DETTO FRIULANO

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Quando mi alzo al mattino,mi guardo in giro: la montagna...la pianura... Una voce nel cuore mi dice:

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4 mar 2021

I sette nani non hanno fatto un gigante

 


«La lingua batte dove il dente duole». Per cercare di lenire il dolore il cervello ordina alla lingua di tastare il punto dolente. Quest’espressione viene usata per indicare un qualcosa che, puntualmente, ritorna a toccare un tasto che non vorremmo, ma volenti o nolenti, si ripropone da sé. Quando il disagio è cronico, il malessere si diffonde su tutto l’organismo a meno che non intervenga un anestetico adeguato ad abolire o mitigare la sensibilità al dolore.

Questa banale citazione proverbiale per accostarmi ad un argomento, la demografia locale, che per me è stato un assillo già dai miei esordi lavorativi come insegnante elementare in alcune delle scuole lungo la fascia confinaria.

Mi riferisco a tempi lontani, oltre 50 anni fa e i decenni seguenti, quando ho fatto da ricercatore nell’Istituto sloveno di ricerche – Slovenski raziskovalni Inštitut. E già allora evidenziavo, con rammarico ed una buona dose di rabbia, l’ecatombe demografica dei paesi della Slavia. «Sette nani» – come mi scappò di dire dei nostri comuni valligiani – sono un’immagine significativa di cosa possa significare l’emarginazione, l’abbandono a se stessi, l’indifferenza ai problemi reali di un piccolo popolo, reo d’essere etnicamente e linguisticamente diverso e perciò etichettato come «indesiderato » già dalla sua entrata nel Regno italico oltre 150 anni fa. Ricordo che stavo preparando la mia tesi di laurea studiando sul campo le problematiche psicosociali dell’area slovena e rimasi colpito dai dati Istat che ci riguardavano da vicino.

Il censimento del 1921, a tre anni dal primo conflitto mondiale, aveva registrato nei nostri sette comuni 17.267 residenti nonostante l’enorme numero di caduti nel corso della guerra. Mentre l’Italia cresceva fornendo baionette al Regime littorio, le Valli si ridussero di numero, tuttavia al censimento del 1951 ci contarono per 16.195 residenti con la perdita di un migliaio di abitanti. Ma, mi chiedevo con sconcerto, cosa è successo che nel corso di 20 anni, tempo in cui l’Italia si riprendeva in tutti i settori dopo la guerra, da noi la popolazione si riducesse a 9.649 residenti? Meno 6.546 abitanti. Il che significa più di quattro valligiani ogni dieci se ne erano andati. Dove? Per il mondo, a iniziare dalla pianura friulana. Una botta da stordire, altro che un mal di denti! Evviva la «Repubblica» che sbandierava nella sua Costituzione articoli santificatori come il 6 e il 2 e il 3.

Non li cito per intero per pudore: tutti uguali come cittadini e cura delle minoranze. Ma finirà questo collasso, mi sono detto. La rinascita italiana lambirà, – se non altro come le briciole cadute dalla tavola imbandita del biblico Epulone – anche l’estremo lembo del confine orientale sacrificato ai sensi della Cortina di ferro. Qualcuno si accorgerà del disagio, pensavo l’ingenuo. Il dente duole nella Slavia. Perché nessun medico antimiseria? Di fatto l’analgesico lo prende il «dottore», mette gli occhiali scuri, i tappi nelle orecchie: lo Stato dibatte sulla definizione di ipotetici diritti di Paleoslavi, Veteroslavi, di popolo italianissssimo (Andreotti) più italiano degli italiani medesimi, tali per diritto divino. Di noi sloveni di lingua si spargevano voci di manovre di autosvendita territoriale alla Jugoslavia.

Sarà finita la mistificazione sulla nostra appartenenza etnica e sulla nostra identità constatando che la Slovenia è entrata nell’area di Schengen! Pensa ancora l’ingenuo. No. Noi siamo speciali, perché noi il nemico degli «sloveni », cioè di noi stessi, purtroppo ce lo creiamo e foraggiamo da noi come un cancro al nostro interno. Colpiti da una malattia nota come sindrome di Stoccolma, diventiamo vittime che solidarizzano con il proprio aggressore. Come non bastasse l’infingardo avversario esterno. Così disunità e conflittualità interna ci hanno impedito perfino di rivendicare efficacemente i nostri diritti umani, diritti costituzionali teoricamente garantiti a tutti.

