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«Vahti» e «Verne duše», finestre sul Paradiso e sul Purgatorio

 La nostra gente viveva nel raccoglimento e nella preghiera le ricorrenze del 1° e 2 novembre. Alla sera, recitava il rosario, eseguiva canti adatti alla circostanza e i vecchi raccontavano episodi sulla morte che terrorizzavano i bambini… Per i Celti erano i giorni in cui i morti entravano in comunicazione con i vivi

Giorgio Banchig

In questa vigilia della festa di Tutti i santi e della Commemorazione dei defunti facciamo un rapido passaggio dal medievale britof, luogo del ballo, del mercato e del giudizio, che si svolgevano durante la festa dell’opasilo, dove regnava la «pace di fiera», all’odierno britof dove riposano in pace i nostri morti e dove ci rechiamo nei primi due giorni di novembre.

Nello sloveno della Benecia e di altre regioni slovene (Primorska e Notranjska) la festa dei Santi è chiamata

Vahti (la dicitura ufficiale è Vsi sveti/ Tutti i santi), mentre la ricorrenza del giorno seguente è denominata Vernih duš dan/

Giorno delle anime fedeli o semplicemente Verne duše/ Anime fedeli. Vahti si fa derivare dal verbo tedesco

wachen = vegliare, stare svegli (da cui anche il verbo (v)ahtati = vegliare, vigilare, sorvegliare). In sloveno il termine vahta significa guardia, sentinella, sorvegliante derivato dal tedesco wahte/waht con lo stesso significato che poi si è sviluppato nell’attuale Wacht (Snoj M., Slovenski etimološki slovar ³, www. fran.si, 17. 10. 2020).

Marko Snoj ribalta questa radicata convinzione e ipotizza che Vahti derivi dal tedesco Weihtag, con significato di festa, composto da weihen = santificare, consacrare, e Tag = giorno. La festa di Tutti i santi in tedesco è detta Allerheiligen (= tutti i santi) Weihtag (= festa); Vahti si sarebbe affermato nello sloveno dopo che nella

lingua corrente tedesca sarebbe stato eliminato il primo termine Allerheiligen (Snoj M., Slovenski etimološki slovar ³, www.fran.si, 17. 10. 2020). Ma lo stesso Snoj usa il condizionale nel proporre la sua teoria, perciò lascio agli studiosi di questa complicata materia il compito di illuminarci ulteriormente sull’etimologia di Vahti e vado a trattare dell’origine e del significato di queste ricorrenze religiose.

Il 1° novembre si onorano le persone canonizzate e beatificate dalla Chiesa, ma anche quelle che hanno già raggiunto la piena gioia del Paradiso, mentre il giorno seguente si prega in suffragio delle anime che si trovano in Purgatorio per purificarsi e ottenere la santità necessaria per essere ammesse alla visione di Dio. Nella prassi odierna le due festività si sono fuse in una sola: quasi dappertutto alla santa messa del 1° novembre segue la visita al cimitero per un momento di preghiera sulle tombe dei defunti.

Ma la liturgia della Chiesa distingue nettamente le due ricorrenze come avveniva nelle nostra Benecia fino a qualche decennio fa, quando tutte le parrocchie erano provviste di sacerdoti e il 2 novembre era un giorno semifestivo. Il 1° novembre, in mattinata, veniva celebrata la messa solenne di Tutti i santi; la funzione pomeridiana, invece, era divisa in due tempi: all’inizio venivano cantati i vesperi della festa dei Santi e impartita la benedizione eucaristica; seguiva una pausa, durante la quale veniva allestito il catafalco dei defunti e l’addobbo degli altari con drappi neri, poi venivano cantati o recitati i primi vesperi dei Defunti. Al termine i fedeli si disponevano alla processione verso il cimitero (dove questo era distante dalla chiesa) con un ordine prestabilito: dietro la croce affiancata dalle lanterne nere si allineavano gli uomini ai due lati della strada, seguiva il parroco con la teoria dei chierichetti e i cantori, le donne chiudevano il corteo in ordine sparso. Durante il percorso, accompagnato dai rintocchi delle campane a morto, si cantava il Miserere e il De profundis. Il giorno seguente i sacerdoti avevano la facoltà di celebrare tre sante messen suffragio dei defunti; al termine della terza veniva ripetuta la processione in cimitero. Questa divisione delle due ricorrenze ubbidiva alla tradizione liturgica della Chiesa secondo la quale le solennità religiose iniziano con i primi vesperi, dopo il tramonto della vigilia, e terminano con i secondi vesperi, al tramonto del giorno di festa.

