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26 giu 2021

San Giovanni d'Antro apre la stagione delle visite

 

La celebrazione prevede oltre alla Santa messa l'usanza dei fuochi, che simboleggiano l'inizio della nuova stagione

San Giovanni d'Antro apre la stagione delle visite

"La chiesa-grotta di San Giovanni d'Antro è un luogo meraviglioso, una perla che le Valli del Natisone e il Friuli Venezia Giulia sono in grado di offrire ai visitatori: grazie a PromoTurismoFVG ora si sta facendo sistema per far conoscere al mondo queste bellezze". Lo ha commentato l'assessore regionale alle Attività produttive e Turismo Sergio Emidio Bini all'inaugurazione della stagione di visite al sito che da anni suggestiona studiosi e turisti per la sua bellezza e per i molti enigmi legati alla sua iconografia.

"È un vero paradiso questo luogo, con una potenzialità turistica enorme: fin dal mio insediamento - ha ricordato Bini - ho preteso che PromoTurismoFVG mettesse a sistema le bellezze delle Valli del Natisone e i numeri che abbiamo registrato prima che la pandemia dilagasse ci hanno dato ragione. Il mese di giugno sta già configurando un successo di arrivi nella nostra regione e sono certo che anche questo territorio darà grandi risultati. Da parte dell'Amministrazione regionale c'è il massimo impegno per la sua promozione".

La celebrazione in occasione di San Giovanni prevede oltre alla Santa messa l'usanza dei fuochi - kries, nella parlata locale - che simboleggiano l'inizio della nuova stagione: i più famosi - quest'anno verranno organizzati in forma ridotta - sono quelli di Antro e Tribil.

Nell'occasione dell'inaugurazione il presidente dell'associazione "Tarcetta" Mauro Pierigh ha reso noto che le visite alla grotta saranno disponibili in tutti i fine settimana di luglio e, da agosto, tutti i giorni dalle 10 alle 18. I visitatori paganti nel 2019 sono stati 7000 e l'obiettivo è quello di arrivare a 15.000 all'anno. "In previsione - ha reso noto Pierigh - vi è il desiderio di accogliere le scuole nella sala polifunzionale di Tarcetta".

Grazie al positivo esito dell'ultimo bando sul turismo sono stati finanziati alcuni video promozionali del territorio, tra i quali uno dedicato all'antro, ma restano ancora da realizzare alcuni progetti per rendere più attrattivo il sito: c'è la necessità di creare audioguide, rifare la tabellonistica con le informazioni e realizzare un sito multilingue. Inoltre resta ancora da finanziare un progetto presentato nel 2015 dal Comune di Pulfero per un nuovo impianto elettrico.

Dopo la messa sono intervenuti, tra gli altri, il sindaco di Pulfero Camillo Melissa, il presidente della Comunità di montagna del Natisone e Torre Mauro Steccati, i consiglieri regionali Giuseppe Sibau e Elia Miani, l'onorevole Roberto Novelli.

Giovanni Coren, accompagnatore del sito, ha tratteggiato le peculiarità della chiesa-grotta dal punto di vista storico artistico: all'ingresso appare sulla parete rocciosa un volto di Cristo che richiama la Sacra Sindone e sulla cui origine sono state proposte molte ipotesi, evocando anche possibili presenze di Templari, confortate da lacerti di affreschi con simboli tipici degli ordini cavallereschi, come croci a bracci eguali e un fiore della vita a sei petali, iscritti in un cerchio.

Sulla parete absidale della cappella sono emersi brani di un intonaco arcaico con una scritta misteriosa in lingua greca e rudimentali rappresentazioni di "ruote cigliate" (o soli) e di palme (o forse felci), d'incerta interpretazione, probabilmente dipinti tra VII e VIII secolo in un momento storico ai confini tra paganesimo e cristianesimo e in una terra inquieta attraversata da longobardi, slavi e tanti altri popoli.

