DETTO FRIULANO

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31 ago 2020

LE GUERRE TRA SLAVI E LONGOBARDI: GENESI DI UN DUALISMO CULTURALE (PARTE PRIMA)

 

INTRODUZIONE

Una delle peculiarità etnico-linguistiche del Friuli è senza dubbio data dalla presenza secolare, per non dire millenaria, di insediamenti slavi lungo la fascia di confine orientale, quasi senza soluzione di continuità; fascia che può essere poi suddivisa nelle varie aree del Carso (o Carsia), del Collio, della Slavia Friulana (o Benecia), della Val Resia (volendo, includibile nella precedente) e della Val Canale. Certamente la migrazione più nota ed emblematica, e che ha in effetti consolidato permanentemente la presenza slava in terra friulana, fu quella favorita dai patriarchi per ripopolare la pianura a cavallo della linea delle Risorgive, resa desolata dalle ferocissime invasioni ungare tra l’898 e il 954. Ma la storia conta due imponenti flussi migratori slavi, o meglio, due stagioni di spostamento di questo popolo; questa era solo la seconda. La prima si realizzò seguitamente all’ingresso longobardo in Friuli e in Italia, ma, mentre il secondo flusso non causò disordini e si sviluppò in maniera pacifica, il primo ebbe come risultato quello di aver fatto scaturire un periodo di forti dissidi tra Slavi e Longobardi, con non pochi episodi di aperto conflitto. Gli esiti degli scontri non lesinarono disastri da ambo le parti, anche se alla fine l’azione longobarda riuscì a confinare gli Slavi ai limiti della Patria del Friuli.

Proprio per questa cruciale importanza che ebbe la difesa e la reazione longobarda nel preservare l’integrità appena costituita del territorio friulano, vale la pena ben approfondire, al pari di altre invasioni più note, le vicende che interessarono questo primo e violento contatto tra queste genti dell’Est e i nuovi padroni del Friuli: un confronto tra una civiltà slava e una germanica in territorio latino. Un mix etnico-storico che il Friuli, per la sua natura geografica, ha permesso di produrre. Buona lettura!

 

ALLE PORTE DEL FRIULI

Diacono

Paul Warnefried, nome di battesimo dello storico longobardo Paolo Diacono, originario di Cividale. Le sue cronache rappresentano un tesoro di informazioni sul Friuli longobardo e su questo popolo in generale. Qui in un codice della Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.

Lo storico udinese Francesco Prospero Antonini (1809-1884) nel suo libro “Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualitá di questa regione” ci racconta che nel 545 il popolo dei Vindi, antenato degli Sloveni e dominato crudelmente dagli Avari, calò dalle terre a est del Danubio nel Norico Mediterraneo, dunque alle porte della Patria, incendiando chiese ed abbazie. Altre fonti indicano invece il termine “Vendi” (presumibilmente un sinonimo) come il nome che i Tedeschi davano agli Sloveni della Carinzia. Ad ogni modo essi nel 548 occuparono la Carniola, quindi la Carinzia, venendo poi però bloccati e ricacciati indietro quando nel Tirolo Orientale si scontrarono coi Bavari del Re Tassilo, circa nel 596, che così impedirono che si compissero scorrerie slave sino in Rezia, l’antica regione a cavallo tra Alpi Centrali e Orientali. In effetti questi flussi, anche violenti, furono solo una conseguenza della volontà di questi proto-Sloveni di liberarsi finalmente dall’opprimente morsa avara. Scesi nel frattempo, seguendo l’ingresso in Italia del Re longobardo Alboino del 568, si insediarono infine, tra il 580 e il 590, nel territorio bagnato dai fiumi Drava, Sava e Mura, quindi grossomodo nel cuore dell’attuale Slovenia, ma anche nella Valle del Gail (detta anche Valle Giulia) e nell’Alto e Medio Isonzo. Ma mancavano ancora le terre sul Golfo di Trieste, quindi Carso e Istria settentrionale, che infatti cominciarono ad essere popolate da Sloveni dopo l’emanazione dell’editto del 619, col quale l’Imperatore d’Oriente Eraclio consentiva la nascita di colonie slave in territori bizantini. Questa nuova e bellicosa popolazione si era ormai stabilita presso i confini del neonato Ducato del Friuli. Tuttavia lo storico cividalese dei Longobardi Paolo Diacono (720-799), noto intellettuale presso la corte di Carlo Magno, non sembra aver fatto cenno in nessuna sua opera alla vicinanza degli Slavi a Cividale, nonostante lo storico bujese Gian Domenico Guerra (1703-1779), posteriore di mille anni, nel suo “Otium forojuliense”, opera che raccoglie trascrizioni di documenti pubblici e privati sulla storia friulana, faccia riferimento a un’antica relazione cividalese che dice: “il monte che occupa il Settentrione, ed il Levante (del territorio di Cividale) é abitato dai Schiavi, così chiamati fino da Paolo Diacono, de’ Schiavi o Illirici di Dalmazia”. “Schiavi” altro non era che l’arcaico nome attribuito agli Slavi. Un importante indizio certamente vero è la lettera (del 598) che Papa Gregorio Magno (540-604) inviò al clero dell’Istria in merito alle incursioni degli Sloveni anche in quella regione. Il riferimento alla loro imminente calata in Italia, e quindi in Friuli, è evidente: “affligor in his, quoniam in vobis patior; conturbor, quia per Istriæ aditum jam in Italiam intrare coeperunt”. C’è infatti da ribadire che queste violente razzie, nonostante non avessero ancora investito il fiero Friuli longobardo, non furono contrassegnate affatto da incontri amichevoli tra le civiltà. Anzi il paganesimo slavo produsse vere e proprie devastazioni in molte località a danno delle testimonianze cristiane, tanto che per due secoli, ove regnarono gli Slavi, non ve ne saranno.

