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5 giu 2021

IL FRIC0

 

da vita nei campi fb

Tutta la poesia del frico

di Adriano Del Fabro
Il tecnico caseario Salvino Braidot, dedicò l’appendice del suo libro: “Il Montasio friulano”, pubblicato nel 1972, proprio al frico, riportando quattro ricette. Nello stesso anno Renzo Valente, per conto della Provincia di Udine, curò una Guida turistica della montagna friulana. Nel capitolo dedicato alla gastronomia della Carnia, sottolineò che il “frico (formaggio tenero salato, liquefatto insieme a tuorli d’uova nel burro o nel lardo, due versioni: filato o croccante)” è pietanza tipica carnica oltre che della Val Canale e Canal del Ferro (con la polenta).
Poco prima di morire, nel 1973, Ferdinando Primus di Cleulis di Paluzza (nato nel 1894), diede alle stampe: “Memorie di un piccolo mondo scomparso”. Nel suo componimento poetico: “Polenta e formaggio e polenta e frico”, scrive:
I menus, par chei casòns,
ai mangiavi biei fricons!
Loor ai era strapazzaats,
ma no erin mai malaats!!!
Stait attents a che chi scriif
E disèlu ‘tal paiisc:
Nonde’ nua di plui bon
Di polenta e un fricon!
Datato 1976 è l’interessante scritto di Gaetano Perusini dal titolo: “Vecchie cose di cucina: l’antian pal frico”. Nel suo testo, il Perusini non solo riporta una testimonianza diretta di una signora di Illegio, sulla ricetta del frico di quelle parti, ma descrive pure il recipiente nel quale la stessa veniva cotta e preparata.
A Chiaulis di Verzegnis, nel 1916, era nato il poeta Adalgiso Fior. Nella sua raccolta postuma: “La mê Cjargna” (La mia Carnia), curata da Andreina Ciceri nel 1985, è contenuta la poesia dal titolo: “Prima dì a stâli” (Primo giorno in malga) nella quale, nella terza strofa si richiama a “un frico ben saurît”.
La più antica Sagra del Frico è quella di Carpacco di Dignano la cui prima edizione si è celebrata nel 1982.
Il protagonista del romanzo del 1991 di Sergio Maldini: “La casa a Nord Est” (Premio Campiello), un giornalista romano in fuga dalla capitale, assapora con gusto frico e trote affumicate in una trattoria di Sterpo.
Mario Castagnaviz, sempre nel 1991, nel suo libro dedicato alla storia della Latteria di Cividale, pubblica una scheda su “il formaggio da frico filante” e nel testo: “Carnia Agroalimentare”, racconta del frico di Carnia. Un anno dopo, lo stesso fa Erminio Polo descrivendo le vicende della Latteria di Lavariano.
Nel 1992, il “Dizionario etimologico dei dialetti italiani” spiega che il termine frico deriva dal latino frigere (in friulano: frizi).
La pietanza a base di formaggio fritto, viene descritta anche da Alfio Anziutti, nel 1999, all’interno della sua pubblicazione dal titolo: “Giochi e cibi a Forni di Sopra”.
Nell’anno 2001, il frico è stato inserito nell’Elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali del Friuli Venezia Giulia mentre, dal 2017, se realizzato con materie prime certificate regionali, può fregiarsi del marchio collettivo di qualità: AQuA (ma servirebbe qualcosa in più).
Potrebbe essere un'immagine raffigurante cibo e spazio al chiuso
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7 commenti:

⚠️Gradisco commenti e critiche per la crescita del blog.
Generalmente rispondo ai commenti,ma seguendo parecchi blog non sempre ci riesco.
OLga 😻

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