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antifascista

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4 dic 2020

Nuovo DPCM firmato ieri sera

 


Nuovo dpcm firmato ieri sera. In questa grafica trovate tutto.

Il colore della Regione sarà deciso oggi venerdì 4 dicembre ed avrà effetto con lunedì.

Le principali novità

SPOSTAMENTI VIETATI: Dal 21 dicembre al 6 gennaio vietati gli spostamenti tra regioni e da/per le province autonome di Trento e Bolzano, anche per raggiungere le seconde case. II 25, 26 dicembre e l’1 gennaio vietati gli spostamenti tra Comuni.

SPOSTAMENTI CONSENTITI Per motivi di lavoro, necessità o salute (anche nelle ore notturne). Per rientrare nel comune in cui si ha la residenza. Per rientrare nella casa in cui si ha il domicilio o in cui si abita con continuità o periodicità.
RIENTRI DALL’ESTERO

Gli italiani che si troveranno all’estero per turismo tra il 21 dicembre e il 6 gennaio, al rientro dovranno fare la quarantena La quarantena è prevista anche per i turisti stranieri in arrivo in Italia nello stesso periodo.

SCUOLA Dal 7 gennaio ricomincia la didattica in presenza nelle scuole superiori. In ogni scuola, nella prima fase, rientrerà almeno il 75% degli studenti.

HOTEL Gli alberghi rimangono aperti in tutta Italia, ma la vigilia di Capodanno (il 31 sera) non sarà possibile organizzare veglioni e cene.

NEGOZI E CENTRI COMMERCIALI

In tutta Italia, dal 4 dicembre al 6 gennaio, i negozi restano aperti sino alle ore 21. Dal 4 dicembre al 15 gennaio nei giorni festivi e prefestivi, nei centri commerciali saranno aperti solo alimentari, farmacie, parafarmacie, sanitari, tabacchi, edicole e vivai.

IMPIANTI SCIISTICI E CROCIERE

Gli impianti sciistici restano chiusi fino al 6 gennaio Dal 21 dicembre al 6 gennaio sono sospese tutte le crociere in partenza, scalo o arrivo in porti italiani.

BAR E RISTORANTI AREA GIALLA

Bar, ristoranti, pizzerie etc. aperti con consumo al tavolo dalle ore 5 alle ore 18 tutti i giorni. Ogni tavolo può ospitare al massimo 4 persone, se non sono tutte conviventi. Dopo le ore 18 è vietato consumare cibi e bevande nei locali o per strada,

RISTORANTI AREA ARANCIONE e AREA ROSSA Nelle aree arancioni e rosse, bar, ristoranti etc. restano aperti dalle ore 5 alle ore 22 solo per l’asporto. La consegna a domicilio è sempre consentita.

PIANO ITALIA CASHLESS Per partecipare occorre scaricare l’APP 10 e identificarsi con la carta d’identità elettronica o tramite SPID.

PIANO ITALIA CASHLESS EXTRA CASHBACK DI NATALE FINO AL 31 DICEMBRE PER CHI PAGA CON CARTE E APP RIMBORSO DEL 10% FINO A 150 EURO.

da https://www.facebook.com/photo?fbid=2810401412547079&set=gm.3771689122883160

Incontro online


 In occasione del 220 ° anniversario della nascita del poeta sloveno France Prešeren, l'Ambasciata della Repubblica di Slovenia a Roma in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Trieste e le Conferenze Slovene in Italia (Roma, Padova, Trieste, Vienna e Napoli) organizza un incontro online con il prof. Miran Košuta, autore della nuova traduzione italiana dell'opera poetica “Poesie” di France Prešeren. Versetti selezionati dal libro, edito dalla Casa Editrice Trieste Press, saranno presentati artisticamente da Nikla Petruška Panizon, membro di SSG.

