasi due terzi di questi Paesi la festa è celebrata nel mese di maggio, mentre circa un quarto di essi la festeggia a marzo.
In Italia la festa cade la seconda domenica di maggio[1].
In gran parte degli Stati europei, negli Stati Uniti, in Giappone, in Australia e in numerosi altri Paesi la festa cade nella seconda domenica di maggio; a San Marino si festeggia il 15 marzo[2]; in Spagna e Portogallo la prima domenica di maggio; nei paesi balcanici l'8 marzo; in molti paesi arabi la festa cade invece nel giorno dell'equinozio di primavera. Per un elenco completo delle date in cui ricorre la festa, si veda il paragrafo festa della mamma nel mondo.
Storia
Ci sono diverse antiche celebrazioni che in qualche maniera possono essere paragonate alla festa della mamma, ma non sono correlate alla celebrazione moderna. Ad esempio, in Italia fu celebrata il 24 dicembre 1933 la Giornata nazionale della Madre e del Fanciullo, nel quadro della politica della famiglia del governo fascista. Nell'occasione vennero premiate le madri più prolifiche d'Italia. La data era stata scelta in connessione con il Natale. Questa celebrazione, però, non può essere vista come l'inizio della festa della mamma in Italia, perché fu una celebrazione una tantum e perché gli intendimenti erano in parte diversi.
Nei capitoli seguenti si dà invece notizia delle possibili origini della festa attuale.
In Italia
La festa della mamma come la si intende oggi è nata invece a metà degli anni cinquanta in due diverse occasioni, una legata a motivi di promozione commerciale e l'altra invece a motivi religiosi.
La prima risale al 1956, quando Raul Zaccari, senatore e sindaco di Bordighera, in collaborazione con Giacomo Pallanca, presidente dell'Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia, prese l'iniziativa di celebrare la festa della mamma a Bordighera, al Teatro Zeni; successivamente la festa si svolse al Palazzo del Parco.
La seconda risale all'anno successivo e ne fu protagonista don Otello Migliosi parroco di Tordibetto di Assisi, in Umbria, il 12 maggio 1957. L'idea di don Otello Migliosi fu quella di celebrare la mamma non già nella sua veste sociale o biologica ma nel suo forte valore religioso, cristiano anzitutto ma anche interconfessionale, come terreno di incontro e di dialogo delle varie culture tra loro: il suo tentativo è stato ricordato, in due contributi, anche dal quotidiano vaticano.[3] Da allora, ogni anno, la parrocchia di Tordibetto celebra ufficialmente la Festa con importanti manifestazioni a carattere religioso e culturale. Sempre a Tordibetto è localizzato, unico in Italia, un "Parco della Mamma", progettato dall'architetto assisano Enrico Marcucci intorno ai resti dell'antica chiesa di Santa Maria di Vico, con al centro una statua della maternità, opera dello scultore Enrico Manfrini.
Il 18 dicembre 1958 Raul Zaccari - insieme ai senatori Bellisario, Baldini, Restagno, Piasenti, Benedetti e Zannini - presentò al Senato della Repubblica un disegno di legge tendente a ottenere l'istituzione della festa della mamma.[4] L'iniziativa suscitò un dibattito in Senato, che si prolungò anche nell'anno successivo: alcuni senatori ritenevano inopportuno che sentimenti così intimi fossero oggetto di norma di legge e temevano che la celebrazione della festa potesse risolversi in una fiera di vanità.[5]
La festa comunque prese ugualmente campo in tutta Italia, e, secondo alcune fonti, fu celebrata inizialmente l'8 maggio (in concomitanza con la Festa della Madonna del Rosario di Pompei) e in un successivo momento la data fu spostata alla seconda domenica di maggio[6]. Secondo altre fonti, invece, la festa fu sempre celebrata, come anche attualmente si fa, nella seconda domenica di maggio[7].
In questa occasione, i bambini offrono regali alle loro madri, come disegni o altri lavoretti, che molto spesso hanno realizzato a scuola; comune è anche l'usanza di recitare poesie dedicate alla mamma, anch'esse studiate a scuola[8].
In altri paesi
Negli Stati Uniti nel maggio 1870, Julia Ward Howe, attivista pacifista e abolizionista, propose di fatto l'istituzione del Mother's Day for Peace (Giornata della madre per la pace), come momento di riflessione contro la guerra, ma l'iniziativa non ebbe successo.
Anna Jarvis celebrò la festa moderna Mother's Day (Giornata della madre) per la prima volta nel 1908, sotto forma di un memoriale in onore di sua madre, un'attivista a favore della pace. La celebrazione di Jarvis si diffuse e divenne molto popolare, tanto che fu ufficializzata dal presidente Woodrow Wilson nel 1914, quando il Congresso deliberò di festeggiarla la seconda domenica di maggio, come espressione pubblica di amore e gratitudine per le madri. Con l'andare del tempo questa festività si è evoluta in una festa commerciale, il cui volume di affari è superato solo dalle festività natalizie.
La festa venne introdotta nel 1917 in Svizzera, nel 1918 in Finlandia, nel 1919 in Norvegia e in Svezia, nel 1923 in Germania e nel 1924 in Austria. Successivamente molti altri Paesi introdussero anch'essi la ricorrenza.
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