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Questo blog parla delle minoranze linguistiche del Friuli:SLOVENA,FRIULANA eTEDESCA,articoli dei giornali della minoranza slovena,degli usi,costumi,eventi e tanto altro.Buona lettura.OLga

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12 giu 2022

Un francobollo per il centenario di Margherita Hack


 Il Mise celebra con un francobollo il centenario della nascita di Margherita Hack. La vignetta raffigura la grande astrofisica in primo piano, sullo sfondo di un cielo stellato. Completano il francobollo la legenda “Margherita Hack”, le date “1922 - 2013”, la scritta “Italia” e l’indicazione tariffaria “B zona 1”.

L'immagine della bozzettista Rita Fantini è stata prodotta con una tiratura di trecentomila esemplari. Il francobollo è stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. a fotografia di Margherita Hack dalla quale è stato ricavato il ritratto pittorico è di Valerio Pennicino via Getty Images.

Gli annulli speciali primo giorno di emissione sono disponibili a Firenze (città dove è nata Margherita Hack) e Trieste, dove ha svolto per tanti anni la sua attività. Nel 1964 fu la prima donna titolare di una cattedra di astronomia in Italia e divenne così, automaticamente, la prima donna direttore di un Osservatorio astronomico, quello triestino.

Nell'anno accademico 1984-1985 fondò il Dipartimento di Astronomia dell'Università di Trieste, di cui fu direttrice fino al 1986. Nel 1987 divenne Socia Nazionale dell'Accademia dei Lincei. E' morta nel 2013.https://www.ilfriuli.it/articolo/tendenze/un-francobollo-per-il-centenario-di-margherita-hack/13/267543

8 giu 2022

8 giugno Giornata di Primož Trubar e festa nazionale

 


Più di dieci anni fa, su suggerimento di Boris Pahor, la Repubblica di Slovenia ha dichiarato l'8 giugno Giornata di Primož Trubar e festa nazionale. Alla vigilia della festa, il Presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor ha reso omaggio alla memoria di Trubar davanti al suo busto al castello di Rubbia nel comune di Savogna d'Isonzo.

All'evento ha partecipato anche la presidente Ksenija Dobrila




Primož Trubar (Raščica9 giugno 1508 – Derendingen28 giugno 1586) è stato un religiososcrittore e riformatore sloveno.

Nato a Raščica, minuscolo villaggio della Carniola inferiore, nel 1508, fu dapprima sacerdote cattolico e, in seguito, pastore luterano in Germania. Si avvicinò al luteranesimo alla scuola del vescovo di TriestePietro Bonomo, e divenne il più attivo animatore della riforma protestante in terra slovena.

Nel 1550, pubblicò il primo libro stampato in lingua slovenaKatekizem (Catechismo), cui seguì Abecedarium (Abecedario, sempre del 1550).[1]

Considerato il padre della letteratura slovena, Trubar fu autore di più di venticinque libri in lingua slovena, i più importanti dei quali furono le traduzioni in sloveno del Nuovo Testamento (1555-1577) e dei Salmi (1566).

L'opera di Trubar trasse senz'altro notevole ispirazione dall'incontro, in terra tedesca, con Pier Paolo Vergerio il giovane (1498-1565), in precedenza nunzio apostolico a Vienna e in Germania, già vescovo di Capodistria, e passato anch'egli alla Riforma, con il quale collaborò alla traduzione in sloveno del Nuovo Testamento.

In seguito i due, con la protezione e l'aiuto finanziario del barone Johannes Ungnad von Sonneck (1493-1564), ex governatore della Stiria e della Carinzia, aprirono una tipografia e un istituto di studi biblici a Urach (nei pressi di Tubinga), che, dal 1561 al 1564, stampò una serie di opere religiose (37 libri per un totale di 25 000 copie) in lingua slovena, croata ed italiana, quali: il Piccolo Catechismo di Lutero, il Beneficio di Cristo, la Confessio Augustana e la relativa Apologia.da wikipedia

28 mag 2022

David Maria Turoldo

 


A Milano iniziano le manifestazione per i 30 anni dalla morte di Turoldo.