Solo giunti a cavallo del nuovo millennio una mano fu tesa con il riconoscimento ufficiale della nostra esistenza (legge di tutela 38-2001) e il solito ingenuo si disse: finalmente! Da ora qualcosa cambierà, si sono accorti di noi, abbiamo un nome ed un’identità. Da ora si fermerà l’emorragia che sfinisce la nostra forza vitale; siamo sulla strada della rinascita; i paesi torneranno a vivere, i davanzali delle case a colorarsi di fiori anche lassù nei paesini di Drenchia, Grimacco, Savogna e via di seguito, fin su oltre Resia ed il Canin, fino ai tre confini di Tarvisio.

Illusione. Per definire lo stato dei fatti odierni non intendo disquisire su particolari demografici di numero di maschi e femmine, di stato civile, di classi d’età, di famiglie e loro consistenze, di redditi e tributi, di servizi essenziali e quant’altro. La dice lunga, con pacata chiarezza un semplice paio di dati, tanto per comprendere come sia stato possibile ridurci ai 5.167 residenti (01/01/2020). Natalità e mortalità sono parametri inequivocabili e questi, riguardo ai nostri sette comuni, ci dicono quanto segue. Dal primo giorno del 2002 all’ultimo del 2019, in 18 anni, su tutto il nostro territorio sono stati registrati solo 722 nati vivi. Ma al confronto col numero dei morti non credo di poter trovare altrove una proporzione così marcata avendone assommati ben 1.797. Altro che ricambio generazionale! Sempre meno varrà la pena spendere soldi per un piccolo popolo come il nostro nell’inconfessabile aspettativa che il Covid ne confermi il processo involutivo.

https://www.dom.it/i-sette-nani-non-hanno-fatto-un-gigante_iz-sedmih-palckov-ni-nastal-velikan/

Riccardo Ruttar

3 mar 2021

Gorizia: Covid-19: Fedriga, valutiamo nuove restrizioni su zone specifiche

 


"Dopo il continuo decremento a partire dal 10 gennaio scorso di contagi e ospedalizzazioni con una costanza di presenze in terapia intensiva, nell'ultima settimana abbiamo invece assistito ad un'inversione di tendenza con un esponenziale aumento dei positivi e dei ricoveri. Per mettere in sicurezza il sistema sanitario e la popolazione, stiamo valutando delle nuove misure per tutta la regione e più restrittive per le zone più a rischio del territorio".

Fedriga lo ha detto con il vicegovernatore Riccardo Riccardi, gli assessori regionali all'Istruzione Alessia Rosolen, alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti, alle Attività produttive e Turismo Sergio Emidio Bini e alle Risorse agroalimentari Stefano Zannier, durante gli incontri con i capigruppo in Consiglio regionale, l'Anci, i prefetti, i sindacati, le categorie economiche e l'Ufficio scolastico regionale.

Si è trattato di riunioni in videoconferenza volute per aggiornare sulla situazione epidemiologica e confrontarsi con i soggetti istituzionali e non, sulle misure da adottare per il contenimento dell'emergenza anche alla luce dell'incontro telematico, della mattina, sul Dpcm per le misure anti-Covid alla presenza dei ministri per gli Affari regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini, dell'Istruzione Patrizio Bianchi e alla Salute Roberto Speranza.

"Pordenone e Trieste sono ancora aree dove l'incidenza dei contagi non è esplosa - ha detto il governatore - mentre l'indice è alto e preoccupante nelle ex province di Gorizia e ancora di più in quella di Udine".

Gli incrementi sono dettati dalla diffusione delle varianti che colpiscono anche la fascia più giovane della popolazione e sulle quali sono necessari interventi di mitigazione.