La presentazione della traduzione italiana delle poesie di Prešeren avrà luogo oggi, 3 dicembre, alle 17:00 tramite la piattaforma online Zoom (https://uniroma1.zoom.us/j/88105996140?pwd=TVNRM-ktUL0QxazFKWDgyZmRhSn-Z5UT09 - Meeting ID: 881 0599 6140 password: 585976). Per tradurre il più fedelmente possibile il suono dell'originale in italiano, l'eminente esperto di letteratura e direttore del Dipartimento di Lingua e Letteratura Slovena dell'Università degli Studi di Trieste, prof. Miran Košuta ha investito più di dieci anni del suo lavoro artistico e di ricerca nella traduzione della nuova edizione monografica italiana della poesia di Prešeren.

https://uniroma1.zoom.us/j/88105996140?pwd=TVNRM-ktUL0QxazFKWDgyZmRhSn-Z5UT09 - Meeting ID

Tradotto dal Novi Matajur

3 dic 2020

220* anniversario della nascita di France Prešeren

 


Oggi ricorre il 220 ° anniversario della nascita di France Prešeren, il più grande poeta sloveno. I versi del suo Brindisi, che è diventato l'inno nazionale sloveno, dovrebbero essere una guida per il mondo intero.

Danes obeležujemo 220-letnico rojstva Franceta Prešerna, največjjega slovenskega pesnika. Verzi njegove Zdravljice, ki so postali slovenska državna himna, bi morali biti vodilo za ves svet.


Zdravljica (inno nazionale)

Žive naj vsi narodi
ki hrepene dočakat' dan,
da koder sonce hodi,
prepir iz sveta bo pregnan,
da rojak
prost bo vsak,
ne vrag, le sosed bo mejak!



Vivano tutti i popoli
che anelano al giorno
in cui la discordia
verrà sradicata dal mondo
ed in cui ogni nostro connazionale
sarà libero,
ed in cui il vicino non sarà un diavolo, ma un amico!

2 dic 2020

Stamattina...

 

Platischis/Plestišče
frazione di Taipana

Stamattina ha iniziato a nevicare,ma dopo poco la neve si è trasformata in pioggia.In Benečija invece ha continuato a nevicare per la gioia dei bambini.A me non piace la neve che è pericolosa per  automobili e anziani.In Friuli,a causa della pandemia, non ci si può spostare per andare sulle piste da sci,a me poco importa perchè non scio.Quelli che vivono di turismo saranno i più penalizzati ahimè.

foto da fb gruppo Platischis

Nagorno Karabakh, le ragioni di un conflitto e perché riguarda tutta l’Europa

 

Stepanakert. I sotterranei della cattedrale cittadina trasformati in rifugio antiaereo (Foto: Roberto Travan)


In questi mesi di pandemia è passata quasi inosservata la recrudescenza del conflitto fra Armenia e Azerbaijan che ha al centro la Repubblica dell’Artsakh, più nota come Nagorno Karabakh. Le notizie del conflitto nel Caucaso meridionale sono state relegate in coda ai tg e condensate in poche righe sui giornali, vista anche la scarsa attitudine dei media italiani a trattare gli eventi esteri. Eppure dal 27 settembre al 10 novembre ci sono stati scontri armati, colpi di artiglieria e bombardamenti sui civili. E un conteggio delle vittime ancora da definire.

Gli scontri sono iniziati a seguito dell’attacco delle truppe azere contro la Repubblica dell’Artsakh, entità statale di fatto indipendente ma ancora non riconosciuta a livello internazionale. L’Artsakh si estende per circa 11.500 km quadrati, poco più dell’Abruzzo. Di fatto è una enclave a stragrande maggioranza armena all’interno dei confi ni dell’Azerbaijan. I 148 mila abitanti della repubblica, su un territorio montuoso attorno alla capitale Step’anakert sono in stragrande maggioranza di lingua e cultura armena (si parla un dialetto orientale dell’armeno) e cristiani, a differenza della maggioranza azera che è mussulmana. In quel complesso mosaico di culture, nazionalità, religioni, lingue e rivendicazioni territoriali che è il Caucaso meridionale.

