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24 mag 2020

IRENE DA SPILIMBERGO pittrice friulana



Gli esempi luminosi di chi nel corso di una vita più o meno lunga ha lasciato onorevole ricordo di sè non possono essere eclissati nè dal tempo nè dalle umane vicende.
E il nome di Irene da Spilimbergo, alla quale è dedicato l’Istituto Magistrale di San Pietro al Natisone, è ancor oggi una fiaccola che può illuminare il cammino a quanti si accingono a percorrere le vie del sapere.
Poche le memorie rimaste di lei, ma tali che lasciano perplessi e fanno pensare quali mete Irene avrebbe raggiunto se la sua vita si fosse protratta più a lungo nel tempo.Nacque a Spilimbergo nel 1541, secondogenita del Conte Adriano da Spilimbergo e della nobile patrizia veneta Giulia Da Ponte.Il Conte Adriano, perfetto conoscitore delle lingue ebraica, greca e latina, “letteratissimo così nelle lingue come nelle scienze” le diede la prima educazione e rilevò ben presto la precocità intellettuale di Irene. La quale assimilava con tanta rapidità quanto le veniva insegnato da destare l’ammirazione di quanti l’avvicinavano, della stessa regina Bona di Polonia, che di passaggio per il Friuli fu ospite dei Conti Spilimbergo e fece dono ad Irene di due catene d’oro, e dello zio Giovan Paolo Da Ponte, gentiluomo di rare qualità.
Il padre di Irene morì quando la fanciulla non aveva ancora raggiunti i dieci anni, e la madre, dopo il periodo di lutto, passò a seconde nozze.
Giovan Paolo Da Ponte volle Irene presso di sè e la fanciulla, poco più che decenne, fece il suo ingresso nella nobile famiglia dei Da Ponte, una delle più illustri case di Venezia, che potè vantare anche un doge, Nicolò Da Ponte.
Le preclari qualità della fanciulla qui ebbero modo di svilupparsi e concretarsi.
Fu educata alle lettere, alla musica e al ricamo fra i dotti conversari e le fini maniere delle patrizie Olimpia Malipiero, Foscarina Venier e Adriana Contarini; alla serietà degli studi fra le dissertazioni letterarie di Eaisabetta Quirini e Pietro Bembo; al culto del bello dalla famigliarità di vita con Tiziano Vecellio e Sansovino.
Si dedicò allo studio dei migliori scrittori italiani dal Petrarca al Bembo con una tenacia insolita in una età ancora tanto giovane; e lo studio assiduo nell’età dell’immaginazione e dell’entusiasmo le fecondò la mente e il senso del bello. Le dotte conversazioni, alle quali sempre partecipava più per ascoltare che per parlare, accrebbero il tesoro delle sue cognizioni tanto che cominciò ben presto ad attrarre l’attenzione degli illustri frequentatori di casa Da Ponte.
Un’aureola di stupore e di ammirazione la circondò ben presto, nella luce della quale Irene si moveva ed appariva quasi un essere destinato a grandi cose fin da giovane. Modesta nel portamento, anche nella ricchezza dell’abbigliamento che curava in modo particolare ricamando su preziose sete o su candidi lini figurazioni e allegorie con raro senso artistico, graziosa e delicata, squisita esecutrice di musica classica all’arpa e alla viola, divenne come una meteora luminosa sulla quale si appuntarono gli sguardi dei più celebri maestri delle lettere, delle scienze e dell’arte.
E verso Irene, con le mature patrizie, cominciò ad accorrere anche la gioventù veneziana quasi in una gara di spirito e di eleganza per ottenere in cambio una parola, un sorriso o almeno uno sguardo. Irene però, con la finezza propria dell’educazione e del sentimento, fece presto intendere di sentirsi portata unicamente verso i valori dello spirito di fronte ai quali tutto ciò che è solamente terreno impallidisce e muore.
Gli anni trascorsi nel vecchio castello di Spilimbergo, nella contemplazione delle bellezze della natura, del dolce paesaggio che dalle sponde del Tagliamento va mollemente elevandosi fino alle verdi colline per perdersi nella maestosità delle Alpi Carniche, avevano lasciato nel suo cuore un nostalgico desiderio di qualche cosa che potesse far rivivere il mondo interiore che si agitava in lei.
L’incanto dalla laguna, il mare sconfinato, la festa di colori, di cui Venezia è sempre accesa, avevano trasformato il desiderio in volontà.
A Spilimbergo aveva imparato ancor fanciulla il disegno da una certa Gampaspe che frequentava il castello; a Venezia, attratta nell’orbita del grande Tiziano, volle diventare sua allieva. E Tiziano, quantunque spesso astioso e insofferente di aver accanto allievi o imitatori, l’accettò di buon grado…, “e: non era poco per lei l’addivenire allieva di colui che fra i pittori era chiamato maestro universale”.
Una base comune unì maestro e allieva fin dall’inizio: l’amore per la natura, per quella natura che è incomparabilmente superiore a qualsiasi tecnica pittorica e che sola può essere ispiratrice de bello.
Tiziano guidò amorevolmente per un anno la giovane, incoraggiando e correggendo con paternità e con severità, additandole come modello da imitare quel Giovanni Bellini che era stato suo maestro e che aveva saputo trasfondere tanta grazia sovrumana nelle sue Madonne.
Tiziano si preoccupò di instillare in Irene quel senso del bello che deriva dall’armonia dei colori e dall’equilibrio tra il semplice e il vero.
Irene sentì nella persona e nell’arte del maestro qualche cosa che trascendeva le più elette capacità e fece meta dei suoi pellegrinaggi quasi quotidiani l’Assunta che già sfolgorava nella Chiesa dei Frari.
La contemplazione e la meditazione di quel gioiello inestimabile furono la sua scuola migliore.