Il luogo ha ispirato antiche leggende, come quelle della Regina Vida, forse Rosamunda o la mitica Teodolinda, rifugiatasi dagli assalti di Attila in quest'impervio sito, entrato a far parte della mitologia locale con il nome di "Fortezza degli Slavi".

"Mai così tanta attenzione per questi luoghi come dal 2018 a oggi". Parola del consigliere regionale Giuseppe Sibau (Autonomia responsabile), presente nella serata di giovedì all'inaugurazione della stagione turistica della chiesa-grotta di San Giovanni d'Antro, in territorio comunale di Pulfero. Lo riporta una nota del gruppo consiliare Progetto Fvg/Ar. "Questo è un luogo suggestivo e meraviglioso, vera e propria perla delle Valli del Natisone, un territorio fino al 2018 abbandonato sotto l'aspetto della promozione e degli investimenti turistici, nonostante i continui solleciti rivolti a PromoTurismo. Dal 2018 a oggi c'è stato un cambio di tendenza - ha sottolineato il consigliere Sibau durante il suo intervento - caratterizzato dall'attenzione e dalle risorse che la Regione Fvg anche attraverso la stessa PromoTurismo, sta destinando al territorio delle Valli. Un'attenzione che, sono sicuro, questa amministrazione regionale continuerà a mantenere".

Con l'inaugurazione di giovedì si è quindi aperta ufficialmente la stagione delle visite alla chiesa-grotta le cui peculiarità storico artistiche sono state presentate dalla guida che accompagna le escursioni alla scoperta del sito, a cominciare dal volto di Cristo presente su una delle pareti di roccia all'ingresso della grotta, sulle cui origini ci sono diverse tesi, e proseguendo con i frammenti di affreschi risalenti all'epoca degli ordini cavallereschi e con la misteriosa scritta in lingua greca presente sulla parete dell'abside.

https://www.ilfriuli.it/articolo/viaggi/san-giovanni-d-antro-apre-la-stagione-delle-visite/11/244885

    BUONA GIORNATA

     

    GRADO foto di Jurij Paljk

    25 giu 2021

    I 30 anni della Slovenia

    L’innalzamento della nuova bandiera davanti al parlamento di Lubiana il 26 giugno 1991

     Per l’indipendenza della Slovenia, proclamata il 25 giugno di trent’anni fa e riconosciuta dalla comunità internazionale all’inizio dell’anno successivo, oltre alla vittoriosa difesa della volontà popolare contro l’armata jugoslava, furono determinanti gli appoggi di alcune potenze europee. La politica europea e mondiale era in gran parte ostile allo smembramento della Jugoslavia e nutriva forti simpatie nei confronti della Serbia.

    In questo quadro, la Slovenia ebbe la fortuna di avere alla guida del proprio Governo un democristiano, Lojze Peterle, molto stimato in Germania, in Italia – due delle principali potenze europee, allora entrambe a guida democratico cristiana. E questo fece la differenza, portando anche al superamento delle diffidenze per il fatto che il presidente sloveno, Milan Kučan, tra l’altro illustre sconosciuto fuori dalla Jugoslavia, fosse l’ultimo leader del Partito comunista.

    Anche l’Italia era ufficialmente contraria all’indipendenza della Slovenia, tanto che il ministro degli Esteri, il socialista Gianni De Michelis, ammonì Lubiana che il nuovo Stato non sarebbe stato riconosciuto nemmeno in cent’anni. Eppure, dopo nemmeno sei mesi il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, si recò a Lubiana a consegnare di persona il riconoscimento ufficiale della vicina Repubblica come Stato indipendente e sovrano.

    Nel repentino cambio di rotta ebbero un ruolo determinante le Regioni Friuli Venezia Giulia – presidente Adriano Biasutti – e Veneto, ma soprattutto Carlo Bernini, leader della componente Dorotea nella Dc e ministro dei Trasporti nel settimo Governo di Giulio Andreotti.

    Nell’impegno di Bernini, morto nel 2011 all’età di 74 anni, nei confronti della Slovenia, c’è il non trascurabile fatto che suo stretto collaboratore al ministero fosse il beneciano Armando Noacco, all’epoca sindaco di Taipana.

