A Clap tra le sterpaglie anche i prati
Dista da Canebola/Čenijebola appena un paio di chilometri e fino a prima del terremoto era relativamente grande. Decenni fa arrivava a contare circa trecento abitanti. Stiamo parlando di Clap/ Podrata, un paese che come tanti altri nella Slavia ha subito in modo pesante le dinamiche dello spopolamento generate dal richiamo della pianura e dell’estero per migliori opportunità di vita, col colpo di grazia giunto dopo il terremoto del 1976.
A parlarci della vita nel paese è Luca Pantanali, che insieme alla famiglia risiede nella frazione montana di Faedis. «Oggigiorno a Clap siamo in sei abitanti. Oltre alla mia compagna Stefania e ai nostri due figli, ci sono altre due persone. E pensare che un tempo qui risiedevano trecento persone ». Effettivamente, allungando lo sguardo dalla piazzetta stretta vicino alla chiesa e alle campane del campanile non ricostruito, in lontananza, tra la sterpaglia che copre molti terrazzamenti, si scorgono le pietre di molte case diroccate. Avrebbero un certo fascino, eppure sono in abbandono.
Fanno eccezione le case vicine alla piazza, frequentate più spesso, e quelle che Luca e la sua famiglia hanno sistemato negli ultimi anni. «Mi sono trasferito quassù dalla pianura per un altro stile di vita», spiega Luca, che ha 45 anni ed è originario di Pozzuolo.
A suo tempo la sua storia è balzata agli onori delle cronache. Nel 2007 ha scelto di venire a vivere a Clap per stare a contatto con la natura, lasciando un lavoro in ferramenta e una potenziale carriera nel calcio. Ha preferito sistemare un casale in questa borgata, attrezzandolo per l’allevamento, e comprare alcuni terreni.
Nel tempo a questa sua scelta si è unita anche una compagna, Stefania Mattieligh, di 35 anni, i cui nonni venivano proprio da Clap. E oggi l’azienda agrituristica di Pantanali è diventata un presidio del territorio, come l’agriturismo Zaro alle Farcadizze. Luca e Stefania allevano pecore, capre e altri animali; producono insaccati e ortaggi; tagliano legna. Affittano anche camere e cercano di strutturare ulteriormente l’attività.
«Ogni giorno portiamo i nostri figli, Samuele e Simone, alle scuole a Faedis e Campeglio», dice Luca, spiegando che lo scuolabus non raggiunge il paese. «Abbiamo fatto questa scelta di vita a contatto con la natura anche per loro. Non sappiamo cosa succederà quando cresceranno», aggiunge.
Nella frazione i momenti di ritrovo, al di là di eventi organizzati, sono pochi. La comunità si ritrova soprattutto nelle festività religiose, anzitutto nella festa di Madonna Addolorata, la seconda o terza domenica di settembre, poi la prima domenica dopo Pasqua e a novembre per la Commemorazione dei defunti. Più a valle rispetto alla piccola chiesa, che contiene una bellissima statua della Madonna dei sette dolori, a cinque minuti di cammino si trova anche un piccolo cimitero.
Come tutta la zona montana di Faedis, anche a Clap un tempo si parlava solo dialetto sloveno. «I miei nonni lo parlavano», spiega Stefania. «La Slovenia è distante solo pochi chilometri da qui e siamo stati contenti, all’ultima festa di fine anno scolastico, di sentire i bambini cantare una canzone in sloveno. Saremmo contenti se i nostri figli imparassero anche questa lingua». La tradizione linguistica slovena è ancora viva nei canti durante le rare celebrazioni in chiesa.
Certo, un tempo qui vicino c’era la cortina di ferro, ma ora come allora la gente vuole vivere. La sterpaglia sembra quasi voler mangiare le case disabitate, ma le sue radici non sono profonde. Per toglierle ci vuole tenacia. (Luciano Lister)
Ciao Olga!
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