Volle allora cimentarsi con la tavolozza. Rimangono di lei tre quadretti che nella armoniosa fusione delle tinte, delle luci, della composizione possono considerarsi una felicissima prova della versatilità e dell’intuizione dello spirito di Irene.
I tre quadri, portati alla luce dal conte Fabio di Maniago e raffiguranti rispettivamente “Noè che entra nell’Arca”, il “Diluvio Universale”, la “Fuga in Egitto”, furono da Irene composti all’età di 18 anni, dopo un anno cioè di studio assiduo sotto la guida del suo illustre maestro, spinta da un profondo senso di emulazione per una sua amica, allieva del cremonese Bernardo Campi, Sofonisba Anguissiola che pur giovane già godeva di fama meritata.
Oltre la pittura storico-biblica sembra, a dire di un anonimo poeta suo contemporaneo, che Irene abbia imparato da Tiziano anche l’arte del ritratto.
Così infatti si esprime l’anonimo:
Dal divin Tiziano ed immortale
l’arte imparò già di ritrar altrui
Irene che poi mai ebbe uguale.
Irene fu anche scrittrice. Poesie da lei composte erano possedute dal conte Bastiano Mistruzzi, e alcune prose e orazioni dal cancelliere dei Conti di Spilimbergo, Francesco Stella; ma tutti questi saggi letterari andarono perduti.
L’attività di questa fanciulla ebbe qualcosa di prodigioso; ma sembra che la natura non voglia mai venir meno alla sua legge sulla graduale e lenta evoluzione dell’intelligenza umana. Lo studio, le veglie, le fatiche avevano già minato la salute di Irene. A nulla valsero le esortazioni amorevoli; i consigli, l’affetto, i rimproveri di chi l’amava e le stava accanto.
L’ansia e il tormento di non poter raggiungere la meta prefissasi erano diventati quasi una seconda natura che per poco tempo valse a sostenere la fragilità del suo corpo.
Aveva appena 18 anni quando una febbre ardentissima l’assalì, accompagnata da acutissimi dolori alla testa.
Per 22 giorni si dibattè tra la vita e la morte e poi reclinò il capo come un fiore troppo bello per restare più a lungo sui giardini della terra.
Il trapasso, anche nel tormento del male, fu sereno e cristianissimo come era stata la sua vita.
Era il 1559.
La notizia della sua morte si sparse rapidamente.
E fu un accorrere angoscioso di artisti e di letterati, e fu una gara di lodi e di omaggi alle doti di mente e di cuore di Irene.
Tiziano che l’aveva avuta allieva prediletta, che l’aveva amata come un padre, la volle immortalare in un quadro dove splendore, bellezza e compostezza si fondono mirabilmente.
Il quadro era posseduto dal Conte Giulio di Spilimbergo e custodito nella sua casa di Dernanins a Maniago.
Successivamente fu portato in casa dei Conti Maniago a Maniago.
Torquato Tasso, che era legato ad Irene oltre che dalla stima da un vincolo di parentela, avendo Lucia Tasso, sorella naturale di Bernardi, sposato il Conte Alessandro di Spilimbergo, si inchinò commosso davanti alla morte della promettente fanciulla e venne a confondere “il proprio pianto al pianto universale per la cruda morte di Irene: di questa Beatrice della pittura e del femminino friulano”.
Volle anche, dopo aver visto il quadro del Tiziano, rievocarla in pochi versi:
Quai leggiadri pensier, quai sante voglie
dovea viva destar ne l’altrui menti
questa del Gran Motor gradita figlia!
Poi c’hor dipinta (o nobil meraviglia)
e di cure d’honor calde ed ardenti
e d’honesti desir par che ne invoglie.
Tre secoli più tardi il poeta Luigi Carrer nel suo “Anello di 7 gemme o Venezia e la sua storia” pose Irene da Spilimbergo ira le sette donne che diedero luce e gloria senza pari alla Serenissima che con l’iniquo trattato di Campoformido cessava per sempre di esistere.
E il Prati ancora, osservando un dipinto nel vecchio castello di Spilimbergo, volgeva un pensiero reverente all’autore Giovanni da Udine, che…
del merlato Spilimbergo intorno
udia sull’aura reverenti i nomi
di Vecellio e di Irene, ambo immortali.
Più recentemente il nome di Irene di Spilimbergo fu posto ancora una volta in luce.
Un trafiletto de “La Patria del Friuli” del 12 settembre 1907 riportava un desiderio espresso da Pietro Mascagni di avere un libretto da musicare, disposto per questo a pagare qualsiasi somma.
La scrittrice viennese Tosa Will, nota maggiormente sotto il pseudonimo di Wilda, compose un libretto in un prologo e 2 atti dal titolo “Irene da Spilimbergo”.
Il manoscritto fu dal Mascagni ricevuto e fatto tradurre, ma poi, non si sa come, andò perduto.
Per questo motivo l’autrice che non ne possedeva un altro esemplare, sporse querela contro l’insigne musicista italiano.
Per una fatalità quindi ci è venuta forse a mancare un’opera che avrebbe certamente divulgato ancor di più il nome e le virtù di questa meravigliosa figlia del Friuli.
Lungo sarebbe ricordare anche soltanto i nomi di tutti coloro che dal tempo della morte di Irene ad oggi vollero in qualche modo celebrarla e glorificarla.
Credo tuttavia che il profilo di Irene, quale appare dalle poche e frammentarie notizie raccolte, sia sufficientemente delineato per mostrare quanto degnamente il suo nome possa stare sulla facciata del glorioso Istituto Magistrale di San Pietro al Natisone fondato da 130 anni ormai.
Questa volitiva fanciulla è guida delle giovani menti che si accingono a percorrere le dilettevoli, se pur aspre, vie del sapere…, possa la sua luce illuminare le intelligenze e il suo calore accendere nei cuori quelle fiamme che solo nell’amore della terra natale, del buono e del bello trovano un’esca che le rende inestinguibili.
Ringrazio Loris per aver concesso la pubblicazione.

