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25 apr 2021

IL TRAMONTO DEL VATE

 

GIOCHI OGNI GIORNO CON LA LUCE DELL’UNIVERSO

 

Ciò che la primavera fa con i ciliegi

 

PABLO NERUDApablo2

GIOCHI OGNI GIORNO CON LA LUCE DELL’UNIVERSO

Giochi ogni giorno con la luce dell’universo.
Sottile visitatrice, giungi nel fiore e nell’acqua.
Sei più di questa bianca testolina che stringo
come un grappolo tra le mie mani ogni giorno.

A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle.
chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.

Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire i venti, tutti.
La pioggia si denuda.

Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s’ancorarono al cielo.

Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all’ultimo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un’ombra strana nei tuoi occhi.

Ora, anche ora, piccola mi rechi caprifogli,
ed hai persino i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.

Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano.
Abbiamo visto ardere tante volte l’astro baciandoci gli occhi
e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.

Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell’universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi.

(da Venti poesie d’amore e una canzone disperata, 1924)

.

Farsi primavera: può essere questo il brevissimo riassunto di questa bellissima poesia di Pablo Neruda (1904-1973): l’amore che erompe come le gemme a primavera, come i fiori, come il vento che passa con la sua forza tra i rami e fa risuonare le persiane, l’acqua che scorre e nutre e si trasforma in linfa; l’amore che diventa desiderio, che si manifesta con la forza e la delicatezza di quel meraviglioso distico finale: “Vorrei fare con te / ciò che la primavera fa con i ciliegi”.

.

Wilson

FOTOGRAFIA © JAMAL WILSON
https://cantosirene.blogspot.com/2014/04/cio-che-la-primavera-fa-con-i-ciliegi.html

BUON 25 APRILE


76 anniversario della liberazione d'Italia, ricorrenza conosciuta anche come festa della Liberazione o semplicemente 25 aprile, è una festa nazionale della Repubblica Italiana che ricorre il 25 aprile di ogni anno e che celebra la liberazione dell'Italia dall'occupazione nazista e dal regime fascista.

È un giorno fondamentale per la storia d'Italia e assume un particolare significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze armate Alleate (principalmente britanniche ed americane), dall'Esercito Cobelligerante Italiano ed anche dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale a partire dall'8 settembre 1943.wikipedia

 


Voglio far posto qui a Ondina Peteani, considerata la “prima” staffetta partigiana. In rete vi sono alcune risorse molto dettagliate che segnalo.

Suo figlio Giovanni racconta che poco prima di morire Ondina pesava 40 chili, per un metro e settanta di altezza: più o meno come a vent’anni, quando riuscì a scappare dal campo di concentramento di Ravensbrück, durante uno spostamento di prigionieri in marcia. Non era la prima volta che scappava: prima di arrivare in Germania l’aveva fatta franca ben due volte. La sua storia sarebbe già molto avventurosa così, a questo punto. Ma Ondina non ha mai permesso all’incubo n.81627 (il suo codice ad Auschwitz), di ostacolare i suoi progetti, la sua idea brillante della vita. Dopo la guerra sceglie di fare l’ostetrica. Insieme al suo compagno Gian Luigi Brusadin, giornalista dell’«Unità» organizza la prima agenzia degli Editori Riuniti, un posto vivace, dove ci si incontra e si parla di politica. Più tardi fonda il circolo giovanile comunista Ho Chi Min che poi confluirà nella rinata (grazie a lei) Associazione dei Pionieri d’Italia – erede di quella legata al «Pioniere», testata per ragazzi sensibile ai temi internazionali diretta da Dina Rinaldi dal ’50 al ’62, e anche per un periodo da Gianni Rodari.
Poi Ondina inventa le colonie estive laiche per bambini, che porta in vacanza in Istria, ma anche in visita alla DDR. E dopo il terremoto del Friuli (1976) organizza una tendopoli a Maiano – alcuni dicono la prima del dopo terremoto. E infine da “pantera grigia” con l’impegno nel sindacato pensionati SPI CGIL è ancora lei a invocare senza giri di parole che solo un patto fra le generazioni può evitare isolamento e ingiustizia. Antonio De Vescovi la ricorda ironizzare così in occasione di pubbliche discussioni sull’Olocausto: «Ah, poveri noi che abbiamo tanto soffritto!». È Anna Di Gianantonio, la sua biografa, a raccogliere questo ricordo, in un bel testo riportato nelle risorse citate e nel libro che le ha dedicato; lì si racconta anche del clima in cui Ondina e la sua generazione si muovevano; e di come una ragazza di 16 anni potesse tradurre la sua voglia di libertà con una forza di azione e una indipendenza di pensiero così smaglianti; e anche per quali luoghi e per quali incontri.

