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Questo blog parla delle minoranze linguistiche del Friuli:SLOVENA,FRIULANA eTEDESCA,articoli dei giornali della minoranza slovena,degli usi,costumi,eventi e tanto altro.Buona lettura.OLga

antifascista

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12 mag 2020

Tutti i dialetti sloveni hanno caratteristiche comuni

cartina linguistica
viola sloveno-rosso friulano

A Udine il congresso del Circolo slavistico di Slovenia Col titolo «La slovenistica e la slavistica oltreconfine: Udine 2018» («Slovenistika in slavistika v zamejstvu: Viden 2018») si è svolto a Udine il congresso dello Slavistično društvo Slovenije, il Circolo slavistico di Slovenia. Si tratta della principale e più numerosa organizzazione di esperti nel campo della lingua slovena –insegnanti, ricercatori, lettori, traduttori e altri ancora. Gran parte del congresso è stata riservata alla presentazione e analisi della situazione dello sloveno e della più ampia situazione linguistica in provincia di Udine. Particolari sezioni sono state, così, dedicate allo sloveno e al patrimonio orale sloveno in provincia di Udine, alle lingue e letterature slave all’Università di Udine e all’insegnamento dello sloveno nelle scuole del Friuli Venezia Giulia. L’ultima giornata del congresso è stata riservata a un’escursione a Resia, dove i partecipanti, guidati da Luigia Negro e Matej Šekli, hanno potuto conoscere la locale realtà linguistica e culturale. Un plauso agli organizzatori va anche per l’appropriata inclusione del friulano, una lingua che già da molti secoli convive a contatto con lo sloveno, ma che molti abitanti della Slovenia non conoscono abbastanza. In una particolare sezione i ricercatori dell’Istituto per la lingua slovena Inštitut za slovenski jezik Frana Ramovša ZRC SAZU hanno presentato i dialetti dello sloveno parlati in provincia di Udine – Nataša Gliha Komac ha parlato del dialetto zegliano della Valcanale, Janoš Ježovnik del dialetto sloveno delle Valli del Torre, Danila Zuljan Kumar del dialetto sloveno delle Valli del Natisone; il dialetto sloveno resiano è stato presentato da Matej Šekli durante la già menzionata escursione. I relatori hanno, tra l’altro, toccato le circostanze storiche e sociali che fanno da sfondo all’attuale situazione dello sloveno in provincia di Udine, alla sua realtà linguistica contemporanea e alla sua vitalità. Hanno trattato, inoltre, le principali proprietà linguistiche dei singoli dialetti. Malgrado numerose differenze, tutti i dialetti elencati sono uniti da caratteristiche comuni: caratteristica di tutti sono ad esempio, i suoni «ie» e «uo» in parole come «lies» e «nuos». Così sono pronunciate anche dai parlanti di alcuni altri dialetti sloveni, per esempio nella valle dell’Isonzo e sul Carso, nonché nella Carinzia austriaca. In alcuni luoghi, ad esempio a Resia-Rezija, a Suetschach-Sveče e a Cerkno, «ie» e «uo» si sono evoluti in «i» e «u» – «lis», «nus». Per la maggior parte dei dialetti presentati è caratteristico un indebolimento della pronuncia del suono «g», cui si giunge in gran parte dello sloveno, dal momento che si parla così addirittura nei dintorni di Ljubljana! In alcune località il suono può sparire del tutto – a Stolvizza-Solbica o Lusevera-Bardo, ad esempio, si pronuncia «ora», a San Pietro-Špietar, Nova Gorica e Postojna «hora», a Ljubljana e Maribor, invece, «gora». Per la maggior parte dei dialetti sloveni del Natisone, del Torre e della Val Resia, similmente alle parlate slovene d’Istria, è caratteristica la «ć» morbida (ad esempio nelle parole «peć», «reći», «tić»), che la lingua slovena letteraria non conosce. Su tutti i dialetti un’impronta importante è stata lasciata anche dal contatto prolungato con altre lingue: il dialetto della Valcanale ha mutuato molte parole e caratteristiche dal tedesco, i dialetti di Resia, delle Valli del Torre e del Natisone, invece, dal friulano e dall’italiano. Le prospettive per il futuro dello sloveno sono, di certo, diverse: se nelle Valli del Natisone non sono così negative – il che è in gran parte merito della scuola bilingue di San Pietro al Natisone – e se in Valcanale si presentano prodromi d’insegnamento plurilingue, purtroppo sono ben lungi dall’essere sicure. Gli esperti sono stati concordi nel ritenere come, a riguardo, sia particolarmente importante un finanziamento stabile dell’insegnamento dello sloveno. All’assemblea generale i membri del circolo hanno votato quale nuovo presidente Matej Šekli, che nelle proprie ricerche si dedica, tra l’altro, al dialetto di Resia e delle Valli del Natisone. Nella parte ufficiale del congresso sono stati consegnati i riconoscimenti del Circolo slavistico di Slovenia per particolari risultati. A riceverli sono stati Viviana Gruden, per molti anni direttrice della scuola bilingue di San Pietro al Natisone; Bruna Balloch, maestra e raccoglitrice di storie in dialetto sloveno delle Valli del Torre; Marija Bidovec, professoressa e ricercatrice di letteratura slovena all’Università di Udine, e Roberto Dapit, ricercatore del patrimonio orale e dei dialetti sloveni di Resia e della Slavia Veneta, anche lui professore all’Università di Udine.
Janoš Ježovnik (Dom, 15. 10. 2018)
pubblicato su SLOVIT