23 mag 2020

Il manoscritto di Castelmonte

Castelmonte-Stara Gora

Il Manoscritto di Castelmonte (Starogorski rokopis).

E' composto da due fogli contenenti le preghiere del Padre Nostro, dell'Ave Maria e del Credo come nel Manoscritto di Rateče o di Klagenfurt. Si suppone sia una trascrizione di quello di Rateče e il collegamento potrebbe esser confermato a livello di lingua e scrittura, poiché son presenti caratteristiche peculiari delle parlate della Carniola, del Carso interno collegate a quelle delle Valli del Natisone. Castelmonte è meta continua di pellegrinaggi da secoli (8) e quindi è possibile parlare di commistione linguistica. L' autore del manoscritto sembra essere il vicario di Castelmonte Lavrenčij da Mirnik presso Gorizia e la scrittura risulta influenzata dall'ambiente latino-italico. Il documento faceva parte integrante del libro della Confraternita di Santa Maria del Monte e venne ritrovato solo verso gli anni '60 del XX secolo e poi pubblicato, a cura di don Angelo Cracina, nel 1973. Cracina sostiene che il manoscritto sia databile dal 1498 ai primi anni del '500, mentre Breda Pogorelec fra il 1492 e il 1498.
Opere interamente in lingua slovena, lingua soggetta ad una cosciente e decisa normativizzazione durante il XVI sec. , si ebbero a partire dalla traduzione della Bibbia di Jurij Dalmatin, cioè il 1584, ma testimonianze provenienti dalle Valli del Natisone si hanno solamente dalla seconda metà del '700 e provengono perlopiù anche qui dall'ambito ecclesiastico: i catechismi.
Questi catechismi manoscritti non si discostano molto dalla lingua slovena ufficiale dell'epoca, citiamo quello di don Michele Podrecca del 1743, e un altro sempre suo o di Leonardo Trusnig del 1780, dove la lingua locale tende ad espandere la sua presenza.
Nel corso dell'Ottocento troviamo quello di don Pietro Podrecca, Katekizem za Slovence Videmske Nadškofije na Beneškem, compilato assieme a don Michele Mucig e pubblicato nel 1869, totalmente in sloveno letterario.
Ma qualcuno rappresenta un'eccezione alla regola ed è don Andrea Floreancig di Covacevizza, che ha scritto un catechismo in lingua locale, il quale presenta influenze della lingua centrale minime. Datato 1891 è purtroppo incompleto, ma rappresenta una vera intenzione di dare alla lingua locale una dignità letteraria autonoma e una tradizione scritta.
Ai catechismi fanno seguito le prediche, quelle più famose di don Pietro Podrecca ritrovate ad Antro che sono quattro, datate 1848-1854, e di altri sacerdoti anonimi (9). La predica fu il genere letterario più in voga nelle Valli all'epoca.
Dopo le prediche, sempre in sloveno letterario, troviamo i libri di preghiere, ma già del novecento, ad esempio Naše molitve di Ivan Trinko, del 1951.
Trinko e Anton Clodig, letterato e pedagogo divenuto popolare nel mondo sloveno per le sue liriche epiche di Livško jezero (1912) e alcuni pezzi teatrali, si occuparono anche più strettamente di lingua. Del primo conserviamo una grammatica slovena rivolta agli abitanti della Valli e del secondo una descrizione della lingua locale pubblicata a San Pietroburgo nel 1878.

