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Questo blog parla delle minoranze linguistiche del Friuli:SLOVENA,FRIULANA eTEDESCA,articoli dei giornali della minoranza slovena,degli usi,costumi,eventi e tanto altro.Buona lettura.OLga

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7 giu 2022

SLAVIA: Un unico popolo e un'unica lingua, alle origini degli slavi



Da dove vengono gli slavi? Quale fu il loro spazio originario? Sono interrogativi senza risposta. Sappiamo che appartengono al grande ceppo indoeuropeo, e sappiamo che giunsero alle porte d’Europa tra il secondo e il terzo secolo dopo Cristo. Cosa fu di loro prima di allora lo si può a malapena dedurre dai ritrovamenti archeologici che ne mostrano la progressiva “iranizzazione” (non pensate all’odierno Iran, che pure non sarebbe così sbagliato, ma a sarmati, sciti, alani, popolazioni indoeuropee – come gli iraniani di oggi – che occuparono l’area della moderna Persia). Dalle popolazioni iraniche apprenderanno anzitutto la coltivazione della terra e la cremazione dei morti, tratti salienti della cultura slava fino alla conversione al Cristianesimo avvenuta, più o meno, intorno all’anno Mille.

Quando arrivano alle porte d’Europa gli slavi hanno una cultura definita, una propria produzione artigianale e una forte connotazione agricola. Non hanno scrittura (non l’avranno fino al nono secolo dopo Cristo) ma parlano la stessa lingua, lo “slavo comune“. Si stanziano nel bacino del Pripjat, tra i fiume Dnestr e Dnepr, o almeno così si crede. A spingerli in quelle terre, a cavallo tra le moderne Ucraina e Bielorussia, è la spinta di altri popoli che premono verso ovest. E’ infatti quella l’età delle grandi migrazioni.

Lo “slavo comune”

La lingua originaria degli slavi è oggi deducibile grazie alla filologia, esistono infatti molte parole comuni nelle moderne lingue slave grazie a cui è stato possibile stabilire quale fosse il “proto-slavo”, detto anche “slavo comune”, da non confondersi con il “paleoslavo”, di cui parleremo in futuro, che è stata la prima lingua letteraria. Lo “slavo comune” andò differenziandosi via via che le tribù slave si allontanavano tra loro, nello spazio e nel tempo, dopo aver lasciato la “culla” originaria nel bacino del Pripjat. Cosa fu a dividerle? La spinta di altre popolazioni provenienti da oriente, come gli unni e gli avari, frantumarono l’unità slava costringendo le tribù a disperdersi. Queste, nella loro diaspora, arriveranno a occupare uno spazio immenso che va dal Baltico al Mar Nero. L’uniformità linguistica ha retto fino al nono secolo, pur deteriorandosi rapidamente dal sesto secolo in poi. Ne sono nate una dozzina di lingue tra loro collegate da molti dialetti. Oggi, da Mosca a Praga a Skopje, la differenza non è così grande come sembra e sono ancora circa millesettecento le parole comuni.

La differenziazione è stata progressiva, tuttavia è stata più marcata dove la continuità tra genti slave è stata spezzata. Ad esempio gli slavi che, dalla “culla” originaria, si diressero verso ovest, si trovarono a un certo punto separati dagli slavi del sud a causa della presenza germanica e magiara. Le lingue slave si dividono oggi in tre gruppi che raccolgono lingue tra loro simili:

– lingue slave occidentali: polacco, ceco, slovacco, sorabo e casciubo

– lingue slave orientali: russo, bielorusso, ucraino

– lingue slave meridionali: sloveno, macedone, serbocroato e bulgaro (sul serbocroato, che tante questioni ha sollevato dopo la fine delle guerre jugoslave, si legga qui)