Stanko Vraz primo studioso della musica resiana

1810- 1851

Stanko Vraz  è stato Il primo studioso che ha trascritto le canzoni in  dialetto resiano .E'stato amico e contemporaneo di Prešeren .
Stanko Vraz.nato a Ljutomer ( ora Slovenia)si trasferì a Zagabria,dove trovò la sua seconda patria.
Nella primavera del 1841 si recò nella Val Resia.Testimonianza delle sue visite sono le 4  sue lettere a Vukotinovič che sono state pubblicate nel 1841 nel n° 29 della rivista Ilirska  Danica a pag 118,sotto il titolo "Dopis prijateljski Mletačkog ".Le lettere sono molto interessanti ,perchè sono un tentativo di grammatica resiana.Questo testo  è stato tradotto  per la prima volta dal croato in sloveno nel Quaderno "Del Stanka Vraza" che è stato edito nel 1877 . 




ballo resiano
foto da http://www.mismotu.it/2009/11


Canzone resiana
" Lipa dežela Rezija !
Koj nutar h njej sowa paršlà :
Ne cpaše nu na snuwaše  ..." ecc



Il 5° dialetto musicale sloveno si trova nella valle di Resia (in sloveno: Rezija) . Secondo alcuni ricercatori (come Julijan Strajnar e Marko Terseglav) la posizione geografica isolata di Resia  ha svolto un ruolo fondamentale nella conservazione di un folklore particolarmente vecchio. Altri esperti su Resia sono d'accordo con questa teoria. Secondo loro la valle è sempre stata aperta a varie influenze.  Tuttavia, la musica caratteristica di Resia rimane ancora piuttosto autentica.
La prima ricerca etno-musicologica sistematica su Resia è stato condotta nel 1962 sia  da ricercatori  sloveni che  italiani . La musica folk di  Resia è stata studiata anche da Alan Lomax, Diego Carpitella, Roberto Leydi e Pavle Merkù, uno sloveno etnologo  italiano,studioso slavista e  compositore che ha ricercato la tradizione culturale slovena in Italia (Merkù 1976, 1981).
 I canti tradizionali di Resia sono notevolmente distintivi da altre canzoni slovene. Nel corso del 1960 i ricercatori dell'Istituto di Etnomusicologia hanno studiato deviazioni dal temperamento equabile sulla base della percezione uditiva (Vodušek 2003: 245).
Studi recenti portano alla conclusione che il  canto  di Resia è ruvido e tagliente. I cantanti producono suoni con la gola ben chiusa. Tutte le canzoni sono cantate allo stesso modo, vale a dire a voce molto alta e senza gradazione dinamica (Kugy 1925: 87, Strajnar 1988: 82).
L'esame di inizio di ogni brano dimostra che l'intonazione è guidata dalla parte principale, che è sintonizzata secondo una sensazione interna per il passo corretto.  La voce drone è presente in quasi ogni canzone. In alcuni casi non è strettamente legata a un tono particolare e si muove liberamente. Alcuni intervalli sono abbastanza tipici, come secondi instabili e terzi e  quarti . Le melodie sono oligotoniche / le gamme delle melodie sono strette, di solito composte da pochi toni. La performance si conclude di solito con un grido.

