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🌞Blog che parla del Friuli: in particolare delle minoranze linguistiche slovena,friulana e tedesca e non solo. ❤️ Sono figlia di madre slovena (Ljubljana) e di padre appartenente alla minoranza slovena della provincia di Udine🌞 (Benecia).Conosco abbastanza bene la lingua slovena.Sono orgogliosa delle mie origini.OLga

INNO SLOVENO

INNO SLOVENO "Vivano tutti i popoli che anelano al giorno in cui la discordia verrà sradicata dal mondo ed in cui ogni nostro connazionale sarà libero, ed in cui il vicino non sarà un diavolo, ma un amico!"❤️ FRANCE PREŠEREN poeta sloveno

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4 mag 2021

IL CAPPELLANO MARTIN CEDERMAC DI FRANCE BEVK

 


il romanzo dello scrittore sloveno France Bevk sulla proibizione della lingua slovena nelle chiese dell’arcidiocesi di Udine, in italiano e a fumetti (con testo nel dialetto sloveno delle Valli del Natisone). La traduzione è di Ezio De Martin, le illustrazioni di Moreno Tomasetig e la prefazione dello scrittore Boris Pahor.

La pubblicazione in italiano e la traduzione in fumetto del celebre romanzo dedicato alla drammatica situazione dei sacerdoti sloveni della Benecìa, è una scelta indovinata per far conoscere ad un pubblico più vasto il comportamento, per certi versi eroico, comunque di grande valore umano, da essi sostenuto per la difesa della dignità umana. Che questa si sia espressa nel campo specifico della fede cristiana, non fa altro che illuminare ulteriormente il valore di questa condotta.
Il romanzo ci offre uno spaccato preziosissimo della vita in una cappellania sulla sponda destra del Natisone, con il complesso intreccio di vita quotidiana, di celebrazioni liturgiche, di timori e paure, di persone coraggiose, di altre impaurite, opportuniste che sfruttano la situazione. In una parola, la vita concreta nella varietà delle sue forme, ma il tutto visto alla luce di quella dignità umana che dà sapore alle cose ed anche la forza di affrontare difficoltà non comuni. In una lunga carrellata passano in rassegna i protagonisti, che possiamo così elencare: il protagonista cappellano Martin, la sua collaboratrice domestica, la comunità ecclesiale, i vari rappresentanti della politica dal prefetto all’appuntato, i responsabili della Chiesa Udinese dal vescovo fino ai cappellani delle sperdute comunità montane, il tutto nella commistione di potere politico e religioso fra ipocrisia, astuzia, compromessi e silenzi.
Cedermac stripIl cappellano Martin, ricalcato artisticamente sulla figura di don Antonio Cuffolo, con qualche ritocco anche di don Giuseppe Cramaro, suo vicino di chiesa, è la figura dell’idealista che sposa la difficile realtà in cui si trova a vivere, convinto com’è della indivisibile unità tra Vangelo e dignità umana, espressa dalla esistenza concreta delle persone e della terra in cui vivono. È la linea della incarnazione, cioè di un inserimento dell’eterno e dell’invisibile nella nostra quotidianità, che non è mai banale per chi la vive con dignità. Martin vive per la sua gente e per il suo bene integrale, unendo due aspetti importanti della stessa realtà: le persone e la parola scritta, in questo caso il Catechismo. Non c’è crescita umana senza cultura e senza la sua immagine scritta; una parola che diventa documento e storia. Da ciò la difesa commovente dei libri sloveni, con l’aiuto della fedele collaboratrice. Non l’ideale falso di un popolo ignorante e fedele, ma quello di persone consapevoli e capaci di prendere posizione, perché coscienti di sé. Martin è il campanello che tiene desta la loro coscienza.
Accanto a lui e con lui, la fedele collaboratrice, che si cura della casa, della chiesa e delle faccende quotidiane, ma anche di avvenimenti straordinari, come il salvataggio dei libri sloveni e la sopportazione degli scatti d’umore del cappellano. Il tutto vissuto nella discrezione, nel silenzio, tipico di un mondo che non c’è più e suggerito da un rispetto religioso, che dà un’aura quasi mistica a tutta l’esistenza. E con lei la comunità cristiana, quella che si riunisce in chiesa la domenica, nell’ascolto del Vangelo e della sua spiegazione. A questi cristiani, nell’agosto del 1933 viene tolta anche la possibilità di un nutrimento di cui ha doppiamente bisogno, come cristiani e come cittadini, portatori di una cultura millenaria, nello scrigno della lingua. Viene loro tolta la dignità della propria appartenenza nazionale e linguistica, che viene sganciata dalla professione di fede, quasi che si trattasse di due pezzi di un gioco d’incastro, interscambiabili a piacere. Questo popolo reagisce compostamente e con tristezza. Una reazione non violenta, silenziosa, che alla fine risulta anche vincente, perché non si assoggetta all’imposizione e attende, con il cappellano, una possibile liberazione.
Ci si aspetterebbe a questo punto, un intervento forte, deciso, sicuro da parte dell’autorità ecclesiastica. Nulla purtroppo, se non l’invito all’obbedienza ed allo studio della lingua italiana, in modo da realizzare quel programma politico che vuole tutto livellare, perché come ai tempi degli assolutismi, tutti parlino una sola lingua ed obbediscano ad un solo padrone. Non si chiede certo che il Vescovo si voti al martirio cruento, visti i momenti, ma che non abbandoni il suo gregge ed i pastori che lo aiutano. Una minima opposizione e resistenza da parte del Vescovo ci poteva essere, come testimoniano esempi luminosi di quegli anni, anche se rari, bisogna ammetterlo. E così, si ebbero esempi di cedimento da parte di qualche sacerdote, allettato dai vantaggi politici che questo comportava. E non sono mancate medaglie al merito contrario, per certi squallidi protagonisti, anche questi pochi, per fortuna, ma che potevano fregiarsi di qualche cavalierato di metallo scadente, sul piano dei valori umani.
L’apparato del regime fascista svolgeva il suo compito, alternando carota e bastone, per raggiungere il suo scopo di assimilazione forzata delle popolazioni della Slavia. Erano passati gli anni dell’impero asburgico, che un pluralismo culturale l’aveva sviluppato, e che permetteva ai diversi popoli di non perdere la propria identità. Queste cose, magari, furono scoperte dopo, visti i disastri del dopo. Certo che gli anni ’30 del secolo scorso, furono estremamente negativi per la Benecìa, tanto che i suoi effetti deleteri li sentiamo e viviamo ancora oggi. Hanno preso una piega subdola, che alla fine, continua l’opera devastatrice del fascismo. Infatti, è intervenuta la scoperta sensazionale che noi delle Valli, siamo di ascendenza slava. Un evento probabilmente unico nella storia dei popoli, ma che coltiva l’obiettivo della negazione. L’unica cosa che interessa è la cancellazione del sostantivo ed aggettivo ‘sloveno’. Ottenuto questo, tutto va bene, salvo lasciar perdere ciò che resta del dialetto sloveno, nei gorghi e nelle piene del Natisone.
E così la storia di Martin Čedermac continua, in tempi diversi, ma con gli stessi problemi, non di pressione politica, ma di contrapposizione pseudo linguistica. Alla fine resta paradigmatico il discorso finale del cappellano, una perorazione religiosa e civile, perché le due cose non vanno divise; una perorazione che invita ogni uomo – non più solo noi della Benecìa – a non svendere mai la sua identità, perché è l’unica carta della sua dignità e del valore assoluto della persona umana. Sempre e dovunque. (Marino Qualizza)

