👉📘 Blog che parla del Friuli: in particolare delle minoranze linguistiche slovena,friulana e tedesca e non solo. ❤️ Sono figlia di madre slovena (Ljubljana) e di padre appartenente alla minoranza slovena della provincia di Udine (Benecia).Conosco abbastanza bene la lingua slovena.Sono orgogliosa delle mie origini.OLga (◕‿◕ 🖥️
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23 ago 2021
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SIRO ANGELI a 30 anni dalla morte
Siro Angeli (Cavazzo Carnico, 27 settembre 1913 – Tolmezzo, 22 agosto 1991) è stato un poeta, drammaturgo e sceneggiatore italiano.
La sua formazione culturale risentì degli influssi di alcune tra le principali correnti letterarie del Novecento, quali il crepuscolarismo e l'ermetismo. Frequentò il ginnasio-liceo "Jacopo Stellini" di Udine, e in seguito fu ammesso alla Scuola Normale Superiore di Pisa dove fu allievo di Attilio Momigliano e Luigi Russo, con il quale si laureò nel 1939 con una tesi sul teatro di Agnolo Fiorenzuola. Nel corso degli anni Trenta conobbe e strinse amicizia con i poeti Giorgio Caproni e Alfonso Gatto, con il pittore Renato Guttuso e con il figlio di Luigi Pirandello, Stefano.
Nel 1937 debuttò come poeta con la raccolta Il fiume va che fu recensita favorevolmente da Diego Valeri, contemporaneamente mise il scena il suo primo dramma teatrale, La casa, che costituì il primo tassello della cosiddetta “Trilogia carnica” che sarà completata da Mio fratello il ciliegio e Dentro di noi. La sua attività di drammaturgo fu apprezzata da Silvio d'Amico, che nel secondo dopoguerra lo chiamò a collaborare alla realizzazione dell'Enciclopedia dello Spettacolo. Di ritorno dalla guerra, combattuta in Russia, sposò Liliana Guidotti, da cui ebbe il figlio Glauco. Dal 1945 visse a Roma. Alla morte della moglie (1953) entrò in Rai come funzionario dei servizi di prosa radiofonici del terzo programma, passando in seguito a Radio 1 come vice-direttore, incarico che ricoprì fino al 1977.
A partire dagli anni Sessanta intensificò la sua produzione poetica, particolarmente apprezzata dalla critica in quanto Angeli seppe coniugare la rigorosa tradizione classica e umanistica, che costituiva una parte fondamentale della sua formazione culturale, ad un profondo interesse per correnti che caratterizzarono la poesia italiana del Novecento, prima fra tutte l'ermetismo. Nel 1976 vinse il Premio Nazionale Letterario Pisa per la sezione Poesia.[1]
Nel 1981 recitò la parte di Barbe Zef, nel discusso sceneggiato diretto da Vittorio Cottafavi e tratto dall'omonimo racconto di Paola Drigo. Sposò in seconde nozze la poetessa Alida Airaghi, da cui ebbe due figlie, Daria e Silvia. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Zurigo. Morì il 22 agosto del 1991 all'ospedale di Tolmezzo, colpito da un ictus, mentre trascorreva un periodo di riposo nel natìo borgo di Cesclans, dov'è tuttora sepolto.
MATIA MOU
NAUFRAGIO
Trascinarsi randagio
dall’uno all’altro pasto
non abolisce il giorno,
non ferma nei precordi
il bisturi che affonda;
e adesso, a notte, intorno
al guanciale che mordi
il letto è così vasto
dall’una all’altra sponda
che certo è il tuo naufragio.
20 ago 2021
Armenia: centinaia di bambini adottati illegalmente
Medici e personale sanitario che facevano pressioni affinché delle partorienti abbandonassero i loro figli. Per poi immetterli nel mercato delle adozioni illegali. Molti di questi bimbi sono finiti in Italia
Nel 2019 in Armenia è stato scoperto un sistema di adozioni illegali. Molte donne vulnerabili sono state persuase dai propri medici a rinunciare ai propri figli, che in seguito sono stati adottati da stranieri. Oggi molte donne cercano quei bambini.
“Avevo 17 anni quando ho capito di essere incinta. All'inizio avevo paura, io e il mio ragazzo non avevamo nemmeno intenzione di sposarci, figuriamoci avere figli. Poi ho iniziato a pensare a che cosa fare”, racconta Alina, 25 anni (nome modificato su richiesta della donna).
Alina, che aveva appena iniziato l'università, si consultò con il suo ragazzo e decise di abortire.
