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25 feb 2021

La cipolla

cipolla rossa di Cavasso Nuovo


di Enos Costantini
In friulano la cevòle è la cipolla, la ceve è lo scalogno e con sutìle si intende l’erba cipollina. In ogni caso si tratta di piante che sono state raccolte per millenni quando l’uomo era cacciatore-raccoglitore.
La culla della cipolla è il lontano Turkestan, da lì è migrata nella Mezzaluna Fertile e poi in Egitto dove dei bassorilievi la documentano nel 2300 a.C. È sicuramente nel bacino del Mediterraneo che questa specie, selezionata da diverse genti in diversi luoghi, ha potuto esprimere tutte le sue potenzialità manifestando grande polimorfia e vivace policromia.
Gli antichi Greci e gli antichi Romani ne conoscevano parecchie varietà alle quali assegnavano spesso nomi geografici, non per moda, ma per indicarne il luogo di origine o le località particolarmente vocate alla sua coltura.
A differenza degli altri ortaggi ha una certa durata nel tempo e, quindi, poteva servire a pagare decime e affitti. In effetti nel 1260 alcuni villaggi del basso Tagliamento dovevano corrispondere un centinaio di cipolle all’Abbazia di Sesto e, in mancanza di cipolle, potevano pagare con aglio. Nel 1310 il capitano di Udine riscuoteva lo stesso quantitativo per un’azienda che aveva a Morsano delle Oche, nei cui pressi vi è il villaggio di San Paolo all’epoca noto come San Pauli de lis cevolis.
Nel 1501, sempre nella Bassa, si registrò un gravissimo fatto di cronaca nera quando Antonio Ghitussi da Roveredo di Varmo fu accusato di un atroce delitto, cioè di avere rubato due sacchi di cipolle a un certo Giovanni di Madrisio.
A Cervignano si teneva la sagra del Redentore, detta anche “della cipolla”, che cadeva la terza domenica di luglio e durava tre giorni. In tale occasione arrivavano i barconi di Chioggia carichi di questo ortaggio.
Nella nostra regione si è registrato un aumento di produzione dal 1950 al 1979, quando si è passati da 2.500 quintali a 20.000 quintali su 166 ettari a cui è seguito un crollo, tanto che nel 1983 vi erano a malapena 4 ettari. Ora siamo sui 18 ettari, quanto basta per qualche terrina di fagioli con cipolla, piatto rustico e salutare che non produce gas a effetto serra, bensì un innocuo gas per l’incolpevole lacrima dell’autentico gastronomo.
da Vita nei campi

7 commenti:

⚠️Gradisco commenti e critiche per la crescita del blog.
Generalmente rispondo ai commenti,ma seguendo parecchi blog non sempre ci riesco.
OLga 😻

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