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antifascista
4 set 2021
La lettura
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”, Umberto Eco
Krn-Monte Nero
IL KRN, UN MONTE IMPORTANTE CHE AMO. - Ho visto alcune belle foto di montagne slovene e ho pensato di richiamare l´attenzione sul Krn, uno dei monti della mia giovinezza. Mi spinge a questo anche una deprecabile pretesa di un lettore che voleva imporre la dizione Tricorno invece che Triglav. Si può capire chi non sa, ma "est modus in rebus". Krn è una parola di antica etimologia, significa qualcosa come "roccia". Il monte è ben visibile dalla pianura friulana, dove non parlano sloveno ma marilenghe; lo chiamano LAVADOR, perchè il suo profilo da ovest ricorda la tavola di legno sulla quale le massaie di una volta lavavano la biancheria al fiume. In Italia è noto come Monte Nero, una pessima traduzione errata fatta dal team di quel Tolomei che tanto male ha fatto alle nostre genti (e indirettamente anche alla sua propria). Le vette delle Alpi Orientali hanno spesso il loro nome in lingue diverse e questo in fondo è un arricchimento delle nostre genti, basta conservare il necessario rispetto senza imporre niente agli altri. Però certi nomi artificiali ed errati, una intera toponomastica avente origine dal sopruso e dalla intolleranza, andrebbero pian piano rivisti o eliminati, nell´ottica di una pace duratura tra i popoli delle Alpi. Sul Krn sono stato d' estate a partire da Drežnica (Dresenza per chi non sopporta la pipetta), circa 1700 m. di dislivello, oppure in marzo dal versante sud (con amici triestini avevamo bivaccato in una stalla 1200 metri sotto la vetta). La discesa con gli sci è stupenda, con forte pendenza costante.
Aria d'autunno
Poeti sloveni del Litorale,
3 set 2021
Cento residenti e qualche perchè
La sfida a due per la carica di sindaco di Drenchia almeno per un attimo rianima il panorama politico locale, caratterizzato da calma piatta persino quando si affrontano, o dovrebbero affrontare, problematiche di interesse comune, come ad esempio il futuro dell’ospedale di Cividale. O di quello che ne resta. Rimane il fatto che a Drenchia, comune che all’anagrafe conta un centinaio di residenti, è riuscito quello che non era riuscito, nell’ultima tornata, a Pulfero, San Leonardo e Grimacco. Avere cioè almeno due candidati sindaco, e almeno una lista ciascuno a proprio supporto.Ora, il cittadino che magari non conosce quella realtà potrebbe chiedersi, molto ingenuamente: Perché? Perché, voglio dire, impegnarsi per un ruolo amministrativo che, con tutto il rispetto, vale poco più del due di picche nella ‘galassia’ delle nostre amministrazioni locali? Con tutto il fardello, poi, del tempo da mettere a disposizione per svolgere per bene l’incarico, e dall’altro lato una remunerazione non certo esorbitante.
Be’, la risposta è semplice. Perché parte del territorio di Drenchia è quel crinale del Kolovrat dove i resti della Grande guerra rappresentano una straordinaria possibilità di sviluppo, e per questo va progettato, in accordo con i Comuni limitrofi sloveni, un piano turistico e economico appropriato per quella zona. Perché le tantissime case disabitate, se inserite in un progetto di rilancio, possono diventare attrattive (anche come seconde case, perché no). Perché la cultura e lingua slovena locale sono valori che, attraverso le associazioni locali, vanno supportati. Perché se qualcuno studia l’architettura rurale del luogo e pensa che si possa ripristinare per scopi turistici e culturali, ecco come rendere fattibile l’idea.
È per questo, vero?
(m.o.)
2 set 2021
Širša vrata v Benečijo Una porta più ampia verso la Slavia
Non è un ponte qualunque, quello di San Quirino, sul Natisone. Da secoli raffigura anche visivamente il punto di contatto tra i due polmoni culturali dell’Europa, il punto di passaggio tra mondo latino e mondo slavo. «Da qui a Vladivostok è tutta un’altra cosa», è la memorabile frase pronunciata da un politico locale negli anni Novanta del secolo scorso. Per i valligiani è, dunque, il ponte per antonomasia. Semplicemente «Muost» in sloveno.
Anche per questo ha suscitato grande clamore la notizia dello stanziamento di 500 mila euro a favore del Comune di San Pietro al Natisone approvato lo scorso 30 giugno dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia in fase di assestamento di bilancio. Quel finanziamento, infatti, pone le basi per avviare la costruzione di un nuovo ponte a due corsie, più pista ciclabile, accanto al manufatto esistente, che da tempo non consente la necessaria fluidità del traffico veicolare verso le Valli del Natisone e verso la valle dell’Isonzo in Slovenia e da queste verso Cividale e la pianura friulana.