Le ragioni del conflitto contemporaneo sul Nagorno Karabakh affondano le radici negli anni a cavallo della prima guerra mondiale, nel periodo in cui il popolo armeno subì per mano turca il primo genocidio del ’900 con un milione e mezzo di morti. La crisi è esplosa nel periodo paludoso della transizione post sovietica. All’indomani della proclamazione dell’indipendenza dell’Azerbaijan, a sua volta il Nagorno Karabakh si proclamò indipendente, forte della legge dell’Urss che riconosceva questa possibilità alle ‘oblast’ dell’Unione. Una proclamazione mai accettata dall’Azerbaijan. Che infatti aggredì militarmente la piccola repubblica. Una guerra feroce che dal 1992 al 1994, pur in assenza di un conteggio ufficialmente riconosciuto, si stima causò più di 30mila vittime e 80mila feriti. E che si concluse con l’accordo di Biškek che prevedeva, di fatto, il mantenimento dell’indipendenza per il Nagorno Karabakh, congelando il conflitto. Sullo sfondo delle rivendicazioni territoriali e delle aspirazioni nazionalitarie si muovono le potenze militari della zona, la Russia alleata dell’Armenia e la Turchia dell’Azerbaijan. Condizione che, in chiave geopolitica, si spiega con la posizione del Karabakh, strategica per il controllo dei gasdotti e oleodotti che transitano nella regione e approvvigionano idrocarburi per il mercato turco ed europeo. Il cessate il fuoco è stato violato più volte nel corso degli anni. Prima dell’escalation del settembre scorso, nell’aprile del 2016 l’ Azerbaijan, all’indomani dell’intervento russo che ribaltava le sorti della guerra civile siriana, tentò una nuova offensiva militare spalleggiato esplicitamente dalla Turchia di Erdogan.

Nella complessa evoluzione dei rapporti fra due potenze militari estere e nelle continue giravolte cui ci sta abituando ‘il sultano di Ankara’, l’esercito azero ha quindi nuovamente attaccato la Repubblica dell’Artsakh alla fine della scorsa estate. Il ‘cessate il fuoco’ fortemente voluto da Mosca ha però determinato il passaggio sotto controllo azero di alcuni territori della Repubblica dell’Artsakh. Che, ricordiamo, ad oggi, non è riconosciuta dalla comunità internazionale degli stati aderenti all’Onu. Una ‘comunità internazionale’ (lo dimostrano anche recenti conflitti europei) che mostra quindi ancora atteggiamenti ambivalenti di fronte al principio del diritto all’autodeterminazione dei popoli.

Nell’immobilismo dell’Ue sulla vicenda però, sono già 11 i comuni italiani che hanno approvato una mozione in cui si riconosce l’indipendenza dell’Artsakh, cui si aggiunge la Regione Lombardia. Fra i promotori dell’iniziativa c’è Massimiliano (Maksim) Floriani. Originario di Arco in Trentino dove è stato anche assessore alla cultura, Max vive a Gyumri in Armenia, qui è titolare di un’impresa che si occupa di turismo e design, la Konjelazia. A lui abbiamo chiesto il senso dell’iniziativa e una testimonianza sui recenti avvenimenti nell’Artsakh.

Massimiliano Floriani a Stepanakert

Quali sono le ragioni che ti hanno spinto a promuovere la mozione?

Quando il console onorario d’Armenia a Milano, Pietro Kuciukian, il 5 ottobre scorso mi ha mandato una petizione per chiedere il riconoscimento dello stato d’Artsakh (Nagorno-Karabakh), che doveva essere firmata da personalità pubbliche italiane, ho pensato subito alla possibilità di trasformarla in una mozione da sottoporre ai consigli comunali, provinciali e regionali. La richiesta di riconoscimento dello Stato è portata avanti da anni, a onor del vero, dalle comunità armene di diversi Paesi europei sotto diverse forme. Ma fino allo scoppio di questo ennesimo conflitto non aveva ancora avuto un riscontro notevole dalle istituzioni internazionali. L’Italia, come ben sappiamo, ha interessi economici importanti con Turchia e Azerbaijan ed era ovvio un suo tergiversare sulla questione. Ecco perché ho pensato subito agli enti locali: muovere una proposta dal basso, che arrivi a Roma come un fiume di richieste da parte di sindaci e presidenti di Regioni e Province. Interi civici consessi che si esprimono sul riconoscimento dello stato d’Artsakh e che, finalmente, prendono posizione contro l’aggressione turco-azera, non curandosi della ricattabilità economica strisciante tradotta nelle forniture energetiche, la più importante quella del nuovissimo gasdotto che da Baku arriva a Lecce.

