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5 gen 2021

Don Michele Molaro: un Natale vissuto sobriamente è più autentico

 INTERVISTA con il sacerdote che dal 2017 guida le comunità

 di Drenchia, Liessa, San Leonardo, Tribil Superiore e Stregna

Luciano Lister

Ci vuole un po’ d’impegno a cercare di addentrarsi nel mistero del Natale, che resta sempre una delle feste più sentite a livello emotivo. Ne abbiamo parlato con don Michele Molaro, parroco a Drenchia/Dreka, Liessa/Liesa, San Leonardo/Svet Lienart, Tribil Superiore/ Gorenj Tarbij e Stregna/Sriednje.

Cosa significa per lei il Natale?

«Negli anni scorsi per molti il Natale è stato una festa da vivere con se stessi e i propri cari; il periodo della pandemia può far sì che molti degli affetti che di solito abbiamo vicino saranno più distanti. Natale è un mistero che celebriamo e riviviamo ogni anno e che spesso perdiamo di vista nel suo significato profondo. A me piace ricordare che il Natale ci rivela qualcosa di sovraumano, il mistero di Dio che diventa umanità, che ci dimostra che ci è stato vicino, assumendo le nostre sembianze. Questo osando le nostre condizioni precarie del nascere come uomo e dell’essere riconosciuto o anche non riconosciuto da parte dell’umanità. Si tratta di una dimensione che per noi diventa anche nuova e di un mistero legato anche alla missione che il figlio di Dio è venuto a compiere – quella di arrivare a compiere tutto attraverso il mistero della sua donazione piena nel momento della passione e della morte. Forse quest’anno il tempo particolare che stiamo vivendo ci farà vivere il Natale in modo più intenso nel suo significato e con meno distrazioni. Il tempo di pandemia ci obbliga, forse, ad addentrarci di più in noi stessi e a dare risalto alle cose che contano».

Con quale spirito dobbiamo vivere il Natale quest'anno?

«È ancora incerto se il modo di festeggiare il Natale o di viverlo nei rapporti familiari più stretti sarà limitato. Qualcuno si lascia scappare che forse sarà veramente Natale, come abbiamo vissuto la Pasqua quest’anno, in modo dimensionato. Eppure io, personalmente, l’ho vissuta con molta profondità – forse perché, trovandomi da solo a celebrare o a ricordare le mie comunità a distanza, per me è stata più reale. Non perché eravamo presi da impegni e ritualità,

ma perché c’è stata la possibilità di sentirci più vicini nonostante le distanze. Sembra un gioco di parole, ma si tratta di vivere questa ricorrenza andando alle cose essenziali. Probabilmente il Natale porta anche una solidarietà, una vicinanza, un ricordo, una preghiera; magari fa sentire le persone che lo vivono in modo ulteriormente più sobrio ancora più sofferto».

Quali sono i ricordi dei suoi anni da bambino e ragazzo?

«Nel contesto della mia famiglia, semplice e contadina, sicuramente non è mai stato vissuto con grandi feste, però ricordo i momenti attesi a livello di comunità in parrocchia, dove ero impegnato. I primi anni come chierichetto, poi come aiutante del sacrestano e del parroco, ci divertivamo ad allestire le scene del presepio e organizzare le celebrazioni con quel tono di solennità. Nella mia esperienza di prete di seminario, magari, l’ho vissuto anche in modo più partecipe, riflettendo sul suo significato più profondo. Alcuni giorni prima di recarci a casa per le vacanze, poi, organizzavamo ritrovi tra le famiglie dei seminaristi».

E dalle parrocchie in cui ha prestato servizio negli anni?

«Soprattutto nei primi anni dovevo aiutare gruppi e ragazzi a prepararsi al Natale, a viverlo e convolgerli nelle situazioni – dal canto all’animazione. Si trattava di coinvolgerli per trasmettere loro il significato del Natale non solo come messaggio e annuncio, ma anche come celebrazione. Nelle prime comunità che ho seguito da parroco i miei ricordi sono legati alle tante celebrazioni che si dovevano seguire. La mia esperienza è sempre stata in comunità piccole, magari dislocate sulla montagna; gli impegni erano anche calzanti e spesso non davano il tempo di riuscire a trasmettere fino in fondo il significato del Natale. Specie a persone che magari incontravo in queste poche occasioni, magari in quell’unica occasione dell’anno che poteva essere la festività del Natale. Sono, però, sempre state esperienze che ricordo e porto nel cuore, perché ogni piccola comunità allestiva e preparava le proprie particolarità,con cui si contraddistingueva. Anche attualmente colgo i particolari modi di viverlo e prepararlo con le tradizioni nelle diverse realtà in cui mi trovo a operare ».

Qual è l'augurio che rivolge ai sui parrocchiani?

«Di sorprenderci sempre di un messaggio che non è mai ripetitivo. Di metterci in ascolto di quelle poche espressioni che il Natale ci propone nella liturgia, ovvero gli stringati racconti del Vangelo, molto sintetici, ma molto significativi. Che quell’augurio che nasce dalla grotta di Betlemme – Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore – possa diventare veramente un dono, un regalo, di cui stupirci sempre e rispetto a cui non sentirci mai abbastanza pronti ed esperti. Se questo ci sorprendesse, ogni attimo in cui ci accostiamo a questo messaggio diventerebbe come una nuova notizia» E quale augurio ai compaesani della sua terra d'origine?

«Di sentirli presenti e vivi nonostante io non sarò presente – non mi recherò neanche dai miei familiari, parenti o conoscenti per scambiarci questo augurio. Magari ce lo scambieremo via e-mail o telefonino. L’augurio è, comunque, di provare a cogliere sempre la novità del Natale e di viverlo, anche se in maniera più sobria, forse più efficace e autentica».

dal Dom del 20/12/2020

5 commenti:

  1. È stato un po' triste non poter vedere quasi nessuno e solo sentirsi per telefono, ripromettendosi di vedersi appena tutto ciò sarà finito. Ho riprovato però il gusto per riflessioni più profonde sul senso della vita e sul futuro.E' stato un Natale importante perché più d'ogni altro ci ha fatto cogliere non solo la differenza tra sacro e profano ma anche fra ciò che è utile e ciò che è soltanto voluttuario. Saluti cari a te.

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  2. Ogni giorno è Nato Gesù, morto e risuscitato. Ogni giorno è una festa. Abitato il suo cuore, una grandissima capanna! Ciao Olga!

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  3. Don Michele Molaro parla saggiamente del Natale.
    Un abbraccio a Olga.

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  4. Buon Natale a tutti gli ortodossi!Cucini qualcosa di speciale domani?Io per Natale di diverso dal solito ho mangiato il panettone e bevuto un buon bicchiere di vino.Sono contenta di essere in salute,dobbiamo accontentarci per stare bene.OLga

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