31 gen 2021

stalattiti di ghiaccio

 

foto di Suzana Pertot
valli del Natisone

Un documentario sul santuario di Resia


Breve video-documentario sulla storia della Chiesa di Santa Maria Assunta, ora Chiesa Parrocchiale/Santuario, sita nel capoluogo Prato e che ospita la statua lignea dorata della Madonna di Resia, scolpita nel 1525 da Giacomo Martini. Chiesa molto cara a tutta la comunità


Nell’ottica della valorizzazione turistica delle peculiarità della comunità resiana, l’Ecomuseo Val Resia, dopo vari filmati in cui si presentavano i contenuti e le attività dei musei della valle, ha realizzato anche un video-documentario che illustra il Santuario di Santa Maria in Prato di Resia/Ravanca. Questo video, proposto sul canale YouTube dell’Ecomuseo e realizzato con la collaborazione della Parrocchia- Santuario di Santa Maria Assunta, ha l’intento di far conoscere la storia del sacro edificio invitando a visitarlo e a «leggerlo» con maggior consapevolezza.

Il filmato sull’antica chiesa plebanale della Val Resia illustra, oltre l’architettura della stessa, le molte opere d’arte in essa contenuta. In particolare si possono ammirare alcune preziose pale d’altare e otto statue, due marmoree e ben sei lignee. Tra queste ultime la più antica e la più importante è la statua della Madonna Assunta, scolpita nel 1535 da Giacomo Martini.

Questa visita virtuale propone, inoltre, un viaggio alla scoperta della devozione e della volontà di una comunità che nei secoli, con molta tenacia e fatica, ha reso questo santuario un gioiello artistico nel cuore di Resia. Infatti, questa chiesa, molto cara a tutta la comunità valligiana, è stata anche meta di pellegrinaggi votivi provenienti da diversi comuni limitrofi tra cui Venzone, Resiutta, Chiusaforte, Dogna, Moggio Udinese e Amaro già a partire dal 1467.

Non a caso il filmato è stato pubblicato per la prima volta il 20 gennaio, giorno in cui si celebra San Sebastiano, uno dei due santi collocati sull’altare maggiore della chiesa. A questo santo, come pure a San Rocco, i fedeli da secoli si rivolgono per invocare la protezione contro le epidemie.

Oggi, la chiesa-santuario rappresenta, tra l’altro, anche l’ottava tappa del Cammino Celeste/Iter Aquileiense, un itinerario di pellegrinaggio lungo 200 km attraverso strade e sentieri di montagna che, partendo dal santuario di Barbana o dalla basilica di Aquileia, conduce al Monte Lussari/ Svete Višarje diramandosi poi con altri due percorsi verso il santuario di Brezje in Slovenia e quello di Maria Sall/Gospa Sveta in Carinzia.

A ricordare questo, ben visibile all’esterno del santuario e anche dalla piazza principale del capoluogo di Resia, c’è la meridiana del Cammino Celeste realizzata e donata da Aurelio Pantanali nel 2019.

La realizzazione di questo video segue la stampa, avvenuta nel dicembre 2019, della guida al santuario di Resia Ta ravanška rumarska cirkuw po böžij poti/Il venerando santuario della Madonna Assunta di Resia lungo il Cammino celeste Iter Aquileiense – Štoria carkve anu racjuni po näs/Cenni storici e preghiere in resiano che venne realizzato dall’associazione culturale «Museo della gente della Val Resia» che ne curò i contenuti e fu interamente finanziata dell’associazione «don Eugenio Blanchini» di Cividale.

Tutti i filmati realizzati per l’Ecomuseo Val Resia da Christian Madotto sono visibili sul canale YouTube dell’Ecomuseo all’indirizzo ecomuseo val resia oppure direttamente alla pagina dedicata del sito. (Sandro Quaglia)

https://www.dom.it/ravansko-svetisce-v-dokumentarcu_un-documentario-sul-santuario-di-resia/



Citazione

 La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.

