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🌞Blog che parla del Friuli: in particolare delle minoranze linguistiche slovena,friulana e tedesca e non solo. ❤️ Sono figlia di madre slovena (Ljubljana) e di padre appartenente alla minoranza slovena della provincia di Udine🌞 (Benecia).Conosco abbastanza bene la lingua slovena.Sono orgogliosa delle mie origini.OLga

INNO SLOVENO

INNO SLOVENO "Vivano tutti i popoli che anelano al giorno in cui la discordia verrà sradicata dal mondo ed in cui ogni nostro connazionale sarà libero, ed in cui il vicino non sarà un diavolo, ma un amico!"❤️ FRANCE PREŠEREN poeta sloveno

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19 giu 2022

L'ORIGANO

 


L'origano comune (nome scientifico Origanum vulgare L.) è una pianta perenne aromatica appartenente alla famiglia delle Lamiaceae ed ampiamente utilizzata come spezia.In tempi moderni, prima ancora di Linneo è stato il botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (Aix-en-Provence, 5 giugno 1656 – Parigi, 28 dicembre 1708) a descrivere questa pianta. L'etimologia del nome del genere si può far risalire a 2000 anni prima presso i greci, forse da Teofrasto (371 a.C. – Atene, 287 a.C.) un filosofo e botanico greco antico, discepolo di Aristotele, autore di due ampi trattati botanici che per primo ha usato questo nome per un'erba aromatica[1]. Origanum è formato da due parole "òros" (= monte) e "ganào" (= io mi compiaccio) che insieme potrebbero alludere ad un concetto di "delizia della montagna"[2] o anche "bellezza, luminosità, ornamento, gioia della montagna".[3] L'epiteto specifico (vulgare) significa "comune, consueto".[4][5]

Il nome scientifico della specie è stato definito da Linneo (1707 – 1778), biologo e scrittore svedese considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione "Species Plantarum - 2: 590. 1753"[6] del 1753.[7]emicriptofita scaposa (H scap), ossia in generale sono piante erbacee e latifoglia, a ciclo biologico perenne, con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve e sono dotate di un asse fiorale eretto e spesso privo di foglie.[2][8][9][10][11][12][13]

Radici[modifica | modifica wikitesto]

Le radici sono secondarie generate da un fittone. I fittoni sono obliqui e più o meno legnosi.

Fusto[modifica | modifica wikitesto]

La parte aerea del fusto è ascendente (talvolta prostrata alla base) e ramosissima (nella parte alta è arrossata); i rami inferiori sono sterili. Il fusto è pubescente per peli patenti ed ha una sezione quadrangolare a causa della presenza di fasci di collenchima posti nei quattro vertici, mentre le quattro facce sono concave.

Foglie[modifica | modifica wikitesto]

Le foglie lungo il fusto sono disposte in modo opposto (in genere a 2 a 2,ovvero parifogliate). Sono picciolate con una lamina a forma lanceolata, spesso asimmetrica alla base; i bordi sono dentellati. Le foglie sono colorate di verde lucido. Lunghezza del picciolo: 3 – 6 mm. Dimensione delle foglie: larghezza 15 – 28 mm; lunghezza 25 – 40 mm.

Infiorescenza[modifica | modifica wikitesto]

L'infiorescenza è di tipo corimboso-ramosa formata da densi glomeruli ovali; i fiori sono sessili. Alla base del glomerulo sono presenti due brattee violaceo-purpuree prive di ghiandole. Diametro dei glomeruli: 7 – 10 mm. Lunghezza delle brattee: 4 – 5 mm.

Fiore[modifica | modifica wikitesto]

fiori sono ermafroditizigomorfi, tetrameri (4-ciclici), ossia con quattro verticilli (calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (5-meri: la corolla e il calice - il perianzio - sono a 5 parti).

  • Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X, K (5), [C (2+3), A 2+2] G (2), (supero), 4 nucule[9][11]
  • Calice: il calice del fiore è del tipo gamosepaloattinomorfo e terminate con 5 denti triangolari-acuti più o meno uguali (sono lunghi 1/3 del tubo). La superficie del calice, pubescente, è percorsa da 10 - 13 nervature longitudinali. Le fauci sono pelose. Lunghezza del calice: 2,5 – 3 mm.
  • Corolla: la corollagamopetala, è a simmetria sublabiata (più o meno zigomorfa) terminante con 5 lobi patenti. Il tubo è cilindrico-campanulato e buona parte di esso è ricoperto dal calice. Il labbro superiore è retuso (bilobo) con forme ovali ed è piegato all'insù; il labbro inferiore ha tre lobi oblungo-ovati. Il colore è roseo. Lunghezza della corolla: 5 – 6 mm. Lunghezza del labbro superiore: 1,5 mm. Lunghezza del labbro inferiore: 2 mm.
  • Androceo: gli stami sono quattro (manca il mediano, il quinto) didinami con il paio anteriore più lungo, sono visibili e sporgenti; gli stami sono tutti fertili. I filamenti sono glabri e divergenti. Le antere, hanno forme da ellissoidi a ovato-oblunghe, mentre le teche sono distinte e si presentano da divergenti a divaricate. I granuli pollinici sono del tipo tricolpato o esacolpato.
  • Gineceo: l'ovario è supero formato da due carpelli saldati (ovario bicarpellare) ed è 4-loculare per la presenza di falsi setti divisori all'interno dei due carpelli. L'ovario è glabro. La placentazione è assile. Gli ovuli sono 4 (uno per ogni presunto loculo), hanno un tegumento e sono tenuinucellati (con la nocella, stadio primordiale dell'ovulo, ridotta a poche cellule).[14] Lo stilo (caduco) inserito alla base dell'ovario (stilo ginobasico) è del tipo filiforme e più lungo degli stami. Lo stigma è bifido con corti lobi subuguali. Il nettario è un disco più o meno simmetrico alla base dell'ovario ed è ricco di nettare.
  • Fioritura: fiorisce nel periodo che va da giugno a settembre


Frutti[modifica | modifica wikitesto]

Il frutto è uno schizocarpo composto da 4 acheni (tetrachenio). La forma è ovoide (con apice arrotondato) con superficie glabra e liscia. Il colore è marrone. Dimensione: 0,6 mm.

https://it.wikipedia.org/wiki/Origanum_vulgare

Desertificazione e siccità rendono molte aree ostili alla vita umana

 


Desertificazione e siccità rendono molte aree ostili alla vita umana

Ambiente

La desertificazione è uno degli effetti più dannosi del cambiamento climatico, perché la mancanza di acqua crea problemi di approvvigionamento idrico e insicurezza alimentare. Sempre più persone si trovano per questo costrette a migrare.
https://www.openpolis.it/

Il maestro del re. Un racconto su Paolino II d'Aquileia.

Radio magica in viaggio

 



Siamo orgogliose di allargare il perimetro dell’inclusione partendo dai bambini: il progetto #InViaggioConRadioMagica sostenuto dalla Direzione Cultura e Sport della Regione Friuli Venezia Giulia e da Fondazione Aquileia è arrivato a Gorizia grazie alla professoressa Antonina Dattolo direttrice del Sasweb Lab dell’Università degli Studi di Udine, del Comune di Gorizia - Eventi e del Consorzio per lo sviluppo del Polo Universitario di Gorizia.


18 giu 2022

Roberto Dapit "La Slavia friulana - Beneška Slovenija "

 



Roberto Dapit "La Slavia friulana - Beneška Slovenija" Lingue e culture: Resia, Torre,Natisone Bibliografia ragionata

