Avere oggi 80 anni di vita ha una qualche particolare
valenza, in particolare se questa considerevole somma
di anni, mesi, giorni e ore di vita è stata vissuta all’insegna di una missione, di una vocazione tesa al servizio
degli altri, del prossimo e del lontano, del buono e del
cattivo, del bello e del brutto.
Quella sacerdotale non è una professione, è, o dovrebbe essere, un modo di vita che, ben piantato nel
concreto e nel presente, si spinge nel trascendente,
in «ciò che è superiore ad ogni altro, in ciò che è al di
sopra dell’esperienza sensibile e della percezione fisica
umana, in ciò che porta al Divino». Una premessa per
richiamare l’attenzione all’ottantesimo compleanno di
mons. Marino Qualizza. I suoi studi, il suo insegnamento, la sua opera pastorale, il suo servizio religioso hanno
lasciato segni tangibili; il suo impegno nel riaffermare
i valori religiosi, culturali e linguistici del mondo fisico,
culturale e sociale a cui appartiene, divengono un patrimonio cui ognuno può attingere.
Anche rileggendo gli scritti raccolti nel libro appena
pubblicato, «Benečija naš dom», un volume antologico
dei suoi contributi al periodico Dom di cui è direttore
responsabile.Giustamente il suo ottantesimo compleanno è stato
una celebrazione eucaristica tra la sua gente, la comunità slovena della Benečija, ed è stata la mensa eucaristica, nella chiesa di Špietar-S. Pietro al Natisone, a simboleggiare il pranzo di gala.
Non mi dilungherei nel riproporre i diversi interventi tesi a ribadire il senso di riconoscenza al festeggiato.
Va dato un certo risalto alle considerazioni espresse da
Dejan Valentinčič, segretario di Stato del ministero per
gli Sloveni d’oltreconfine e nel mondo. Le sue parole
indicano quanto e come il governo sloveno segua ed
interpreti le condizioni delle popolazioni etnicamente
contermini.
«Mi sento onorato – ha detto il viceministro – di portare gli auguri e il grazie da parte della Repubblica di
Slovenia a mons. Marino Qualizza, per tutto il lavoro
fatto. Egli è un’autentica autorità, apprezzato, rispettato non solo dal punto di vista religioso ma anche per la
sua profonda conoscenza della storia della Benečija e
per la sua saggezza. Le popolazioni della Benečija, del
Posočje (Isontino) – luogo da cui io stesso provengo – e
di Lubiana sono della stessa lingua, delle stesse radici, quindi della medesima anima. Oggi in Benečija c’è
meno gente che parla lo sloveno, tuttavia coloro che
hanno a cuore la lingua slovena sono, per citare il Vangelo, lievito e sale di queste valli. Non riesco a immaginarmi la Benečija priva della parlata slovena, perché
perderebbe la propria fisionomia. Mons. Gujon scrisse
tempo fa che la scuola bilingue ha sostituito l’opera dei
sacerdoti per la lingua e la cultura locale, tuttavia rivestono un ruolo importante sia la messa che la catechesi
nel mantenimento e nello sviluppo degli stessi valori.
Scuola, messa e catechismo sono una necessità in
solido. D’altronde è evidente, oltre a ciò, l’importanza
dell’economia. La gente rimarrà qui solo se potrà guadagnarsi il pane dove vive. Affinché ciò possa avvenire
è lavoro imprescindibile sia per noi, della Repubblica
di Slovenia, che ci curiamo degli sloveni confinanti, sia
delle autorità in Italia. D’altronde abbiamo molti esempi di località poste ai confini, che si sono ravvivate, divenute economicamente più forti proprio per le loro
caratteristiche plurilinguistiche e multiculturali radicate sul territorio. Dobbiamo lavorare affinché questo
risveglio possa attuarsi anche qui in Benečija attraverso una forte collaborazione col vicino territorio isontino-Posočje».
Ho voluto tradurre quanto più fedelmente possibile il breve intervento del rappresentante del governo
sloveno, affinché possa essere conosciuto anche da
coloro che non hanno particolare dimestichezza con
lo sloveno.
Evidenti appaiono le parole chiave di questo saluto,
come a corollario e riconoscimento dell’esempio di
mons. Qualizza. Non è il solo. La scuola bilingue ha un
ruolo fondamentale, ma altrettanto fondamentali per
il recupero dell’identità individuale e di gruppo sono
l’insegnamento della fede dei padri e la relativa pratica
religiosa. Ancora una volta si ribadisce questa necessità
della compenetrazione di lingua e fede.
Dal punto di vista economico si vuole prospettare la
valorizzazione proprio dell’identità culturale e linguistica come strumento di promozione globale della gente
in sé e del territorio come entità geograficamente definita. Non ci potrà essere vero sviluppo senza una forte
coesione nell’identità di gruppo. Questo è il messaggio.
E, a quanto pare, la presenza dei sindaci alla celebrazione dell’ottantesimo di mons. Qualizza, appare come un
primo passo, promettente, in questa direzione.
Riccardo Ruttar (Dom, 31. 10. 2020)
da Slovit del 31 ottobre
Una vita spesa bene.
RispondiEliminaCiao OLga.
Vivere bene! Buona domenica, Olga!
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