(Pietro Calamandrei)

30 gen 2021

Poesia di Kosovel

 


Poeti sloveni del Litorale

Tradotti da JOLKA MILIČ , Sežana 1926 – Sežana 2021
SREČKO KOSOVEL
Da ” Il mio canto – Moja pesem” a cura di/uredila Jolka Milič
Introduzione/ uvodni esej di Marija Pirjevec 2002
La vecchia dietro il villaggio
Bambini affamati giacciono sul fieno,
la bora infuria dietro l’abbaino
sotto la bassa e grigia fronte della casa -
la notte ha coperto la pianura.
Il più piccolo sogna: una patatina,
non una – ma una scodella piena. -
Dietro l’oscuro villaggio arranca in silenzio
la grigia e cenciosa Miseria.
Il secondo sogna: una patatina lessa
riscalda le manine infreddolite.-
Dietro le case cammina pian piano
sghignazzando gelidamente.
Il terzo, il quarto e il quinto e tutti -
mille e più – io non riesco a dormire.
Non ho nulla, ma ciò nonostante penso:
Tutto, oh, tutto, vi vorrei dare!
***
Il vento, il vento, fanciulla
Il vento, il vento, fanciulla,
scherza con i tuoi capelli,
il vento ti bacia sul collo
e sulla bianca fronte.
Il vento, il vento, amor mio,
gioca con te, con te,
tra noi due non c’è che il vento,
del resto siamo soli.
Siamo soli nella landa,
tra le rocce e i rovi.
Dammi un bacio, fanciulla,
non temere che qualcuno arrivi.

Notizia minima sul poeta
Srečko Kosovel, nasce a Sežana , il 18 marzo 1904.
Nel 1915 conclude la scuola elementare a Tomaj, dove la famiglia si era frattanto trasferita.
Dal 1915 al 1922 frequenta il ginnasio a Lubiana.
Nell’autunno del 1922 si iscrive alla facoltà di filosofia di quell’università .
Muore a Tomaj, il 27 maggio 1926.
fonte fb


Losloveno

29 gen 2021

Massimo Cacciari racconta Biagio Marin

immagine da wikipedia

 "Biagio Marin, un poeta di respiro europeo. Ma certamente influenzato dal rapporto con la sua terra, con Grado in particolare: d’altra parte città come Gorizia, Trieste, e il territorio che racchiudono sono da sempre un grande crocevia internazionale di culture, tradizioni, conflitti e soprattutto linguaggi". Parola del filosofo Massimo Cacciari, che di Biagio Marin custodisce un ricordo speciale legato agli incontri di fine anni Settanta, e alla confidenza a poco a poco acquisita con la “lingua” del grande autore gradese: "non semplicemente un dialetto, ma una rarefazione del linguaggio poetico". Proprio alla città di Marin e alla (ri)scoperta della sua straordinaria opera è dedicato il primo “Viaggio digitale” del format promosso da Fondazione Pordenonelegge insieme alla Regione Friuli Venezia Giulia e a PromoTurismoFVG: “Grado e l’azzurro vento di lontanìa di Biagio Marin” titola la breve ma intensa escursione in programma sabato 30 gennaio, dalle 10 su Facebook e Youtube di pordenonelegge - e successivamente sui canali di PromoTurismoFVG – nell’ambito del ciclo “Friuli Venezia Giulia terra di scrittori. Alla scoperta dei luoghi che li hanno ispirati”. Un progetto concepito per itinerari sul campo ma dalla primavera 2020 convertito in piccole full immersion online: per conservare il gusto del viaggio anche nei mesi di sospensione pandemica.


"Era già anziano, Biagio Marin, quando ci siamo conosciuti – spiega ancora Cacciari – eppure restituiva una sensazione di forza e “monumentalità”. Fu poeta coltissimo: aveva letto di tutto e con lui si poteva parlare dei presocratici e di Meister Eckhart, di Goethe, Novalis e Hölderlin. Nella sua poetica aleggia una compenetrazione ‘spinoziana’ della morte: una consapevolezza che aiuta a vivere ogni giorno nel pieno delle proprie forze, com’è evidente nelle poesie dedicate al figlio Falco. Così è anche per la sua lingua, che non è semplicemente il dialetto gradese, e non è la lingua della prosa: nei suoi versi confluisce quanto Marin aveva assimilato da altri linguaggi, da poeti di altre lingue, il risultato è del tutto peculiare, una lingua tutta sua, valorizzata da Pier Paolo Pasolini che volle inserirlo in una antologia poetica a inizio degli anni Cinquanta".