24 apr 2021

Addio a Milva, grande voce italiana da Sanremo a Strehler

PIAZZA SAN GIACOMO DI UDINE

 

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foto di Roberto Bardelli

La chiesa di San Giacomo è un edificio di culto edificato nel 1378 per volere della Confraternita dei pellicciai, inizialmente come cappella che venne poi ingrandita. È situato nell'antica piazza di Mercatonuovo o delle Erbe, poi piazza Matteotti, ma più conosciuta come piazza San Giacomo.

La facciata attuale risale al 1525 ad opera di Bernardino da Morcote, mentre la cappella laterale fu aggiunta dopo il 1650. Sopra il portale è collocato l'orologio, sormontato da un balcone, ed inoltre la cella campanaria aperta da una bifora. Accanto sorge la cappella delle Anime realizzata nel 1744.

Aglli altri tre lati della piazza si affacciano antichi palazzi, alcuni dei quali hanno ancora tracce di affreschi; al centro della piazza, rialzata rispetto alla strada, vi è una colonna risalente al 1487 con un cima la statua della Vergine ed una fontana cinquecentesca, progetto di Giovanni da Udine.

A sinistra della chiesa, nella adiacente piazzetta si può notare un pozzo a pianta poligonale con edicola retta da colonnine; risale al 1486.

L'interno della chiesa è stato pesantemente riadattato in epoca barocca; il soffitto è stato decorato da Pietro Venier con Storie di san Giacomo. Altre opere che si possono ammirare all'interno:

  • Vergine con sante Apollonia ed Agata, opera di Fulvio Griffoni risalente al XVII secolo, collocata sul primo altare di destra;
  • San Fabio intercede per le anime purganti, opera di Pietro Venier risalente al XVIII secolo, collocata sul secondo altare di destra;
  • Vergine attorniata da santi di Antonio Carneo sul primo altare di sinistra;
  • due statue raffiguranti l'Arcangelo Raffaele e una Donna velata di Antonio Corradini.

Oratorio della Madonna del Suffragio

L'interno è decorato da Biagio Biagetti ed è stato completamente rifatto nel 1912; oltre che dalla piazza, vi si può accedere dall'attigua chiesa. Sopra il portale di ingresso è presente la grande tela di Michelangelo Grigoletti, raffigurante il Valore del suffragio (1865).

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Giacomo_(Udine)

PROVERBIO DELLE VALLI DEL NATISONE


 Predomisu je buajš ku misu.

La riflessione è meglio dell'idea (pensiero).
(Ponderare i possibili aspetti e le conseguenze di un'idea, prima di attuarla.



da http://www.lintver.it/cultura-tradizioni-proverbi.html

L'ambasciatore sloveno Kunstelj presso l'arcivescovo di Vienna, mons. Mazzocato

 

