![]() |
da https://ispirazionezero.tumblr.com/post/636338001675452416/from-dark-to-light |
Dalla Liguria: «Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid 19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri (1. 11. 2020, ndr.) tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate» (tweet del presidente della Regione).
Dalla Lombardia: «Contributo che le Regioni danno al Pil, mobilità, densità abitativa e zone più colpite dal virus: sono questi i quattro parametri che il vice presidente e neo assessore al Welfare della Regione Lombardia avrebbe chiesto di tenere in considerazione per la ripartizione dei vaccini anti-Covid, con una lettera al commissario Arcuri».
Mi immagino cosa possano pensare, prevedere, temere, – magari an- che indignarsi? – le popolazioni delle periferie povere, scarnificate dall’emigrazione,debilitate dal numero di anni sopportati sull’ingobbito groppone, semiabbandonate ed escluse dai diritti essenziali… E penso anoi, popolo dei monti
e delle valli della Benecìa, da Prepotto a Tarvisio, sacrificato in ragione del proprio «pil» – scritto minuscolo perché ridicolo –, «ricco» di improduttività, di stato civile vedovo, anziano, pensionato, disoccupato, inabile, malato. Ma vale proprio la pena star dietro a gente che, osservata dal monocolo lombardo o ligure, – ma, perché no, anche dal Nordest, viste le tendenze – si presenta così magra di Pil, così pensionata, così priva di densità abitativa, così poco indispensabile allo sforzo produttivo?
Il detto monocolo – denaro e produttività – non è certo una invenzione recente, tutt’altro. Ha una storia millenaria, usato ed abusato dai potenti, da coloro che per la loro posizione dominante potevano disporre delle sorti dei più deboli. Sarà solo una leggenda tramandata dai tempi dell’antica Sparta, secondo cui gettandoli nel vuoto dalle rupi del monte Taigeto la società di allora si liberava del fardello dei bimbi disabili, non rispondenti ai canoni sanitari ed efficientistici d’allora. E qui mi si permetta un inciso: oggi non v’è la crudezza del gesto plateale da una rupe, ma succede che dei bimbi disabili, e anche semplicemente «bimbi», ce ne liberiamo ancora non nati. Ma torniamo al monocolo. Lo vedo sotto la scriminatura del ciuffo del Führer che discrimina dal suo bunker chi ha diritto di vivere o meno tra gli utili, finché tali e gli inutili; tra i razzisticamente puri e gli impuri. E non è che più vicino a noi, tra noi, quel triste monocolo non abbia orientato ed ancora orienti scelte politico-sociali altrettanto riprovevoli.
Chi, dunque, va salvato per primo, per chi si chiede platealmente la prioritaria vaccinazione? Chi merita di mettersi in fila tra i primi per il fatidico vaccino anti Covid? Torna sempre a galla la priorità del Pil, ciò che questa sigla rappresenta nella mente dei più: il prodotto, l’efficienza. Non come e a che prezzo umano il prodotto viene realizzato; non il fine ultimo del prodotto allo scopo del benessere comune; ma il prodotto in sé, come parametro dello sviluppo del genere umano.
Non voglio sprecare molte parole su questo argomento, ma mi rendo conto che il solo fatto che, oggi, – quando ci si riempie la bocca di buoni propositi, di attenzioni da dedicare ai più deboli, di responsabilità
dei gestori del bene pubblico verso tutte le componenti della comunità umana, verso tutte le fasce sociali indipendentemente dal censo, dal colore della pelle, dal credo religioso e politico e quant’altro – che oggi, ripeto, si spacci spudoratamente come credute legittime richieste di precedenze da dare ai territori e alle società più ricche ed opulente, vuol dire che ben poco rimane realmente del creduto progresso sociale, umano, culturale a cui l’umanità dovrebbe aspirare. Ho sentito, ascoltato in diretta con passione le parole di Joe Biden, il neoeletto presidente degli Stati Uniti, apprezzandolo come un potente e provvidenziale antivirus, antidoto all’epidemia globale diffusa con insensato impegno dal suo predecessore «The Donald». Se alle parole seguiranno scelte coraggiose e azioni concrete si potrà sperare in un effetto domino e in una certa immunità di gregge nei confronti dei nemici elencati da Biden: discriminazioni razziali, disuguaglianze, rancori, odi di classe, violenze, ingiustizie, violenze alla natura e al pianeta.
Ho ascoltato anche i propositi che il nostro primo ministro, Giuseppe Conte, ha elencato presentandosi alla Camera e al Senato, apprezzandone il richiamo al dovere di tutelare i deboli, le classi sociali svantaggiate e tra queste anche le minoranze linguistiche. Ci saremo anche noi, sloveni di periferia tra coloro che possono aspirare ad una qualche attenzione? Forse sì, ma sarebbe un clamoroso fiasco se proprio noi rimanessimo inerti nelle nostre istituzioni, nelle amministrazioni comunali e sovracomunali, nelle nostre scelte politiche autolesioniste e incapaci di gestire il territorio etnicamente tutelato per legge dello Stato (la 38-2001).