Esulano dall'ambito ecclesiastico anche se scritte da ecclesiastici alcune raccolte di poesie. Quella più famosa, ma non subito apprezzata dalla critica slovena, fu Poezije sempre di Ivan Trinko Zamejski (pseudonimo), pubblicata nel 1897; poi di Pietro Podrecca, sono Predraga Italija, manifesto antiaustriaco del 1848 e Slovenija in njena hčerka na Beneškem citate anche da Carlo Podrecca, le poesie religioso-popolari di Valentin Birtič-Zdravko, Spomin na dom (1983) e quelle di Rinaldo Luszach, e prima di queste opere si ricorda ancora un libretto di canti popolari scritti e musicati da don Antonio Droli (1808-1888), capellano e maestro elementare a Cravero (San Leonardo), tra cui il noto canto delle Valli Sladko vince. A queste si aggiungono pubblicazioni di varia natura del primo novecento, ancora di Ivan Trinko, racconti di piccole avventure della vita quotidiana dei ragazzi della Slavia Naši Paglavci (1929).
Non si può dimenticare poi il repertorio di canti prevalentemente religiosi in lingua slovena letteraria e sovra-dialettale (sloveno letterario interpolato alla lingua locale o “dialetto” elevato) (10), ma anche profani.
Operano in grande autonomia dalla lingua centrale, non rifiutandola, i compositori Nino Specogna e Antonio Qualizza, che maggiormente si dedicano però alle ricerche sui canti sia sacri che profani diffusi nelle Valli. Del primo, citiamo Canti sacri nel Comune di Pulfero (1998) pubblicato assieme a Luciano Chiabudini e Pod Lipo (1999), mentre per il secondo Se zmisleš... (1999, rivisto 2005), che raccoglie duecento canti del comune di Stregna.
Nino Specogna, tra l'altro, ha scritto anche libri sull'educazione musicale per le scuole dell'obbligo. I manuali Noi e la Musica (1986) e Cantiamo (1997) manifestano il suo impegno per la creazione di un istituto musicale nelle Valli. Si anticipa qui che il suo amore per la cultura autoctona lo ha condotto alla redazione di una Gramatika (Grammatica)e di un Besednjak (Vocabolario) della lingua locale nediška, avvenimento storico importantissimo che, con l'immissione dalla tradizione scritta, ha elevato a dignità di lingua il nediško (prima espressione linguistica)
http://www.lintver.it/index.html

IL MANOSCRITTO DI CASTELMONTE

Manoscritto di Castelmonte(Starogorski Rokopis in sloveno) è uno dei più antichi documenti,fino a noi pervenuti,scritto in lingua slovena.Fu compilato alla fine del XV secolo (1492-1498) con il testo delle preghiere del Pater Noster, dell'Ave Maria e del Credo.

EPOCA

Il manoscritto fu redatto presso il Santuario della Beata Vergine di Castelmonte, situato nelle vicinanze di Cividale del Friuli, tra il 1492 ed il 1498 da Lorenzo da Mernicco (Laurentius vicario di Mirnik). Il periodo corrisponde a quello in cui l'idioma sloveno, fino ad allora prettamente orale, cominciava a sviluppare le regole per dotarsi anche di una forma grafica.
CONTENUTO

 Il manoscritto, composto da due fogli, contiene le principali preghiere del Cristianesimo e precisamente il Padre Nostro, l'Ave Maria ed il Credo. Nel testo sono presenti caratteristiche peculiari delle parlate della Carniola, del Carso interno e della Slavia Veneta. Insieme al manoscritto di Cergneu, custodito presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale, testimonia il contributo dato dall'idioma parlato nella Slavia friulana alla formazione della lingua slovena letteraria.

Il documento, che faceva parte integrante del libro della Confraternita di Santa Maria del Monte, venne ritrovato solo verso gli anni 60 del XX secolo e fu pubblicato, a cura di Angelo Cracina, nel 1974. Il manoscritto era inizialmente conservato presso l'Archivio arcivescovile di Udine; attualmente risulterebbe custodito presso l'Archivio Capitolare della parrocchia di Santa Maria Assunta di Cividale del Friuli.