“Il mio ragazzo, tramite un conoscente, ha trovato un medico disposto a eseguire l'aborto, ma quando sono andata a fare gli esami si è scoperto che il feto era già grande, c'era il pericolo che se avessi abortito non avrei potuto avere altri figli. Sono rimasta scioccata e mi sono rassegnata al fatto che sarei diventata mamma”.
Alina, con grande difficoltà, raccontò a sua madre della gravidanza, poi lo scoprì anche suo padre, che parlò con il suo ragazzo senza raggiungere un accordo.
“Mio padre ha chiesto al mio ragazzo di sposarmi, di riconoscere la paternità del bambino. Lui non ha fatto nessuna delle due cose, ma questa è un'altra storia. Il mio medico, che era a conoscenza della mia situazione, ha suggerito più volte che il mio bambino potesse nascere con dei problemi e mi ha suggerito di darlo in adozione dopo la nascita. Disse: "Sei una ragazzina, come farai ad allevare un bambino malato da sola?". Ci ho pensato a lungo, ma non ho fatto quel passo”.
Oggi Alina sta crescendo suo figlio da sola. Non si pente di aver ignorato i suggerimenti del dottore.
“Il mio bambino è davvero nato con alcuni problemi, ma oggi quei problemi sono già alle nostre spalle. Immagino che se allora avessi rinunciato a lui sarei impazzita”.
Perdere un figlio
“Avevo 25 anni quando è nato il mio secondo figlio. Mi è stato detto che aveva un difetto congenito. Mi hanno spiegato che sarebbe stato meglio per lui rimanere in terapia intensiva, quindi l'ho lasciato lì”, racconta una donna, ora ventinovenne, che ha visto il suo bambino solo per pochi minuti. Quando è stata dimessa, il bambino è stato portato in un centro di assistenza e poi adottato.
“È stato portato all'estero. Ne ho perso le tracce. Non so che cosa gli sia successo. Anni dopo, quando ripenso a quel giorno, mi rendo conto che i miei sentimenti, il parto difficile e la depressione che ne è seguita non mi hanno fatto pensare con lucidità e ho preso la decisione sbagliata”.
La donna racconta che era al primo mese di gravidanza quando ha divorziato dal marito. Ha avuto una gravidanza difficile, problemi psicologici. Alle preoccupazioni sul futuro da madre single con due figli si sommavano i problemi economici.
“Il mio medico era consapevole del mio stato e dei miei sentimenti. Sapeva che avevo problemi economici, sapeva che non potevo prendermi cura di un bambino malato. Sapeva tutto e mi ha convinto a rinunciare a mio figlio”.
Oggi la donna è convinta che dietro i consigli del dottore ci fosse una strategia precisa.
Adozioni illegali
Il 14 novembre 2019, il Servizio di sicurezza nazionale (NSS) armeno ha rilasciato un comunicato nel quale si afferma che tra il 2016 e il 2018 in Armenia si sono verificate numerose adozioni illegali da parte di stranieri.
Secondo l'NSS, due cittadini armeni hanno utilizzato i propri contatti in reparti maternità e orfanotrofi per organizzare l'adozione di oltre 30 bambini da parte di cittadini italiani, in palese violazione delle leggi armene.
Anche la polizia armena ha rilasciato una dichiarazione su precedenti casi di adozioni illegali. In particolare, si afferma che nel 2009 alcuni funzionari hanno utilizzato la dichiarazione scritta di un parente di un bambino che risiedeva in orfanotrofio per negarne l’affidamento e consentirne l'adozione. Il parente del bambino ha però spiegato di non aver mai firmato tale dichiarazione né alcun documento di rinuncia al bambino.
In questa inchiesta la polizia armena ha collaborato con le forze dell'ordine di diversi paesi stranieri.
Negli ultimi anni sono stati avviati diversi procedimenti penali per adozioni illegali. In questi processi è emerso che, a partire dal novembre 2005, si sono verificati trasferimenti di denaro da parte di società di adozione straniere, dei loro dipendenti e degli aspiranti genitori adottivi a propri rappresentanti in Armenia.