Il teatro di Shushi bombardato mentre all’interno si trovavano militari armeni. Decine di vittime (Foto: Roberto Travan)

Qual è ad oggi la condizione di vita degli abitanti nell’Artsakh?

Dopo la firma dell’ennesimo cessate il fuoco possiamo affermare che la guerra è quantomeno sospesa. Dal 10 novembre scorso le truppe di pace russe controllano la regione e sono garanti dell’armistizio. Ma la situazione non è di certo delle migliori, tensioni sono ancora in corso e si protrarranno probabilmente per diversi anni. L’Azerbaijan ha bombardato, spesso con armi vietate dal diritto internazionale, per quasi due mesi la capitale Stepanakert e molti altri insediamenti con bombe a grappolo, missili Smerch, bombardamenti aerei, droni di ultima generazione di produzione israeliana e turca, ha attaccato con il fosforo bianco e avvalendosi di migliaia di terroristi jadisti mercenari trasportati direttamente dalla Siria per conto della Turchia. È stato dimostrato, da prove evidenti, l’ingaggio di questi terroristi, il loro reclutamento e gestione da comandanti turchi e la ricompensa di 100 $ per ogni testa di armeno mozzata. Un vero e proprio sistema di terrore che si è scatenato sulla pacifica popolazione del Nagorno-Karabakh da un giorno all’altro, ma con una evidente lunga pianificazione. Da questa premessa è chiaro che ad oggi ogni infrastruttura civile è danneggiata o completamente distrutta. Scuole, ospedali, maternità, sedi di protezione civile fuori uso. Fin dal 10 novembre, ristabilita la connessione terrestre con l’Armenia, hanno cominciato ad arrivare aiuti umanitari fondamentali per questo momento di crisi, compresi kit medici di primo soccorso. Gli aiuti continuano ad arrivare regolarmente da diversi Paesi e si sta cominciando a pianificare il futuro della popolazione.

Il conflitto ha alternato fasi congelate a rapide escalation. Si è in grado di fare un bilancio in termini di costi di vite umane, migrazioni forzate e danni sociali prodotti dall’ultimo conflitto?

L’accordo di cessate il fuoco, firmato dal presidente russo, dal presidente azero e dal primo ministro armeno, prevede il trasferimento di una grande parte di territorio dalla repubblica d’Artsakh all’Azerbaijan. Tali territori, compresa Shushi che è la seconda città e un simbolo della cristianità armena, sono popolati da armeni costretti ora ad abbandonare le proprie case. Lo scenario è quello di intere comunità che raccolgono, in furgoni approntati in fretta e furia, tutto ciò che possono dalle proprie abitazioni, addirittura smontano le tombe per portarsi via i propri cari sapendo che probabilmente non potranno mai più tornare a renderne omaggio. Poi, per non lasciare il frutto di una vita di fatiche al nemico, danno fuoco alle proprie case. Sono giorni tristi, che tolgono il fiato. Vedere famiglie che appiccano il fuoco alle proprie abitazioni è una delle cose più dolorose a cui si possa assistere e uno dei simboli più tragici del post conflitto: un’emigrazione forzata che, nel caso degli armeni, non è altro che l’ennesima pulizia etnica subita negli ultimi cento anni. Non si hanno ancora i dati delle vittime. Alcuni parlano di oltre 4.000 morti fra civili e soldati, solo dalla parte armena. Ma è presto per dare numeri con certezza. Si deve attendere di aver recuperato tutti i cadaveri dalle trincee, anche se forse non si potrà mai avere un numero preciso di questa immane tragedia.