Preghiere

Il Padre Nostro

I.
Oratio dominicalis sclauonice
Otzha naſch kher ſy vnebeſſich poſſchwetſcheno
wody twoye yeme, pridi khnam twoye
Bogaſtwo, yſidiſſe twoye wuolle, khokher vnebeſſich
tochu Naſemle. Day nam donneſs ta vſſe-
dannj khruch ynuy nam odpuſti naſche douge
khokhr mi odpuſtimo naſchim dolſchnickham.
Naſs vnapellay, na reſreſchno, Naſs reſche
od ſlega. Amen.

L'Ave Maria

II.
Salutatio Angelica
Zheſchena ſy Maria gnade ſy pollna
goſpod ye ſtabo, ſegnana ſy me
vuſſemj ſchenamy, ſchegnan ye ta ſſadt,
twoyga telleſſa. Yhs Hps Amen.

Il Credo

III.
Symbolum Appoſtollor(um)
Yest veryo na boga vſſega mogotzhiga, otzha
ſtvarnickha nebeſs ynuy ſemle ynuy na
Jheſuſſa chriſtuſſa ſynnu nega ediniga
goſpodj naſchiga, kheter ye podtzhett od ſwetiga
ducha Royen od Marie diwitze, Martran
pod pontio pyllatuſſo. Na khriſch reſpett,
ys khriſcha ſnett, mortiw vgrob polloſchen,
pred pekhell yede, Na trettye dan od
ſmertte vſtall, Na nebw ſtoppl, tu ſydj
Na deſſnitzi ſwoyga otzha nebeſkhiga od
tod yma tudi pritti ynuy ſodittj zhes
ſchywe ynuy zhes me(o)rtwe
Yest veryo na sſwettiga ducha, sſwetto kherſchan-
ſckho Zerckho, gmayno vſſech ſwettikhow
odpuſchane grechow, ſtayenna tega ſchewotta
ynuy ta vi(e)tzhe leben. Amen [4]




https://www.wikiwand.com/it/Manoscritto_di_Castelmonte

Strada del vino e del sapore: ecco le bellezze del Friuli Venezia Giulia


Il Friuli Venezia Giulia è al momento la sola regione in Italia ad avere un ente unico che fa da regia al progetto della Strada, segue tutte le azioni legate all'operatività con le proprie risorse interne ed è, inoltre, la prima regione in Italia a regolare (ex art.6 lr 22/2015) la somministrazione di produzioni agroalimentari tradizionali e produzioni tipiche e di qualità non cucinate, unitamente all'assaggio del vino durante le visite in cantina

La scuola bilingue e la didattica a distanza “Una novità per tutti, noi ci siamo mossi così”


Fa discutere, certo non solo a livello locale, la reale efficacia della didattica a distanza a cui sono co- stretti, ancora per una ventina di giorni, scolari e studenti delle scuo- le in Italia. Mentre in altri Stati europei le lezioni sono riprese tra le mura scolastiche (anche se in Francia alcune scuole hanno richiuso dopo una settimana), in Italia infatti il ritorno sui banchi avverrà a settembre. Con modalità tutte da definire. Di tutto questo ne parliamo con il dirigente dell’Istituto scolastico bilingue di S. Pietro, Davide Clodig. “Per noi, come per altri, è tutto nuovo, non ci sono indicazioni e non c’è una preparazione ad hoc, anche se dal punto di vista della formazione digitale siamo avvantaggiati per aver già realizzato progetti specifici, come quello della classe 2.0. Ora però la didattica è tutta così, ed è una novità anche per chi è tecnicamente preparato. Questo vale per gli allievi, per le famiglie e anche per gli insegnanti”, ci dice.
Delle difficoltà, comunque, ci sono. “Ci sono ma sono anche superabili” afferma il dirigente, che spiega: “Abbiamo casi limitati dove non c’è possibilità di connessione a internet. In questo caso si caricano i materiali didattici su una chiavetta Usb e li si fornisce all’allievo. O anche con fotocopie.” Clodig fa an- che sapere che, per quanto riguarda le classi della primaria, da qualche settimana sono partite le lezioni in videoconferenza, “forse in ritardo per due motivi: abbiamo deciso di uniformarci a soluzioni simili se non uguali alle altre scuole slovene del territorio regionale, attra- verso il programma della ‘digitalna šola’, e poi perché abbiamo dovuto risolvere alcune situazioni per famiglie che avevano problemi: non avevano una connessione o non se la potevano permettere. Con fondi del Ministero abbiamo cercato di coprire questo genere di spese fornendo, quando necessario, tablet, pc portatili o anche router per il wi-fi. Questo valeva per gli allievi, ma anche per gli insegnanti. Come per tutto, siamo partiti e cerchiamo di aggiustare il tiro in corsa, perché non è facile capire quanto le famiglie siano capaci di rispondere a questo genere di innovazioni.”
La scuola bilingue ha messo quindi a disposizione circa 45 tra tablet e computer portatili (tra i pri- mi 5 sono stati donati dalla Zadružna Kraška Banka assieme all’Unione regionale economica slovena e all’Ufficio regionale per le scuole con lingua di insegnamento slovena, tra i pc portatili 3 sono dono del gruppo di volontariato La via di Bet di Clenia).
Il dirigente della bilingue rimarca, oltre all’aspetto formativo, anche quello psicologico legato alla qua- rantena. Un supporto alle famiglie e anche agli insegnanti, in questo senso, viene portato dalla psicologa Mara Floreancig. Va posto poi l’accento su problemi più specifici, ad esempio quando l’alunno non ha chi a casa lo possa aiutare con la lingua slovena. In questo caso, come per chi ha problemi di dislessia, si sta pensando di acquisire programmi con lettori vocali di testo.
Cosa succederà, però, a settembre? “Tutti i dirigenti – risponde Clodig – stanno cercando di fare delle ipotesi, ma al momento non ci sono indicazioni. Fino a che non ci saranno protocolli chiari su come vanno organizzati gli spazi, è difficile immaginare qualsiasi scenario. È chiaro che la presenza dei bambini e dei ragazzi è ideale, ma questo si scontra con gli aspetti legati a spazi e personale".