Gruppo folcloristico Val Resia

gruppo folcloristico
dal mio archivio
Il Gruppo Folkloristico “Val Resia” è sorto ufficialmente nel 1838, quando un gruppo organizzato di suonatori e danzerini si recò a Udine, in occasione della visita dell’imperatore d’Austria Ferdinando I e della sua consorte, per testimoniare, insieme ad altri gruppi, la ricchezza della tradizione musicale popolare locale. La sua particolarità consta nel fatto che, oltre a presentare musiche, danze e costumi propri della comunità della Val Resia, testimonia una realtà culturale tuttora esistente. Infatti, la Val Resia si accende di musiche e danze, nella quale è coinvolta tutta la comunità, in molte occasioni d’incontro durante l’anno: in occasione del tradizionale püst / carnevale resiano, delle feste paesane, delle coscrizioni, dei matrimoni, … In queste occasioni la gente danza tramandando la secolare tradizione di generazione in generazione.
I costumi utilizzati dal gruppo sono la fedele riproduzione degli abiti da festa indossati in Val Resia alla fine del 1700 fino ai primi anni del 1800 e caratterizzano le seguenti figure: la giovane in cerca di marito, la donna spostata, la vedova, il giovane celibe ed il signore facoltoso. Sono particolarissimi i costumi delle lipe bile maškire / le belle maschere bianche. Queste maschere vengono utilizzate in valle durante il periodo di carnevale, sono costituite da gonne bianche sovrapposte, nastri colorati e campanelle. Sul capo portano un pesante cappello realizzato con centinaia di fiori di carta colorata.
Le musiche e le danze sono molto antiche e probabilmente sono giunte in valle con i primi insediamenti della comunità resiana nel VI secolo d. C. La piccola orchestra consta di soli due strumenti: il violino chiamato “cïtira” in dialetto resiano ed il violoncello detto “bünkula”. I due strumenti vengono opportunamente modificati per rendere il suono simile e quello di una cornamusa, chiamatadudy, utilizzata in valle prima dell’avvento di questi strumenti a corda. Il battito del piede, che accompagna la musica è il fondamentale “terzo strumento” utilizzato per assicurare il ritmo. A Resia non ci sono scuole di musica popolare, i giovani imparano a suonare “ad orecchio” ascoltando i più anziani.
Il programma proposto dal Gruppo Folkloristico “Val Resia” comprende molte danze e tra queste le più caratteristiche sono: Lipa ma Marica / Oh mia bella Maria, l’inno di tutti i resiani; Ta püstawa la danza del carnevale resiano; Ta Zagatina, la danza di Zagata una località d’alpeggio che si trova sopra l’abitato di Prato di Resia; Čärni potök / Rio nero, Ta Solbaška la danza di Stolvizza; Potï me döpo Lïpjë / Strade mie giù per Lipje; Kölu la danza in cerchio e Ta Kuškrïtawa la danza del coscritto.
Gruppo Folkloristico “Val Resia”
Comitato per la conservazione del folklore resiano
Via Varcota, 1 – 33010 Resia/Rezija (Udine)
Tel. 0039 0433 53428
E-mail: rozajanskidum@libero.it 

Resia/Rezija

Resia – Veduta
Stolvizza/Solbica


Resia (Resije in resianoRezija in slovenoRèsie in friulano[3][4]) è un comune italiano di 964 abitanti in Friuli-Venezia Giulia, provincia di Udine. Si tratta di un comune sparso con sede comunale nella frazione di Prato.

Geografia fisica

La Val Resia è situata nella parte nord-orientale della regione Friuli-Venezia Giulia. È una valle pre-alpina che si estende in direzione ovest-est per 20 km. Ad est la valle è chiusa da un massiccio montuoso, del quale il Monte Canin (2587 m) rappresenta il punto più alto. Tale massiccio segna il confine fra l'Italia e la Slovenia. La valle si raggiunge seguendo la SS13 Pontebbana in direzione di Tarvisio oppure dal casello Carnia-Tolmezzo dell'autostrada A23 in direzione di Tarvisio arrivando dopo 10 km circa a Resiutta e seguendo il bivio per la Val Resia.

La valle è suddivisa in 5 principali frazioni che sono, da ovest a est, San Giorgio, Prato, Gniva, Oseacco e Stolvizza; vi sono inoltre le borgate di Lipovaz, Crisaze, Gost, Lischiaze, Coritis e in una adiacente valle più a sud, Uccea.