    A trent’anni di distanza, il segretario particolare di Bernini, Mario Po’, ci ha rivelato importanti retroscena. «Già da presidente della Regione Veneto, Bernini aveva promosso l’adesione della Slovenia (ancora parte della Federazione della Jugoslavia) alla Comunità di lavoro Alpe Adria a cui partecipavano entità substatali italiane, austriache, tedesche, ungheresi, svizzere e jugoslave, cooperando su vari temi. Ciò avvenne dieci anni prima dell’indipendenza slovena ed era il modo allora possibile per affermare la piena appartenenza della Slovenia alla storia, alla cultura, alla società europea», scrive Po’.

    «Questa esperienza – prosegue – non era sempre ben vista dai governi centrali, che la consideravano un’ingerenza negli affari interni o, in Italia, un rischioso scavalcamento delle prerogative e compatibilità statali. Per questo Bernini riuscì sempre a guadagnare tutto lo spazio possibile a favore della collaborazione regionale con la Slovenia, senza creare vere situazioni di crisi con i governi. Il coinvolgimento della Slovenia ricevette un impulso paneuropeo con la partecipazione all’Assemblea delle Regioni d’Europa, sotto la presidenza di Bernini, anche quando egli assunse l’incarico di ministro italiano dei Trasporti nel 1989 (anno cruciale per la caduta della “Cortina di ferro”). Questa priorità politica era stata posta del resto da Bernini nel corso dei Vertici a Venezia e Vienna della CSCE-Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione in Europa già nel 1987-1988».

    Bitka pri goriškem mejnem prehodu Rožna dolina-Casa Rossa 28. junija 1991/Battaglia presso il valico goriziano Rožna dolina-Casa Rossa il 28 giugno 1991

    Po’ ricorda che nel corso di un summit dei maggiori esponenti italiani della Dc, tenutosi a Padova il 10/11 febbraio 1990 (prima delle libere elezioni in Slovenia, ndr) il ministro Bernini dichiarò «la necessità di un più avanzato impegno politico dell’Europa occidentale verso la Slovenia, innalzando il profilo istituzionale della collaborazione». Questa dichiarazione, secondo il segretario del ministro, «segnò un punto di svolta nei rapporti tra l’Unione Europea e la Slovenia. A questo summit erano presenti, su invito di Bernini, l’allora giovane segretario della Dc slovena Lojze Peterle, poi diventato primo ministro, e l’arcivescovo di Lubiana, mons. Alojzij Šuštar».

    Quindi Po’ rivela un fatto poco noto: «Nei giorni del distacco della Slovenia dalla Jugoslavia, giugno 1991, il ministro Bernini decise di lasciare Roma per andare in Slovenia in auto per fare un atto di protezione (concordato con il ministero degli Esteri italiano) della nuova entità statuale che stava nascendo. Non riuscì a raggiungere Lubiana, perché bloccato da una sparatoria subito dopo il confine italiano. Ne sono testimone personale, avendo seguito i fatti in diretta telefonica dal mio ufficio presso il Gabinetto del ministro a Roma».

    Infine, «nelle settimane antecedenti il riconoscimento diplomatico della Repubblica di Slovenia, avvenuto dai Paesi della Comunità Europea il 15 gennaio 1992, il ministro Bernini coltivava frequenti contatti con un esponente sloveno (di cui non posso rivelare il nome) che rappresentava il nuovo governo sloveno presso la Santa Sede (che per decisione di Giovanni Paolo II aveva già riconosciuto la nuova Repubblica). Più volte il ministro mi incaricava di portare messaggi politici al predetto esponente nel suo ufficio a Roma in via della Conciliazione. Tutto ciò era finalizzato ad aiutare la Slovenia nelle fasi iniziali della sua esistenza politica».

    Po’ conclude sottolineando di poter riferire nella sua nota solo «fatti privi di segreto di Stato».