valli

Nelle Valli del Natisone si stanziarono genti slave già nelle prime fasi della dominazione longobarda. Non rappresentarono sempre il confine orientale del Ducato, che in alcuni periodi si estendeva anche più a est, ma erano vitali per bloccare eventuali minacce verso Cividale, capitale del Ducato.

Parrebbe dunque che le genti slave insediatesi sino ai confini della Friuli provenissero dalla vicina Carinzia e Carniola, ma un paio di elementi compromette almeno in parte questa che sembrava una verità ovvia. Già secondo la tradizione radicata proprio nelle terre slave del Friuli, queste genti discenderebbero da Slavi originari della Dalmazia o della Bosnia-Erzegovina, piuttosto che della Carinzia e della Carniola (un tempo detta anche Cragno). E siccome le tradizioni non sono mai campate in aria, ecco subito un riscontro linguistico: un addolcimento nella pronuncia. Gli slavi a nord-est del Friuli dicono latte mleco e fiume reka, mentre quelli del Centro Adriatico fanno mlieco e rieka. Quest’ultimo termine, poi, è facilmente individuabile a livello toponomastico proprio nella regione di cui ci stiamo occupando. “Rieka”, che letteralmente vuol dire “fiume” (vedi per esempio la famosa città, oggi croata, sul Golfo del Quarnaro), nelle Valli del Natisone indica nello specifico proprio tre corsi d’acqua; per cui è come se questi letteralmente si chiamassero “Fiume Fiume” (anche se in realtà si tratta di torrenti e nulla più), una tautologia in pratica, e uno di questi, il più occidentale, dopo essere nato in località Bocchetta di Calla, si inserisce nel Chiarò esattamente nel punto in cui sorgono, non a caso, i Casali Rieca, in Comune di Torreano. Altra similitudine con gli slavi più del sud è la terminazione in “-ac” e in “-ar” di alcune parole, anziché in “-ec” e in “-er”. Lo storico cividalese Carlo Podrecca (1839-1916) ci racconta che alcuni montanari della Benecia, in seguito all’annessione asburgica della Bosnia-Erzegovina (1908), nel recarvisi per adempiere ai loro commerci, notavano la presenza di nomi, nelle famiglie e nei paesi, identici ad alcuni delle loro terre, cosa che non avevano riscontrato nella molto più vicina Carinzia, per esempio. Uno di questi era “Gabrovizza”, toponimo di una certa frequenza se pensiamo che oltre al nostro paese, nei pressi di Cepletischis, esiste una località col medesimo nome anche in Comune di Sgonico, sul Carso triestino, ma anche nel Carso sloveno in Comune di Comeno e in quello di Capodistria. Ma è proprio possibile che le nostre genti di origine slava siano tutte derivate da popoli provenienti da regioni a centinaia di chilometri a sud-est? Rimanendo concentrati sulle Valli, in realtà deve esserci stata una combinazione di due migrazioni, l’una effettivamente irradiatasi dalla Dalmazia, dalla Bosnia e dall’Erzegovina, e l’altra dalle confinanti Carinzia e Carniola. A dimostrarlo ci sarebbero differenze etniche tra la valle di San Pietro e quella di San Leonardo, che suggerirebbero che presso la prima fossero giunti gli Slavi cragnolini, mentre presso la seconda e nel territorio di Prepotto, già Val Judrio, quelli dalmato-bosniaci...continua qui https://forumjuliiblog.wordpress.com/2017/11/18/le-guerre-tra-slavi-e-longobardi/