L'aspetto più importante della valle, oltre all'indiscussa importanza linguistico-culturale, è il profilo naturalistico. Immersa com'è in una conca verde su cui vegliano i picchi del Canin, innevati per buona parte dell'anno; merita una visita sia per un contatto diretto con la popolazione dei borghi, sia per le piacevoli escursioni in una delle più suggestive vallate alpine. Vi è ubicata la stazione meteorologica di Resia.

Storia

Le origini di Resia sono legate all'insediamento della sua popolazione nella vallata, che si fa risalire al VII secolo. I resiani sono i discendenti di quelle popolazioni di ceppo slavo che giunsero in Italia al seguito degli Avari e dei Longobardi e che, abbandonando il nomadismo, qui presero dimora. Un tempo isolata tra i monti Musi a sud e l'imponente massiccio del Canin ad est e a nord, Resia rappresenta per la cultura un'isola linguistica e di tradizioni estremamente importante. La singolare Lingua, il Resiano riconosciuta dall'Unesco che vi si parla è stato ed è tuttora oggetto di molti studi, si custodiscono così e si tramandano tradizioni (costumi, canti, balli, cerimonie) di grande interesse.

La comunità di Resia è oggi in gran parte raggruppata nelle frazioni di Prato, San Giorgio, Oseacco, Gniva, Lischiazze, Stolvizza e Uccea. Dal punto di vista storico, essendo stata soggetta alla giurisdizione dell'Abbazia di Moggio, ne seguì le vicende nel corso dei secoli. Rivestì una certa importanza sotto il dominio veneziano per la difesa delle selle di Carnizza e di Guarda che permettono di raggiungere la valle dall'Isonzo in Slovenia. A questo scopo vi fu nella vallata la presenza di una guarnigione militare con fortificazioni a Stolvizza e a San Giorgio.

Nel 1976 il comune fu devastato dal terremoto del Friuli, che provocò enormi crolli e danni.


I resiani

I resiani sono una popolazione appartenente al gruppo linguistico slavofono. Mancano reperti archeologici certi, o d'altra natura, tali da offrire un'indicazione sulla datazione dell'insediamento slavo nella valle. Resia è citata nel testamento del conte Cacellino che verso l'XI secolo lasciava a Federico, Patriarca di Aquileia, i beni allodiali del Friuli e della Carinzia, nei cui confini era compreso anche il sartum montem. Al riguardo, è stato osservato come il significato medievale di mons si riferisca ad una malga esistente sul Monte Sart e quindi della possibilità che esistesse a fondo valle un insediamento di carattere stabile. È quindi accettato il VI secolo-VII secolo anche per i Resiani quale riferimento più generale agli stanziamenti di quelle popolazioni appartenenti al ramo meridionale degli Slavi nell'arco Alpino e Prealpino Orientale.

Invece, rinvenimenti archeologici romani e preromani nella vicina Resiutta vi testimoniano la presenza di un insediamento antecedente al VI secolo, mentre si fa menzione di un documento secondo il quale a Prato, nel 1098, esisteva una cappella dedicata alla Madonna. Dopo il loro insediamento, i Resiani seguirono le vicende storiche legate al Friuli, fino ai nostri giorni.

I Resiani, secondo il linguista polacco Baudouin de Courtenay, che li studiò a fondo nella seconda metà dell'800, "dovevano provenire da diverse tribù con diversi dialetti" e offriva la seguente classificazione dei principali, sottolineando l'importanza di questo fatto anche sotto il profilo etnografico: 1) di Lipovaz - San Giorgio; 2) di Gniva; 3) di Stolvizza; 4) di Oseacco 5) di Uccea. Resta d'indubbio interesse, sotto il profilo demografico e antropologico, la tipologia della popolazione resiana suggerita dalle varietà delle parlate e che, comunque, testimoniano per Resia la presenza di una situazione di accentuato isolamento e di forti localismi interni. Tale situazione di isolamento è stata confermata, fino a tempi recentissimi, dalle recenti indagini storico-demografiche eseguite sui registri di matrimonio per il periodo 1745 - 1905 (G. Rotta, 1987, 1988).