Qual è stata la percezione degli armeni dell’ultimo accordo sul cessate il fuoco del 10 novembre?

L’opinione pubblica in Armenia in queste settimane è divisa. Molte sono le proteste quotidiane nelle strade e nelle piazze della capitale Yerevan. In molti chiedono le dimissioni del primo ministro Pashinyan. Ma chi chiede tali dimissioni adesso, siano i manifestanti in piazza o la vecchia élite politica che ha governato nella corruzione per decenni, chiede la capitolazione sociale e politica dell’Armenia, fa un piacere a turchi e azeri che non aspettano altro che il caos. Può piacere o meno, ma il primo ministro armeno aveva poche possibilità. Ancora tre giorni di guerra e le forze turco-azere avrebbero spazzato via completamente la fanteria armena e preso sotto il proprio controllo tutto il Nagorno-Karabakh. Non c’era altro da fare che accettare l’armistizio russo e concedere parte del territorio agli azeri. L’Armenia non può sostenere una guerra con una potenza di oltre dieci volte maggiore economicamente e militarmente. Cosa che ha ben compreso l’altra parte del Paese, quella che non scende in piazza e che non è necessariamente supporter del primo ministro, ma che in maniera responsabile si rende conto del momento estremamente delicato che sta attraversando l’Armenia e invoca l’unità nazionale. Che crede sia il tempo per redarre un piano per la gestione del disastro umanitario che sta scaturendo dalla ricollocazione dei profughi. Il tempo per sottoporre la lista completa dei monumenti artistici, storici, naturali e religiosi dei territori che sono passati e passeranno all’Azerbaijan, all’UNESCO e a tutte le strutture internazionali di tutela. Il tempo che una concreta diplomazia si occupi dei territori che rimarranno abitati da armeni e che saranno gestiti dalle forze russe per i prossimi cinque anni.

Shushi. Un missile Smerch inesploso. Gli azeri hanno lanciato centinaia di questi ordigni (fabbricati in Russia) colpendo numerosi obiettivi civili tra cui scuole, ospedali, chiese (Foto: Roberto Travan)

Immagino che la mozione abbia come obiettivo quello di interessare le autorità italiane ed europee. Quale credi debba essere il ruolo dell’Unione europea oggi nel conflitto dell’Artsakh?

L’Unione Europea deve decidere cosa vuole fare. Se vuole essere davvero un protagonista o meno. Non può rimanere in questa condizione di silenzio assordante. Il NagornoKarabakh è il confine più prossimo d’Europa e Armenia e Azerbaijan fanno parte del consiglio europeo. Quando nel 2008 il Kosovo dichiarò la propria indipen-denza dalla Serbia, in breve tempo moltissimi stati europei, fra cui l’Italia, riconobbero tale stato. 96 Paesi dell’ONU (dei 193 membri) e 22 Paesi dell’UE (dei 27 membri) ad oggi hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. Fu un precedente importante a livello internazionale, dove la secessione attuata dal principio dell’autodeterminazione di un popolo ha avuto la meglio sull’integrità territoriale di uno Stato, in questo caso della Serbia. Ma il Kosovo non è il Nagorno-Karabakh. Gli interessi geopolitici, l’ampliamento della Nato verso est, la “necessità” di lanciare un segnale alla filorussa Serbia, in qualche maniera sono state le vere motivazioni dei numerosi e repentini riconoscimenti internazionali. Fra cui figura la stessa Turchia che, in questo caso, non si è fatta scrupoli a riconoscere uno stato autoproclamatosi indipendente. L’appello per il riconoscimento dello stato d’Artsakh (Nagorno-Karabakh) deve a parere mio passare attraverso questo precedente kosovaro. E deve smascherare i due pesi e le due misure attuate: se il principio dell’autodeterminazione dei popoli e della secessione per la salvezza di un’etnia, nel caso degli armeni dell’Ato Karabakh, è un valore importante per la democrazia occidentale si inizi a riconoscere lo stato d’Artsakh. Il Kosovo è uno Stato parzialmente riconosciuto e amministrato dall’ONU, ma gode di ampia autonomia, con enti locali, polizia e un governo democraticamente eletto. Anche l’Artsakh, da decenni, ha una struttura statale compiuta, con un governo eletto dai cittadini, enti locali, infrastrutture pubbliche, esercito e polizia. Auspico che l’UE si attivi per riconoscere e difendere, finalmente, lo Stato e la popolazione dell’Artsakh.