Sulle strade della fede e della storia

 

Chiese votive della Benecia illustrate da Moreno Tomasetig / Le vie delte Slavia nel progetto di Moreno Tomasetig

Con una conferenza in modalità digitale, lo scorso 15 aprile è stato presentato il «Cammino delle 44 chiesette votive» ideato dalla pro loco «Nediške doline» e realizzato grazie allo studio naturalistico «ForEst». L’itinerario di lunga percorrenza si divide in 10 tappe e collega tra loro i sette comuni delle Valli del Natisone, ai quali si aggiungono Prepotto e Cividale del Friuli.

Il percorso permette al pellegrino e all’escursionista di percorrere le valli dei fiumi Natisone, Alberone, Cosizza, Erbezzo e Judrio partendo e tornando a piedi dalla stazione ferroviaria di Cividale, nonché di usufruire delle attività ricettive e di ristoro offerte dal territorio.

Le protagoniste del cammino sono le 44 chiesette votive selezionate da Tarcisio Venuti nel volume «Chiesette votive da S. Pietro al Natisone a Prepotto». Il percorso le mette in collegamento, permettendo la conoscenza di arte, storia, natura e cultura della Benecia.

I promotori dell’iniziativa intendono porre in essere una collaborazione diffusa tra istituzioni, attività economiche ed associazioni interessate dal percorso. Ritengono, infatti, che il Cammino sia una occasione di promozione delle Valli del Natisone e del Judrio e possa avere ricadute positive anche in termini economici e sociali su questi territori.