Si hanno ancora notizie su una suddivisione nei quattro territori di Gniva, Oseacco, San Giorgio e Stolvizza, definiti vuoi ora come pertinenze vuoi come ville o come comuni. Il Loschi cita il documento nel quale si elencano i quattro vassalli di Resia che nel 1336 prestarono giuramento di fedeltà all'Abate Ghiberto della vicina Moggio Udinese. Tale distinzione la ritroviamo nella descrizione della carta geografica del 1672 nella quale il Cancelliere di Moggio, Bernardino Nodaro, dava una descrizione dei confini delle quattro pertinenze. Quattro Comuni le ritroviamo aggregate a quella di San Giorgio, indicata nella descrizione della carta viaria di Resia del 1808 come capo-luogo. Da quadri d'insieme del Catasto del 1851, rileviamo ancora una suddivisione in territori. L'espansione degli insediamenti e delle aree di pertinenza resiane all'interno della valle fu caratterizzata da numerose liti che scoppiarono non solo fra gli stessi Comuni resiani, ma anche con gli abitanti della vicina Resiutta che vantavano diritti di pascolo sulle pendici del Monte Canin e in Planinizza, a ridosso dei Monti Musi, di cui si hanno notizie fin dalla seconda metà del XIV secolo.

Recenti indagini antropologico fisiche eseguite sulle popolazioni resiane (Corrain e Capitanio, 1987) hanno consentito, attraverso l'esame della distribuzione di diversi fenotipi ematologici, di accertare le caratteristiche genetiche delle quattro popolazioni anche attraverso confronti con le altre popolazioni, in particolare quelle dell'Europa centro orientale che risultarono negativi. Dai risultati dell'indagine è invece emerso come un'inattesa omogeneità interna consente di considerare valida la proposta di un comportamento medio della valle agli effetti dei vari confronti con l'esterno. Per questi confronti gli abitanti della valle vanno a costituire un isolato genetico quasi da manuale. Ciò non toglie che si verifichino, all'interno della valle, diversità distributive anche significative: a conferma d'una divisione in 4 gruppi di località su basi storiche e demografiche. I due autori, rilevavano inoltre di come "si fanno tuttora sentire gli effetti delle poche famiglie iniziali fondatrici...". Grazie all'interdisciplinarità dell'osservazione della realtà resiana, lo scenario oggi più verosimile sull'origine dello stanziamento è quello di poche famiglie iniziali, forse una ventina, alcune, probabilmente, già fra loro imparentate, che si distribuirono nei vari villaggi della valle. L'isolamento successivo ha mantenuto nei secoli il patrimonio genetico dei fondatori. Si tratta di una situazione genetica ormai rarissima a trovarsi in Europa. Resia, come si è accennato, molto probabilmente nel VI secolo-VII secolo era già abitata. In tal senso, un forte indizio ce lo offre ancora una volta la genetica; la presenza solo nella popolazione di Oseacco del raro complesso, in Europa, ccDee. Un'elevata incidenza di tale complesso è stata rilevata anche nella vicina Resiutta. Al riguardo, suggeriscono gli autori: "quasi tutta la gente è venuta da là o là si è fermata, se pure non si tratti di un più antico substrato".

La lingua

Cartello stradale in resiano.

Grazie alle leggi 482/99 e 38/01 approvate dal Parlamento italiano e ratificate dell'allora Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi, sulla tutela delle lingue minoritarie, oggi è possibile insegnare a scrivere e leggere in resiano nelle scuole dell'obbligo, permettendo così di mantenere le scuole a Resia, altrimenti sarebbero state trasferite a Moggio Udinese. Programmi Interreg 2007-2013 (finanziati dalla comunità Europea), prevedono, al di qua e al di là del confine (Slovenia-Italia), progetti transfrontalieri che stanno incidendo in maniera significativa nello sviluppo della Val di Resia. Volendo attuare progetti comuni con gli enti oltre confine, si è sentita la necessità che gli operatori del Parco delle Prealpi Giulie e delle associazioni che operano in valle imparassero anche la lingua slovena.