E' possibile che al linguista non slavista il titolo non dica gran che. Eppure, per merito anche del linguista polacco Jan Baudouin de Courtenay, il dialetto sloveno di Resia, del Torre e del Natisone, queste parlate slovene sono fra le più studiate, anche dai linguisti stranieri: De Courtenay, poi, più recentemente Gian Battista Pellegrini, Giuseppe Francescato, Giovanni Frau, Antonio Maria Raffo da parte italiana e friulana; per la parte slovena possiamo ricordare Karel Štrekelj, Fran Ramovš, Tine Logar, Pavle Merku, Neva Godini, Liliana Spinozzi-Monai, Rado Lenček. E' doveroso, poi, citare l'americano Bric Hamp e l'olandese Han Steenwijk. Un posto a parte spetta a Milko Matičetov perchè congiunge gli interessi linguistici con quelli etnologici.
Roberto Dapit è un giovane studioso, oriundo di Gemona, vissuto nella Val Canale,laureatosi a Udine, che da alcuni anni concentra la sua attività scientifica appunto sulle lingue e le tradizioni popolari di questo territorio.
Friulano di nascita, bilingue italo-friulano,si è impadronito anche della lingua slovena: non ha difficoltà nello svolgere minuziose inchieste delle parlate slovene nella regione Friuli-Venezia Giulia, anzi del suo estremo lembo orientale, dove si incontrano il mondo romanzo e quello slavo. Difatti,
questo territorio è un raro esempio in tale senso. Se si escludono la Romania, immersa nel mondo slavo, l'Istria e alcune isole del Quarnero, non c'e che questa regione italiana dove, tutt' oggi, si incontrano gli slavi e i romani. Se si pensa ai contatti tra la Germania e la Romania, ci si rende conto che una contropartita alla grande opera di Gamillscheg, Romania germanica, non può essere nemmeno immaginabile. E' pero sempre degna di interesse la situazione linguistica, il che comporta, senza dubbio alcuno,lo studio delle reciproche influenze linguistiche. E' ovvio che l'interesse dei più sarà rivolto a constatare e valutare le influenze romanze, vale a dire, friulane e italiane,nelle parlate slovene. Non va dimenticato tuttavia che, se i contatti diretti, durante secoli,ebbero luogo tra i parlanti friulano e i parlanti sloveno, l'italiano, soprattutto dall'unificazione dell'Italia, si fa sempre più importante: e la lingua della vita pubblica,della scuola; in pratica, chi aspira ad una ascesa sociale deve conoscere e servirsi dell'italiano. Aggiungerei che gli sloveni di questo territorio non hanno mai avuto scuole nella propria lingua. Anche questo rende le loro parlate cosl indipendenti dallo sloveno letterario. Inoltre, più di ogni altra parlata slovena, sono state e sono tuttora esposte all'influsso linguistico friulano e italiano.L'opera del Dapit non vuol essere altro che un'accurata bibliografia dei lavori sulle parlate slovene che si trovano, amministrativamente, nella Provincia di Udine e più precisamente nella cosiddetta Slavia Friulana. Però, si tratta di una bibliografia ragionata,critica: l' Autore non solo dà indicazioni bibliografiche delle singole opere - il che sarebbe già un lavoro degno di lode - ma aggiunge a ogni opera indicata una succinta presentazione, spesso critica. Dà, insomma, una valutazione quando è necessario e sotto questo aspetto il lavoro e una assoluta novità.Il Dapit non ha potuto sottrarsi al problema del resiano. E' nota la leggenda dell'origine dei resiani in base alla quale sarebbero discendenti dei russi. La leggenda l'aveva trovata sul luogo già Baudouin de Courtenay (si vedano i suoi Materialien zur sudslavischen Dialektologie und Ethnographie, I, 800 e 801); egli dunque non ne ha colpa. Però, il grande linguista polacco ebbe l'idea sbagliata di vedere nell'armonia vocalica del resiano un fenomeno assimilabile a quello presente nel turanico.
Come ha dimostrato il Ramovš, il fenomeno non è sorprendente e s'inquadra bene nel sistema del vocalismo in sloveno, tenendo conto del legame originario del resiano con i dialetti carinziani, fatto che a De Courtenay non poteva essere noto. Del resto, il linguista polacco,ottantenne, si ricredette sulle proprie idee di molti decenni prima in una lettera a Carlo Tagliavini, il quale gli chiese il suo parere quando stava preparando per l'Enciclopedia italiana il lemma in questione. Si veda Dapit, a pag. 33.L' elenco delle opere inizia con le fonti antiche dove primeggiano i manoscritti quattrocenteschi di Castelmonte (Stara gora), di Cergneu e di Udine, seguiti dall'elenco degli studi che questi manoscritti suscitarono. In seguito, l' Autore ha riunito le opere che riguardano le parlate slovene della Slavia friulana in vari capitoli: lessico,toponomastica, onomastica, contatti di lingue, dove c'entra anche il tedesco carinziano.Questo territorio, non certo sotto la dominazione diretta austriaca, salvo la Val Canale,come ad esempio il goriziano o il triestino, è stato nel periodo dei patriarchi ghibellini, e più tardi, nei tempi a noi più vicini, anche per la secolare emigrazione, linguisticamente influenzato dal tedesco. L' Autore constata con ragione e con un po' di rammarico che l'interesse dei linguisti è stato rivolto soprattutto ai problemi di fonetica: gli studi cominciarono in piena epoca dei neogrammatici. Tuttavia, nel quadro degli studi sui tre rami (Resia, Torre, Natisone, pp. 25-41) si trovano anche opere che includono nell'analisi i problemi sintattici. Basti pensare ai lavori del Pellegrini, dello Steenwijk, della Benacchio.
Parecchi lavori sono stati dedicati alla situazione sociolinguistica (pp. 65-76); vi
sono elencati anche i periodici che appaiono, per lo più bilingui, in italiano e in sloveno.Bisogna inoltre precisare che gli scritti in sloveno appaiono in lingua letteraria o in dialetto locale (così i quindicinali o settimanali Dom, Matajur e alcuni bollettini parrocchiali).
Alla parola stampata è legato il problema di come scrivere il resiano: l'elenco
degli studi sulla codificazione della lingua resiana si trova alle pp. 77-78. Rappresenta una assoluta novità il panorama delle opere che fanno parte della tradizione popolare.
Panorama ricchissimo, pp. 86-120, prezioso per l'etnologo, non meno importante per il dialettologo e il linguista: personalmente considero gli scritti di stampo folkloristico genuini, autentici e, soprattutto per una ricerca sintattica, degni di fede. Chiude il libro il capitolo dove sono menzionati gli strumenti di lavoro, vale a dire, bibliografie e cataloghi,dizionari, atlanti linguistici ed enciclopedie. Per mettere in luce l' acribia dell' Autore, sia menzionato a questo punto che vi è indicato anche l'Atlas linguistique pour servira l'etude du duel en slovene di Lucien Tesniere, opera pubblicata nel 1925.
Vi sono comprese, infatti, le aree di Resia e della Benecia.
II nostro giudizio su questo lavoro non può che essere entusiasticamente positivo.L' Autore ha raccolto i titoli di certe opere che appena si conoscevano e di altre difficilmente reperibili. Ha elencato anche le tesi di laurea, discusse presso le Universita di Padova, Udine e Ljubljana, le quali, spesso, ahimè, giacciono sepolte nell' armadio del professore, ha spogliato giornali e riviste che, in parte almeno, si occupano di questo territorio, ha facilitato e per certi aspetti addirittura reso possibile il lavoro sui problemi linguistici di un importante territorio plurilinguistico.
Mitja Skubic

