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TINA MODOTTI

 

da wikipedia

«Ogni volta che si usano le parole "arte" o "artista" in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro.»

(Introduzione di Tina Modotti alla sua mostra del 1929)

Creatura nomade per antonomasia, Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, figlia di una cucitrice e di un carpentiere, nasce in Italia sul finire del XIX secolo ed esprime nel suo breve e luminoso percorso biografico – costellato di viaggi, passioni pubbliche e private, separazioni laceranti – gran parte delle inquietudini culturali e politiche che marcano l’apertura del Novecento.

Già la prima infanzia viene segnata da un breve percorso migratorio, quando per il lavoro del padre a soli due anni viene portata temporaneamente nella vicina Austria, a Klagenfurt. Ben più consistente sarà poi il viaggio negli Stati Uniti, dove nel 1913 si ricongiunge ancora adolescente alla famiglia nel frattempo emigrata; si trasferisce in seguito da San Francisco a Los Angeles e, nel 1923, dalla California al Messico. Espulsa sei anni dopo con il pretesto ufficiale di aver partecipato a un attentato al presidente, Ortiz Rubio, viaggia su una nave diretta a Rotterdam ottenendo asilo politico a Berlino; vola a Mosca, dove la sua attività per il Comintern la porta a Parigi; poi tra il 1935 e il 1939, con Soccorso Rosso Internazionale, partecipa alle convulse vicende della guerra civile in Spagna. Dopo un breve rientro alla volta della Francia torna in Messico, sua patria d’adozione, e lì vi muore nel 1942, a soli quarantacinque anni.
Considerando i due soggiorni, «la permanenza quasi decennale in Messico […] fu, nella sua esistenza adulta, il periodo più lungo trascorso in un solo paese»[1]. In questa terra, che attraverso giganti della pittura muraria come Diego Rivera e David Siqueiros rielabora nuove tendenze artistiche anche grazie al processo di rottura innescato dalla Revolución armada, Tina matura il suo impegno verso la fotografia, l’attività per la quale verrà in primo luogo ricordata, in una fusione costante tra tensione estetica e impegno politico. Vicina sin da bambina a questa forma di espressione artistica (lo zio Pietro Modotti aveva uno studio), in età adulta perfeziona le basi tecniche con Edward Weston, maestro e per alcuni anni compagno di vita, e radicalizza poi il suo stile di pari passo con la crescente militanza. Alle scelte già condivise con quest’ultimo, infatti, cioè l’abbandono della fotografia “pittorica”, dagli effetti sfumati e dai contorni imprecisi per prediligere invece i tratti ben marcati degli oggetti e dei luoghi della vita reale, aggiunge un decisivo allargamento della gamma dei possibili soggetti. Immortala non solo gli emblemi della Rivoluzione, ancora così profondamente incisi nella memoria collettiva messicana, come cartucciere, falci, chitarre, murales, sombreros; ma anche mani che lavorano, donne con bambini (celebri quelle di Tehuantepec), tessuti, fiori.
Arte e politica costituiscono per molti anni un binomio inscindibile. Figlia di un operaio con simpatie verso il socialismo, lavoratrice in filanda nella prima giovinezza in Italia e poi in una fabbrica di moda nel primo periodo californiano, si sensibilizza ancor più al conflitto sociale proprio in questi anni. Ricordata essenzialmente per la breve carriera da attrice nell’industria cinematografica di Hollywood – si ricordi ad esempio il film The Tiger’s Coat (1920), o I Can Explain (1922) -, a detta della biografia storica di Letizia Argenteri – una delle più recenti e documentate – la fase californiana non è stata infatti sufficientemente compresa nella sua valenza cruciale, cioè quella di formazione politica, nella quale Tina prende contatto con le organizzazioni operaie in seno alla comunità italiana e con l’attività dei patronati [2].
Iscritta nel 1927 al Partito Comunista messicano, partecipa con Frida Kahlo e Diego Rivera al Fronte Unico per Sacco e Vanzetti, alla campagna Manos fuera de Nicaragua contro l’occupazione statunitense e traduce per il giornale «El Machete», denunciando le violenze del fascismo italiano e attirandosi così la qualifica di “persona non grata” nel suo paese d’origine.
Recenti riletture del percorso biografico della Modotti tendono a decostruire il mito(riproposto anche da figure del calibro di Octavio Paz) della femme fatale che vive guidata dalla passione per i suoi amanti e che da questi viene condizionata anche nei comportamenti pubblici. Studiose come Argenteri ipotizzano anzi il contrario, cioè che a partire dal periodo messicano la scelta dei suoi compagni di vita fu sempre dettata dal suo orientamento politico e ideologico e a questo funzionale. 

casa natale in via Pracchiuso Udine
da wikipedia


3 commenti:

  1. Naturalmente, quando qualcuno crea o fa qualcosa, molto ben fatto, molto ben elaborato, non fa arte, l'arte si crea da sola, appare e basta.
    Un abbraccio Olga,

    RispondiElimina

⚠️Gradisco commenti e critiche per la crescita del blog.
Generalmente rispondo ai commenti,ma seguendo parecchi blog non sempre ci riesco.
OLga 😻