Verrà emanata un'ordinanza sul territorio, l'ipotesi è di procedere domani, per farla entrare in vigore venerdì con misure di contenimento generali e più specifiche per i territori a rischio.

continua https://www.viverefriuliveneziagiulia.it/2021/03/04/gorizia-covid-19-fedriga-valutiamo-nuove-restrizioni-su-zone-specifiche/914912

Detto in sloveno delle Valli del Natisone



Buajš za izik se oklat,ku naumno guarit.

E' meglio mordersi la lingua,che parlare in modo insensato.

da Lintver


E' meglio morde
e parlare in modo insensato.

La pianura friulana che ispirò Ippolito Nievo



Viaggi digitali d'autore #1
Se non possiamo - non ancora - viaggiare con l’animo sereno e curioso del turista, ecco che alcuni dei più suggestivi itinerari sul territorio arrivano da noi, nelle nostre case, raccontati da guide d’eccezione, per ritrovare, o scoprire, le suggestioni di paesaggi naturali e urbani, di siti storici e culturali, che hanno ispirato opere di grandi autori del nostro tempo. Questo l’obiettivo del nuovo progetto promosso da Fondazione Pordenonelegge con Regione e PromoTurismoFVG, per abbracciare con un solo sguardo, in otto tappe, un territorio generoso di talenti letterari, e di luoghi capaci di intrigarli: il Friuli Venezia Giulia. La prima puntata è dedicata alla pianura friulana che ispirò "Le confessioni di un italiano" a Ippolito Nievo raccontata da Angelo Floramo.

Proverbio delle Valli del Natisone


 Buaiš vse viadet ku vse znat.

E' meglio essere informati di tutto che sapere tutto. (E' meglio essere informati di tutto, perchè in tal caso si può evitare un pericolo, ma saper tutto non basta per evitarlo.
+
fonte dalla raccolta di Giorgio Qualizza

Gnocs di cavoce, ovvero gnocchi di zucca!


 Gnocs di cavoce, ovvero gnocchi di zucca!

di Roberto Zottar
Siamo ancora fortunatamente in zona arancione e non mi riferisco alla pandemia, ma alla disponibilità di zucche al mercato! Conosciuta dai popoli più antichi, tra cui gli Egizi, i Romani, gli Arabi e i Greci, la zucca da sempre ha stimolato la fantasia dell’uomo tanto da essere protagonista sia di molte favole sia, intagliata, della festa di Halloween. Come la conosciamo oggi ci è arrivata però con la scoperta dell’America, anche se le origini sono contese tra Messico ed Asia Meridionale. Discoride e Plinio la definirono “refrigerio della vita umana e balsamo dei guai”. Il termine zucca deriva dal latino “cucutia”, cioè testa, che, passando alla lingua volgare, diventò cocuzza ed infine zucca.
È un frutto che si presta a essere cucinato fritto, al forno, al vapore, nel risotto, in pasticci o nelle minestre, o come ingrediente per dolci. Famosi sono i tortelli alla mantovana, ripieni dell'omonima varietà di zucca e di amaretti e nel Veneto è molto gustosa la zucca in savor ottenuta cucinando le fette in padella e marinandole poi con cipolle stufate, aceto, uvetta e pinoli. È chiamata anche il “maiale dei poveri”, perché oltre che alimento per quest’ultimi, di essa “non si butta via niente”. Dai semi crudi si può estrarre olio, mentre quelli essiccati si utilizzano per ottime insalate o snack; i fiori sono buoni fritti e la buccia, svuotata dalla polpa ed asciugata, può diventare un contenitore o addirittura uno strumento musicale come le maracas sudamericane.
Oggi vi voglio parlare però di gnocs o, meglio, macaróns di cóce, come li chiamava Cosetti, e Piero Adami ricordava che i macaróns richiedono “un lac di ont sa cusinât”, cioè vanno conditi con un lago di burro cotto. I gnòcs di cavoce, per il dolciastro della zucca, ben si sposano con il sapore affumicato tanto che la tradizione li vuole conditi, oltre che con l’ont, con la “scuete fumade”, la ricotta affumicata. Lucia Pertoldi, con la sua geniale sensibilità gastronomica, ha innovato il piatto “affumicando” direttamente gli gnocchi. Per realizzarli mettete in una terrina 1 kg di zucca mondata già cotta in forno e passata al passaverdura a buchi grossi. Mescolando con un cucchiaio, impastatevi un uovo intero, 2 etti di farina di semola rimacinata, un cucchiaio di parmigiano, un cucchiaino di paprika dolce affumicata, sale, pepe e, volendo, un cucchiaino di aglio orsino secco. Con due cucchiaini preparate degli gnocchetti che verserete in abbondante acqua bollente salata. Sono pronti dopo un paio di minuti da quando vengono a galla. Conditeli a piacere con burro, altra paprika affumicata e parmigiano.
Buon appetito!
da Vita nei campi