«Tra la seconda metà del XV e la prima metà del XVI secolo la Slavia fu un grande cantiere dove noti e ignoti artisti sloveni si susseguirono nel costruire, ampliare e restaurare le antiche e piccole chiese di stile romanico disseminate sui monti e nelle valli. (…) Fu un vero risveglio religioso e artistico; (…) un risveglio che rinvigorirà e salderà i rapporti tra gli Sloveni delle Valli del Natisone con quelli dell’Isontino e della Slovenia centrale», ha scritto Giorgio Banchig nel volume «Slavia-Benečija. Una storia nella storia» (edizioni Most).

Significativo, infatti, che i beneciani, sotto la Repubblica di Venezia, si siano rivolti per quest’opera gigantesca – una chiesa per ogni 3,7 chilometri quadrati e ogni 87 persone – ad architetti e artisti sloveni. Sembra proprio il desiderio di evidenziare la propria appartenenza linguistica e culturale al mondo sloveno.

Per questo risulta davvero di difficile comprensione che i promotori del «Cammino delle 44 chiesette votive» abbiano scelto solo la lingua italiana per denominare l’itinerario e per i cartelli indicatori. E questo proprio quando la Comunità di montagna Natisone e Torre ha installato sui sentieri delle Valli del Natisone quasi duecento cartelli bilingui italiano-


sloveno.
https://www.dom.it/po-poti-nase-vere-in-zgodovine_sulle-strade-della-fede-e-della-storia/

3 mag 2021

FRANCE BEVK

 France Bevk nacque il 17 settembre 1890 in una modesta famiglia di contadini a Zakojca pri Cerknem, in una zona montuosa dell’Alto Isonzo. Quando compì 17 anni si trasferì a Gorizia, dove per qualche tempo fece l’apprendista. In seguitò studiò e si diplomò presso l’Istituto magistrale locale. Dopo la maturità lavorò come insegnante in varie scuole del Litorale sloveno, fino al 1917 quando fu chiamato a prestare servizio come soldato nel Fronte Orientale. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale si trasferì a Ljubljana, dove lavorò come giornalista.

Bevkova domacija
La casa natale di Bevk a Zakojca

Nel 1920 tornò a Gorizia, dove si occupò di editoria e diresse le riviste locali in lingua slovena Mladika e Goriška straža. A causa del suo impegno nella difesa della cultura e dell’identità nazionale degli sloveni del Litorale fu perseguitato dalle autorità fasciste e fu più volte incarcerato e mandato al confino. Nel 1943 si unì ai partigiani e fu nominato presidente della Commissione del Fronte di Liberazione per il Litorale sloveno. Alla fine della guerra occupò alte cariche nella Repubblica Socialista Slovena. Morì a Ljubljana nel 1970 ed è sepolto nel cimitero di Solkan.

Bevk fu uno dei più prolifici scrittori sloveni. Iniziò da giovanissimo scrivendo poesie, per dedicarsi poi quasi esclusivamente alla prosa (romanzi, racconti, novelle, letteratura per ragazzi). I temi centrali a cui Bevk attinge nelle proprie opere sono la storia locale dal medioevo in poi e la vita dei contadini delle sue terre. Il romanzo Človek proti človeku (“Uomo contro uomo”), ad esempio, è ambientato nel XIV secolo nel territorio tra Cerkno, Cividale e Udine e narra la storia della piccola nobiltà locale che si ribella al patriarca di Aquileia e lo uccide, ma viene a sua volta annientata dal nuovo patriarca.

France Bevk
France Bevk

Bevk fu appassionato narratore anche della storia a lui contemporanea, soprattutto della vita dei contadini della zona di Tolmin e Cerkno, nei quali vedeva l’incarnazione della forza e della vitalità primordiale (v. ad esempio Ljudje pod Osojnikom (“La gente sotto l’Osojnik”). Lo scrittore descrive la lotta per la sopravvivenza in una natura ostile, in cui gli uomini si muovono spinti dagli istinti e da passioni irrefrenabili.

Anche la letteratura per ragazzi di Bevk ha per protagonisti i bambini delle famiglie contadine che vivevano tra i monti di Tolmin (Pastirci (“I pastorelli”), Grivarjevi otroci “I figli di Grivar”, Pestrna (“La bambinaia”)).