Monsignor Ivan Trinko

Nato a Tercimonte di Sotto (Savogna) il 25 gennaio 1863, T. frequentò la scuola elementare di Cividale del Friuli e il Ginnasio arcivescovile di Udine. Ordinato sacerdote nel 1886, entrò in seminario come prefetto, quindi dal 1895 al 1943 vi insegnò filosofia, disciplina su cui pubblicò alcuni saggi. Fu canonico onorario del Capitolo metropolitano di Udine, componente della Commissione d’arte sacra, per la riforma della musica sacra, deputato per la censura ecclesiastica, esaminatore sinodale. L’attaccamento alla parlata delle Valli del Natisone lo spinse ad approfondire la conoscenza della lingua slovena letteraria e ad insegnarla dal 1929 in seminario; scrisse la Grammatica della linguaslovena ad uso delle scuole edita a Gorizia nel 1930. Poeta e narratore, con i mezzi a sua disposizione tradusse letteratura slovena, croata, serba, ceca, polacca, russa per diffonderne la conoscenza. Su periodici regionali e stranieri pubblicò testi poetici e in prosa soprattutto di autori sloveni, ma anche di Puskin, Tolstoj, Turgenev, Gogol. Interlocutore privilegiato di Jan Baudouin de Courtenay, si fece interprete dell’esigenza della sua gente di avvicinarsi all’insegnamento religioso e scolastico nel proprio idioma, consapevole dell’identità comunitaria in tempi avversi alla convivenza delle diversità. Geografo attento agli aspetti economici e ai modelli sociali, tentò una Storia politica, letteraria ed artistica della Jugoslavia nel 1940 e si occupò della storia delle comunità sul confine occidentale sloveno. Dirigente dell’Azione cattolica, riuscì a sposare il sacerdozio con l’impegno politico nel Partito popolare, come consigliere ed assessore provinciale di Udine sin dal 1902. Nel secondo dopoguerra si attivò con i movimenti per l’autonomismo friulano, nel comune interesse per le minoranze. http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/trinko-ivan-trinco-giovanni-grisostomo/