Pensi che la reticenza a pronunciarsi per l’indipendenza sia da cercare nel timore di aprire un fronte con la Turchia di Erdogan che minaccia di far arrivare in Europa i tanti profughi siriani?

La reticenza proviene anche dalla questione profughi ma anche da altri diversi fattori: in primis gli interessi economici e dunque la ricattabilità a cui sono sottoposti interi comparti privati ma anche settori pubblici di molti stati europei, l’approvvigionamento energetico, la presenza della Turchia nella Nato e la mancanza di una linea di politica estera e di strategia geopolitica unica a livello europeo. Erdogan, il 16 ottobre scorso, pronunciò queste parole: “Se si continua in questo modo, nessun europeo in qualsiasi parte del mondo potrà camminare tranquillo per le strade”. Siamo ancora sicuri che non dobbiamo preoccuparci in Europa della guerra in Nagorno-Karabak? Oppure tale conflitto rappresenta la linea di scontro reale fra Turchia e Europa, che si sta riflettendo nel caos degli attentati in Francia e Austria di queste ultime settimane? Attentati che ricordano appunto le parole di Erdogan citate sopra e che, ovviamente, oltre ad avere lo scopo di generare terrore hanno anche quello di distogliere l’attenzione dalla guerra del Nagorno-Karab-kh. Ricordiamoci che l’Armenia è ora più che mai il confine d’Europa.

Antonio Banchig

Foto di Roberto Travan

Stepanakert, cimitero monumentale. La disperazione dei genitori di un militare ucciso nell’offensiva turco-azera iniziata il 27 settembre 2020 (Foto: Roberto Travan)

1 dic 2020

Il proverbio friulano della settimana

 


Il proverbio friulano della settimana

di Vita nei campi
“A Sant Andrê, il purcit su la brê” proverbio notissimo che indica il giorno in cui si può iniziare la macellazione suina, ovvero mettere il maiale sul tavolaccio, la brê, in alcune località da qual giorno sulla brê inizia ad andarci anche l’ôc, ovvero l’oca.

Dicembre (poesia di Carlo Michelstaedter)

 

Carlo Raimondo Michelstaedter (Gorizia, 3 giugno 1887 – 17 ottobre 1910), scrittore, poeta filosofo e letterato italiano. Sul versante lirico, ha lasciato poesie di varia ispirazione e di diverso spessore con suggestioni petrarchesche, carducciane, dannunziane e leopardiane che ricalcano la sua riflessione teorica. Si uccise a 23 anni dopo un litigio con la madre.




DICEMBRE


FOTOGRAFIA © ALAIN AUDET/PIXABAY



Scende e sale senza posa
nebbia e pioggia greve e scura,
nella nebbia la natura
si distende accidiosa.

Goccia, goccia lieve chiara
va sicura al suo destin
scende e spera, e vanno a gara
altre gocce senza fin.

Giù l'attende terra molle
dove all'altre unita va
a formar le pozze putride
per i campi e le città.

Nella pozza riflettete
gocce unite in società
grigio in grigio terra e cielo
per i campi e le città.

Ma la noia il disinganno
fa le gocce sollevar
ed il bene che non sanno
van col vento a ricercar.

Dalle pozze dalle valli
sale il velo e in alto va,
non ha forma né colore
l'affannosa umidità.

Nella nebbia la natura
si distende accidiosa,
scende e sale senza posa
pioggia e nebbia fastidiosa.