Kaplan Martin Čedermac
Prima edizione di Kaplan Martin Čedermac del 1938

L’opera più importante di Bevk è il romanzo Kaplan Martin Čedermac (“Il cappellano Martin Čedermac”), pubblicato con lo pseudonimo “Pavle Sedmak”, ambientato negli anni trenta del secolo scorso nella zona abitata dalla minoranza slovena tra Cividale del Friuli e i monti che sovrastano Kobarid, nota come Benečija o Slavia Veneta. Il romanzo racconta le vicende di un anziano sacerdote che si scontra con le leggi fasciste che nel 1933 proibirono l’uso dello sloveno durante le funzioni religiose e il catechismo. Il cappellano Čedermac soffre per l’inguistizia verso il proprio popolo e non sa come agire, combattuto tra il dovere di obbedienza verso le autorità e il desiderio di opporsi all’oppressione fascista. Rifiuta un tentativo di corruzione da parte di un ufficiale della Prefettura, nasconde i libri di preghiera in sloveno che altrimenti sarebbero stati requisiti dalla polizia e rischia di finire in carcere. Il romanzo si conclude con il pensionamento dell’amareggiato cappellano, che viene sostituito da un altro più giovane e meno “scomodo” al regime.

Per il suo romanzo Bevk trasse ispirazione da una persona realmente esistita, don Anton Kufolo (1889-1959), cappellano a Laze pri Podbonescu (Lasiz presso Pulfero). Ancora oggi il termine “Čedermac” è usato in sloveno per indicare il clero che in Benečija o più in generale nel Friuli Venezia Giulia difese la cultura della minoranza slovena dagli attacchi del regime fascista italiano.

France Bevk oggi

Fate una passeggiata in città, guardatevi intorno, fate una ricerca in internet. Dove possiamo trovare tracce di France Bevk nel mondo di oggi?

  • Nova Gorica nel 1976 è stata eretta una statua commemorativa in onore di France Bevk. Autore della statua è lo scultore Boris Kalin.
  • La biblioteca di Nova Gorica è intitolata a France Bevk (»Goriška knjižnica Franceta Bevka Nova Gorica«).
  • Tolmin e a Villa Opicina/Opčine (TS) si trova una scuola intitolata a France Bevk.
  • Nel 2010 la televisione di stato slovena RTV Slovenija ha prodotto il film per la televisione Črni bratje (“Fratelli neri”), tratto dall’omonimo racconto breve di Bevk. Gran parte del film è stata girata a Gorizia.
La splendida biblioteca di Nova Gorica intitolata a France Bevk
La splendida biblioteca di Nova Gorica intitolata a France Bevk
da https://www.slovely.eu/2013/04/22/france-bevk/?cn-reloaded=1

IL NUOVO SACRESTANO DI FLAIPANO/FEJPLAN NEL SEGNO DELLE COMUNI RADICI CON PERS/BRIEH

 Da alcune settimane il signor Tiziano Cher è diventato il nuovo sacrestano della chiesa di Santa Maria Maddalena a Flaipano/Fejplan, nel comune di Montenars.

Ricordiamo che Flaipano non è molto distante da Pers/Brieh, frazione del comune di Lusevera, dove Tiziano Cher ha le proprie radici. Pers e Flaipano hanno sempre intrattenuto forti legami.

Dal punto di vista linguistico, in passato a Flaipano/Fejplan secondo la scienza la lingua d’uso era un dialetto sloveno, come a Pers e nel comune di Lusevera. Per lungo tempo, poi, la chiesa di Flaipano è stata luogo di culto anche per la comunità di Pers. Fino all’inizio del XX secolo, infine, visto che in paese non c’era il cimitero, a Flaipano venivano tumulati anche i defunti di Pers. Forse anche per questi motivi si è preferito che le chiavi di chiesa e campanile finissero a Pers, piuttosto che a Montenars.

«Si tratta di un incarico formale – spiega Tiziano – perché nella chiesa di Santa Maria Maddalena sono celebrate poche Messe l’anno. Soprattutto a Santo Stefano, il Lunedì dell’Angelo e nella ricorrenza di S. Maria Maddalena, se non per qualche rito funebre o in occasioni particolari. Finora ho suonato una volta sola le campane, in memoria di un defunto del paese, e ho aggiornato l’orologio del campanile all’ora legale».

Il sacrestano precedente, Graziano Lazzaro, è mancato qualche tempo fa, a 85 anni. Era lontano parentedi Tiziano. «Era di Flaipano e si è occupato della chiesa e del campanile per circa vent’anni. A suo tempo mi aveva chiesto se mi sarei occupato della chiesa e del campanile e ho accettato. Del resto, dopo il terremoto del 1976 era giunto un contributo anche da Pers per sistemare le campane e la chiesa di S. Maria Maddalena». 

dal dom del 30 aprile 2021

Il campanile di Flaipano/Fejplan.