Di «collo di bottiglia» parla il sindaco di San Pietro al Natisone, Mariano Zufferli, non nascondendo la soddisfazione per il primo risultato raggiunto. «Grazie ai fondi regionali procederemo alla demolizione dell’edificio sulla sponda destra del fiume, quel grande fabbricato abbandonato, la cui facciata da alcuni anni viene utilizzata per collocare i cartelloni promozionali per gli eventi nelle Valli del Natisone», fa sapere. «Se tutto va per il verso giusto, nella prossima primavera potremo mettere a disposizione dell’Anas gli spazi per la costruzione del nuovo ponte. Quello attuale sarà percorribile in direzione delle Valli, quello nuovo in direzione di Cividale, con l’aggiunta della pista ciclabile. Tecnicamente non sarà una rotatoria, bensì una direzione obbligata», dice il primo cittadino di San Pietro, mettendo, tuttavia, le mani avanti su possibili intoppi burocratici. In particolare, rappresenta sempre un’incognita il parere obbligatorio della Soprintendenza. Da parte sua, il Comune dovrà adottare una variante urbanistica. Non è un grosso problema, invece, il fatto che lo stanziamento regionale non sarà sufficiente: il municipio interverrà con fondi propri per i circa 40 mila euro mancanti.
Zufferli racconta che i primi contatti con l’Anas sono stati presi circa otto anni fa. «La società che ha in carico la statale 54 ha manifestato interesse per l’investimento sul nuovo ponte, purché il sedime sia disponibile, di proprietà pubblica. Così abbiamo affidato il progetto a una ditta veneta specializzata in ponti e dato l’incarico a un tecnico per la demolizione del fabbricato. Ci siamo portati avanti utilizzando risorse proprie. Ne sono scaturite tre ipotesi e gli uffici tecnici regionali ne hanno scelta una. Ora comunicherò all’Anas che presto saremo in grado di mettere a loro disposizione il sedime, poi toccherà a loro. Non dovrebbero esserci problemi, in quanto San Quirino per loro non rappresenta una grande opera, un grosso investimento. Sono confortato dal fatto che in questi anni più volte ci abbiano contattati loro stessi per capire a che punto fosse la questione dell’edificio da demolire. Abbiamo già anche il via libera di FVG Strade che ha competenza per l’innesto sul ponte della strada regionale che va verso la valle dell’Alberone e le valli di San Leonardo».
La curiosità di conoscere l’aspetto del nuovo ponte e dell’intera area è grande. Zufferli si lascia scappare che il manufatto «sarà ad arcata unica», che c’è la possibilità di ricavare un ulteriore parcheggio, che il chiosco che vende prodotti agricoli locali resterà al suo posto, che il Comune conta di avere la disponibilità del vecchio relitto stradale nei pressi del ponte. Per il resto rimanda a metà ottobre, quando il progetto verrà presentato ufficialmente con tutti i dettagli in un appuntamento pubblico alla presenza del presidente della Regione, Massimiliano Fedriga.
Sul nuovo ponte si è espresso anche il consigliere regionale Giuseppe Sibau.«Dopo svariati incontri con l’amministrazione di San Pietro al Natisone, il presidente Fedriga e la giunta hanno deciso di investire su Ponte San Quirino con un contributo di 500.000 euro necessario alla realizzazione di opere propedeutiche all’intervento dell’Anas finalizzato a risolvere il problema della viabilità che l’attuale Ponte San Quirino presenta. Un vero collo di bottiglia non solo per l’accesso alle Valli del Natisone, ma anche per raggiungere la vicina Slovenia. C’è bisogno di mettere in moto l’economia con le opere adeguate e questa, tanto attesa da anni, lo è. Grazie quindi alla Giunta regionale e al Gruppo Progetto Fvg per una Regione Speciale/AR per l’attenzione dimostrata nei confronti delle mie sollecitazioni, incominciate a inizio legislatura», ha scritto.
L’auspicio è, allora, che l’opera veda davvero la luce in tempi brevi. (Ezio Gosgnach)
V rebalansu, ki ga je Deželni svet sprejel 30. julija, je Furlanija Julijska krajina namenila pol milijona evrov Občini Špietar, da bi porušili razpadajoči hram pri Muostu, kot preliminarni poseg za postavitev, ob sedanjem, novega mostu čež Nedižo.
»Naš namen je odpraviti ozko grlo za promet ob vstopu v Nediške doline in naprej v Dolino Soče,« poudarja špietarski župan Mariano Zufferli. Čez novi most bo tekla tudi kolesarska steza.
https://www.dom.it/sirsa-vrata-v-benecijo_una-porta-piu-ampia-verso-la-slavia/
1 set 2021
Ovčja vas ima novo lipo - Valbruna ha un nuovo tiglio
Sabato, 21 agosto, la comunità di Valbruna/Ovčja vas ha ritrovato il suo tiglio, che è stato ripiantato e benedetto su uno spiazzo erboso all’esterno della chiesa della Ss. Trinità. Come ricordato dal parroco della Collaborazione pastorale di Tarvisio, don Alan Iacoponi, il tiglio del paese mancava da diverso tempo. Quello vecchio, infatti, era stato tagliato una quindicina d’anni fa, nella ristrutturazione della vicina chiesa.