Con il nuovo viaggio digitale di Fondazione Pordenonelegge e PromoTurismoFVG ci addentreremo “per le stràe solesàe” di Marin: il dedalo natìo di calli e campielli dell’antico castrum, le basiliche, il battistero e il campanile accanto a quella che è oggi Piazza Biagio Marin, verso la panoramica “diga” sul Nord Adriatico e le distese sconfinate di sole e d’azzurro, la linea dell’orizzonte in cui si perdono cielo e mare, sino al banco sabbioso della Mula di Muggia. Ma Biagio Marin significa anche e soprattutto paesaggi ancestrali: le migliaia di terre emerse e barene della laguna, le silhouette dei casoni, i silenzi sospesi solcati dal volo dei gabbiani, i colori riflessi, la luce abbagliante del giorno e la dolcezza rasserenante dei tramonti. E poi il porto canale, gli spazi raccolti del rientro in paese: le barche e le reti dei pescatori che si allungano accanto alle imbarcazioni dei diportisti. La città antica, la spiaggia della Mitteleuropa che rende omaggio al poeta con il monumento per Biagio Marin nel Parco delle Rose: l’”isola d’oro” da cui si dipartono mille itinerari generati da quel "dosso di rena, lido stretto e falcato sul vertice di un delta, che un fiume di una volta ha dimenticato". Oggi è il Centro Studi Biagio Marin a custodire, valorizzare e perpetuare l’opera del grande autore gradese in cui, verso dopo verso, si specchiano la città e i suoi scenari.

Novità di questa nuova edizione, per ricordare il tema dell'accessibilità: i viaggi digitali saranno realizzati anche in LIS (Lingua Italiana dei segni). Gli itinerari si possono ritrovare sul canale Youtube di pordenonelegge e sul sito turismofvg.it

ttps://www.ilfriuli.it/articolo/cultura/massimo-cacciari-racconta-biagio-marin/6/235424

Tramonto in Benečija.

 

da https://ispirazionezero.tumblr.com/post/636338001675452416/from-dark-to-light

Vaccinarsi anche contro il tiranno Pil

 Dalla Liguria: «Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid 19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri (1. 11. 2020, ndr.) tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate» (tweet del presidente della Regione).

Dalla Lombardia: «Contributo che le Regioni danno al Pil, mobilità, densità abitativa e zone più colpite dal virus: sono questi i quattro parametri che il vice presidente e neo assessore al Welfare della Regione Lombardia avrebbe chiesto di tenere in considerazione per la ripartizione dei vaccini anti-Covid, con una lettera al commissario Arcuri».

Mi immagino cosa possano pensare, prevedere, temere, – magari an- che indignarsi? – le popolazioni delle periferie povere, scarnificate dall’emigrazione,debilitate dal numero di anni sopportati sull’ingobbito groppone, semiabbandonate ed escluse dai diritti essenziali… E penso anoi, popolo dei monti

e delle valli della Benecìa, da Prepotto a Tarvisio, sacrificato in ragione del proprio «pil» – scritto minuscolo perché ridicolo –, «ricco» di improduttività, di stato civile vedovo, anziano, pensionato, disoccupato, inabile, malato. Ma vale proprio la pena star dietro a gente che, osservata dal monocolo lombardo o ligure, – ma, perché no, anche dal Nordest, viste le tendenze – si presenta così magra di Pil, così pensionata, così priva di densità abitativa, così poco indispensabile allo sforzo produttivo?