    Per saperne di più sui fatti di 30 anni fa bisognerà, dunque, attendere ancora. (Ezio Gosgnach)

    https://www.dom.it/30-let-za-slovenijo_i-30-anni-della-slovenia/

    AUGURI SLOVENIA

     


    A Moggio per un programma comune

     

    mons.Lorenzo Caucig



    Dopo molti rinvii, dovuti al perdurare della situazione pandemica, lunedi, 7 giugno, nella Casa San Carlo di Moggio Alto si è riunito, per la prima volta, il Consiglio pastorale di Collaborazione di Moggio Udinese, del quale fanno parte le parrocchie di Pontebba, Dogna, Chiusaforte, Resia, Resiutta e Moggio, che ha sostituito il precedente Consiglio pastorale foraniale.

    Come molte altre realtà dell’Arcidiocesi di Udine anche la popolazione del Canal del Ferro vive oggi in una situazioneterritoriale molto diversa da quella vissuta solo una quarantina di anni fa, quando ancora il declino demografico era visto e vissuto solo come una questione di calo della popolazione. Oggi, purtroppo molto tardi, ci si accorge che questo è soprattuttoun problema di squilibri tra generazioni, che comporta gravi implicazioni soprattuttoeconomiche e sociali. Tra gli strumenti, messi in campo dalla società civile negli ultimi anni per mitigare gli effetti prodotti da questa crisi sociale, vi è quella delriordino delle istituzioni

    esistenti, cercando di renderle più efficaci nell’operare a favore del prossimo. Anche per questo motivo, ma non solo, l’Arcivescovo di Udine nel 2018 ha promulgato il documento «Siamo una cosa sola perché il mondo creda – Nuove opportunità per l’azione missionaria della Chiesa sul territorio friulano. Le Collaborazioni pastorali».

    Le Collaborazioni pastorali sono una forma stabile di collaborazione tra parrocchie, chiamate a far maturare, nel contestoecclesiale e socio- culturale, la loro identità e missione di comunità cristiane mediante un cammino condiviso e coordinato. L’obiettivo da raggiungere è che le singole parrocchie mettano in comune atteggiamenti di dono reciproco, laricchezza di persone, tradizioni, spiritualitàe strutture di cui dispongono. Ciò permetterà ad esse di trovare nuova linfaper esprimere la propria vitalità spirituale ed energie nuove per attuare l’azione pastorale. Durante l’incontro, in cui si è presa coscienza delle forze a disposizione edel campo in cui operare

    i prossimi cinque anni, sono stati eletti Sandro Quaglia in qualità di direttore, al quale è stato chiesto di occuparsi anche degli ambiti di cultura e comunicazione, Cristina Savoia quale segretaria ed i vari referenti d’ambito del progetto pastorale: catechesi, liturgia, carità, famiglia, giovani e amministrazione. A conclusione dell’incontro, il parroco coordinatore, mons. Lorenzo Caucig, abate di Moggio ed originario di Iainich/ Jagnjed, ha voluto ringraziare tutti i presenti per l’impegno che si sono assunti a favore della comunità cristiana locale.<

    https://www.dom.it/v-moznici-za-skupni-program_a-moggio-per-un-programma-comune/?fbclid=IwAR1LDY8eiVTGOKqJUPD0dJQDWtlUSCQfwDEMGm10IWOF7MMCHMrTeZbdRgs

    buon venerdì-lep četrtek



    FOTO DI SUZANA P


    San Pietro al Natisone

     KOZOLEC-ASCIUGATOIO PER CEREALI

    24 giu 2021

    Legambiente Pordenone: sacrificare il patrimonio arboreo in piena crisi climatica è poco lungimirante