fonte http://revije.ff.uni-lj.si/linguistica/article/viewFile/4172/3871

buon sabato


 

17 giu 2022

Dela na cesti med Rezijo in Slovenijo/ Lavori sulla strada Resia-Slovenia

 

Lischiazze-Karnica
foto di Daniele Buttolo


La Val Resia si estende per quasi 120 kmq e, come molte aree rurali della Regione Friuli Venezia Giulia, è caratterizzata da una scarsissima densità demografica.

Ad opera della Protezione civile regionale e in continuità a quelli realizzati lo scorso anno, lunedì, 30 maggio, sono iniziati i lavori di manutenzione straordinaria della strada che da Sella Carnizza/Karnïca porta ad Uccea/Učja in comune di Resia. Da allora è stato necessario, quindi, chiudere con ordinanza comunale la strada al transito.

La situazione ricorrerà anche nei mesi successivi e si rifletterà di certo sull’economia della zona, soprattutto nella località di Gnivizza/Njïvica dove operano alcune attività ricettive ma, come spiega Anna Micelli sindaco di Resia, «il disagio che purtroppo tutti vivremo è l’unico modo per garantire una viabilità sicura e funzionale nel tempo». Tali lavori si sono resi urgenti e necessari proprio per mettere in sicurezza una viabilità che presenta ancora importanti criticità. Si interverrà soprattutto nella messa in sicurezza dei ponti presenti lungo la stessa, nel ripristino dei guardrail installati e nel posizionamento di nuovi, ove necessario. Questi lavori sono eseguiti su una strada che attraversa l’area protetta del Parco delle Prealpi Giulie ed è percorsa ogni anno da migliaia di veicoli, soprattutto motociclisti, anche se è stretta e tortuosa.

La prima parte, salendo da Lischiazze, è immersa in un bellissimo bosco, senza protezioni, a tratti ripida e con tornanti senza visibilità.

Passata la sella e il bivio che porta alla chiesetta della Madonna di Carnizza (conosciuta anche come Santa Anna), la strada dà l’impressione di stringersi ulteriormente. Purtroppo per 20 anni non è stata eseguita una manutenzione strutturale costante; oggi intervenire è urgente, per evitare più gravi problemi. Per i valligiani la via è un’importante arteria che collega la Val Resia con la frazione di Uccea, attraverso l’omonima vallata. Là molti possiedono boschi e planine, che nella bella stagione sono raggiunti per attività agresti o monticazione. La strada ha anche un respiro internazionale. Immettendosi, all’altezza del borgo di Uccea, nella ex statale e oggi regionale 646, risulta un veloce collegamento tra la valle del Fella e quella dell’Isonzo, in Slovenia.

Altri lavori saranno eseguiti da Lischiazze a Sella Carnizza sui quali, spiega sempre la sindaco, «sarà data informazione per tempo in relazione alle modalità di svolgimento».

Un plauso all’attuale amministrazione comunale, perché sarebbe assurdo incentivare il turismo transfrontaliero con la Slovenia, in particolare con la vallata dell’Isonzo – dove le presenze turistiche sono notevoli – e non avere un collegamento viario decente con i confinanti comuni di Bovec e Kobarid. (Sandro Quaglia)


Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

evidenzia

MAGGIOLATA DI GIOSUè CARDUCCI

  Maggio risveglia i nidi, maggio risveglia i cuori; porta le ortiche e i fiori, i serpi e l’usignol. Schiamazzano i fanciulli in terra, e i...

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