Il detto monocolo – denaro e produttività – non è certo una invenzione recente, tutt’altro. Ha una storia millenaria, usato ed abusato dai potenti, da coloro che per la loro posizione dominante potevano disporre delle sorti dei più deboli. Sarà solo una leggenda tramandata dai tempi dell’antica Sparta, secondo cui gettandoli nel vuoto dalle rupi del monte Taigeto la società di allora si liberava del fardello dei bimbi disabili, non rispondenti ai canoni sanitari ed efficientistici d’allora. E qui mi si permetta un inciso: oggi non v’è la crudezza del gesto plateale da una rupe, ma succede che dei bimbi disabili, e anche semplicemente «bimbi», ce ne liberiamo ancora non nati. Ma torniamo al monocolo. Lo vedo sotto la scriminatura del ciuffo del Führer che discrimina dal suo bunker chi ha diritto di vivere o meno tra gli utili, finché tali e gli inutili; tra i razzisticamente puri e gli impuri. E non è che più vicino a noi, tra noi, quel triste monocolo non abbia orientato ed ancora orienti scelte politico-sociali altrettanto riprovevoli.

Chi, dunque, va salvato per primo, per chi si chiede platealmente la prioritaria vaccinazione? Chi merita di mettersi in fila tra i primi per il fatidico vaccino anti Covid? Torna sempre a galla la priorità del Pil, ciò che questa sigla rappresenta nella mente dei più: il prodotto, l’efficienza. Non come e a che prezzo umano il prodotto viene realizzato; non il fine ultimo del prodotto allo scopo del benessere comune; ma il prodotto in sé, come parametro dello sviluppo del genere umano.

Non voglio sprecare molte parole su questo argomento, ma mi rendo conto che il solo fatto che, oggi, – quando ci si riempie la bocca di buoni propositi, di attenzioni da dedicare ai più deboli, di responsabilità

dei gestori del bene pubblico verso tutte le componenti della comunità umana, verso tutte le fasce sociali indipendentemente dal censo, dal colore della pelle, dal credo religioso e politico e quant’altro – che oggi, ripeto, si spacci spudoratamente come credute legittime richieste di precedenze da dare ai territori e alle società più ricche ed opulente, vuol dire che ben poco rimane realmente del creduto progresso sociale, umano, culturale a cui l’umanità dovrebbe aspirare. Ho sentito, ascoltato in diretta con passione le parole di Joe Biden, il neoeletto presidente degli Stati Uniti, apprezzandolo come un potente e provvidenziale antivirus, antidoto all’epidemia globale diffusa con insensato impegno dal suo predecessore «The Donald». Se alle parole seguiranno scelte coraggiose e azioni concrete si potrà sperare in un effetto domino e in una certa immunità di gregge nei confronti dei nemici elencati da Biden: discriminazioni razziali, disuguaglianze, rancori, odi di classe, violenze, ingiustizie, violenze alla natura e al pianeta.

Ho ascoltato anche i propositi che il nostro primo ministro, Giuseppe Conte, ha elencato presentandosi alla Camera e al Senato, apprezzandone il richiamo al dovere di tutelare i deboli, le classi sociali svantaggiate e tra queste anche le minoranze linguistiche. Ci saremo anche noi, sloveni di periferia tra coloro che possono aspirare ad una qualche attenzione? Forse sì, ma sarebbe un clamoroso fiasco se proprio noi rimanessimo inerti nelle nostre istituzioni, nelle amministrazioni comunali e sovracomunali, nelle nostre scelte politiche autolesioniste e incapaci di gestire il territorio etnicamente tutelato per legge dello Stato (la 38-2001).

La domanda fatidica sta proprio qui: ammesso e concesso che vi siano mezzi finanziari straordinari a disposizione, sarà capace la nostra compagine amministrativa di progettare, proporre e sostenere degli interventi comuni per far non morire quanto resta della nostra comunità? A guardare come le somme a disposizione vengono sprecate senza dei progetti validi e prospetticamente produttivi verrebbe da dire: «Buog nam pomaj!».

https://www.dom.it/vaccinarsi-anche-contro-il-tiranno-pil_cepiti-se-moramo-tudi-proti-bdp-ki-nam-vlada/?fbclid=IwAR3pFQKJy_wkds0-Ed3RtSVHfcPqUnaaZ6HROgmwfUzea5vs3vlRDZ0kKm8

