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Spunti per un'analisi di medio periodo sull'invasione dell'Ucraina da parte della Russia
La rielaborazione di alcuni spunti di riflessione presentati in eventi pubblici in questi mesi di guerra da Giorgio Comai, ricercatore ad OBC Transeuropa/CCI che da oltre vent’anni frequenta e studia l’area post-sovietica
In questa riflessione, non parlerò delle dinamiche immediate del conflitto, della tragedia umana e umanitaria in corso, né tratterò di soluzioni per il breve periodo. Piuttosto, cercherò di offrire alcuni spunti per comprendere e interpretare quanto sta avvenendo, ragionando sul perché si è arrivati a questa guerra, su cosa le dinamiche che hanno portato all’inizio di questa guerra ci possono dire riguardo ai prossimi mesi, e sugli aspetti che trovo preoccupanti cercando di immaginare scenari di medio periodo.
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In questo percorso, parlerò più della Russia che dell’Ucraina. Perché se è vero che la guerra si sta combattendo sul suolo ucraino e a scapito della popolazione ucraina, è a Mosca che si è deciso di iniziare la guerra. Ed è da qui che voglio iniziare: dagli obiettivi che la parte russa si è prefissata fin dall’inizio dell’intervento militare in Ucraina.
Tra gli obiettivi diretti più espliciti, evidenzio in particolare la “denazificazione” dell’Ucraina (questo il termine utilizzato da Mosca), la demilitarizzazione dell’Ucraina, e la difesa della popolazione del Donbas. Mi limito agli obiettivi diretti, e non approfondisco motivazioni politiche più ampie addotte nei mesi scorsi dal Cremlino, come ad esempio l’idea di contrastare l’avanzamento della Nato in Europa centro-orientale, anche perché sostanzialmente incompatibili con il percorso interventista scelto: a maggior ragione se l’invasione si fosse rivelata il grande successo auspicato da Mosca, sembra ovvio che questa avrebbe portato a un rafforzamento della Nato nei paesi limitrofi, non certo a una demilitarizzazione della regione. L’eventualità di un riarmo della Nato sul fronte orientale era presumibilmente ritenuta un effetto collaterale accettabile in cambio di un intervento di successo in Ucraina.
Nei primi giorni dell’invasione, la tutela della popolazione del Donbas era regolarmente presentata come motivazione principale dell’intervento sui principali canali televisivi russi. Si parlava infatti costantemente di “operazione militare speciale per la difesa della popolazione del Donbas” e la retorica dominante era quella da “guerra umanitaria”. Nonostante il grande sforzo mediatico dedicato a promuovere questo aspetto, anche solo considerando il fatto che gran parte dell’avanzata militare russa nelle prime settimane ha avuto luogo a centinaia di chilometri di distanza dal Donbas, pare poco credibile che questo fosse effettivamente il principale obiettivo diretto dell’invasione.
Il secondo obiettivo dichiarato è quello di più difficile interpretazione visto da fuori della Russia, ma è quello che secondo me si può ritenere a tutti gli effetti l’obiettivo diretto principale che ha portato all’invasione, ovvero, la “denazificazione” dell’Ucraina, con tutto ciò che questo comporta.
Chi sono i “nazisti”?
Commentando l’idea di “denazificazione”, o della presenza di “nazisti” al governo in Ucraina - questa l’accusa russa - la reazione tipica è quella di cercare di ragionare sulle forze di estrema destra o sull’antisemitismo in Ucraina. C’è ad esempio chi sottolinea che con l’eccezione di una breve fase successiva alla guerra del 2014, l’estrema destra in Ucraina non è mai stata eccezionalmente influente, e da tanti punti di vista è più marginalizzata che in tanti paesi d’Europa. Oppure si dibatte di figure storiche problematiche, come Stepan Bandera, spesso più celebrate che condannate nell’Ucraina di oggi. Si tratta di dibattiti legittimi, ma, nel contesto dell’invasione, effettivamente irrilevanti, perché partono da un fraintendimento su cosa effettivamente voglia dire “nazista” in Russia oggi, un fraintendimento che scaturisce da una diversa memoria della Seconda guerra mondiale e da una diversa interpretazione di cosa rappresenta la fine di quella guerra.