22 mag 2020

FIORI DI MONTAGNA


Salus Infirmorum a Porzus

Da lunedì 18 maggio sarà di nuovo possibile la celebrazione delle Sante Messe con la partecipazione dei fedeli e domenica 24 maggio a Porzus/ Porčinj si celebrerà per la prima volta dopo molti anni la festa dellaMadonna della salute/Salus infirmorum. Alle 16.30 don Carlo Gamberoni, il parroco di Servola (Trieste), che con le proprie ricerche e i propri libri ha dato un contributo determinante a riscoprire e far conoscere le apparizioni mariane nel paese sopra Attimis/Ahten, presiederà la concelebrazione in italiano e sloveno. La possibilità per i fedeli di partecipare, seppure con le necessarie limitazioni, all’Eucaristia a Porzus, viene letta da molti come un segno del Cielo. La festa della Madonna della salute, istituita dagli abitanti di Porzus dopo la terribile epidemia di colera che nel 1855, l’anno delle apparizioni a Teresa Dush, che si portò via una quindicina di paesani, compreso il curato, don Giusepe Costaperaria, è stata rimessa in calendario alla fine delo scorso anno, quando del coronavirus Covid-19, non c’era traccia, né sentore. Poi a fine inverno e inizio primavera l’emergenza legata alla pandemia ha imposto la modifica del programma dell’anno dei pellegrinaggi 2020. Sono state annullate le celebrazioni previste il sabato e la domenica dopo Pasqua (18 e 19 aprile), date nelle quali si apriva tradizionalmente la stagione estiva, e l’apertura è stata spostata a domenica 24 maggio, data nella quale era già prevista la celena della festa della Madonna della salute. A presiedere la Santa Messa quel giorno avrebbe dovuto esserci mons. FrancoAgostinelli, vescovo emerito di Prato, nonché assistente nazionale delle 700 Misericordie d’Italia, nate nel 1244 a Firenze, per portare aiuto, conforto nel mondo del dolore e della sofferenza. Successivamente anche questo appuntamento è stato modificato, in considerazione del protrarsi dell’emergenza. In ogni caso, il curatore pastorale di Porzus, don Vittorino Ghenda, aveva confermato la celebrazione dell’Eucaristia senza la presenza di fedeli e con trasmissione in diretta Facebook sulla pagina Pro loco Amici di Porzus. Poi la buona notizia della riapertura delle celebrazioni all’intervento dei fedeli dal 18 maggio, cosicché proprio il 24 maggio sarà la prima domenica con i fedeli di nuovo in chiesa. In quanto successo, don Ghenda trova più di una coincidenza. «II 1855, l’anno delle apparizioni, è stato l’anno di un terribile colera che ha ucciso ben 20 milioni di persone in tutta Europa – ha scritto –. Anche a Porzus sono morte 15 persone da giugno ad agosto, tra le quali il parroco, don Giuseppe Costaperaria di Vernasso. Qui a Porzus, però, dopo le apparizioni il colera è cessato, mentre altrove si protrasse anche l’anno successivo, addirittura in forma più grave. Per questo, ad opera della gente, in primo luogo, e dal fratello della veggente Giovanni Battista Dush, è stato commissionato al pittore Lorenzo Bianchini, nel 1887, il bel quadro della Madonna con in braccio Gesù Bambino, dal titolo Salus Infirmorum, salute degli infermi. Evidentemente un grazie alla Madonna per la cessazione del colera e per una preghiera di assistenza in altri mali. Il bel quadro sarà anche il motivo di una festa in onore della Madonna a Porzus, il 24 maggio: festa andata poi in disuso». In tutto questo, il sacerdote responsabile della pastorale di Porzus scorge «una forte coincidenza, per quel che riguarda almeno le nostre terre. Coincidenza dalla quale può emergere una finalità. Infatti – sottolinea – io vedo in questa coincidenza, come un invito, un richiamo a guardare a Santa Maria di Porzus, la Salus Infirmorum, così come l’hanno chiamata i vecchi porzusani, esperti di quel terribile colera nel tempo delle apparizioni». «È un forte invito a guardare a Lei con uno spirito di fiducia, di affidamento. Soprattutto nei momenti del dolore, delle malattie, che non sono soltanto il coronavirus», conclude don Ghenda.