David Maria Turoldoal secolo Giuseppe Turoldo (Coderno22 novembre 1916 – Milano6 febbraio 1992), è stato  un presbiteroteologofilosofoscrittorepoeta e antifascista italiano, membro dell'ordine dei Servi di Maria. È stato, oltre che poeta, figura profetica in ambito ecclesiale e civile, resistente sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso, di ispirazione conciliare. È ritenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda metà del '900, il che gli ha valso il titolo di "coscienza inquieta della Chiesa"

Nono di dieci fratelli, Giuseppe Turoldo recepì con intensità le caratteristiche della semplice cultura umana del suo ambiente nativo e prevalentemente contadino. Colse e fece propria la dignità delle condizioni povere della sua terra, che costituirono una solida radice informante tutto lo sviluppo della sua sensibilità e della sua attività futura.

A soli 13 anni fu accolto tra i Servi di Maria nel convento di Santa Maria al Cengio a Isola Vicentina, sede triveneta della Casa di Formazione dell'Ordine Servita: dove trascorse l’anno di noviziato, assumendo il nome di fra David Maria; il 2 agosto 1935 emise la professione religiosa; il 30 ottobre 1938 pronunciò i voti solenni a Vicenza. Incominciò gli studi filosofici e teologici a Venezia. Il 18 agosto 1940 nel santuario della Madonna di Monte Berico di Vicenza venne ordinato presbitero da monsignor Ferdinando Rodolfi, arcivescovo di Vicenza.

Nel 1940 fu assegnato al convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo al Corso in Milano. Su invito del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo della città, per circa un decennio tenne la predicazione domenicale nel duomo milanese. Insieme con il suo confratello, compagno di studi durante tutto l'iter formativo nell'Ordine dei Servi e amico Camillo de Piaz, si iscrisse al corso di laurea in filosofia all'Università Cattolica di Milano e conseguì la laurea l'11 novembre 1946 con una tesi dal titolo: La fatica della ragione - Contributo per un'ontologia dell'uomo, redatta sotto la guida del prof. Gustavo Bontadini. Sia Bontadini sia Carlo Bo gli offriranno il ruolo di assistente universitario, il primo presso filosofia teoretica a Milano, il secondo presso la cattedra di Letteratura all'Università di Urbino.

Presenza milanese

Durante l'occupazione nazista di Milano (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945) collaborò attivamente con la resistenza antifascista, creando e diffondendo dal suo convento il periodico clandestino l'Uomo. Il titolo testimonia la sua scelta dell'umano contro il disumano, perché «La realizzazione della propria umanità: questo è il solo scopo della vita». La sua militanza durò tutta la vita, interpretando il comando evangelico "essere nel mondo senza essere del mondo" come un "essere nel sistema senza essere del sistema". Rifiutò sempre di schierarsi con un partito.

Il suo impegno nel dialogo senza preconcetti e nel confronto di idee talvolta anche duro, si tradusse in particolare nel far nascere, insieme con Camillo De Piaz, il centro culturale la Corsia dei Servi (il vecchio nome della strada che dal convento dei Servi conduceva al duomo).

Turoldo fu uno dei principali sostenitori del progetto Nomadelfia, il villaggio nato per accogliere gli orfani di guerra “con la fraternità come unica legge”, fondato da don Zeno Saltini nell'ex campo di concentramento di Fossoli presso Carpi, raccogliendo fondi presso la ricca borghesia milanese.

Tra il 1948 e il 1952 si rende noto al grande pubblico con due raccolte di liriche Io non ho mani (che gli valse il Premio letterario Saint Vincent) e Gli occhi miei lo vedranno, presentato nella collana mondadoriana Lo Specchio da Giuseppe Ungaretti.

A seguito di prese di posizione assunte da politici locali e da alcune autorità ecclesiastiche, nel 1953 deve lasciare Milano e soggiornare in conventi dei Servi dell’Austria e della Baviera. . . .continua https://it.wikipedia.org/wiki/David_Maria_Turoldo


26 mag 2022

100 anni fa nacque Enrico Berlinguer

 

  • 100 anni Enrico Berlinguer
  • Enrico Berlinguer e il socialismo del XXI secolo

  • Di Guido Liguori 24 maggio 22 | Inserito sotto: Italia Storia La sinistra
  • Segretario del Partito Comunista Italiano (PCI) dal 1972 al 1984, Enrico Berlinguer è noto da tempo per due grandi iniziative politiche da lui introdotte negli anni '70: a livello di politica interna, il compromesso storico (il compromesso storico); e, a livello internazionale, l'eurocomunismo. Il 25 maggio festeggiamo il suo centesimo compleanno.