Dossier
Tutti i nostri approfondimenti nel dossier "Ucraina: la guerra in Europa"
In Russia, la Seconda guerra mondiale, ricordata come “grande guerra patria”, non è ricordata principalmente per l’Olocausto o per le politiche repressive di fascisti e nazisti, ma prima di tutto come una guerra contro l’Unione sovietica, contro la Russia. In Russia, la Seconda guerra mondiale non è stata quindi prima di tutto una guerra contro il totalitarismo (e come potrebbe esserlo, visto che la vittoriosa URSS era guidata da Stalin), o una guerra che ha avuto tra le vittime più riconoscibili gli ebrei d’Europa… prima di tutto, è stata una guerra contro l’URSS. Se nella storiografia sovietica si insisteva anche sull’elemento ideologico (una guerra contro il comunismo), questa tendenza è evidentemente andata a sparire nel periodo post-sovietico. A differenza di come è ricordata in gran parte d’Europa, la Seconda guerra mondiale in Russia, ovvero, la “grande guerra patria” è iniziata nel 1941: ad oggi, è raccontata come una guerra contro l’URSS, contro i russi, per distruggere la Russia.
“Nazista” oggi significa quindi in primo luogo “anti-russo”, in una linea interpretativa che evidenzia orgogliosamente la continuità tra URSS e Russia, insistendo in particolare sulla Russia come forza principale che ha sconfitto il nazismo in Europa durante la Seconda guerra mondiale. Se ci sia o non ci sia l’estrema destra in Ucraina non è rilevante da parte russa, anzi, come è noto, la vicinanza politica tra la leadership russa e varie espressioni di forze di estrema destra in Europa e negli Stati Uniti è stata in passato del tutto esplicita, e parzialmente rinnegata da noti esponenti di partiti di estrema destra solo molto recentemente. Una certa sintonia su varie questioni evidentemente rimane.
Un altro termine percepito come contiguo, anche per assonanza, è quella tra “nazi” e “nazionalista”. Sulle televisioni russe, ad esempio, in riferimento alla leadership o all’esercito ucraino si utilizzano espressioni come “bande di nazionalisti”. Ma da parte russa, il nazionalismo ucraino è problematico solo nella misura in cui è percepito come “anti-russo”: non è infatti problematica la destra nazionalista di Orbán in Ungheria, né quella di Le Pen in Francia. Ciò che è rilevante è la misura in cui queste forze nazionaliste siano percepite come “anti-russe”.
Cosa vuol dire essere “anti-russo”? Nella logica avanzata da Putin nei suoi recenti interventi a tema storico, immaginare una nazione ucraina separata dalla Russia vuol dire essere “anti-russo”, vuol dire voler spezzare la presunta unità dei popoli slavi legati alla Rus’ storica: russi, bielorussi, e ucraini. In questa chiave di lettura, “anti-russo”, e quindi “nazi”, non è solo chi si potrebbe definire un nazionalista in Ucraina, ma in sostanza chiunque creda che l’Ucraina - come stato e come popolo che vi abita - non sia parte indissolubile della Russia, non sia parte del popolo russo. Con queste premesse è possibile capire perché da parte russa si insista su come il governo ucraino sia in mano a nazisti e che l’Ucraina sia piena di nazisti e abbia bisogno di essere “denazificata”.
Questa narrativa, e più in generale la presunta onnipresenza di nazisti in Ucraina, suscita certo perplessità anche tra la popolazione russa. Secondo un’inchiesta pubblicata dal media investigativo russo Proekt infatti, sondaggi effettuati su richiesta del Cremlino nell’aprile di quest’anno per verificare l’efficacia della comunicazione sulla guerra avrebbero rivelato che l’insistenza sulla “denazificazione” era fonte di incomprensione nel pubblico russo. Il termine è quindi ora meno utilizzato nei media russi, ma rimane nondimeno espressione diretta delle fondamenta ideologiche che hanno portato a questa guerra.
Mi sono dilungato su questo aspetto, per evidenziare come alcune delle dinamiche che hanno portato a questa guerra abbiano bisogno di una traduzione concettuale, più che letterale. Partendo da queste premesse, possiamo però capire come l’Ucraina, l’identità ucraina, l’esistenza di un’identità ucraina, sia effettivamente la questione principale diretta che ha portato a questa guerra. Dal punto di vista del Cremlino, nell’ottica di questa guerra, Nato e Unione europea sono un problema principalmente perché rappresentano strade che portano ad un’Ucraina meno “russa”, meno parte del mondo russo. La minaccia non è quindi evidentemente militare – anche nell’immaginario più paranoico, è difficile ritenere che le repubbliche baltiche o la stessa Ucraina possano un giorno decidere di invadere la Russia - ma in primo luogo identitaria.
C’è ovviamente spazio per ragionamenti più ampi sull’architettura della sicurezza europea, e certo anche per criticare alcune delle politiche dei governi occidentali, l’allargamento della NATO, cose fatte o dette, l’ipocrisia, le mezze promesse, ma tutto questo è, di per sé, poco utile per spiegare o capire gli eventi di questi mesi.