https://it.wikipedia.org/wiki/Resia


val Resia/Rezija

L'aglio di Resia-Rezija

aglio di Resia/Rezija
immagine dal web


L'aglio-strok di Resia/Rezija è di piccole dimensioni e si trova nel comune di Resia/Rezija.L'isolamento geografico ha facilitato la conservazione dell'aglio-strok di Rezija.
Il bulbo (testa:glaua o laua dallo sloveno glava) è di  piccole dimensioni , i bulbilli cioè gli spicchi (noize-noghize)  variano da 6 a 8,ed è privo di spicchi centrali..Ha un caratteristico colore rossastro  di solito dal secondo strato delle tuniche che rivestono il bulbo,gli spicchi invece sono bianchi .Presenta delle caratteristiche di odore e sapore più accentuate dell'aglio in commercio.
Viene coltivato in fazzoletti di terreno sparsi a ridosso delle frazioni,fino all'altezza di 1000 m.I bulbi vengono interrati a circa 3 cm di profondità,dopo una lavorazione fatta a mano.Gli spicchi vengono messi  con l'apice rivolto in alto ad una distanza di  25 - 30 cm tra le file.La piantagione viene fatta nel mese di novembre con i primi geli o in marzo dopo il disgelo.La concimazione è fatta con il letame bovino.Quando il germoglio ha raggiunto i 3 cm ,viene cimato cioè vengono tolte le "uorè" che bollite e condite  vengono mangiate in insalata.La sarchiatura( smutikat) è fatta in primavera ,le erbacce vengono tolte a mano .Non ha bisogno di essere innaffiato essendo la zona molto piovosa.Viene raccolto in agosto,le piante vengono collocate su graticci o marciapiedi (scialisc),di rado estirpate e lasciate sul terreno per 2 o 3 giorni .Poi i bulbi vengono privati delle tuniche esterne e delle radici che si tagliano.Le teste migliori vengono conservate per la semina dell'anno successivo.I bulbi sono intrecciati in trecce (kitte dallo sloveno kite) e messi nei fienili o sotto la tettoia per essere vendute.Oggi lo strok è confezionato in mazzetti da 4-5 bulbi e si conserva per un anno.La liliacea resiana è rientrata tra i Presidi di Slow Food,progetti che tutelano piccole produzioni di qualità da salvaguardare,realizzate secondo pratiche tradizionali.www.presidislowfood.it
L'inizio della coltivazione di questo aglio è molto antica ,non ci sono documentazioni.
Giovanni Clemente,scrittore resiano ,nel libro Torna al suo paesello - Memorie di vita resiana dice che già dai tempi passati  era un rimedio contro i vermi intestinali (glìsti dallo sloveno gliste).Venivano fatte delle collane con gli spicchi.Queste collane erano messe  di notte attorno al collo dei bambini che erano affetti da verminosi,un' usanza comune in tutta la Terska Dolina (Val Torre).
In un negozio del paese e durante la festa dell'aglio è possibile acquistarlo.

riadattamento dell'articolo di:

http://www.ersa.fvg.it/divulgativa/prodotti-tradizionali/vegetali-naturali-o-trasformati/aglio-di-resia
e da altre fonti reperite sul web.

11 mag 2020

Ta pëjna - Resia/Rezija



Karjë nih šekolöw Rezija jë bila ta-pod abacïjo to tu-w Mužacë. Iso abacïjo jë jo zdëlel naredit patriarka Swatobor, ki an jë znen bojë po jïmano Federico, lëta 1085 dopo, ki grof Kocelj jë bil šinkal patriarkatu tu-w Akwileji rad, ki an mël tu-w Mužacë, ito ki jë nešnji din abacïja, ano pa wso zëmjo, ki an mël, pa Rezijo.
Abbazia di Moggio
Zawöjo isaa pa izdë w Reziji jë wkažïwal te mužaški ćalüni ano fratinavi so skërbali za düšo. Isö to jë bilo pa kar somö bili ta-pod Banïtki (1420-1797) dardo lëta 1773.
Po itin Rezija jë bila ta-pod frančöwzi anu ta-pod tëmi niškimi. Kumün Rezija jë bil norëd lëta 1805.
Nejzad od lëta 1866 Rezija jë ta-pod tëmi laškimi. (Sandro Quaglia)

Dal tardo Medioevo e per tutta l’Era Moderna la vallata di Resia dipese principalmente dalla millenaria abbazia di San Gallo in Mužac/Moggio Udinese. Questa fu fondata nel 1085 dal patriarca di Aquileia Swatobor, più conosciuto con il nome di Federico, a seguito della donazione da parte del conte Kocelj/Cacellino del feudo di Mužac/Moggio, di cui faceva parte il bacino del Fella compresa la Val Resia. Con la fondazione dell’abbazia mosacense anche tutto il territorio della Val Resia fu sottoposto alla giurisdizione della stessa e la cura d’anime fu affidata ai monaci benedettini con a capo un abate residente. Dopo il periodo della Patria del Friuli (1077 – 1420) durante il quale questa unità amministrativa, politico-religiosa era amministrata dai Patriarchi di Aquileia, il feudo di Moggio in epoca veneziana (1420 – 1797) era guidato da un abate non residente, detto commendatario, rappresentato localmente da un governatore. L’abbazia fu soppressa nel 1773 dal Senato Veneto che decretò cosi la fine, in loco, del lungo periodo feudale. In epoca contemporanea, dopo i brevi periodi della monarchia asburgica, del regno napoleonico d’Italia (durante il quale, nel 1805, venne istituito l’attuale Comune di Resia) e dell’impero austriaco, dal 1866, Rezija/Resia, come il Friuli, fu annessa al Regno d’Italia.