Davanti al suo collaboratore, padre Gabriel Msuya, del sindaco di Malborghetto-Valbruna, Boris Preschern, di una rappresentanza del Corpo pompieri volontari di Valbruna-Freiwillige Feuerwehr Wolfsbach, guidati dal comandante Davide Menis, e dello scrittore Maurizio Bait, ha ricordato che all’epoca la scelta di tagliarlo era stata dovuta a motivi di sicurezza. Le fronde del tiglio erano state potate diverse volte, ma le sue radici, a detta dell’impresa che allora stava curando la ristrutturazione della chiesa, erano troppo esposte a seguito dell’abbassamento del livello del terreno circostante. Rischiavano, inoltre, di raggiungere le fondamenta dell’edificio sacro. Malgrado ripetute richieste in tal senso al defunto don Mario Gariup, per vari motivi negli anni successivi il tiglio non è stato ripiantato e l’ assenza della lipa, Linde, tei,come notato dal giornalista e scrittore Maurizio Bait, è stata particolarmente sentita dalla comunità. Del resto, come aveva annotato nel suo libro Valbruna-Ovčja vas il defunto parroco di Valbruna, don Mario Gariup, a memoria d’uomo un tiglio a Valbruna c’è sempre stato. Prima di trovare posto vicino alla chiesa, a metà XIX secolo era collocato nella piazza del paese.
Se il sindaco Preschern ha espresso l’auspicio di una comunità paesana che vi si ritrovi unita, Menis, il comandante dei Pompieri volontari che hanno piantumato il nuovo giovane tiglio, ha rimarcato l’impegno della comunità e del suo sodalizio nel mantenimento delle tradizioni.
Don Iacoponi ha tenuto a precisare di avere presto constatato come la necessità di ripiantare un tiglio, una lipa, fosse molto sentita dalla comunità valbrunese. Un suo membro aveva subito avanzato la richiesta di ripiantarlo nei pressi della chiesa o della canonica già al momento del suo arrivo in Valcanale, un paio d’anni fa. Trascorso il necessario tempo di ambientarsi, ha colto l’occasione quando a proporglielo un’altra volta è stata la valbrunese Giulia Kandutsch, che ha donato la pianta.
All’ombra del tiglio, ha ricordato ancora ai presenti don Iacoponi prima di benedire la nuova pianta, come in molte altre località della Slavia, della Slovenia e del mondo slavo in generale (ma anche della zona bilingue della Carinzia di cui la Valcanale per secoli ha fatto parte ndr.), la comunità in passato si è riunita per prendere le proprie decisioni. E almeno fino al XIX secolo, in occasione del žegen, la festa patronale, dopo la Messa sotto le sue fronde si cantavano i vecchi canti nel locale dialetto sloveno zegliano, di cui qualche pubblicazione forse ancora conserva i testi. (l. l.)
V soboto, 21. avgusta, so v Ovčji vasi posadili novo, mlado lipo blizu cerkve Svete Trojice. Staro lipo, ki je svojčas stala blizu cerkve, so posekali pred približno petnajstimi leti iz varnostnih razlogov, sicer ko so cerkev obnovili. Župnik Pastoralnega sodelovanja Trbiž, Alan Iacoponi, je prisotnim razložil, da so se nanj v Ovčji vasi po njegovem prihodu pred dvema letoma že večkrat obrnili s prošnjo, da bi posadili novo lipo. Potreba, ki jo je izrazila skupnost, je tako bila močna. Nek Ovčan je posaditev nove lipe predlagal že tik po njegovi preselitvi v Kanalsko dolino; on je pa prošnjo sprejel le ob drugem poskusu, oziroma takrat, ko se je udomačil. Takrat je posaditev lipe predlagala Ovčanka Giulia Kandutsch, ki je novo drevo tudi podarila. Med prisotnimi na blagoslov nove lipe so bili tudi naborješko-oški župan, Boris Preschern, vikar pater Gabriel Msuya, pisatelj Maurizio Bait ter predstavniki Prostovoljnega gasilskega društva Ovčja vas s poveljnikom Davide Menis na čelu. Kot v raznih krajih v Benečiji, Sloveniji, in po slovanskem svetu na splošno, je gospod Iacoponi spomnil prisotne ob tej priliki, je nekoč tudi v Ovčji vasi pod lipo skupnost sprejela pomembne odločitve. Do 19. stoletja so pod lipo tudi Ovčani peli v slovenskem ziljskem narečju ob vaškem žegnu, kot še v Ukvah in Žabnicah.
https://www.dom.it/ovcja-vas-ima-novo-lipo_valbruna-ha-un-nuovo-tiglio/
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