Se ci sono responsabilità di lungo periodo da parte occidentale, ritengo che queste siano di carattere meno diretto e riguardino in particolare gli eventi che hanno portato al fallimento della transizione economica e politica negli anni Novanta in Russia, nonché alcune delle dinamiche che hanno portato al rafforzamento di un regime autoritario in Russia negli anni successivi. Si può anche ricordare il ruolo che vari attori in Europa – in modo più evidente il Regno Unito, ma non solo - hanno avuto nel favorire il reinvestimento in Europa di grandi capitali emersi da corruzione e clientelismo in Russia: un’appropriazione criminale su ampia scala effettuata con il favoreggiamento di entità europee che ha contribuito ha solidificare il sistema di governo di Putin e a impoverire il paese.
Su questi aspetti torno tra poco.
Prima di procedere, voglio però condividere qualche riflessione sul ruolo del presidente della Federazione russa, Vladimir Putin.
continua a leggere https://www.balcanicaucaso.org/aree/Russia/Spunti-per-un-analisi-di-medio-periodo-sull-invasione-dell-Ucraina-da-parte-della-Russia-218007
Mappa dei Paesi Slavi
L’Europa slava è formata da terre europee ove si parlano lingue slave e si distingue dalle altre due macroregioni a lingua e cultura germanica e latina. I paesi slavi sono Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Montenegro, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica di Macedonia, Russia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Ucraina e Transnistria.
La religione predominante è il cristianesimo (Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica), mentre l’islam è ampiamente praticato in Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Russia e Sandžak. https://linguaecultura.academy/2018/05/08/mappa-dei-paesi-slavi-%D0%BA%D0%B0%D1%80%D1%82%D0%B0-%D1%81%D0%BB%D0%B0%D0%B2%D1%8F%D0%BD%D1%81%D0%BA%D0%B8%D1%85-%D1%81%D1%82%D1%80%D0%B0%D0%BD/
Mappa digitale sul bilinguismo visivo nell'area soggetta a tutela degli Sloveni in Friuli Venezia Giulia
Web sul blog: 23 maggio 1992 – In un attentato mafioso, passato ...
LUNEDì IN POESIA
Tegoli rinfrescati dalla pioggia
FOTOGRAFIA © PINK MAMMA
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DIEGO VALERI
FINESTRA
Tegoli rinfrescati dalla pioggia:
bruni, rossastri, gialli, gridellini;
la spalletta bianchiccia d’una loggia;
un lustreggiar di vetri d’abbaini.
Sopra: mazzi di nuvole sbocciate:
peonie ardenti e pallide viole;
e un riddare di rondini rosate
dentro l’estremo fiammeggiar del sole.
(da Poesie, Mondadori, 1962)
Diego Valeri
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Un idillio in cui protagonisti sono i colori: il poeta veneto Diego Valeri attinge alla sua tavolozza per raccontare quello che vede dalla finestra, i tetti bagnati dalla pioggia ormai passata, i palazzi con i loro balconi, il cielo che si apre, i fiori di primavera che esplodono come fuochi nei giardini.
Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.
Dal blog di Olga Golubeva - Giornata della letteratura e della cultura slava
IL VAIOLO
È la prima e unica malattia infettiva a essere stata ufficialmente eradicata, ma adesso è tornata alla ribalta delle cronache: stiamo parlando del vaiolo. Negli ultimi giorni, infatti, sono stati rilevati, nel Regno Unito e in Europa (con un caso confermato in Italia) alcuni casi di vaiolo delle scimmie, una malattia infettiva solitamente diffusa in Africa causata da un virus che appartiene allo stesso genere del vaiolo umano e che si manifesta con sintomi simili. Infrequente tra gli esseri umani, la trasmissione può avvenire per contatto diretto, attraverso l’esposizione a goccioline di saliva o attraverso rapporti sessuali. Chi ha ricevuto la vaccinazione per il vaiolo umano (in Italia abrogata a partire dal 1981) sembra essere protetto anche per questa malattia.
Facciamo un passo indietro. Il vaiolo è una malattia infettiva causata dal virus Variola, un membro della famiglia degli Orthopoxvirus, a cui appartengono anche altri virus in grado di infettare sia gli esseri umani che gli animali, come il virus del vaiolo bovino (Cowpox virus), il virus vaccinico (Vaccinia virus) e anche il vaiolo delle scimmie (Monkeypox virus). Similmente agli altri virus dello stesso genere, il contagio del vaiolo umano avveniva con il contatto diretto tra le persone, attraverso i fluidi corporei (per esempio la saliva o le escrezioni nasali) o gli oggetti contaminati. Il periodo di incubazione della malattia variava da 7 a 17 giorni, mentre i primi sintomi si manifestavano con febbre, malessere, emicrania, dolori muscolari e vomito. ...continua a leggere https://www.wired.it/article/vaiolo-vaccino-vaiolo-delle-scimmie-differenze-sintomi/
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