Rojc: aiuto europeisti ma resto nel Pd

 


 “In questa fase particolarmente complessa ho dato il mio aiuto tecnico alla costituzione di un gruppo europeista che contribuisca a rafforzare e stabilizzare un nuovo Governo. La mia iscrizione al gruppo Maie è stata concordata con il mio partito, cui resto iscritta e militante. Confido che questo atto possa dare una mano alla costruzione di una maggioranza solida all’altezza dei problemi enormi che il Paese sta affrontando. Confermo immutata l’attenzione al territorio del Friuli Venezia Giulia di cui sono espressione e in particolare alla minoranza slovena in Italia, che ho l’onore di rappresentare in Parlamento”. Lo ha dichiarato la senatrice Tatjana Rojc (Pd), dopo aver aderito al nuovo gruppo Europeisti-Maie-Centro-democratico. https://novimatajur.it/senza-categoria/rojc-aiuto-europeisti-ma-resto-nel-pd.html


I giorni della merla

 


I cosiddetti giorni della merla sono, secondo la tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio (29, 30 e 31) oppure gli ultimi due giorni di gennaio e il primo di febbraio. Sempre secondo la tradizione sarebbero i tre giorni più freddi dell'anno. Le statistiche meteorologiche disponibili dicono che dopo la prima decade di gennaio in realtà si osserva una tendenza all'aumento della temperatura 

 Un tempo i contadini del Friuli osservavano le condizioni meteorologiche dei tre giorni della merla e, sulla base di esse, facevano le previsioni sul tempo dei mesi di gennaio, febbraio e marzo. Se il 29 era molto freddo e soleggiato anche l'ormai passato gennaio, era stato per la maggior parte dei giorni freddo ma soleggiato, mentre se il 30 era piovoso e più mite, anche la maggior parte del mese di febbraio sarà piovoso e le temperature saranno più miti.

La leggenda, una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che lei uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni, la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di gennaio, che allora aveva solo ventotto giorni. L'ultimo giorno del mese, la merla, pensando di aver ingannato il cattivo gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio se ne risentì così tanto che chiese in prestito tre giorni a febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo, pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa della fuliggine del camino, e così essa rimase per sempre con le piume nere.

Sempre secondo la leggenda, se i giorni della merla sono freddi, la primavera sarà bella; se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.

da wikipedia

Forse invecchio-poesia di Sandro Penna

 

Uomini siamo


SANDRO PENNA

FORSE INVECCHIO

Forse invecchio, se ho fatto un lungo viaggio
sempre seduto, se nulla ho veduto
fuor che la pioggia, se uno stanco raggio
di vita silenziosa... (gli operai
pigliavano e lasciavano il mio treno,
portavano da un borgo a un dolce lago
il loro sonno coi loro utensili).
Quando giunsi nel letto anch’io gridai:
uomini siamo, più stanchi che vili.

(da Poesie, Garzanti, 1973)

.

È un momento di sconforto, di una leggera malinconia, quello che coglie il poeta Sandro Penna in questi nove endecasillabi: un viaggio in treno in un giorno piovoso senza spunti vivaci, senza altro che la stanchezza, una spossatezza di vivere che però è da imputare all’essere uomini e non a un qualche avvilimento: “Più comune degli altri, non so dove / muove il mio passo stanco, che non vuole / tale apparire a se stesso ed altrove”.

.

LILY FUREDI, "METROPOLITANA, 1934"

Sandro Penna (Perugia, 12 giugno 1906 – Roma, 21 gennaio 1977), poeta italiano. Con toni epigrammatici, le sue poesie esprimono spesso un’intenso desiderio sensoriale di vita talora malinconico e cantano l’amore omosessuale (“Poeta esclusivo d’amore”, si definì egli stesso).
da https://cantosirene.blogspot.com/2021/01/uomini-siamo.html

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Ivan Trinko

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  Il proverbio friulano della settimana di Vita nei campi “Quant che al cjante el furmiâr cirît sotet pes bestîs e pal cjar” ovvero quando c...

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