Il vocabolario comune

Dal vocabolario comune possiamo comprendere quali fossero le conoscenze tecniche degli slavi e come fosse il loro ambiente originario: descrivevano l’ambiente circostante con termini specifici per l’elemento acquatico (fiume, torrente, lago, mare ma anche palude, fango, acquitrino, ghiaccio). Conoscevano le stagioni, segno che vivevano in una zona temperata, e sapevano definire il tempo. Fanno pare del vocabolario comune il miglio, l’orzo, l’avena, la canapa e il lino, e usavano l’aratro, la vanga, il rastrello, il falcetto e la zappa. Conoscevano l’albero del melo ma non il faggio, cui diedero nome solo dopo essere migrati verso le terre dei germani (lo chiameranno “buk”, dal tedesco “buche”). Il loro mondo spirituale era fatto di divinità legate alla terra, alla guerra, ma anche a virtù morali (come amore, odio, giustizia, vendetta, bene e male, saggezza e castigo) che avevano sviluppato ben prima dell’incontro con il Cristianesimo. Ma è nella definizione delle strutture famigliari che raggiungono livelli tali da superare i germani, segno dell’importanza e della complessità dei rapporti sociali. I termini per descrivere queste realtà restano ancora oggi comuni ai popoli slavi.

La radice indoeuropea

Anche se i nazisti sostenevano il contrario, gli slavi sono indoeuropei (indogermanici o indoariani, come dicevano a Berlino). Questo si riscontra proprio nel vocabolario famigliare: mat, in russo, e mati in ucraino, ceco, serbocroato, bulgaro e sloveno, sono l’equivalente del latino mater e del tedesco mutter. Nel russo e nel bulgaro il termine sestra corrisponde al latino soror, quindi sorellasoeursister. Lo stesso vale per il russo brat, che è brother in inglese e frater in latino. La casa è dom in molte lingue slave, come in latino è domus, ed evidente è la comune origine del latino mare e dello slavo more. Interessante, in ambito tecnico, la parola kamen, che in slavo vuol dire pietra ma la cui radice “kam” è da accomunare alla radice germanica “ham“, che in inglese dà “hammer” (martello, che è fatto di pietra) e l’islandese hamarr conserva il significato originario di “roccia”.

Lo spazio slavo originario resta tuttavia difficile da definire e proprio per questo si è spesso prestato ad essere immaginato. E’ anzitutto uno spazio psicologico, un luogo vasto e perduto cui riandare nei momenti di difficoltà, quando l’identità delle nazioni slave è oppressa. Un’identità tuttavia forte, la cui specificità si è mantenuta grazie al relativo isolamento in cui gli slavi si sono trovati tra il 1000 a.C. e il 500 d.C.. Da quel momento in poi inizierà la storia degli slavi per come oggi la conosciamo. Una storia europea che vi racconteremo nelle prossime puntate.

https://www.eastjournal.net/archives/49533

(immagine Wikipedia: le lingue slave oggi)

Il cavaliere povero


 Viveva al mondo un cavaliere povero

silenzioso e semplice
d'aspetto tetro e pallido
d'animo ardito e onesto
Egli aveva una sola visione
alla mente incomprensibile
che profondamente
si era impressa nel suo cuore
Da quel momento, arso nell'anima
più le donne non guardò
e fino alla bara con nessuno
volle dire una parola
Al collo il rosario si legò
e dal volto la celata
dinanzi a nessun più levò.
Ricolmo di puro amore
fedele al dolce sogno
A. M. D. con il suo sangue
scrisse sullo scudo
E nei deserti della Palestina
mentre i paladini si lanciavano
in battaglia, per le rupi
a gran voce invocando le dame.
Lumen coeli, sancta Rosa
gridava egli feroce e focoso
e come tuono la sua minaccia
atterriva i musulmani.
Ritornato al suo castello lontano
visse segregato,
sempre muto, sempre triste,
finchè folle morì.

L'angolo della poesia (martedì)

 




JOSEFA PARRA

GIUGNO

Lasciati annientare
dalla luce gialla e acuta dei girasoli,
lascia che il sole di giugno ti ferisca e ti maltratti

con aghi d'oro.
Riposa dall'amore in un dolore più alto,
muori dal desiderio che geme nelle radici
e sostiene le piante.
Alla fine, il dolore non è un merito; né il desiderio
di un corpo è una sventura più grande della sete.
Salva il tuo nome.
Lasciati annientare tra i girasoli;

Che nessuno dica che muori d'amore e non di febbre.