2 mar 2021

Valle dello Iudrio/Idrska dolina

 

foto di Suzana Pertot


Lo Judrio o Iudrio (Judri in friulano[1]Idrija in sloveno[2]) è un torrente facente parte del bacino idrografico dell'Isonzo che nasce nel massiccio del Colovrat (in sloveno Kolovrat) al confine tra Italia e Slovenia[2].Il torrente ha origine ad ovest di Volzana (Slovenia)[3] e per metà del suo corso fa da confine tra i due stati; la parte bassa invece segna la demarcazione tra la provincia di Udine e quella di Gorizia.

Dopo aver attraversato i comuni di Drenchia e Stregna, scorre nei pressi di Prepotto e Dolegna del Collio, fa da separazione tra i comuni di Cormons e San Giovanni al Natisone, delimita il confine occidentale del Collio e, dopo 55 km[3], si getta nel fiume Torre nei pressi del comune di Romans d'Isonzo. L'alta valle è selvaggia e incontaminata e può essere attraversata utilizzando il sentiero naturalistico Ponte Clinaz-Clabuzzaro[2]. Dal 1866 al 1918 la parte alta dello Judrio segnava il confine tra Italia e Austria Ungheria, dal 1927 al 1947 tracciava il confine tra provincia di Udine e provincia di Gorizia, dal 1947 al 1991 l'alta valle era confine tra Italia e Jugoslavia, poi tra Italia e Slovenia.

Storia

Cippo in ricordo della prima azione bellica italiana

Il torrente Judrio è stato il teatro della prima azione bellica italiana nel corso della Prima guerra mondiale. L'episodio si verificò sul ponte di Brazzano in località Visinale nei pressi di Cormons. La notte tra il 23 e il 24 maggio 1915, i due finanzieri Pietro Dell'Acqua e Costantino Carta erano incaricati di sorvegliare il luogo. Alle ore 22.40 circa si accorsero che alcune ombre minacciose si avvicinavano alla sponda sinistra del ponte trasportando ingenti carichi. Ai finanzieri fu subito chiaro che i guastatori austriaci erano intenzionati a distruggere il ponte e quindi decisero di aprire il fuoco. La mattina dopo sul ponte furono trovati attrezzi da mina e carichi di dinamite. L'anno successivo i due finanzieri ricevettero la medaglia di bronzo al valore militare ciascuno con la seguente motivazione:

«unitamente ad un compagno impediva con prontezza ed energia la distruzione
di un ponte militare importante»

Origine del nome

Lo Judrio venne nominato in documenti dell'anno 1225 "sub vado Judrii", dell'anno 1247 "super ripam Judri", e del 1456 "lu gludri".
L'origine del nome è sconosciuta, probabilmente di epoca prelatina, e ricorda la parola greca ὒδορ (acqua) con la quale ci può essere un legame tramite una variante latinizzata[3].

Fauna ittica

Le specie ittiche presenti nelle acque, tutte della classe actinopterygii, variano in modo notevole se esaminate nel percorso montano o in quello in pianura[4]:

barbo
da wikipedia

71°Festival di San Remo

 


Il settantunesimo Festival di Sanremo si svolgerà al Teatro Ariston di Sanremo dal 2 al 6 marzo 2021 e sarà condotto, per il secondo anno consecutivo, da Amadeus, il quale sarà anche il direttore artistico; nel corso delle serate sarà affiancato ancora una volta da Fiorello, come avvenuto nell'edizione precedente[1] e da sette co-conduttrici: Matilda De Angelis nella prima serata, Elodie nella seconda, Vittoria Ceretti nella terza, Barbara Palombelli e Beatrice Venezi nella quarta e, infine, Serena Rossi e Simona Ventura nella serata finale[2][3][4]. Zlatan Ibrahimović e Achille Lauro saranno gli ospiti fissi della manifestazione; quest'ultimo in particolare proporrà, nel corso di ognuna delle cinque serate, esibizioni a tema definite dallo stesso Amadeus «quadri audiovisivi»[2] e vedranno la partecipazione di Giacomo Castellana, Emma Marrone, Monica Guerritore, Claudio Santamaria e Francesca Barra[5].