     I lavori in corso tra il Ponte di Adamo ed Eva e Borgomeduna, nel quartiere di San Giuliano, preoccupano il circolo Legambiente "Fabiano Grizzo" di Pordenone, a cui molti cittadini si stanno rivolgendo per avere spiegazioni e per comprendere il significato di quanto sta accadendo in città. Da mesi, la richiesta di creare occasioni pubbliche di condivisione delle informazioni relative alla gestione del verde urbano e instaurare un dialogo tra amministrazione e residenti è rimasta inascoltata. Non solo, ma oggi si assiste a un'opera che impatterà in modo profondo sul paesaggio urbano e che viene realizzata in un'area ad elevato valore naturalistico, lungo lo straordinario e delicato corridoio ecologico del Noncello. Da uno studio commissionato dal Comune di Pordenone nel 2008, la porzione urbana del fiume è risultata il sistema con il più elevato numero e la maggiore superficie di habitat naturaliformi - cioè con una vegetazione simile a quella che si svilupperebbe in condizioni naturali. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, la naturalità degli habitat diminuisce seguendo il corso del fiume fuori dalla città.

    20210410 7
    È difficile, per Legambiente, comprendere perché si sia scelto di intervenire in maniera così impattante proprio in quest'area. Infatti, data la presenza delle piste ciclabili di via Riviera del Pordenone e via San Giuliano e dell'argine, su cui molti pordenonesi amano già correre e passeggiare, non si capisce l'utilità di un nuovo percorso tanto ampio, soprattutto vista la quantità di alberi che è stato necessario abbattere (con la speranza che non ne vengano abbattuti altri) per realizzarlo e visto che il suggestivo sentiero che già attraversava l'area poteva essere mantenuto senza un intervento tanto pesante.L'operazione, peraltro, è stata realizzata in un periodo non consentito. Infatti, secondo la direttiva europea n.147 del 2009, è vietato assolutamente tagliare rami e alberi nel periodo di nidificazione degli uccelli e la legge 157 del 1992 sulla protezione della fauna selvatica omeoterma, all’articolo 21 lettera O e all’articolo 31, prevede pesanti sanzioni per la distruzione di uova e nidi. Il periodo di nidificazione dovrebbe iniziare dalla metà di marzo e proseguire fino ad agosto. Alla luce di ciò, pur considerando la presenza di alcune specie aliene invasive che eranopresenti nell'area, appare impossibile giustificare, da un punto di vista forestale e naturalistico, una devastazione simile.

    20210410 11Sacrificare un tale quantitativo di alberi nel contesto della crisi climatica e con i problemi che la città ha da anni per il contenimento dell'inquinamento da polveri sottili, appare poco lungimirante. Il patrimonio arboreo fornisce infatti una serie di importanti benefici, tra cui un indispensabile contributo al contrasto del riscaldamento globale e al miglioramento della qualità dell’aria. Agendo da filtri naturali, gli alberi assorbono gli inquinanti generati dal traffico veicolare, riducendo l'insorgenza di malattie respiratorie nelle aree urbane.

    Infine, il Comune di Pordenone non ha ancora adottato il Piano comunale del verde pubblico e privato, previsto dalla legge 10 del 2013, che dovrebbe consentire di formulare una visione strategica del sistema del verde urbano nel medio e lungo periodo. Ancora una volta, Legambiente ribadisce che, per una corretta progettazione e cura del verde urbano pubblico e privato, è indispensabile informare e coinvolgere la cittadinanza, come accade in diverse città europee, dove la progettazione è partecipata.https://www.legambientefvg.it/component/content/article/2-uncategorised/2374-legambiente-pordenone-sacrificare-il-patrimonio-arboreo-in-piena-crisi-climatica-e-poco-lungimirante?Itemid=101