(da Mujeres de carne y verso. Antología poética femenina en lengua española del siglo XX, 2002)

6 giu 2022

Aleksandr Sergeevič Puškin

 Buon compleanno Puškin


«La nostra memoria serba sin dall'infanzia un nome allegro: Puškin. Questo nome, questo suono, riempie molti giorni della nostra vita. Accanto ai cupi nomi degli imperatori, dei condottieri, di inventori di armi per uccidere, di torturatori e di martiri, si affaccia un nome, Puškin. [Egli] seppe portare con allegria e gentilezza il suo fardello, sebbene il suo ruolo di poeta non fosse né facile né allegro, ma tragico.»

(Aleksandr Blok, citato in Jurij M. Lotman, Puškin. Vita di Aleksandr Sergeevič Puškin, Ledizioni, Milano, 2012, p. 226.)
Aleksandr Puškin, ritratto del 1827 di Vasilij Andreevič Tropinin

Aleksandr Sergeevič Puškin (in russo: Алекса́ндр Серге́евич Пу́шкин, AFI[ɐlʲɪˈksandr sʲɪˈrɡʲejɪvʲɪtɕ ˈpuʂkʲɪn]ascolta[?·info]Mosca6 giugno 1799, 26 maggio del calendario giuliano[1] – San Pietroburgo10 febbraio 1837, 29 gennaio del calendario giuliano) è stato un poetasaggistascrittore e drammaturgo russo.

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Puškin a circa 4 anni

In filologia egli è considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea e le sue opere, tra le migliori manifestazioni del romanticismo russo, hanno ispirato numerosi scrittoricompositori e artisti; dette opere costituiscono tuttora tra le più importanti espressioni della letteratura russa, in quanto nonostante i quasi due secoli passati dalla loro creazione, ci presentano una lingua tuttora viva e attuale. L'Istituto Puškin, che si prefigge la diffusione della lingua russa nel mondo, prende il nome dal letterato.Puškin nacque a Mosca il 6 giugno (il 26 maggio secondo l'allora calendario giuliano) del 1799. Il padre, Sergej L'vovič Puškin (1767-1848), era un maggiore in congedo, appartenente ad un'antichissima famiglia aristocratica russa, mentre la madre, Nadežda Osipovna Gannibalova (1775-1836), era la figlia di Osip Abramovič Gannibal (un gentiluomo, a sua volta figlio del maggior generale russo di origine africana Abram Petrovič Gannibal - a cui Puškin dedicherà l'incompiuto romanzo storico Il negro di Pietro il Grande - e della di lui seconda consorte Christina Regina Siöberg, una dama appartenente ad una nobile famiglia di origini scandinave e tedesche), e di Marija Alekseevna Puškina, una nobildonna imparentata con lo stesso Sergej L'vovič (ciò faceva dei lontani parenti i genitori del poeta)

La madre Nadežda Osipovna

Il futuro poeta venne alla luce in casa Skorcov - dove i Puškin, ridotti in ristrettezze economiche, vivevano in affitto -, sulla Molčanovka, all'attuale numero 10 di via Bauman.[2] Il padre era un uomo dedito alla mondanità e molto avaro; Pëtr Andreevič Vjazemskij, amico di Aleksandr, ne avrebbe tracciato una descrizione corredata da un aneddoto: «Egli era avaro sia con se stesso che con i familiari. Un giorno, durante il pranzo, suo figlio Lev ruppe un bicchiere. Il padre avvampò e per tutto il pranzo continuò a brontolare. "Ma come si può prendersela tanto per un bicchiere che costerà venti copeche", disse Lev. "La prego di scusarmi, signore, non venti, ma trentacinque copeche!"».[3] Molto mondana era anche la madre, una donna «dispotica e capricciosa».[4]