L'Ambasciatore sloveno della Repubblica di Slovenia a Roma, Tomaž Kunstelj, ha incontrato questo pomeriggio il Vescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato. È stato il primo incontro tra un diplomatico sloveno e il capo della Chiesa friulana. Gli interlocutori hanno notato che è stata instaurata una collaborazione molto fruttuosa tra i due paesi vicini, che ha avuto un effetto positivo anche sulla comunità nazionale slovena nel paese. Tomaž Kunstelj ha sottolineato il ruolo svolto in questo contesto dai Presidenti di entrambi i Paesi, Sergio Mattarella e Borut Pahor, che hanno anche prestato particolare attenzione ai temi della minoranza slovena in Italia e della minoranza italiana in Slovenia. In una conversazione rilassata, mons. Mazzocato e Kunstelj hanno valutato anche la vita pastorale, che riguarda anche i credenti sloveni di tre province.
Per quanto riguarda la nostra comunità a Vienna, l'ambasciatore sloveno ha sottolineato l'importanza che anche i sacerdoti sloveni svolgono nel consolidamento della nostra lingua e cultura. Si è parlato anche di un possibile potenziamento della cooperazione e integrazione della realtà ecclesiale dal nostro Paese e dalla Slovenia.
Dopo l'incontro, l'ambasciatore ci ha detto che il colloquio con l'arcivescovo di Vienna è stato utile e positivo, e intendono proseguire il dialogo.
Ci auguriamo che l'incontro di oggi contribuisca a risolvere il problema aperto della mancanza della parola religiosa slovena nell'area in cui vive la comunità nazionale slovena. Un approccio adeguato a questi temi andrà sicuramente nella direzione indicata dai Presidenti Borut Pahor e Sergio Mattarella, e allo stesso tempo contribuirà a rendere più presente la parola slovena tra la nostra gente.

tradotto con translate https://novimatajur.it/attualita/slovenski-veleposlanik-kunstelj-pri-videnskem-nadskofu-msgr-mazzocatu.html


L'AMORE SUI MONUMENTI DI AQUILEIA

 


Amici miei… Aquileia non è mica Pompei o Ercolano con le sue pitture, con i graffiti in quantità che incisi sulle pareti tanto ci apprendono della vita festaiola e gaudente e intima di queste due cittadine. Esse si beavano nell’incanto del golfo partenopeo e trascorrevano giorni placidi, tranquilli in cui i piacere e i divertimenti e gli amori avevano non piccola parte.Non già che Aquileia fosse un romitorio, un monastero di cenobiti: basti dire che essa era un grande porto, e tutti mi comprendono, chè immediati si affacciano al riguardo i confronti con i porti dio mare nazionali e stranieri e con la loro meno buona fama, ma i problemi che nella città fortificata si presentavano agli abitanti, qui in prossimità dei confini e delle minacce che esse troppo spesso in sé contenevano o preannunziavano imponevano ovviamente un altro tenore di vita, più serio, più controllato.Ecco qui il gruppo marmoreo, un po’ malconcio ma gli altri marmi di Aquileia con lo stesso soggetto non eccellono per conservazione migliore, di Amore e Psiche che affettuosamente e insieme puramente si baciano e si abbracciano.Non c’è nel gruppo nulla della commovente storia dei due amanti quale è deliziosamente sviluppata nel romanzo LE METAMORFOSI dell’africano Apuleio, romanzo che più comunemente, ancorché meno esattamente, va sotto il nome de L’ASINO D’ORO..Ma ritornando al marmo mi piace ripetere che il bacio delle due creature è più pieno di grazia e di casti sensi; infatti i loro corpi sono staccati, non si toccano, i due innamorati sono spiritualmente non carnalmente uniti.E qui mi sia consentita una digressione.La cultura in esame cioè mi trae a rammentare la partecipazione di matrimonio che un amico archeologo ebbe a mandarmi qualche decennio fa.Essa diceva… “Eros et Psiche nos coniunxerunt” . Cioè queste nostre nozze sono dovute all’Amore e alla Psiche, dunque non solo all’attrazione fisica reciproca poiché se l’amore, e così lo celebra anche il “Convito” di Platone, è desiderio delle cose belle, esso non può esaurirsi nella materialità ma deve elevarsi fino al bello spirituale assoluto che è splendore duraturo, eterno di ogni perfezione.Questo voleva significare la frase riferita onde anche Psiche li aveva uniti, ossia l’anima in una reciproca comprensione, in un’intesa concorde forgiata dallo spirito la quale sola può garantire la vera felicità..Un altro bassorilievo ancora mi ha stupito vivamente attratto qui al Museo di Aquileia.E’ quello di un sarcofago che come dalla breve epigrafe sul listello di uno dei fianchi celebrava il bel mito di Admeto e Alcesti.La fiaba la credo troppo nota perché io abbia a dilungarmi onde mi limito a brevi cenni.L’oracolo di Delfo con un suo responso ha predetto che il re Admeto dovrà morire entro tre giorni se non trova qualcuno disposto a sostituirsi a lui, pronto a sacrificarsi per lui..Ma né congiunti né amici, né cittadini né schiavi, e nemmeno i suoi già vecchi genitori si mostrano inclini a rinunziare alla vita, cui tutti si rivelano attaccatissimi, al fine di garantire la continuazione dell’esistenza di Admeto.Non così Alcesti, la fedele, devota sua giovane sposa. Qui essa, a sinistra del riguardante ritta in piedi, in atteggiamento di mestizia, come anche dal peplo tratto sul capo e dalla mano portata al mento, semplice e raccolta, si accomiata dal mondo dei vivi per il bene, per l’avvenire del suo sposo regale reprimendo il santo affetto che essa sente per le sue due creature.Di fronte a lei, a destra, Ermes, psicopompo, deputato dunque ad accompagnare le anime nel mondo di là, che con gesto misurato, ma chiaro e manifesto indica ad Alcesti di seguirlo ormai nel gran viaggio da cui non vi ha più ritorno, viaggio che lo porterà dalla gioconda luce del sole al regno delle tenebre, al mondo delle ombre inconsolabilmente tristi, come anche dal noto rimpianto che esprime Achille nell’incontro con Ulisse disceso nell’Ade.