    IL KAKI

     Il kaki, un'adozione recente




    di Raffaele Testolin
    Il kaki, assieme al noce e qualche altra pianta da frutto, forma il quadro tipico del "bearç" nelle aziende friulane.
    A dire il vero, si tratta di un quadro recente, perché fino alla metà dell’800 nessuno in Europa sapeva cosa fosse il kaki. L’abbiamo importato dalla Cina, attraverso gli Stati Uniti ed è diventato subito una pianta importante, capace di sfamare famiglie per giorni in tempi di vacche magre. Con un kaki e un tozzo di pane, un tempo neanche tanto lontano, si porta fuori un pasto.
    Ci sono due tipi di kaki:
    • il kaki-tipo, quello – per capirci – che conoscono bene le persone anziane e che mangiamo quando è molto tenero (magari raggrinzito, dopo che ha preso una piccola gelata sull’albero)
    • il kaki-mela, un kaki a polpa sempre chiara, spesso senza semi che si mangia sodo, perché non è astringente.
    Ci sarebbe poi il ‘kaki imbroglione’, coltivato dagli amici spagnoli, che si chiama ‘Rojo brillante’: bello, grosso, fatto a cuore. Viene venduto come un kaki mela, ma kaki mela non è e a volte l’astringenza, che viene rimossa con alcuni procedimenti fisici o chimici in magazzino, è ancora troppo alta e può dare fastidio.
    Il kaki è facile da coltivare, ma bisogna scegliere bene la varietà. Vi racconto una storia.
    Alla fine degli anni ’90, sto facendo la lezione sul kaki e uno studente mi racconta che dalle sue parti avevano piantato una ventina di ettari di kaki e li stavano spiantando. La storia mi incuriosisce e provo ad informarmi. Troppo tardi. Avevano già spiantato, dicendo che il kaki in Friuli non produce, ovviamente il tutto condito con qualche imprecazione ‘tipicamente friulana’.
    Cos’era successo? Avevano sbagliato varietà. Volevano coltivare il kaki mela senza semi da vendere sui mercati austriaci.
    Ora, ci sono due varietà principali di kaki mela (ce ne sono di più, ma voglio farla semplice): una produce frutti senza semi e non ha bisogno di impollinazione; l’altra produce frutti con semi e ha bisogno di essere impollinata da una varietà che abbia anche fiori maschili. Quegli agricoltori volevano la prima varietà, ma in realtà avevano piantato la seconda. Non so dire di chi sia stata la colpa, se degli agricoltori o di chi aveva fornito loro le piante. Ma questo poco importa. A noi serve solo ricordare che quando si acquista una pianta di kaki, bisogna sapere cosa si vuole e chi vende deve raccontarcela giusta. Il kaki-tipo si impollina da solo e da questo punto di vista non ci sono problemi. Il kaki mela no.
    E questo è tutto per il kaki. Se poi volete sapere come si pota, è presto detto. Durante l’inverno togliete tutti i succhioni - cioè i rami che crescono dritti - e lasciate solo i rametti piccoli e un po’ contorti. Non serve sapere altro.
    Attenti a non arrampicarvi sul kaki. Ha i rami che si rompono facilmente, senza avvertire. Dire “Provare per credere” sarebbe incentivare il suicidio.
    da vita nei campi

    23 giu 2021

    In arrivo il caldo africano anche in Friuli

     



    L'alta pressione africana è in indebolimento per un'area depressionaria in approfondimento tra Isole britanniche e Francia ma con poche conseguenze sul Triveneto. Quella di oggi è una giornata nel complesso soleggiata e asciutta. Temperature stabili, caldo ancora intenso seppur un po' meno afoso. Venti da sud/sudovest al mattino con rinforzi sulle aree costiere, di brezza nel pomeriggio. Mare Adriatico poco mosso o localmente mosso. 

    Le previsioni

    Da ieri ci sono infiltrazioni atlantiche da ovest che determineranno un generale aumento della nuvolosità sul Friuli Venezia Giulia e il ritorno di qualche temporale di calore su Alpi e Dolomiti, localmente anche di moderata o forte intensità. Nei primi giorni della settimana anticiclone in indebolimento ma correnti da sudovest piuttosto stabili manterranno condizioni in prevalenza soleggiate e asciutte sulle zone di pianura e costiere mentre su Alpi e Dolomiti rimarrà il rischio per temporali di calore occasionalmente intensi. Caldo che rimarrà sempre piuttosto intenso. https://www.udinetoday.it/meteo/meteo-fvg-settimana-21-giugno-2021.html

    Una pianta al giorno - erica

     


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    Ivan Trinko

    "O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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    Proverbio friulano

      Il proverbio friulano della settimana di Vita nei campi fb “Mai / salte fûr el cai” ovvero a maggio escono le chiocciole che segue l’altro...

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