da vita nei campi fb
di Roberto Zottar
Nella sua storia alimentare l’uomo ha sempre avuto il problema della stagionalità delle materie prime vegetali e la necessità di doverle preservare per i futuri momenti di carenza di cibo. Una delle prime tecniche di conservazione sperimentate è stata l’essiccazione, utile soprattutto per la frutta. L’emblema ne è il fico che lasciato al sole per una settimana, aperto a metà ma tenuto insieme dal picciolo, lo si potrà poi mantenere intatto per un anno. I Romani chiamavano “mangiafichi” i panciuti esponenti delle classe agiate. Il frutto è citato da Plutarco che nelle “Vite parallele” racconta di Catone che porta al senato un fico colto tre giorni prima a Cartagine in modo da mostrare loro a quanta distanza si trovasse il nemico. Apicio, tra varie ricette, prepara un brodo di fichi e alloro e Columella suggerisce di essiccarli e pigiarli in recipienti di terracotta con semi di anice e finocchio. La Scuola Medica Salernitana era invece convinta che il fico fosse un eccitante erotico e ribadiva “… veneremque vocat, sed cuilibet obstat”, cioè provoca lo stimolo venereo anche a chi vi si oppone.
A tavola i fichi riescono ad esprimersi al meglio, specie se in abbinamento ad altri alimenti quali anice e formaggio fresco, arance (la cui acidità ne bilancia la dolcezza), cioccolato (usato sia come copertura che come farcitura), mandorle, noci, fegato, carni da cortile e selvaggina (specie oca e anatra).
In Friuli, oltre che in un difficile scioglilingua goriziano “Ŭs frescs fics fraits”, cioè uova fresche e fichi marci, i fichi, tra cui il notissimo figo moro di Caneva, entrano in cucina in molte pietanze e il loro sapore intenso ed il loro profumo li rendono particolarmente adatti ad una degustazione sia freschi sia anche in preparazione di numerosi piatti, dolci o salati, cotti o crudi, caldi o freddi, che ne valorizzano le caratteristiche gustative ed olfattive. Brevemente qui ricorderei il “Persùt cui fics”, dove il prosciutto San Daniele si sposa con la dolcezza del frutto, lo “strucolo de fighi”, ed il “pan de fighi”, che fino a pochi anni fa veniva dato come “giunta”, come si diceva allora, in panetteria.
Come ricetta di oggi vi propongo dei fichi caramellati al rum. Mettete un kilo di fichi ritti in un tegame che li contenga in un unico strato. Copriteli con mezzo kilo di zucchero, un bicchiere di aceto e un bicchiere e mezzo d’acqua e fate bollire lentamente fino a quando il liquido non sarà sciropposo, ci vorranno due ore circa. Aggiungete del rum alla fine e invasate! Sono speciali con il gorgonzola, ma anche con formaggi sia stagionati che freschi o con un gelato o anche solo con panna montata.
Buon appetito!
El higo y la breva son mis frutas preferidas, así que tomo nota de esta receta, ya que nunca los comí caramelizados.
RispondiEliminaUn abrazo, Olga.
Mia suocera prepara sempre i fichi secchi con la mandorla. Io però non li amo troppo, perché mi sporcano i denti.
RispondiEliminaBuona domenica.
Cara Olga,
RispondiEliminaMolto buono...
Un abbraccio,
Mariette
Boa tarde OLga. Parabéns pela receita.
RispondiEliminaCiao, Olga. Ricetta fantastica, adoro i fichi, naturalmente lo zucchero mi limita molto, ma comunque mi piacerebbe mangiarli.
RispondiEliminaUn abbraccio e inizieremo la settimana.