10 mag 2020

FESTA DELLA MAMMA

Una cartolina del 1915 edita dalla Northern Pacific Railway per celebrare la festa della mamma

La festa della mamma è una ricorrenza civile in alcuni Paesi del mondo, celebrata in onore della figura della madre, della maternità e dell'influenza sociale delle madri.

Non esiste un unico giorno dell'anno in grado di accomunare tutti gli Stati in cui l'evento è festeggiato: in quasi due terzi di questi Paesi la festa è celebrata nel mese di maggio, mentre circa un quarto di essi la festeggia a marzo.

In Italia la festa cade la seconda domenica di maggio[1].

In gran parte degli Stati europei, negli Stati Uniti, in Giappone, in Australia e in numerosi altri Paesi la festa cade nella seconda domenica di maggio; a San Marino si festeggia il 15 marzo[2]; in Spagna e Portogallo la prima domenica di maggio; nei paesi balcanici l'8 marzo; in molti paesi arabi la festa cade invece nel giorno dell'equinozio di primavera. Per un elenco completo delle date in cui ricorre la festa, si veda il paragrafo festa della mamma nel mondo.

Storia

Ci sono diverse antiche celebrazioni che in qualche maniera possono essere paragonate alla festa della mamma, ma non sono correlate alla celebrazione moderna. Ad esempio, in Italia fu celebrata il 24 dicembre 1933 la Giornata nazionale della Madre e del Fanciullo, nel quadro della politica della famiglia del governo fascista. Nell'occasione vennero premiate le madri più prolifiche d'Italia. La data era stata scelta in connessione con il Natale. Questa celebrazione, però, non può essere vista come l'inizio della festa della mamma in Italia, perché fu una celebrazione una tantum e perché gli intendimenti erano in parte diversi.

Nei capitoli seguenti si dà invece notizia delle possibili origini della festa attuale.

In Italia

La festa della mamma come la si intende oggi è nata invece a metà degli anni cinquanta in due diverse occasioni, una legata a motivi di promozione commerciale e l'altra invece a motivi religiosi.

La prima risale al 1956, quando Raul Zaccari, senatore e sindaco di Bordighera, in collaborazione con Giacomo Pallanca, presidente dell'Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia, prese l'iniziativa di celebrare la festa della mamma a Bordighera, al Teatro Zeni; successivamente la festa si svolse al Palazzo del Parco.

La seconda risale all'anno successivo e ne fu protagonista don Otello Migliosi parroco di Tordibetto di Assisi, in Umbria, il 12 maggio 1957. L'idea di don Otello Migliosi fu quella di celebrare la mamma non già nella sua veste sociale o biologica ma nel suo forte valore religioso, cristiano anzitutto ma anche interconfessionale, come terreno di incontro e di dialogo delle varie culture tra loro: il suo tentativo è stato ricordato, in due contributi, anche dal quotidiano vaticano.[3] Da allora, ogni anno, la parrocchia di Tordibetto celebra ufficialmente la Festa con importanti manifestazioni a carattere religioso e culturale. Sempre a Tordibetto è localizzato, unico in Italia, un "Parco della Mamma", progettato dall'architetto assisano Enrico Marcucci intorno ai resti dell'antica chiesa di Santa Maria di Vico, con al centro una statua della maternità, opera dello scultore Enrico Manfrini.