Maca anche in Val Saisera - Maca tudi za dolino Zajzera


Maca-Museo a cielo aperto, l’applicazione che tramite la tecnologia dei codici QR già porta alla scoperta del Sentiero del Pellegrino e del santuario del Monte Santo di Lussari/Svete Višarje, sta per sbarcare anche in Val Saisera.
Nell’ambito del progetto Festival Risonanze 2020, finanziato con un contributo di 30.000 euro dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, il Comune di Malborghetto-Valbruna ha approvato la posa di 15 cartelli Maca sul Forest sound track, il percorso che porta alla scoperta della Val Saisera e degli abeti di risonanza. La pandemia di covid-19 impone il mantenimento di distanze sociali di sicurezza e limita spostamenti e comportamenti, costringendo anche il Comune di Malborghetto-Valbruna a ridurre il programma previsto per quest’estate nell’ambito delFestival Risonanze. Tuttavia da alcuni giorni le disposizioni delle autorità permettono di svolgere attività fisica all’aperto e così anche passeggiate e camminate, pur in considerazione delle prescrizioni di sicurezza. In questo contesto il progetto digitale Maca svela ulteriori potenzialità, visto che le caratteristiche di Maca permettono la visita dei percorsi senza contatti fisici ravvicinati.
Ricordiamo che, attraverso i codici QR riportati sui cartelli colorati (i Maca, per l’appunto), con uno smartphone dotato di lettore di codici QR e un paio di cuffiette si può accedere a racconti, approfondimenti, video e fotografie. I contenuti in genere sono realizzati in quattro lingue – italiano, sloveno, tedesco e inglese. La realizzazione dei nuovi 15 Maca, da disporre lungo tutto il Forest sound track, sarà curata dall’associazione culturale Età dell’acquario di Camporosso/Žabnice, che nell’ambito del progetto Festival Risonanze 2020 è già partner del Comune di Malborghetto- Valbruna.
Il sodalizio ha proposto un corrispettivo di 2.160 euro, che saranno erogati attingendo al contributo per la realizzazione del festival. (Luciano Lister)
Projekt MACA (v italijanščini »Museo a cielo aperto«, to je v slovenščini »Muzej na prostem«) se širi tudi na dolino Zajzera. Ob pešpoti Forest sound track, ki opozarja na bogastvo resonančnega lesa, bodo postavili 15 pisanih kažipotov. Preko kod QR, ki jih bodo s svojimi pametnimi telefoni lahko brali na kažipotih, bodo obiskovalci imeli dostop do predstavitev, slik, pripovedi in posebnih vsebin. Vsebine bodo dostopne v italijanščini, slovenščini, angleščini in nemščini.
V okviru projekta MACA so desetino pisanih kažipotov s kodami QR že postavili ob stari romarski poti na Svete Višarje.
Za postavitev nadaljnjih kažipotov v dolini Zajzera bo poskrbelo žabniško društvo L’età dell’Acquario. Dežela Furlanija-Julijska krajina je Občini Naborjet-Ovčja vas svojčas namenjala prispevek v višini 30.000 evrov za letošnjo izvedbo Festivala Risonanze. Zaradi pandemije koronavirusa je Občina Naborjet-Ovčja vas razne točke v programu morala odpovedati ali prilagoditi. V okviru novih razmer razkriva projekt MACA nadaljnji potencial, saj med pohodi zagotavlja dostop do vsebin ob upoštevanju varnostnih ukrepov. Društvo L’età dell’acquario je med partnerji, s katerimi Občina Naborjet-Ovčja vas izvaja Festival Risonanze 2020; za pripravo novih vsebin in kažipotov v okviru projekta MACA bo iz sredstev za letošnjega festivala prejel prispevek v višini 2.160 evrov.

21 mag 2020

Affresco con invocazione in sloveno a Canalutto/Skrìla in comune di Torreano-Tavorjana

grazie  a Luca e Stefano

*MARIA DEI*      * GLORIA IN EXCELSIS DEO *

O SANTO ANTONIO TU CHE DEGNO SEI
PREGA GESU' - MARIA PER I TUOI FEDELI
II.X.1906

Torreano (Toreàn in friulanoTavorjana in sloveno), è un comune italiano, di 2.270 abitanti della provincia di Udine in Friuli-Venezia Giulia.
Peculiarità del territorio di Torreano è di trovarsi a cavallo tra l'area linguistica friulana (della quale fa parte la maggioranza dei locutori) e quella slava della Benecia, in cui è ancora diffuso un dialetto legato al sistema linguistico sloveno. Nelle frazioni della parte alta del comune (Costa/Podgrad, Canalutto/Skrìla, Masarolis/Mažeruola, Reant/Derjan, Tamoris/Tamora) è tuttora parlato il locale dialetto sloveno, tutelato ai sensi della Legge 38/2001.

Questo affresco su una casa rurale di CANALUTTO/SKRILA è la dimostrazione che nel secolo scorso anche qui si pregava e parlava in sloveno.

Oggi è una zona italianizzata e friulanizzata,senza tabelle con toponimi in sloveno.

 Affresco su una casa rurale a Canalutto/Skrìla con diciture in latino-italiano-sloveno .

Opera probabilmente anche se rimaneggiata di Jacum Pitor /Giacomo Meneghini  di Cergneu-Cerneja


OJ MARIJA OD VECNO POMOC
 POMAJ SINOVE TVOJE
 VSMILISE CES NAS

traduzione letterale
o Maria ausiliatrice aiuta i tuoi figli
abbi pietà di noi

Jacun Pitôr-Giacomo Meneghini
 uno dei più popolari artisti näif attivi nella nostra regione
 tra ‘800 e ‘900

Personaggio vagabondo e solitario, unico nel suo genere, Jacun Pitôr è stato
 uno dei più popolari artisti näif che hanno vissuto e lavorato nella nostra regione
 a cavallo tra ’800 e ‘900. Durante i suoi spostamenti ha lasciato diverse
 testimonianze della sua eclettica arte in osterie, chiesette di campagna, 
casolari e case nobili in cambio di ospitalità e di modesti compensi.
Nelle sue opere si respira la tipicità della cultura popolare: i temi pittorici trattati,
 con armonia e semplicità, spaziano dal sacro al profano, accompagnati
 molte volte da autentiche perle di saggezza rurale friulana, intrise di sottile ironia.
continua a leggere : http://www.jacunpitor.it/





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"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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