(da Scritti, 1912)

https://cantosirene.blogspot.com/

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30 nov 2020

Il Covid-19 si diffonde in Benecia-Covid-19 se močno širi tudi v Benečiji


 Crescono anche in Benecia, Resia e Valcanale i contagi da Covid-19 (ormai non ci sono casi solo a Drenchia) e con essi anche l’allarme tra la popolazione, che è costretta a restare nei confini del proprio comune di residenza o domicilio. Proprio l’impossibilità di muoversi ha imposto la sospensione della celebrazione della santa messa in sloveno al sabato sera a San Pietro al Natisone. I fedeli, infatti, vi confluivano da tutte le Valli del Natisone e oltre..

Pandemije, ki jo povzroča novi koronavirus nie videti konca. Okužbe še naprej rastejo. Tudi v Benečiji, Reziji in Kanalski dolini. Na začetku tiedna je bluo v sedmih kamunah Nediških dolin že 46 okuženik. Narvič v kamunu Svet Lienart, nobedan v Dreki. Sevieda so ljudje v velikih skarbeh. Od nedieje 15. novemberja je Furlanija Julijska krajina je na oranžni coni. Zatuo ljudje ne smiejo iz svojega kamuna, če na za dielo, za se zdraviti in druge zlo potriebne opravila. Vse tuole je trieba dokazati. Bari, oštarije, restavracije in agriturizmi so zaparti. Lahko dajejo hrano za s sabo al’ jo lahko parnesejo na duom. Seviede še naprej vajajo prepuovedi, ki so ble za armeno cono. Od 10. zvičer do 5. ure zjutra je prepoviedano iz hiše. More se von samuo za dielo, zdravstvene in druge nujne potriebe. Koriere in vlaki morejo sparjeti samuo 50 par stuo ljudi, kar je sedežu. Zaparti tudi muzej, arzstave, teatri in kina (činema). Zaparte so telovadnice in bazeni. Prepoviedane so kulturne, zabavne in športne prireditve. Parporočeno je tudi, de se v hišo na adan krat sprime narvič 6 ljudi. Trieba je zuna svojega doma nimar imieti nastaknjeno masko.  Četudi je FJK v oranžni coni so še naprej odparti vartaci, primarne in nižje sriednje šuole. Študentje viših sriednjih šuol se uče od duoma na kompjuterju. Odparte so tudi butige, a so komercialni centri zaparti ob sabotah in nediejah. Odparte so cierkva in se darjujejo maše; sevieda je trieba strogo spoštovati določila, regole, ki vajajo že od maja naprej. Sabotne maše po slovensko v Špietru pa na bo, dokar bojo ljudje spet mogli iz svojega kamuna. Videnski nadškof je do konca miesca stuoru ustaviti učenje katekizma, vierme, parve svete obhajila. V Sloveniji je zaradi bolizni Covid 19 stanje še buj slavo ku par nas. Vse je zaprto in na vozijo koriere in vlaki. Čez konfin v Slovenijo se lahko gre samuo za dielo in zlo potriebne opravila, drugač je trieba pokazati negativen bris (tampon), ki na smie biti buj star ku 48 ur, al’ iti v karanteno

https://www.dom.it/covid-19-se-mocno-siri-tudi-v-beneciji_il-covid-19-si-diffonde-in-benecia/

Un pezzo di Slovenia sarà quest'anno protagonista in piazza San Pietro durante le festività natalizie!

 Un pezzo di Slovenia sarà quest'anno protagonista in piazza San Pietro durante le festività natalizie!

🎄🇸🇮
Viene dalle foreste di Kočevje, infatti, l'abete rosso alto 28 metri e con diametro di 70 centimetri che verrà addobbato nel cuore della Città del Vaticano.
🌲⛪️

A distanza non è didattica


Se c’è un problema di difficilissima soluzione originato dalla pandemia da Covid è quello della scuola, nel senso che non è da sottovalutare la questione palliativa della fantomatica «Didattica a distanza», ormai ridotta ad una sigla, la Dad. Per come la vedo io, questa Dad, in quanto «a distanza», contraddice il primo termine, lo svuota dei suoi significati più radicali e lo stesso termine «didattica» è estremamente riduttivo nei confronti del concetto e della funzione educativa della scuola. Perché la scuola, per la sua funzione sociale, di «compagni, di maestri, di confronto, di emulazione, di impegno, collaborazione, rapporti reciproci, è ben altro che la sola didattica ». Purtroppo la «distanza» ne elimina la parte più importante.