Euripide nella sua famosa tragedia “Alcesti” immagina poi, di fronte a sì iniquo destino e all’immenso spirito di sacrificio di quella sposa ideale, che Eracle il gran benefattore in fondo dell’umanità come dalle fatiche da lui sostenute, riesca indi a strappare Alcesti alla morte, all’Averno e a ricondurla al marito, ai figli, a quella luce di cui tutti siamo avidi e che è grande coefficiente della gioia del vivere.

STATUA DI AFRODITE – I secolo d.C.
Museo Archeologico Nazionale 
Aquileia

.Ho qui sul mio tavolo un frammentino di cotto, oh… una cosa apparentemente da nulla, raccolta da un mio amico aquileiese, al quale nel suo attento girovagare per i campi da agricoltore appassionato e intelligente quale egli è, nessuna anticaglia sfugge, anche se frammista alla terra, poiché egli rivela in materia un occhio esercitatissimo ed acutissimo…Non vi rimangono che due volti, cioè quello di un satirello riconoscibili come tale dalle orecchie puntute e dalla corona di edera in testa, ed il visino di una ninfa.Infatti l’amore dei satiri e di tutta la famiglia relativa si svolgeva essenzialmente alle ninfe che essi rincorrevano e inseguivano per le foreste, su per i monti e per i prati.Ecco, egli l’ha raggiunta, l’ha stretta fra le sue braccia, ed ella si lascia stringere come appare dal bacio ardente che suggella le loro bocche.

Il piccolo gruppo è modellato con cura. Il formatore è giunto a rendere lo struggente amore di questi esseri che la fantasia ellenica voleva viventi o, meglio, vaganti in una libertà assoluta a godersi la natura sì ma anche a sollazzarsi nel gaudio quasi selvaggio delle loro avventure amorose.