Nonostante i rapporti con i genitori fossero piuttosto freddi, il secondogenito Puškin andrà sempre orgoglioso della sua nobiltà "vecchia di 600 anni" e del suo sangue in parte africano.[5] Non venne educato dai genitori, come s'è detto assidui frequentatori di salotti mondani, bensì dalla nonna materna, dallo zio materno Vasilij, che apparteneva a un circolo letterario d'avanguardia chiamato Arzamas, e dalla balia Arina Rodionovna, il cui nome fu reso celebre dalle liriche che l'autore compose nell'ultimo periodo della sua vita. . .https://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr_Sergeevi%C4%8D_Pu%C5%A1kin

ACCADDE OGGI

 

100 anni dalla nascita di Margherita Hach

Margherita Hack (Firenze12 giugno 1922 – Trieste29 giugno 2013) è stata un'astrofisicaaccademicadivulgatrice scientifica e attivista italiana.

“La scarsa considerazione che la nostra classe politica e in particolare quella più recente riserva all’istruzione, all’università e alla ricerca è la conseguenza del basso livello culturale della gran maggioranza degli eletti in Parlamento.”
MARGHERITA HACK

proverbio friulano

 Il proverbio friulano della settimana


di Vita nei campi
“San Cansian cu la galete in man”. Ovvero a San Canziano i bozzoli del baco da seta in mano.(31 maggio)

Viminale: finora 95.952 profughi ucraini in Italia, +1.152 in 24 ore

 


Il ministero dell'Interno comunica che sono 95.952 le persone arrivate dall'Ucraina finora in Italia, tra questi: 49.588 donne, 11.343 uomini e ben 35.021 minori. 
Rispetto alla giornata di ieri, l'incremento è stato di 1.152 ingressi in un giorno nel territorio nazionale, come destinazioni principali Milano, Roma, Napoli e Bologna. Nelle scuole italiane accolti quasi 18mila minori 

In Italia sono stati accolti nelle scuole 17.657 minori ucraini, come emerge da una circolare del ministero dell'Istruzione, che aggiunge: "I nuovi studenti non perderanno l'anno scolastico". Il 45% di bambini e ragazzi frequenta le scuole di Lombardia, Emilia e Campania. 

Quanti sono fuggiti dal paese, al 53° giorno del conflitto
Il rappresentante dell'Unhcr in Ucraina, Karolina Lindholm Billing, ha dichiarato che circa 5 milioni di persone sono fuggite dal Paese, molti non avranno una casa dove tornare perché è stata distrutta o danneggiata, oppure si trova ancora in un'area poco sicura. Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, donne e bambini sono il 90% dei rifugiati.In Polonia quasi 3 milioni

Secondo l'Operational Data Portal (ODP), creato nel 2011 per consentire all'Unhcr di fornire informazioni e dati su profughi e rifugiati, alla data di ieri i paesi che hanno accolto un numero maggiore di persone in fuga dall'Ucraina sono la confinante Polonia (2.763.786 rifugiati accolti alla data del 16 Aprile), Romania (738.862), ed a seguire l'UngheriaMoldova, Slovacchia.

https://www.rainews.it/articoli/2022/04/ucraina-viminale-finora-95952-profughi-in-italia-+1152-in-24-ore--cee8ac83-c19b-4486-be2f-c9bd299cffd2.html
 


170 profughi ucraini accolti dalla Caritas di Udine


 Primo bilancio della solidarietà dei friulani per le vittime della guerra; a stilarlo, la Caritas diocesana: 140 mila gli euro raccolti e già affidati a Caritas Ucraina per interventi di emergenza e 170 i profughi che hanno ricevuto un tetto e accoglienza, una settantina nel Seminario di Castellerio di Pagnacco e il resto sparsi per il Friuli. 


Dal punto di vista degli aiuti, la scelta (efficace, visti i gravi problemi riscontrati per la distribuzione di cibo e vestiario sul territorio) è stata quella di raccogliere solo denaro da inviare prontamente in Ucraina per soccorrere lì i più fragili. Dall'inizio della guerra Caritas Ucraina ha aiutato oltre 500 mila persone. 

