La conserva del pomodoro
di Angelo Floramo
Era proprio quello il profumo dell’estate che finiva. Inconfondibile perché intenso, quasi acre, con un fondo dolciastro però che ingolosiva. L’operazione si svolgeva per lo più in cantina, o comunque in un luogo riparato dall’eccessiva calura del giorno. Anche perché esigeva che il fuoco rimanesse acceso per ore. Si trattasse di un vecchio spolert(cucina economica) o di un futuribile fornello a gas. Dall’orto qualcuno aveva portato, nei giorni precedenti, secchiate stracolme di pomodori. Cestelli di vimini, raccoglitori di plastica, mastelli e bacinelle: tutto andava bene. Terrosi, ancora pregni degli umori della zolla, erano stati irrorati di frescura sotto la pompa, appena fuori. Ma non troppo, raccomandava qualcuno, altrimenti avrebbero perso il gusto, il sapore di buono. Erano gli ultimi della stagione, con ancora dentro alla polpa tutto il sole d’agosto che ormai declinava verso l’alito più fresco di settembre, mentre le prime piogge rendevano l’aria liquida e umida, specialmente verso sera. In casa erano le donne che di solito officiavano il rito, rimestando in continuazione il calderone, neanche fossero state le streghe delle favole. Ricordo pentolacce rosse, tegami con lo smalto bianco all’interno, dal culo annerito di fumo. E il rumore, allegro e impertinente, dei coperchi che non riuscivano a trattenere i vapori e ballavano con quell’accompagnamento improvvisato di ferraglia che regala sempre, ai bambini, una strana e incomprensibile allegria. Sui taglieri intanto si continuava a fare a pezzi il frutto maturo, per gettarlo nel calderone che inevitabilmente trasudava brode, sempre più dense: quelle piano colavano un po’ dappertutto, come dalla tavolozza di un pittore pasticcione, ossessionato dal colore rosso, sfrigolando, cisando, se venivano a contatto con la piastra incandescente. E se al suo posto c’era il più moderno e inadeguato fornello, andavano a rischio di spegnerlo, con grande pericolo di botto. Ricordo che mi facevano sedere sull’asse da stiro per contemplare al meglio quella festa coloratissima della raccolta, attorno alla quale tutti si affaccendavano, ciascuno con un compito preciso, per non intralciarsi troppo. Mano a mano che il magma si addensava una mano sapiente lo raccoglieva con un coppo e lo metteva dentro ai vasi di vetro allestiti alla bisogna. Anche quelli sarebbe stati fatti bollire nell’acqua, per suggellarne la chiusura ermetica. Per cena la nonna avrebbe preparato i macarons affogandoli dentro a quel primo sugo: una consolazione al pensiero che di lì a poco saremmo dovuti tornare tutti a scuola!
da fb
Mi hai fatto venire in mente tanti ricordi.
RispondiEliminaGrazie, Olga!
RispondiEliminaOlga, accusi la Russia di aggressione. Ti invito a guardare il mio post sulle iniziative di pace della Russia.
RispondiEliminaI really like to eat tomatoes.
RispondiEliminaOlga, I salute you and I wish you a good week!
Mi è tornato alla mente quella volta che ho tentato di fare una "finta passata". Un disastro! Forse un giorno ci farò un post. :)
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