Ho fatto il maestro, ho insegnato proprio ai bambini delle scuole elementari nel loro periodo di vita più intenso, più fecondo, più aperto ad ogni esperienza mutuata dall’opera educativa degli adulti, nel raffronto costante con il gruppo dei pari. La scuola non può essere intesa come operazione unidirezionale di insegnamento a saper leggere, scrivere e far di conto, ma è molto, molto di più. Imparano, appunto, ad entrare nella società, interferire con gli altri.

L’esperienza diretta dei fenomeni della crescita di un bambino, a partire dalla culla, è ben altro che studiarla sui libri, ed io, ad esempio, rimango folgorato nell’osservare l’evoluzione del nipotino nel suo primo anno e mezzo di vita. Incredibile quanto ogni giorno si sviluppi in lui ogni capacità, l’interazione con chi si cura di lui, dai genitori ai nonni, dal cuginetto ai compagni d’asilo, dall’ambiente e dalle suggestioni che lo stimolano. Vedo che è tutto questione di interazione. Lo osservo, il piccolo, e mi accorgo quanto egli sia costantemente collegato, come una cinepresa a 360 gradi, alle persone ed all’ambiente che lo circonda. Scopro come sia veloce ad imparare, a collegare la mia parola all’oggetto che gli indico ben prima che abbia imparato a dire «Ciao nonno». Ma lo faguardandomi; mi guarda, segue il mio sguardo e la mano che lo indica e prima ancora che lo sappia pronunciare associa l’oggetto al suo nome.Succederebbe la stessa cosa, imparerebbe il nome di un oggetto se la parola

provenisse da un altoparlante, quindi senza l’interazione con chi cerca di insegnargliela? No, il bambino farebbe fatica a memorizzarla.

La scuola con l’insegnante presente ha questa funzione, di favorire, di stimolare l’attenzione del bambino con la modulazione della voce, con la stessa mimica facciale, con i gesti, con la trasmissione diretta di emozioni. La persona viva… tutt’altro che un’immagine fotografica o filmica, con una voce che proviene da una macchina. Al mio nipotino di 18 mesi piacciono dei brevi filmati, in particolare Coco, un piccolo brano del capolavoro diDisney-Pixar. Nulla di nuovo, in ciò, ma il comportamento che ha avuto alla presenza anche dei nonni, quando una sera dopo cena, in preparazione della visione ha preso per un dito me e mi ha condotto e fatto sedere sul divano accanto al suo papà, ha fatto lo stesso di seguito con la nonna e la mamma ho capito cosa per lui, e per me, vuol dire famiglia. Lui in mezzo a noi ha voluto compartecipare il suo divertimento. Lo so, è una banalità, ma che per il nonno ha un significato di tutt’altra natura. Lo lascio intuire a chi non lo ha provato, ma il fatto fa riflettere.

Crescerà il nipotino, ma troverà accanto a sè persone con cui condividere? Da cui apprendere non solo nozioni, ma emozioni, valori, modi di comportamento direttamente dall’esempio di persone vive, di cui avvertire il calore fisico, ascoltare voci vere, guardare negli occhi ed avvertire quel raggio che scocca tra sguardi non vuoti e assenti dello schermo. Cosa possiamo aspettarci da una qualsiasi Dad? A me fa paura per l’assenza o la sostanziale limitazione del coinvolgimento attivo nell’apprendimento.

Quale dimensione sociale dello studio è possibile, se lo è, con la Dad? Facciamolo questo sforzo solidale, tutti, per il bene dei nostri figli e nipoti, per il nostro e loro futuro! Quello di bloccare ‘sto maledetto Covid 19, rispettando le regole, draconiane o meno che siano! Basta che ne usciamo, a qualsiasi costo materiale.

https://www.dom.it/a-distanza-non-e-didattica/

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Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

evidenzia

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