La domanda fatidica sta proprio qui: ammesso e concesso che vi siano mezzi finanziari straordinari a disposizione, sarà capace la nostra compagine amministrativa di progettare, proporre e sostenere degli interventi comuni per far non morire quanto resta della nostra comunità? A guardare come le somme a disposizione vengono sprecate senza dei progetti validi e prospetticamente produttivi verrebbe da dire: «Buog nam pomaj!».
Un tempo i contadini del Friuli osservavano le condizioni meteorologiche dei tre giorni della merla e, sulla base di esse, facevano le previsioni sul tempo dei mesi di gennaio, febbraio e marzo. Se il 29 era molto freddo e soleggiato anche l'ormai passato gennaio, era stato per la maggior parte dei giorni freddo ma soleggiato, mentre se il 30 era piovoso e più mite, anche la maggior parte del mese di febbraio sarà piovoso e le temperature saranno più miti.
La leggenda, una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che lei uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni, la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di gennaio, che allora aveva solo ventotto giorni. L'ultimo giorno del mese, la merla, pensando di aver ingannato il cattivo gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio se ne risentì così tanto che chiese in prestito tre giorni a febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo, pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa della fuliggine del camino, e così essa rimase per sempre con le piume nere.
Sempre secondo la leggenda, se i giorni della merla sono freddi, la primavera sarà bella; se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.
da wikipedia
Forse invecchio, se ho fatto un lungo viaggio
sempre seduto, se nulla ho veduto
fuor che la pioggia, se uno stanco raggio
di vita silenziosa... (gli operai
pigliavano e lasciavano il mio treno,
portavano da un borgo a un dolce lago
il loro sonno coi loro utensili).
Quando giunsi nel letto anch’io gridai:
uomini siamo, più stanchi che vili.
(da Poesie, Garzanti, 1973)
.
È un momento di sconforto, di una leggera malinconia, quello che coglie il poeta Sandro Penna in questi nove endecasillabi: un viaggio in treno in un giorno piovoso senza spunti vivaci, senza altro che la stanchezza, una spossatezza di vivere che però è da imputare all’essere uomini e non a un qualche avvilimento: “Più comune degli altri, non so dove / muove il mio passo stanco, che non vuole / tale apparire a se stesso ed altrove”.
.
Da troppo tempo lontana dal suo pubblico, LeggerMente ha deciso di riprendere i contatti sebbene online e forma virtuale con tutti gli appassionati e gli amici della lettura. Da sempre l'associazione di San Daniele ha privilegiato un rapporto diretto e personale con il proprio pubblico, ma la situazione pandemica e il prolungarsi della sua possibile soluzione ha spinto gli organizzatori a costruire un apposito progetto dedicato e pensato per i propri soci, gli amici, ma anche per tutto il pubblico che vuole avvicinarsi o riscoprire il piacere della lettura.
Mensilmente, infatti, verranno proposte pubblicamente sui vari canali social le top five letterarie firmate da alcuni degli ospiti più prestigiosi e vicini all’associazione Leggermente: Andrea Scanzi, Davide Toffolo, Loredana Lipperini, Massimo Cirri, Nada, Rita Marcotulli, Stefano Bartezzaghi indicheranno cinque titoli di libri a cui sono particolarmente legati e che regaleranno ai possibili lettori, con il solito atto di affetto che è il vero segreto del rapporto fra LeggerMente e il suo pubblico. Ma accanto a queste indicazioni letterarie ci sarà la possibilità di godersi sei pillole in video girate all'interno dei locali della W. Meister, la libreria che storicamente collabora con LeggerMente in cui Angelo Floramo, Carlotta Del Bianco, Elena Commessatti, Manuela Malisano, Maurizio Mattiuzza e Paolo Patui, proporranno degli assaggi di lettura ed il commento di un libro a cui sono particolarmente legati, una sorta di proprio intimo personale libro del cuore.
![]() |
Lusevera-Bardo |
La strada più agevole per raggiungere l’Alta Val Torre è la strada regionale 646 che collega l’Italia alla Slovenia attraverso il valico di Uccea. L’Alta Val Torre conta circa 700 abitanti abitanti che vivono nelle 7 frazioni che compongono il Comune di Lusevera, medaglia d’oro al merito civile per aver affrontato con grande dignità l’opera di ricostruzione dopo il catastrofico terremoto del 1976. Il Comune è gemellato con la cittadina di Fleurus in Belgio.
L’Alta Val Torre è una delle più belle e suggestive valli del Friuli, dominata dalla catena dei monti Musi. Oltre allo scenario naturalistico, fra montagne, boschi, rocce e grotte carsiche, ci troviamo di fronte ad un’antica comunità che mantiene un’identità etnica, linguistica e culturale ancora oggi radicata nel tessuto sociale, rappresentata in primo luogo dal dialetto sloveno del Torre, miracolosamente sopravissuto fino ai giorni nostri. Si tratta di un mondo esclusivo, assai diverso da quello della pianura, pur trovandosi a soli 25 km dal capoluogo friulano, Udine.
Ho avuto ancora problemi com l'account.Scusate amici