Tra il 2005 e il 2019 sarebbero stati trasferiti in Armenia nel quadro dell’adozione illegale di 114 bambini almeno 1.800.000 euro. I processi sono ancora in corso e nelle loro fasi iniziali.https://www.balcanicaucaso.org/aree/Armenia/Armenia-centinaia-di-bambini-adottati-illegalmente-212339?fbclid=IwAR3BbGt6LGCHoRpxGtSfORabClzp-ztuFfYymL9JTINEp4j9gJf0srmcpZs
19 ago 2021
18 ago 2021
Perché il nonno riusciva ad utilizzare insulti così originali? Ricordi di famiglia ci portano nel mondo della lingua slovena
Edvard Cucek
Mio nonno era sloveno “costiero”. Oggi li chiamano così. A lui piaceva dirsi semplicemente istriano. Era originario di Postumia. 4 ore a piedi da Tergest’, come scherzava con noi nipoti tanti anni fa. Da giovane insieme alla sua numerosa famiglia finì in Bosnia.
Aveva un senso dell’umorismo particolare. Punzecchiava in modo originale rischiando sempre di non essere compreso “dai locali” in quanto utilizzava una lingua che non era sua. Bilingue dalla nascita (parlava sloveno e italiano) il serbo-croato lo aveva imparato solo nella sua “nuova patria”.
I ricordi sono sempre più vaghi e sbiadiscono però il fatto che ci prendesse in giro in tutti i modi e che noi nipotini non eravamo mai certi se quello che ci raccontava, ci chiedeva o altro era una presa in giro, è un segno indelebile rimasto impresso nella nostra memoria familiare. Come con noi, spesso scherzava anche con la nonna: inventandosi qualche parolaccia, qualche “bestemmia leggera” oppure malediceva in un modo tutto suo. Era palese a chiunque che, nonostante i tanti anni trascorsi in Bosnia, non fosse nato lì. Quando la nonna infuriata lo rimproverava di smettere con i suoi “modi sloveni di maledire” lui ribatteva: “Ci avete insegnato voi (serbi, croati e bosniaci intendeva, nda) a dire le brutte parole. Noi non le abbiamo mai avute”. E lo diceva con lo sguardo da birichino.
Da quegli anni nasce il mio desiderio, mai esaudito, di imparare lo sloveno.
L’inno sloveno
Recentemente mi ha invogliato di nuovo una notizia del marzo di quest’anno. Zdravljica (in italiano “Brindisi”), la poesia di cui la settima strofa dal 1991 (l’anno della dichiarazione dell’indipendenza della Repubblica di Slovenia) costituisce ufficialmente l’inno sloveno, è stata proclamata dalla Commissione europea patrimonio europeo .
Il che significa che - indirettamente - anche l’inno sloveno da quella data è patrimonio di tutti gli europei .
Questa poesia, scritta da France Prešern nel 1844, mi incuriosisce molto perché sottolinea l’appartenenza ad un popolo, non grande e poco conosciuto agli stessi europei, senza però glorificare il nazionalismo. Anzi, orgogliosamente ribadisce l’apertura verso i popoli fraterni.
Non per caso nella settima strofa, scelta per l’inno nazionale, non c’è nessun richiamo a radici, nazione o senso di appartenenza. Soltanto un desiderio universale di pace, fratellanza e convivenza. Tra gli inni che conosco quello sloveno è unico e bellissimo. Più un’ode all’umanità che un inno nazionale.
Vivano tutti i popoli
che anelano al giorno
in cui la discordia verrà bandita dal mondo
ed in cui ogni nostro connazionale
sarà libero
ed in cui il vicino
non un diavolo, ma sarà un amico
Standardizzazione della lingua e le prime traduzioni di opere in lingua slovena
Oggi come pioniere che ha posato le basi della lingua slovena letteraria e standardizzata si considera Primož Trubar, con diverse opere e traduzioni, pubblicate dal 1550 al 1564, l’anno in cui tradusse anche il Nuovo Testamento della Bibbia. La prima grammatica slovena esce già nel 1584, redatta da Adam Bohorić.
Gli sloveni vantano anche di aver avuto, primi tra i popoli slavi, l’intera Bibbia tradotta nella loro lingua sin dal 1584: fu la straordinaria opera di Jurij Dalmatin. In lingua croata ad esempio la Bibbia si potrà leggere soltanto dal 1831 tradotta dal francescano Petar Katančić e tra i serbi e in alfabeto cirillico ancora più tardi (nel 1847 Vuk Karadžić- Vecchio Testamento e nel 1865 Djura Daničić- Nuovo Testamento).