    La prima era la proposta del 1973 di un accordo tra i maggiori partiti italiani – i partiti comunista, socialista e democristiano (DC) – per la riforma del Paese. È emerso dopo il colpo di statocontro il governo socialista-comunista di Salvador Allende in Cile e per anni prima dalla 'strategia della tensione' come risposta al grande periodo di lotte del 1968-69, cioè nasceva dalla convinzione che in una società come quella italiana, storicamente dal fascismo e soggetta alla 'sovranità limitata' imposta dagli Stati Uniti, il 51% non sarebbe sufficiente per governare e lasciare il segno alla sinistra. È stata una ripresa della strategia postbellica dei governi di unità nazionale di Palmiro Togliatti per sconfiggere il fascismo e ricostruire il paese. Ma per quasi tre decenni questo era stato vano, perché la Dc era diventata un partito di clientelismo politico, clientelismo e corruzione, oltre ad essere un luogo di anticomunismo duraturo.

    Il compromesso storico riscosse un vasto consenso ma alla fine naufragò, sia per le politiche antipopolari dei due governi di 'solidarietà nazionale' del 1976-79 guidati dal democristiano di destra Giulio Andreotti, sia per l'imprudentemente appoggiato dal PCI senza che a quest'ultimo sia concessa la piena partecipazione al gabinetto. Erano governi di emergenza di fronte alla profonda crisi economica più che versioni del compromesso storico, seppur sovrapponendosi al buon senso della proposta di Berlinguer del 1973 – vuoi perché con il rapimento e l'omicidio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, Berlinguer perso, nella Dc, l'unico interlocutore importante disposto a dare almeno una sorta di cauto credito ai comunisti e al loro credo democratico. 

    L'iniziativa dell'eurocomunismo, invece, fu lanciata da Berlinguer sulla scena internazionale verso la metà degli anni '70 e maturò soprattutto tra il 1975 e il 1977. Il segretario del Pci – già cautamente critico nei confronti dell'invasione del Patto di Varsavia del 1956 in Ungheria – fu scossa dall'invasione della Cecoslovacchia nel 1968. In questo caso, il processo di rinnovamento democratico è stato guidato dallo stesso partito comunista del Paese, dal suo segretario Alexander Dubček, al cui fianco hanno lavorato duramente Longo e i comunisti italiani, vedendo in questo rinnovamento un percorso nazionale e democratico al socialismo che era molto vicino alle proprie posizioni tradizionali. 

    Dopo l'invasione di Praga, Berlinguer condusse una risoluta lotta all'interno del suo partito (che fu reso noto solo decenni dopo quando i suoi archivi furono resi accessibili) per farlo attrezzare politicamente e ideologicamente per dissociarsi dai sovietici; si recò in URSS per comunicare la forte protesta del PCI contro l'invasione; era addirittura convinto che i sovietici gli avessero attentato alla vita a causa di uno strano incidente stradale in cui fu coinvolto mentre si trovava in Bulgaria nel 1973, dal quale emerse miracolosamente vivo (anche questo fu reso noto molti anni dopo). Alla fine propose, ai comunisti spagnoli (che inizialmente lo accettarono) e ai francesi, la creazione di un polo comunista nell'Europa occidentale per costruire un "comunismo nella libertà", un comunismo democratico che attraesse i lavoratori all'interno del Occidente capitalista. 

    Così facendo tornava a principi già enunciati all'inizio degli anni '70, dichiarando solennemente che se fossero saliti al potere i comunisti si sarebbero impegnati a mantenere tutte le libertà politiche, culturali, sindacali e religiose. E a Mosca nel 1977, davanti a quasi tutti i comunisti del mondo riuniti per celebrare il sessantesimo anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, dichiarò – incorrendo nell'ira dei sovietici – che per i comunisti italiani la democrazia era un 'valore storicamente universale', che quindi nessun paese comunista potrebbe farne a meno, pena la scomparsa della motivazione stessa del socialismo.