La raccolta di fondi continua sul conto corrente postale intestato al Centro Caritas dell'Arcidiocesi di Udine (informazioni sul sito www.caritasudine.it) oppure sul conto corrente presso Unicredit. le coordinate bancarie sono IT46P0200812310000103242920 

Quanto alle persone arrivate, "Il flusso si è rallentato - spiega il vicedirettore di Caritas Udine, Paolo Zenarolla - anche se notiamo una crescente complessità nei casi che arrivano inviati dalla Prefettura. Dopo le persone della classe medio alta e senza problematiche specifiche, per i quali è più facile l'inserimento, iniziano ad arrivare casi più complessi, come ad esempio famiglie con figli disabili".

Ci sono poi i casi di chi è stato accolto privatamente da amici e conoscenti (si calcola circa il 90% degli ucraini fuggiti in Italia), ma ora si trova in difficoltà economica. . .https://www.rainews.it/tgr/fvg/articoli/2022/05/fvg-accoglienza-profughi-ucraina-caritas-udine-seminario-castellerio-famiglie-raccolta-fondi-flusso-rallentato-839024c1-d99e-4288-b2a5-0ad329b2f5d7.html

Reinsediati in Russia, parlano i cittadini fuggiti da Mariupol





La fuga da Mariupol verso la Russia e il programma di reinsediamento: la situazione di alcuni degli ex abitanti della città simbolo della guerra

Da quasi un mese, più di 300 rifugiati di Mariupol vivono a Vrangel, nell’estremo oriente della Russia. Durante le settimane di assedio della città, caduta con la resa degli ultimi soldati asserragliati all’interno dell’acciaieria Azovstal, molti cittadini ucraini non sono riusciti a scappare a ovest come avrebbero voluto, poiché le tregue concordate per l’apertura di corridoi umanitari verso il territorio controllato da Kiev sono state quasi sempre interrotte da bombardamenti e rappresaglie russe.

Da Mariupol a Vrangler, via Taganrog

Nel corso delle ultime settimane dell’assedio, diversi abitanti di Mariupol hanno trovato riparo a Taganrog, in Russia. Qui hanno ricevuto molte promesse: alcuni testimoni raccontano che alla stazione cittadina venivano distribuiti volantini della Russian Far East and Arctic Development Corporation, un’organizzazione statale volta a convincere i rifugiati a reinsediarsi in estremo oriente.

Alloggio gratuito, lavoro garantito e non solo

Per tutti coloro che, da un giorno all’altro, si sono trovati senza più nulla tra le mani, l’offerta appariva necessariamente interessante, per quanto obbligata. Alloggio gratuito, tassi dei mutui ridotti, supporto economico al trasferimento (170.000 rubli per ogni membro della famiglia) e, soprattutto, la garanzia di un lavoro per ricominciare da zero. Una possibilità accolta da molti degli sfollati che, ad oggi, però raccontano di non aver ancora visto nulla di quanto era stato loro promesso in quella stazione.

La testimonianza di Olga

Olga, nome di fantasia, ha raccontato al sito indipendente in lingua russa Meduza.io la storia del trasferimento della sua famiglia verso la Russia. A Mariupol, prima del 24 febbraio, vivevano bene. Con lo scoppio della guerra, però, tutto è cambiato e per un mese e mezzo, insieme al marito e alla figlia, Olga ha vissuto in un seminterrato senza alcuna possibilità di fuga verso le zone più sicure dell’Ucraina. L’unico modo per garantirsi la sopravvivenza era passare il confine russo... continua  https://www.eastjournal.net/archives/125985


5 giu 2022

Il proverbio di oggi



 

Il proverbio di oggi è: Non fare il male ch'è peccato non fare il bene ch'è sprecato - #accaddeoggi

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Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

Nuove ricerche e strade per lo strok, l’aglio di Resia

  Radicato nella tradizione agricola della vallata, l’aglio di Resia/Rozajanski strok è, oggi, il prodotto agricolo locale maggiormente cono...

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