Come nell'edizione precedente, la competizione avrà due categorie principali: una categoria Campioni composta da 26 cantanti e una categoria Nuove proposte composta da 8 cantanti (di cui 2 selezionati da Area Sanremo)[6][7].

La scenografia sarà curata da Gaetano e Maria Chiara Castelli[8], mentre la regia e la direzione della fotografia saranno affidati rispettivamente a Stefano Vicario e a Mario Catapano, presenti anche nella precedente edizione del festival[9].

Come avviene per regolamento dal 2015, il vincitore del Festival rappresenterà l'Italia all'Eurovision Song Contest 2021 a Rotterdam, salvo rinuncia.

Per la prima volta dal 2005, la kermesse si terrà interamente nel mese di marzo[10].

Per la prima volta nella sua storia, l'evento si svolgerà senza pubblico a causa della pandemia di COVID-19. Sebbene in un primo momento si fosse pensato di introdurre il pubblico in sala, seppur costituito da figuranti sotto contratto, il 28 gennaio 2021 è intervenuto sulla questione tramite Twitter il ministro per i beni e le attività culturali Dario Franceschini[11], esprimendo il proprio dissenso; per tale motivo, la Rai e il Comune di Sanremo hanno presentato il 1º febbraio successivo un protocollo che non prevede la presenza del pubblico né lo svolgimento di trasmissioni ed eventi collegati alla manifestazione.[12] Per ragioni simili, Amadeus ha annunciato che Naomi Campbell, inizialmente confermata come co-conduttrice della prima serata[13], non sarà presente a causa delle restrizioni per il contenimento della pandemia imposte negli Stati Uniti[14].da wikipedia

 


 

Poesia di Kocbek Edvard

 


Ti si skrivnost za moje oči

Ti si skrivnost za moje oči,
bodalo za moje srce,
plamen za mojo dlan.

Jaz sem žalost za tvoj spomin,
kadilo za tvoje telo,
za tvoj obraz pajčolan.

Veneva v dolgo noč,
tiho se napajajoč
kakor pelikan..

Tu sei un segreto per i miei occhi
Tu sei un segreto per i miei occhi,
una spina per il mio cuore,
una fiamma per il mio palmo.
Io sono tristezza per il tuo ricordo,
fumo per il tuo corpo,
per il tuo viso ragnatela.
Ci consumiamo nella lunga notte,
mentre mi abbevero in silenzio
come un pellicano.

 Edvard Kocbek nasce nel 1904 nel paese di Sveti Jurij ob Ščavnici, nella zona di Murska Sobota (Slovenia nord-orientale). La sua educazione ha inizio nelle scuole tedesche di Maribor, dove, dopo aver studiato a Ptuj, frequenta anche il ginnasio, per la prima volta interamente in sloveno. Già al liceo inizia a frequentare i circoli di socialisti cattolici, appassionandosi agli autori social-democratici come Ivan Cankar. Il socialismo di stampo cattolico è l’ideale che sposerà per tutta la sua vita, anche quando per ragioni politiche non vi potrà aderire pienamente. Il rapporto con la Chiesa, piuttosto conflittuale già agli inizi, per via dello spiccato anti-clericalismo di questi gruppi giovanili, si incrinerà ulteriormente tempo dopo, quando l’autore, ormai inserito nel mondo della cultura slovena, scriverà un articolo fortemente critico nei confronti della sostanziale connivenza del clero spagnolo con il regime franchista. L’articolo gli attirerà la condanna del vescovo di Ljubljana e lo eleverà a figura di riferimento della sinistra cattolica.