Considerando che all’epoca della nascita della lingua slovena moderna l’alfabetizzazione tra i popoli si diffondeva proprio tramite testi religiosi il fatto di essere la dodicesima lingua del mondo in cui la Sacra Scrittura è stata tradotta rende veramente onore a questo popolo alpino. Oltre ad occuparsi di letteratura religiosa i traduttori e letterati sloveni - in questo caso devo nominare Jeronim Megiser - hanno permesso ai connazionali di avere i primi dizionari di altre lingue europee, come quello tedesco-latino-italiano-sloveno del medesimo autore pubblicato addirittura nel lontano 1592.
I dialetti e le università
Lo sloveno è una lingua europea parlata - tra i residenti in Slovenia e le comunità slovene nei paesi confinanti, oltre alla diaspora - da non più di 2,3 milioni di persone. Nonostante questi numeri esigui ha 46 dialetti, riconosciuti e vivi derivanti da otto gruppi dialettali, ciascuno con particolari caratteristiche linguistiche.
Oggi chi lo desidera può studiare questa lingua in 25 paesi diversi, presso 45 istituti tra cui alcune università di prestigio come quella nella città austriaca di Graz dove una cattedra per la lingua slovene esiste già dal 1811.
In Italia è possibile studiare sloveno presso le università di Padova e Napoli. In alcune università non in territorio sloveno era possibile studiare sloveno quando lo sloveno nella Slovenia occupata dai nazi-fascisti era proibito. Mentre per esempio nell’odierna provincia del Südtirol/Alto Adige durante il ventennio fascista era vietato l’insegnamento del tedesco, agli sloveni i fascisti proibirono anche di usare la loro madre lingua in pubblico.
Il nonno e le maledizioni
Tornando al nonno: modalità di maledire e di insultare radicate in tutta la ex-Jugoslavia da secoli (Bosnia, Croazia, Serbia e Montenegro) sono entrate nell’uso quotidiano tra gli sloveni soltanto all’inizio del 20mo secolo.
Ma tutt’oggi resistono anche dei modi tradizionali sloveni di maledire, ben distinguibili da tutti gli altri. Alcuni esempi - che riportiamo qui sotto nella loro versione originale e tradotti in italiano - fanno pensare agli sloveni come ad un popolo incapace di voler male.
Kršćen Matiček - Matteo battezzato.
Stotinu kosmatih medvedov - Cento orsi pelosi.
Naj te koklja brcne - Che la gallina ti becchi
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Slovenia/Mio-nonno-e-lo-sloveno-203331
16 ago 2021
La celebrazione di Maria nella Divina Commedia
La presenza della Vergine nel capolavoro di Dante, di cui ricorrono i settecento anni dalla morte.
ECCO LE STROFE ORIGINALI
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!»
https://www.papaboys.org/linvocazione-meravigliosa-a-maria-di-dante-alighieri-che-non-conoscevi/
https://www.retesicomoro.it/celebrazione-maria-divina-commedia/
Nel testo Dalla selva del peccato alla visione di Cristo. La presenza di Maria nella Divina Commedia, padre Giuseppe Oddone, consulente ecclesiastico nazionale dell’UCIIM (Unione cattolica italiana di insegnanti, dirigenti, educatori e formatori), propone un percorso sull’importanza della Vergine nel capolavoro di Dante, di cui quest’anno ricorrono i settecento anni dalla sua morte. L’opera poetica propone infatti una celebrazione, sotterranea e nascosta nell’Inferno, solare e luminosa nel Purgatorio e nel Paradiso, della Donna del cielo.
La Madonna è un elemento vitale della creazione dantesca. Tutto il viaggio dalla selva del peccato, in cui il poeta si è smarrito, fino alla visione del mistero di Dio, ha come un filo nascosto, un’aurea catena che collega la vicenda umana e quella cristiana: è l’intercessione della Vergine Maria che suscita la misericordia del Signore e salva Dante dalla perdizione e lo porta alla salvezza, in un cammino che è utile anche per ognuno di noi.
Afghanistan: che ne sarà delle donne?
I talebani sono entrati a Kabul. Che ne sarà delle donne con il loro ritorno? Chiediamoci cosa abbiamo fatto e se era inevitabile lasciare un popolo in balia dell'estremismo islamico. Chiediamoci se i progressi fatti dalle ragazze afghane tornate a scuole e al lavoro sono destinati a svanire. Chiediamoci soprattutto se subire tutto quanto sta avvenendo con rassegnata impotenza o se ci sono iniziative politiche da intraprendere, visto che l'opzione militare è stata abbandonata.
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Fino all’indipendenza, raggiunta nel 1991, questo giorno veniva definito “Giorno del Fronte di Liberazione” ( Dan osvobodilne fronte-OF )....