    I francesi e gli spagnoli, avendo, a vario titolo, preso le distanze dal movimento eurocomunista a cui originariamente aderivano, Berlinguer andò avanti, parlando della necessità di una 'terza via' (cioè una via al socialismo diversa da quella autoritaria dal socialismo sovietico e dalla socialdemocrazia, che non mirava al superamento del sistema capitalista), poi di una 'terza fase' della lotta per il socialismo, successiva a quelle simboleggiate dalla Seconda e dalla Terza Internazionale, ora vista conclusa e senza esito. E, infine, dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan e il colpo di stato filo-sovietico in Polonia – nel 1979 e nel 1981 – Berlinguer dichiarò che la Rivoluzione d'Ottobre aveva esaurito la sua "forza propulsiva",

    Se questo Berlinguer – del compromesso storico e dell'eurocomunismo – è come è più conosciuto, in Italia e all'estero, quello che è meno noto ma probabilmente più importante e vitale è l'"ultimo Berlinguer", cioè la sua visione scaturita da una profonda strategia strategica ripensare dopo la fine dei governi Giulio Andreotti di 'solidarietà nazionale', che avevano così esaurito il rapporto tra il Pci, il suo elettorato, ei lavoratori italiani. 

    Isolati politicamente dall'anticomunismo della DC post-Moro e del nuovo Partito socialista di Craxi, e di fronte all'inefficacia dello Stato nell'affrontare il grave terremoto dell'Irpinia del 1980, Berlinguer e il PCI denunciarono «i problemi di inefficienza, disonestà e immoralità' della dirigenza DC, un 'sistema di potere e concezione di governo' profondamente corrotto. Nasce così la politica dell'“alternativa democratica” proposta dal segretario del Pci.

     In quest'ultimo periodo della sua vita (morì inaspettatamente nel 1984) Berlinguer si rivolse soprattutto alla società italiana, nell'ottica di realizzare una 'riforma intellettuale e morale' Gramsciana in grado di cambiare il senso comune delle masse. Già nel 1977 aveva parlato – come aveva fatto Olof Palme qualche anno prima – di 'austerità', ma concepirla ha un' 'occasione per trasformare l'Italia', per creare un nuovo modello di sviluppo che limiti i consumi e l'egoismo individualisti. Nel 1980 passa alla Fiat per sostenere la lotta operaia, riattivando quel 'legame affettivo' con i lavoratori in parte perduti negli anni precedenti, attivismo che porterà avanti nella sua battaglia per la salvaguardia della 'scala mobile'. meccanismo che difendeva il salario dei lavoratori e il tenore di vita – di fronte all'attacco del governo Craxi, che mirava a tagliarlo. ..continua Fonte: Transform! Europe

8 mar 2022

Così Jakob Kandut aiutò la sua gente

 


A cura della Casa editrice Goriška Mohorjeva družba e per i tipi di Grafica goriziana, a fine 2021 è stato pubblicato il libro «Jakob Kandut – Viharnik iz Kanalske doline» («Jakob Kandut – albero solitario della Valcanale»). Il nuovo volume in lingua slovena è uscito nell’ambito della collana «Naše korenine» (in italiano «Le nostre radici»), in collaborazione con l’Associazione/Združenje don Mario Cernet.

La pubblicazione raccoglie gli scritti che l’ugovizzano Jakob Kandut ha redatto, nel corso degli anni, per il bollettino parrocchiale «Ukve» e la trasmissione «Glasnik Kanalske doline» («Lo squillo della Valcanale»), alla quale collaborava per Radio Trst A. Alcuni testi erano già stati messi a disposizione tempo fa dai suoi figli, Marko e Miriam; altri erano conservati all’Istituto Urban Jarnik di Klagenfurt. La scorsa estate tutto il materiale è stato raccolto in modo organico.

Ad aprire il libro sono un’introduzione di Marko Tavčar, che ne ha curato la pubblicazione, e un ricordo di Kandut a firma del suo amico Stanislav Soban. Gli scritti di Kandut vengono, quindi, presentati ai lettori suddivisi in tre ambiti tematici: «Iz življenja na vasi» («Dalla vita in paese»); «Naravno bogastvo in gospodarski razvoj» («Ricchezza della natura e sviluppo economico») e «Kanalska dolina v kolesju zgodovine» («La Valcanale nell’ingranaggio del tempo»).

In ogni testo composto da Kandut spicca l’approccio più divulgativo che scientifico, che presenta una vasta gamma d’informazioni. Va ricordato che spesso tali testi erano rivolti ad un pubblico di ascoltatori. Un punto forte del libro sono anche le fotografie, fornite dalla famiglia Kandut stessa e da Osvaldo Errath di Ugovizza.