Il 18 dicembre 1958 Raul Zaccari - insieme ai senatori BellisarioBaldiniRestagnoPiasentiBenedetti e Zannini - presentò al Senato della Repubblica un disegno di legge tendente a ottenere l'istituzione della festa della mamma.[4] L'iniziativa suscitò un dibattito in Senato, che si prolungò anche nell'anno successivo: alcuni senatori ritenevano inopportuno che sentimenti così intimi fossero oggetto di norma di legge e temevano che la celebrazione della festa potesse risolversi in una fiera di vanità.[5]

La festa comunque prese ugualmente campo in tutta Italia, e, secondo alcune fonti, fu celebrata inizialmente l'8 maggio (in concomitanza con la Festa della Madonna del Rosario di Pompei) e in un successivo momento la data fu spostata alla seconda domenica di maggio[6]. Secondo altre fonti, invece, la festa fu sempre celebrata, come anche attualmente si fa, nella seconda domenica di maggio[7].

In questa occasione, i bambini offrono regali alle loro madri, come disegni o altri lavoretti, che molto spesso hanno realizzato a scuola; comune è anche l'usanza di recitare poesie dedicate alla mamma, anch'esse studiate a scuola[8].

In altri paesi

Negli Stati Uniti nel maggio 1870Julia Ward Howe, attivista pacifista e abolizionista, propose di fatto l'istituzione del Mother's Day for Peace (Giornata della madre per la pace), come momento di riflessione contro la guerra, ma l'iniziativa non ebbe successo.

Anna Jarvis celebrò la festa moderna Mother's Day (Giornata della madre) per la prima volta nel 1908, sotto forma di un memoriale in onore di sua madre, un'attivista a favore della pace. La celebrazione di Jarvis si diffuse e divenne molto popolare, tanto che fu ufficializzata dal presidente Woodrow Wilson nel 1914, quando il Congresso deliberò di festeggiarla la seconda domenica di maggio, come espressione pubblica di amore e gratitudine per le madri. Con l'andare del tempo questa festività si è evoluta in una festa commerciale, il cui volume di affari è superato solo dalle festività natalizie.

La festa venne introdotta nel 1917 in Svizzera, nel 1918 in Finlandia, nel 1919 in Norvegia e in Svezia, nel 1923 in Germania e nel 1924 in Austria. Successivamente molti altri Paesi introdussero anch'essi la ricorrenza.


https://it.wikipedia.org/wiki/Festa_della_mamma

Silvia Romano è libera

Dopo 18 mesi di sequestro nelle mani degli islamisti somali di al-Shabaab, la cooperante italiana potrà tornare a casa

Silvia Romano è libera!

Silvia Romano è libera! Dopo 18 mesi di prigionia nelle mani degli islamisti somali di al-Shabaab, la cooperate milanese è stata liberata grazie al lavoro di servizi segreti italiani e all'importante collaborazione dell'intelligence turca e somala, come ha annunciato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in un tweet. Era stata rapita il 20 novembre 2018 a Chakama, in Kenya, a 80 chilometri da Malindi. Ora si trova a Mogadiscio, in Somalia, da dove dovrebbe rientrare domani a Ciampino.

"Sto bene e non vedo l'ora di tornare in Italia.... sono stata forte e ho resistito...". Sono alcune delle prime parole pronunciate dalla ragazza che, secondo quanto si apprende, sta bene fisicamente e di umore.

La notizia della liberazione è stata festeggiata anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un tweet: La notizia della liberazione di Silvia Romano è motivo di grande gioia per tutti gli italiani. Invio un saluto di affettuosa solidarietà a Silvia e ai suoi familiari, che hanno patito tanti mesi di attesa angosciosa. Desidero esprimere riconoscenza e congratulazioni agli uomini dello Stato che si sono costantemente impegnati, con determinazione e pazienza, tra tante difficoltà, per la sua liberazione. Bentornata, Silvia!

https://www.ilfriuli.it/articolo/politica/silvia-romano-e-libera/3/219744

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Oggi in Italia è la festa della mamma 

 

Mamma,parola sulla bocca di ognuno

bimbo ed anziano che sia.

Quando il giorno sta per finire

e la luce si affievolisce,

i miei pensieri ritornano indietro,

quando io e te parlavamo come sorelle.

Quanto tempo è passato da quel dì,

quando tu, mamma, in silenzio

te ne andasti senza far rumore.

La tua troppo breve esistenza

è stata difficile, dura,coerente ed onesta.

Oggi ,dopo tanti anni,

capisco più di allora i tuoi insegnamenti.

In una poesia mi  hai raccomandato

di mantenere la mente sana e il cuore puro,

sì cara madre, queste parole sono il tuo testamento

che non sarà mai dimenticato.

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Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

Maggio è il mese delle rose

 

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