La Cicerchia, che ha pure un nome in friulano!
di Cristina Micheloni
La cicerchia (Lathyrus sativus L), legume dalla tradizione antichissima ed oggi PAT, ovvero prodotto agroalimentare tradizionale italiano. Originarie del Medio Oriente, chiamate lathiros dai greci e cicerula dai romani, in varie aree della penisola assumono nomi come pisello d’erba o veccia indiana ed hanno pure un paio di nomi friulani (così ci dice Enos Costantini!): bisòcje o lintôse. Il fatto che abbiano un nome friulano significa che di certo venivano consumate e verosimilmente anche coltivate pure in questa terra, sempre prima dell’avvento del fagiolo.
Cicerchia fa rima con miseria perchè si coltivava laddove le altre colture non ce la facevano proprio, sia per terreni poveri che per estrema siccità. Per contro, fa rima pure con sicurezza, perchè comunque andasse l’annata qualcosa si portava a casa per riempire le scodelle (sotto forma di zuppa) o i piatti (sotto forma di polenta).
Proprio nelle annate molto magre, quando toccava mangiare tante e quasi solo cicerchie ogni giorno, diventava un problema il loro contenuto di ODAP (acido β-N-Oxalyl-L-α,β-diaminopropionico), neurotossina responsabile del latirismo, che però si riduce con il lungo ammollo e l’altrettanto lunga cottura.
La pianta è simile a quella del cece, ma, appunto, assai più spartana: terreni maghi e sassosi, nessuna irrigazione e nemmeno fertilizzazione, con le malerbe se la può cavare… è più resistente di loro! Per contro, su terreni fertili e ricchi rischia di venir soverchiata da tutte le altre piante presenti, su terreni proni al ristagno parimenti soffre.
In prospettiva di cambiamento climatico e annate siccitose ritorna interessante, perchè anche praticamente senza precipitazioni nè irrigazioni può arrivare a produrre fino a 2,5 ton/ha! Che è vero possono non è essere una leccornia (dipende sempre dai gusti, ma in Umbria è pure Presidio Slowfood) ma sono comunque ottima proteina e abbondanti sali minerali quali calcio e fosforo.
Poi molto sta nel cucinarla nel modo giusto: zuppe soprattutto! Più semplice da gestire in cucina se decorticata.
Si semina in autunno o a febbraio/marzo, considerate che sotto gli 0°C la pianta soffre, quindi se siete in montagna privilegiate le semine primaverili, a file distanti 40 cm e con distanze di 25cm lungo la fila. Se siete dei raffinati o le malerbe sono troppo abbondanti, potete sarchiarla un paio di volte, strategico il primo passaggio appena la piantina si è consolidata! Dopo una bella fioritura la raccolta, del legume secco, può avvenire manualmente ma anche meccanicamente con la falciatura verso fine luglio, seguita dopo un paio di giorni dalla raccolta dell’intera massa , dopo un altro paio di giorni dalla trebbiatura.
Ma che ha la cicerchia a che vedere col Natale? In Centro Italia le cicerchie vengono tradizionalmente usate per “pavimentare” le stradine del presepe. Sono infatti piatte e chiare, spesso bianche e fanno un bel effetto “marmorino”.
da Vita nei campi
Non so cosa siano le cicerchie! Coltiviamo solo piselli!
RispondiEliminaPierwszy raz widzę taki groszek.
RispondiEliminaI legumi sono ricchi di proteine vegetali e sono buoni per il giardinaggio. Buona giornata, Olga!
RispondiEliminaConosco questo importante legume ricco di proteine! Assomiglia lontanamente ai ceci ed è ottimo per le minestre.
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