Oltre a partecipare alle funzioni liturgiche, la nostra gente viveva nel raccoglimento e nella preghiera le due ricorrenze: alla sera si recitava il rosario, tutto intero, si eseguivano canti adatti alla circostanza, si ricordavano i defunti della famiglia; i vecchi raccontavano episodi sulla morte, sull’apparizione dei defunti o sull’aldilà, che terrorizzavano i bambini… Durante tutta la serata, in qualche paese fino a mezzanotte, suonavano ininterrottamente le campane: in tono di festa il 31 ottobre, da morto il 1° novembre.

Le feste cristiane del 1° e 2 novembre hanno origini antiche e si sono innestate su precedenti tradizioni pagane. Esistono testimonianze certe che fanno risalire al II secolo in Oriente e al III in Occidente la commemorazione dei santi martiri nell’anniversario della loro morte. Sant’Efrem Siro colloca nel 373 l’inizio di una festa in onore dei martiri che veniva celebrata il 13 maggio. Questa data coincise poi con la festa romana per l’anniversario della dedicazione del Pantheon alla Madonna e a tutti i martiri fatta da papa Bonifacio IV nel 610. La festa di Tutti i santi, come la conosciamo oggi, ebbe origine in Francia e fu istituita per cristianizzare le feste celtiche che si celebravano in quei giorni. Alla sua diffusione contribuì soprattutto il filosofo e teologo Alcuino di York, prestigioso esponente della Scuola palatina di Carlo Magno. Qualche decennio dopo la festa fu allargata a tutto il regno franco e in altre aree europee, ma solo nel 1475 papa Sisto IV la estese a tutta la Chiesa cattolica (Cfr. Turnšek 1946: 66; Kuret II 1989: 92; Cattabiani 1988: 311-312).

L’idea di commemorare tutti i defunti nacque, invece, su ispirazione di un rito bizantino che celebrava la memoria di tutti i morti in un periodo compreso tra la fine di gennaio e il mese di febbraio. Nella Chiesa latina l’inizio della tradizione viene fatto risalire al 998 su iniziativa dell’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny. Con la riforma dell’ordine monastico cluniacense l’abate «ordinò a tutti i cenobi dipendenti dall’abazia francese di far risuonare le campane con i tradizionali rintocchi funebri dopo i vespri solenni del 1° novembre, annunciando ai monaci che dovevano celebrare in coro l’Ufficio dei defunti». Il giorno dopo i sacerdoti dovevano celebrare l’eucaristia pro requie omnium defunctorum. Successivamente la liturgia entrò nei rituali diocesani fino ad arrivare a Roma nel XIV secolo, quando fu estesa a tutta la Chiesa cattolica (Cfr. Turnšek 1946: 66; Kuret II 1989: 101; Cattabiani 1988: 311-312).

Ma, come abbiamo visto per altre feste, anche le ricorrenze religiose dei primi di novembre, in particolare la Commemorazione dei defunti, si sono sovrapposte preesistenti tradizioni, credenze e riti pagani.

Molti etnologi fanno risalire l’origine dei riti in suffragio dei morti nientemeno che ai Celti, un popolo che, nel periodo della sua massima espansione (V-III sec. a. C.), era presente in una vastissima area che andava dall’Irlanda e dalle isole britanniche alla Spagna, dalla Francia all’Italia settentrionale (anche in Benecia), dalla Pannonia all’Asia Minore. L’inizio di novembre era il capodanno dei Celti: in Irlanda lo si chiamava « Samuin ed era preceduto dalla notte conosciuta ancora oggi in Scozia come Nos Galan-gaeaf, notte delle Calende d’Inverno, durante la quale i morti entravano in comunicazione con i vivi in un generale rimescolamento cosmico» (Cattabiani 1988: 311).

(20 – continua)

dal dom del 31 ottobre 2020

4 commenti:

  1. La festività dei defunti è la ciliegina sulla torta Covid 19

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  2. Да, во Франции тоже отмечают этот праздник, но не столь обстоятельно. А теперь и не отмечают вовсе. Не знаю, как люди могли зайти на кладбище и привести в порядок могилы близких.На работу и по магазинам ходить можно, а на кладбище нельзя.

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  3. Ciao, Olga! Una festa interessante! Ma in Russia non celebriamo questa festa.

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