Parliamo di susine e sespis
di Raffaele Testolin
Dopo aver appurato la corretta scrittura e dizione della voce ‘susine’ nella lingua friulana (sespe al singolare, sespis al plurale secondo la koinè, ma ho raccolto quache versione diversa da dissidenti della koinè), eccomi a parlarvi di questo interessante argomento.
Quello delle susine è un mondo affascinante, ma la confusione regna sovrana e allora, dopo aver cercato qualche anno fa di fare un po’ di chiarezza prima a me stesso e poi a voi, provo a tornare sull’argomento.
Ci sono susine piccole, grosse e molto grosse e per quanto riguarda il colore dei frutti, abbiamo susine gialle, rosa, rosse (rossa può essere anche a polpa), viola, nere con tutte le variazioni che madre natura è stata in grado di creare. Ebbene, né le dimensioni né il colore aiutano a distinguere le diverse specie e varietà botaniche, che sono molte. Se poi aggiungiamo gli ibridi prodotti dal Burbank cent’anni fa, incrociando susine cinesi e selvatici americani, diventiamo matti perché questi ibridi si chiamano ‘Gocce d’oro’, ‘Santa Rosa’ e così via, tanto che molti sono convinti che si tratti di susine italiane. Niente di più errato. Allora, provo, cercando di non far arricciare il naso agli esperti, di darvi due dritte per inquadrare questi meravigliosi frutti:
Punto 1. Se avete a che fare con susine di grosse dimensioni, state certi che sono susine cino-giapponesi o ibridi più complessi, a meno che non siano frutti ovali e con la buccia blu e allora potrebbero essere susine europee, molto apprezzate come prodotto da consumare fresco o essiccato (le famose prugne secche, che zia Maria chiamava ‘provvidenza’ per la capacità - diciamo con un’espressione nobile - di regolare l’organismo).
Punto 2. Se i frutti sono piccoli, giochiamo in casa e se non sono mirabolani o emoli; se non sono le vecchie mirabelle o le damaschine, tutta roba ormai abbandonata o usata solamente come portinnesti, siamo in presenza di sua maestà la sespe. Frutto adorato dai friulani e che l’ERSA ha provvidenzialmente raccolto nel proprio campo catalogo. Si chiamano ‘Čiešpa di Clastra’, ‘Prissica’, ‘Sant’Anna di Trampus’, ‘Zimber bianco’, tanto per ricordare le più interessanti, che si consumano come frutto fresco e che possono essere distillate, producendo uno slivovitz da campionato mondiale dei distillati. Mi devo fermare qui perché agli amici che mi fanno dono di qualche preziosa bottiglia di slivovitz prodotto in casa da loro – tutto legale, si intende – potrebbero venire le lacrime agli occhi. Un abbraccio a questi amici e buona domenica a tutti.
da Vita nei campi
Anche in Russia crescono le prugne! Uguale alla foto. Molto saporito!
RispondiEliminaPlums are one of my favorite fruits, one tree I have in my backyard :) I like the yellow round plums best.
RispondiEliminaOlga, I salute you and I wish you a good Wednesday!