Lo scorso 24 luglio il progetto, finanziato ai sensi dell’articolo 19 della legge regionale 26/2007 sull’uso della lingua slovena nella Pubblica amministrazione, è stato presentato nell’ex scuola di Stregna. Durante la serata, oltre al sindaco Luca Postregna e alla senatrice Rojc, sono intervenuti anche il presidente dell’Istituto per la cultura slovena Giorgio Banchig, l’architetto Luca di Giusto, Mattia Simoncig e Susanna Loszach che cureranno la ricerca, coordinando fonti d’archivio e interviste a testimoni qualificati.
Rojc, introducendo la serata, ha fatto un excursus sulla legislazione di tutela della comunità linguistica in Italia. Richiamando i principi costituzionali (e dunque gli articoli 3 e 6) alla base della tutela, la senatrice si è soffermata sulle tappe che hanno portato alla, travagliata, approvazione delle leggi 482/99 e 38/2001, sulla base delle quale la Regione ha poi approvato la legge 26/2007.
Fra le tappe più importanti del lungo percorso che ha portato alla tutela della minoranza linguistica slovena, Rojc ha voluto citare anche l’attività dell’associazione per la difesa delle lingue minoritarie, il saggio di Sergio Salvi “le Lingue tagliate” e il convegno del 1975 (organizzato da Antonio Piromalli) sul tema del “dialetto a scuola” cui partecipò Pier Paolo Pasolini. Il suo intervento “Volgar’eloquio” successivamente pubblicato, è conosciuto come l’ultimo intervento pubblico dello scrittore.
Infine, ribadendo l’importanza sociale e culturale dei progetti come quello presentato Rojc, ha affermato che “Stato e Regione hanno il dovere di prestare maggiore attenzione alla realtà della Benečija e della val Resia”.
Quello dei microtoponimi e dei nomi di casa o famiglia è ad oggi, nel campo della ricerca storica, un territorio pressoché inesplorato, ha affermato Giorgio Banchig. Eppure, secondo il presidente dell’Istituto per la cultura slovena, “costituiscono una fonte di inestimabile valore”. Innanzitutto per la ricerca stessa, ad esempio per leggere correttamente i documenti scritti pervenuti fino ai giorni nostri (curioso l’aneddoto con cui Banchig ha svelato di aver riconosciuto, grazie al toponimo Saltina citato in un documento del 1401, il paese di Spignon negli atti di un processo per omicidio della Banca di Antro). Ma anche come testimonianza della civiltà delle Valli del Natisone che per generazioni ha saputo plasmarne il paesaggio. “Questo studio rappresenta un collegamento con le generazioni che ci hanno preceduto, che ci hanno lasciato questo territorio che fa parte della nostra identità. Lo hanno battezzato e trasformato a loro immagine nella loro lingua”. Ha concluso Banchig.
Fra gli obiettivi del progetto, oltre a quello affettivo e storico, ha poi aggiunto Postregna, c’è anche quello promozionale. A questo proposito ha affermato Luca di Giusto: “È fondamentale che finalmente le amministrazioni si sono messe assieme per creare una rete”. Il percorso di recupero del paesaggio e quindi anche microtoponimi e nomi di case e famiglie “nelle migliaia di chilometri di mobilità lenta” del territorio quindi, secondo l’architetto costituiscono un investimento sul futuro delle Valli del Natisone.
Molte radici se qualcuno non provvede a annaffiarle finiscono per seccarsi trascinandosi dietro l'albero.
RispondiEliminaAssolutamente vero!
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