Jakob Kandut nacque nel 1913 a Ugovizza/Ukve e morì nel 1996 a Trieste. La pubblicazione, quindi, ricorre a 25 anni dalla sua scomparsa. L’interessante storia di vita di Kandut è portata all’attenzione del lettore da Marko Tavčar già nell’introduzione. Orfano di guerra, Jakob fu allevato da sua madre, che si mise a lavorare. Suo padre, infatti, era morto in Galizia durante la prima guerra mondiale. Negli anni in cui era parroco a Ugovizza, don Anton Češornja si adoperava affinché i ragazzi di maggiore talento andassero a studiare in città. Così il giovane Jakob ricevette una borsa di studio che lo portò a Gorizia/Gorica. Mentre viveva allo studentato di lingua slovena dell’Alojzijevišče, lì frequentò il ginnasio. Dopo avere proseguito gli studi al seminario minore, conseguì la maturità a Udine.

Nell’autunno del 1935 Jakob si iscrisse all’Università di Padova, prima a scienze naturali e in seguito a giurisprudenza. Dopo la laurea fece rientro a Ugovizza e, una volta assolto il periodo di leva, per qualche tempo trovò impiego a Tarvisio/Trbiž.

La seconda guerra mondiale portò un grande sconvolgimento anche in Valcanale, ma Jakob continuò a rimanervi. Essendo un giurista, dopo la guerra aiutò a scrivere lettere, adoperandosi molto per la restituzione della cittadinanza a quanti avevano optato per il Terzo Reich. Ad ancora prima, agli anni degli studi, risale il suo impegno a fianco della gente di Ugovizza per il mantenimento dei diritti di servitù.

Sempre dopo la seconda guerra mondiale aiutò molto anche gli abitanti di Rateče, allora in Jugoslavia, nell’ottenimento dei risarcimenti di guerra e circa i diritti di doppia proprietà sui loro possedimenti che si trovavano da parte italiana del confine.

Negli anni Cinquanta conobbe Hedvika, un’insegnante che sposò nel 1959 e con cui ebbe due figli. In quegli anni risiedeva ancora in Valcanale, dove insegnava tedesco. All’inizio degli anni Settanta sua madre morì e lui si trasferì a Trieste/Trst, dove la moglie lavorava.

Quando la situazione pandemica relativa al Covid-19 lo renderà possibile, il nuovo libro su Jakob Kandut sarà presentato anche a Ugovizza.dal dom

1 mar 2022

Auguri Dino Zoff

 

Dino Zoff (Mariano del Friuli28 febbraio 1942) è un dirigente sportivo, ex allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo portiere. È stato campione d'Europa nel 1968 e campione del mondo nel 1982 con la nazionale italiana, che ha anche allenato dal 1998 al 2000.

Considerato uno dei più grandi portieri nella storia del calcio,[2][3][4][5] ha legato la propria attività calcistica principalmente alla Juventus, militandovi per undici anni a cavallo degli anni 1970 e 1980, senza mai saltare una partita di campionato; con i bianconeri ha collezionato 479 presenze (330 in Serie A), vincendo sei campionati italiani, due Coppe Italia e una Coppa UEFA, e ha disputato due finali di Coppa dei Campioni e una di Coppa Intercontinentale. Insieme al libero Gaetano Scirea e ai terzini Claudio Gentile e Antonio Cabrini, suoi compagni alla Juventus e in nazionale, Zoff ha costituito uno dei migliori reparti difensivi nella storia del calcio.[6] Ritiratosi dall'attività agonistica, ha intrapreso la carriera di allenatore, divenendo nel 1990, alla guida della Juventus, il primo tecnico capace di conquistare la Coppa UEFA dopo averla vinta da calciatore.[7]

