DA VITA NEI CAMPI FB
di Roberto Zottar
La jota è uno dei piatti tipici della regione ed è anche terreno di scontro della competizione ‘culturale’ tra friulani e triestini che ne reclamano la paternità. Sto parlando di una minestra oggi principalmente a base di fagioli e patate che a seconda delle località si declina con l’aggiunta di capuzi garbi, cioè crauti a Trieste, o con l’impiego di brovada in Friuli, o anche con erbe o zucca in Carnia, o con farina di polenta o orzo, e viene insaporita con musèt, cotechino, o costine, cotenna o altra carne di maiale, affumicata e non, semi di kümmel. Dal sapiente diverso equilibrio tra tutti questi ingredienti nascono quindi le numerose varianti di jota carnica, della val Pesarina, goriziana, carsolina, bisiaca, triestina.
‘fa uno buino iottho’ è la prima citazione di jota in Friuli che risale al 1432 nei quaderni dei Battuti di Cividale e il termine jota potrebbe derivare dal tardo latino jutta “brodaglia, beverone”, forse di origine celtica. La ricerca della paternità della vera jota può essere fuorviante, rispetto al valore di un patrimonio culinario che attraversa la storia e le tradizioni delle tante culture che arricchiscono il mosaico di lingue e di popoli costituito dalla nostra regione. Direi che tutte le jote sono ‘vere’ e al giorno d’oggi quasi tutte prevedono fagioli e patate e magari farina di mais anche se nel medioevo, come affermava Piero Adami, erano probabilmente a base di fave. E se la jota triestina “classica” non è diversa da quella istriana, sempre con fagioli, patate, capuzi garbi e costine di maiale, la jota goriziana è simile a certe jote carniche con repa, cioè brovada.
In Friuli la jota è sempre stata considerata una pietanza di ripiego tanto che si diceva Se à di vanzâ, che vanzi la jote, cioè se deve avanzare qualcosa che avanzi jota. E le ragazze carniche cantavano simpri jote, simpri jote e mai polente e lat, simpri jerbis, simpri jerbis e mai un biel fantat (sempre jota sempre jota e mai polenta e latte, sempre erbe sempre erbe e mai un bel giovanotto). A Trieste invece questa minestra è uno dei simboli culinari e identitari della città. C’è perfino un curioso ricettario triestino dal titolo “Jota continua”. E forse per evitare di schierarsi tra triestini e friulani, gli autori hanno pubblicato anche un altro ricettario dal titolo “Frichissimo”!.
Per realizzare una jota triestina, fate cuocere in acqua 250g di fagioli, 250 g di patate, costine di maiale o un osso di prosciutto, sale e pepe. Passate poi metà dei fagioli e patate per dare cremosità alla minestra. A parte fate cuocete in acqua 250 g di crauti e una volta cotti aggiungeteli alla minestra insieme ad un soffritto bruno di farina.
Buon Appetito!
Sono minestre superbe e adattissime alla stagione. Grazie, annoto la ricetta.
RispondiEliminasinforosa
Mi piace la zuppa. Cucino sempre.
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