LE GROTTE DI VILLANOVA VI ASPETTANO

 


www.grottedivillanova.it

Legge per la montagna con gli sloveni

 


Legge per la montagna con gli sloveni È importante collegare il nuovo provvedimento regionale con le disposizioni della 38/2001 Dunque la Regione sta preparando una nuova legge specifica per il territorio montano. Come anticipato al Dom dal consigliere regionale Giuseppe Sibau, uno degli artefici della bozza ora all’attenzione dell’assessore alla Montagna, Stefano Zannier, il provvedimento si pone l’obiettivo di alzare il livello della qualità della vita nell’area montana che oggi è messa peggio, non di dare ulteriori risorse a località dove già esiste un fiorente movimento turistico, come Tarvisio, Sappada, Piancavallo, Zoncolan... Il principio dovrebbe essere quello di impiegare i fondi a disposizione (nel loro ammontare si misurerà la reale portata della legge) per migliorare le situazioni di quelle frazioni montane che sono più colpite da spopolamento, attraverso azioni specifiche volte a garantire anche alla popolazione montana gli stessi standard qualitativi delle altre zone del territorio regionale e a sostenere con contributi specifici l’acquisto e la ristrutturazione di immobili da destinare a prima abitazione a favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale. Eppure la molla economica non basta a far rivivere la montagna. Fondamentale resta la motivazione identitaria. Gli estensori della bozza per la nuova legge ne sono consapevoli, quando scrivono che «la Regione riconosce nei valori dalla cultura tradizionale della montagna e dalle culture locali il mezzo fondamentale per rendere la gente di montagna consapevole delle proprie origini e della propria identità». Questo vale per ogni territorio montano e tantopiù per il Friuli Venezia Giulia, dove le cosiddette terre alte sono abitate da comunità di lingua slovena in Benecia, Resia e Valcanale, tedesca a Sappada, Sauris, Timau e Valcanale, friulana nelle altre valli. Ecco perché appare fondamentale anche un collegamento tra il testo che si va delineando e la legge di tutela per la minoranza slovena, della quale il prossimo 23 marzo cadrà il ventesimo anniversario dell’entrata in vigore. L’articolo 21 della 38/ 2001, infatti, prevede la tutela degli interessi sociali, economici ed ambientali del territorio in cui è insediata la comunità slovena. Per lo sviluppo di Slavia, Resia e Valcanale è previsto addirittura un contributo annuo straordinario. Ciò significa che lo Stato ha già riconosciuto la specialità del nostro territorio e la necessità di risollevarlo da una situazione socio-economica catastrofica. Con quel denaro in vent’anni sono state finanziateopere pubbliche, sostenute imprese agricole e forestali, promosso lo sviluppo turistico. Come abbiamo ricordarto molte volte in vent’anni da queste colonne, il mezzo milione rappresenta un’affermazione di principio, una base sulla quale innestare tutta una serie di interventi. Ma questo non è avvenuto, non si è mai trovata la volontà politica, nel centrodestra come nel centrosinistra, di dare un seguito concreto a quella disposizione. Ciò anche da parte dei politici espressione della comunità slovena e anche all’interno delle organizzazioni della minoranza. Del resto, già nella fase di stesura dell’articolato, quella disposizione era stata osteggiata da molti. È importante, tuttavia, avere già un quadro legislativo. Se lo stanziamento fosse portato, ad esempio, a dieci milioni (che per le casse dello Stato e della Regione sarebbero del tutto sostenibili) già si potrebbe dare uno scossone alla situazione. La nuova legge regionale per la montagna è sicuramente un’ottima occasione per riprendere il discorso.

Ezio Gosgnach

da slovit del 31.03

2 mag 2021

non ne posso più...

 


Non ne posso più...con il polso ingessato non posso fare nulla e devo accontentarmi di ciò che sa fare mio marito.Mio marito ha un caratteraccio,vuole fare tutto a modo suo e non c'è verso di fargli cambiare idea.Immaginate voi la mia sofferenza nel vedere ciò fa...

Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

evidenzia

MAGGIOLATA DI GIOSUè CARDUCCI

  Maggio risveglia i nidi, maggio risveglia i cuori; porta le ortiche e i fiori, i serpi e l’usignol. Schiamazzano i fanciulli in terra, e i...

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