Donna e la sua anima – Museo Archeologico Nazionale Aquileia

.Si fa qui ammirare – e la osservano con vivo compiacimento i tanti visitatori del Museo – la elegantissima “Julia Donace, la conturbernalis”, cioè la compagna o l’amica di Quinto Cerrinio Corinto.Egli la volle effigiata sul fianco della grande ara funeraria da lui dedicata in primo luogo al suo patrono, un legionario defunto in Aquileia.Nel simpatico bassorilievo la gentile figura dell’amica è quasi integra, anche se ha sofferto un po’ nella boccuccia che un malaccorto restauro ha ancor più alterato.Il vedovato amante ha voluto che lo scultore gli rappresentasse la sua diletta come egli era solito vederla ogni giorno, piena di attrattiva nel suo vestire semplice ma di schietto buon gusto che ne fasciava la maliosa figura mettendo in risalto le belle forme; l’acconciatura poi è civettuola a onde e con un filare di riccioletti che le recinge a mo’ di corona la fronte mentre due ricci maggiori scendono ai lati delle orecchie e la massa dei capelli si raccoglie in una treccia pendula sulla nuca.Una mano, la sinistra, con gesto convenzionale solleva un lembo della gonna, l’altra non poteva restare inerte, né si poteva farle tenere la mela come si vede spesso in quelle figure che rappresentano donne regolarmente coniugate.Ed allora ecco il ventaglio rotondo nella destra alzata, ventaglio di sapore moderno, che le avrà tenuto compagnia nelle sue passeggiate estive in sulla sera lungo i portici colonnati del Foro di Aquileia – una specie di “Procuratie” avanti lettera – a godersi la ricca esposizione dei gioielli, delle gemme, delle meraviglie che le botteghe all’insegna della città di Roma come da un “negotiator margaritarum” cioè di prole, “ab Roma”, città fastose orientali mettevano in bella mostra..Ho lasciato per ultimo un monumento senza pregi artistici di sorta, esso infatti recava la sola iscrizione con l’espressa indicazione però che la dedica era fatta alle deità dei trapassati.Eppure io penso che principalmente per il testo dell’epigrafe che deve essere tanto piaciuto, qualche amatore si sia quasi innamorato del monumento al punto da portarselo via sì che non abbiamo la minima idea dove esso sia finito, dove cioè si trovi oggi.L’ultima notizia infatti che ne resta è del 17° secolo..Trascrivo anzitutto il testo della lapide da datarsi al 1° o 2° secolo dell’impero romano..“ANICIA P. L. GLVCERA, fui. Dixi de vita mea satis fui provata quae viro placui bono qui me ab imo ordine ad summum perduxit honorem”..Parafrasiamo queste parole che si direbbero sgorgate e dettate invero dal cuore..“Io sono stata Anicia Glucera – Glucera è vocabolo greco e significa Dolce, Soave – ché ora non lo sono più. Ma per quel che concerne la mia vita terrena posso dire schiettamente di essere vissuta abbastanza, essendo stata apprezzata altamente dal mio buon marito che mi volle tanto bene e cui tanto piacqui. Egli infatti mi trasse dall’infima condizione sociale in cui mi trovavo – parole che stanno a significare che ella era nata schiava, come è attestato del resto pure dal nome greco – onorandomi in massimo grado con l’introdurmi nell’illustre e celebre famiglia degli Anicii”..Gli Anicii sono cioè documentati anche da altre epigrafi aquileiesi e la loro gente si sarebbe elevata, anche per sensi di fede, su tante altre agli inizi del Cristianesimo..Fra le numerose lapidi sepolcrali di Aquileia antica è questa una delle più sentite e più affettuose che ci sia stata tramandata: per essa dopo duemila anni Anicia Glucera, la sposa fedele, che io immagino bella e soffusa di grazia, vive ancora nei cuori di quanti, uomini e donne sono sposi fedeli, devoti, onde il “jugum dilectionis”, il giogo, come dice la Chiesa, dell’amore, diviene lieve, giocondo, trasformandosi in un nodo di felicità perenne..

.Ed infine a mo’ di appendice un singolare monumento aquileiesi.Esso ci ricorda certo Albio Vitale che appare in bassorilievo, togato sul fianco destro dell’ara.Sennonché egli era uno scapolo impenitente e il sepolcro gli è stato dedicato da un amico il quale non sapendo, come riempire, cioè che cosa raffigurare sull’altro fianco del monumento poiché il nostro signor Vitale non aveva né moglie né amiche, pensò bene di metterci una danzatrice orgiastica che come tale rientra nel ciclo di Dionisio Zagreo, il dio dei vivi e dei morti, onde la figura vuole rendere le gioie che si aspettano gli eletti nel al di là.L’idea della morte è significata da lei con delle spighe che ella tiene nella destra alzata.



Balenottera Grigia a Ponza ... un regalo di Primavera! da vedere fino in...

Sicuramente da vedere fino in fondo, questo è un regalo che la primavera ha fatto a Ponza e a tutti noi! invidio un po chi era su quel gommone ma li ringrazio per la testimonianza diretta di questa Balenottera Grigia nella zona del Frontone. Grazie mare, grazie Ponza!!!

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"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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