Intanto Kocbek studia francese all’università di Ljubljana e lavora presso numerose testate culturali. Soggiorna a Berlino tra il 1928 e il 1929, dove si avvicina al marxismo, e visita più volte Parigi, dove frequenta i circoli di intellettuali cristiani di sinistra. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale si unisce alla lotta partigiana e nel ’41 è tra i fondatori della “Osvobodilna fronta”, movimento di ispirazione comunista. In verità Kocbek mantiene sempre un atteggiamento di critica nei confronti del Partito Comunista, fatto che non gli impedirà di diventare una figura di spicco nella politica jugoslava, ma che gli causerà non pochi problemi già a partire dagli anni ’50. Muore nel 1981, quando ormai da molto tempo era stato di fatto costretto a ritirarsi a vita privata.
La sua vena letteraria inizia a formarsi già in giovane età, ma è solo nel 1934 che pubblica la sua prima raccolta. Molti grandi autori della generazione successiva, tra cui anche Tomaž Šalamun (qui), sono debitori della sua opera poetica.

© Nota a cura di Amalia Stulin

da https://poetarumsilva.com/tag/poesia-slovena-tradotta/

I veri Romeo e Giulietta erano friulani

 


E' ormai appurato che Shakespeare scrisse la famosa tragedia ispirandosi ad una novella di Luigi Da Porto. La novella, dedicata all'amore di Giulietta e Romeo, fu composta probabilmente intorno al 1524, quindi pubblicata per la prima volta nel 1530-1.

Luigi Da Porto, nasce a Vicenza nell'anno 1485, da Bernardino Da Porto e da Elisabetta Savorgnan, sorella del più noto Antonio personaggio di spicco della nobiltà friulana. Entrato a far parte, con il grado di comandante, nell'esercito della Serenissima, si trovò presto di stanza in Friuli. Sarà proprio a Udine, durante una festa in maschera alla residenza dei Savorgnan (a quel tempo ancora situata presso l'attuale Piazza Venerio), che conoscerà Lucina Savorgnan Del Monte, sua lontana cugina. L'incontro avvenne il 26 febbraio 1511, al debutto in società di Lucina, ormai quindicenne. Il Da Porto se ne innamorò perdutamente.

L'amore, da subito non fu facile, soprattutto a causa dell'inasprimento del conflitto sociale che Udine stava vivendo in quei giorni e che porterà, il giorno seguente (27 febbraio 1511), alla feroce rivolta della "crudel zobia grassa", durante la quale furono trucidati gli avversari politici dei Savorgnan. In segreto, Lucina e Luigi, si fecero comunque promessa di matrimonio. Promessa che non venne però mai concretizzata, poichè nella notte tra il 18 e il 19 giugno del 1511, il Da Porto, durante uno scontro con le milizie austriache presso il fiume Natisone, venne ferito al collo da un colpo di lancia che lo lasciò paralizzato sul fianco sinistro. Si ritirò dunque nella sua villa di Montorso Vicentino, dove apprese la notizia delle nozze combinate tra la sua amata e il cugino Francesco Savorgnan Della Torre.

Distrutto dal dolore, decise di scrivere una novella dedicandola alla propria amata. Un racconto a tratti autobiografico che per ragioni di prudenza fu ambientato nel Trecento a Verona.  La vicenda è così trasportata ai tempi di Bartolomeo della Scala, nel 1301-1304.

Alcuni studi hanno dimostrato l'inconsistenza storica dei protagonisti nella Verona del Trecento, mettendo al contrario in evidenza diverse corrispondenze geografiche del racconto con la zona dell'antica Contrada Savorgnan a Udine. Interessante da questo punto di vista è la lettura del libro "Giulietta e Romeo. L'origine friulana del mito." di Albino Comelli e Francesca Tesei edito da L'Autore Libri Firenze.

Ad ogni modo dopo circa settanta anni, William Shakespeare lesse la novella in traduzione inglese e riprendendone la trama portò alla ribalta il dramma "Romeo and Juliet".

da http://www.friulani.net/

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Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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Slovacchia, l'attentatore del premier Fico è un 71enne fondatore di un club letterario

      Attentato a Robert Fico, il primo ministro della Slovacchia è gravissimo: colpi all'addome e al petto. «Vigile e stabile dopo l...

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