Con la nazionale italiana ha preso parte a due campionati d'Europa (Italia 1968 e Italia 1980) e a quattro campionati del mondo (Messico 1970Germania Ovest 1974Argentina 1978 e Spagna 1982), ottenendo inoltre, come commissario tecnico degli azzurri, il secondo posto al campionato d'Europa 2000. Il successo al campionato mondiale 1982, conseguito all'età di quarant'anni — peraltro come capitano dell'Italia —, lo ha reso il vincitore più anziano nella storia della competizione[8] nonché l'unico giocatore italiano ad aver ottenuto, a livello di nazionale, sia il titolo di campione d'Europa sia di campione del mondo. Sempre in azzurro detiene il record mondiale d'imbattibilità per squadre nazionali,[9] non avendo subito reti per 1142 minuti consecutivi.[10][11] È stato a lungo il giocatore con più partite disputate in Serie A e nella nazionale italiana — avendo totalizzato rispettivamente 570 e 112 presenze —, prima di essere superato in entrambe le voci statistiche da Paolo Maldini (nel 2000 relativamente alle apparizioni in maglia azzurra,[12] nel 2005 per quanto concerne il massimo campionato italiano).[13]

Più volte candidato al Pallone d'oro,[14] sfiorò la vittoria nel 1973, classificandosi secondo alle spalle di Johan Cruijff. Occupa la 47ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer.[15] Nel 2004 è stato incluso nel FIFA 100 e annoverato fra le Leggende del calcio del Golden Foot; nello stesso anno, in occasione dei UEFA Jubilee Awards, è stato indicato dalla FIGC quale miglior giocatore italiano del cinquantennio precedente,[16] risultando inoltre 5º — primo fra gli italiani — nell'UEFA Golden Jubilee Poll.[17] È entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano tra i Veterani[18] e della Walk of Fame dello sport italiano tra le Leggende,[19] rispettivamente nel 2012 e nel 2015.(wikipedia9


8 gen 2022

Monsignor Angelo Cracina

Buoh loni-Grazie 


parroco, ricercatore e bibliotecario

Raschiacco/Faedis 16.4.1909 – Cividale, 20.9.1992

 

Sloveno da parte paterna (Montemaggiore di Taipana), friulano da parte materna. Consacrato parroco il  23 luglio 1933, dopo essere stato cappellano a Paularo e a Gemona, ha svolto la sua attività pastorale a Vernassino, dove, nonostante i divieti fascisti, utilizzava lo sloveno in chiesa. Nel 1939 è diventato parroco di San Leonardo dove è rimasto fino al 1966 quando è stato trasferito a Buja e successivamente nominato canonico del Capitolo di Cividale (1982).

Dopo la guerra è stato duramente attaccato dai giornali nazionalisti  Il Tricolore e La vedetta del Natisone. Obiettivi di questi attacchi lo sono stati anche altri parroci beneciani che utilizzavano la lingua slovena per le celebrazioni della messa. Le accuse erano di essere antitaliani e filocomunisti. Cracina ha scritto al prefetto Candolini, il quale gli ha confermato che aveva la facoltà di utilizzare la lingua slovena nell’esercizio delle sue funzioni*. Ha subito velenosi attacchi anche dal Messaggero Veneto e dal Corriere della sera che lo hanno definito titino e traditore. Ha sporto querela ma l’arcivescovo Nogara lo ha convinto a ritirarla. Lo stesso vescovo, tramite un articolo su La Vita Cattolica, ha difeso i parroci da questi attacchi (1950).

Cracina è stato attaccato anche dai giornali Friuli liberale e Arena di Pola. Nonostante il divieto del vescovo, ha fatto querela e vinto la causa.

Laureato in liturgia all’Università di Padova (1968), ha ottenuto la licenza di teologia (1971) e un dottorato di Liturgia pastorale all’Universita Lateranense di Roma (1974). Nel 1978 ha pubblicato Gli slavi della Val Natisone. Religiosità e problemi pastorali. 

Il suo nome verrà ricordato nella storia per il ritrovamento del  manoscritto Starogorski rokopis (1492-1498), che ha poi pubblicato nel 1974 nel Kolendar  Goriške Mohorjeve družbe e successivamente su brochure le Stare slovenske ljudske molitve pri starogorskem samostanu (Antiche preghiere popolari slovene del Santuario di Castelmonte).

In dieci brochure ha dimostrato l’importanza e la bellezza delle nostre vecchie preghiere (Novena di Natale nella parrocchia di S. Leonardo) e di altre tradizioni popolari.

tratto da https://www.kries.it/personalita/angelo-cracina/?lang=it

Mons.Cracina ha celebrato il mio matrimonio,grazie.

La vita dei sacerdoti della Benecia è stata molto dura!

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