FVG una regione autonoma, ma chi se ne è accorto?

 


La Regione del Friuli- Venezia Giulia, e già qui sul nome, con o senza trattino, si apre un dibattito che non finisce più, è stata istituita nel 1963 come regione autonoma. A Statuto speciale grazie al suo plurilinguismo. Identità plurisecolare latina, germanica e slava, anche se nel '900 c'è stato l'avvento della supremazia di quella latina, con l'italianizzazione forzata ante fascismo e durante il fascismo e anche un pò post,che ha cercato di spezzare e spazzare via le radici considerate scomode di questa terra di confine. Terra di mescolanza, che per quanto speciale a livello statuario a dire il vero, tolte quelle tutele che più o meno vengono in modo non sempre pieno garantite alle minoranze linguistiche, ha fatto veramente poco nel corso di questi ultimi anni per far emergere il proprio essere speciale. Se in Italia racconti che il FVG è una regione a statuto speciale ti diranno, davvero? Davvero. Sinceramente è difficile far capire da cosa la nostra regione si distingua dalle altre ordinarie. Le province? Abrogate, sostituite dalle UTI, ora dagli EDR. Non è proprio una cosa di cui essere orgogliosi e nessuno ci ha capito una beata mazza. Sigle e siglette, ma siamo sempre alle solite. Sanità? In cosa consiste l'autonomia? Lavoro? Istruzione? Ambiente? La tessera della benzina, ma è una questione di confine più che di autonomia. Avevo presentato una petizione alla Regione FVG  assegnata alla competente Commissione  con la quale proponevo di istituire un modello di suddivisione territoriale similare a quello del Trentino-Alto Adige.  In FVG l'autonomia è veramente soft, ed in questi ultimi anni c'è stato un vero appiattimento sul centralismo statale come non mai. Ed ora, con il taglio dei parlamentari, rischierà di sparire pure la rappresentanza della minoranza slovena nel nostro Parlamento. È evidente che qualcosa non funziona e che una riflessione andrebbe fatta su come rendere più incisivo il sistema dell'autonomia in FVG perchè se si continua su questa strada arriverà presto il momento in cui si metterà sul tavolo istituzionale di Roma in discussione l'autonomia della nostra regione, perchè rischia di essere inutile.

mb

http://xcolpevolex.blogspot.com/

30 ago 2020

Il tempo meteorologico

Oggi ha piovuto a tratti tutto il giorno con lampi,tuoni e fulmini.E' mancata anche la luce e di conseguenza anche l'acqua.Il cielo era plumbeo già dal mattino,poi tornava il sole.Nel cielo è apparso un grandissimo arcobaleno.In Benečija e in Carnia ha fatto danni:allagamenti,frane e smottamenti. Domani le previsioni prevedono un po' meglio di oggi.La temperatura si è abbassata di qualche grado e io spero che rimanga così,non sopporto il caldo.

Proverbio sloveno delle Valli del Natisone/Nediške doline


 Ogni giorno d' autunno sarà come l'ultimo giorno di agosto
dal giornale Dom


29 ago 2020

Artigianato delle Valli del Natisone/Nediške doline

Tutto  in legno fatto rigorosamente a mano.
Il sito artigianatovallidelnatisone.it si propone la promozione di tutti i prodotti legati alla manualità degli abitanti delle Valli del Natisone. Vuole offrire la possibilità, anche a quanti tra noi sono privi di mezzi tecnologici, di far conoscere le abilità acquisite attraverso un minuzioso e costante lavoro inteso a riprendere le tradizioni della terra natìa. Vuole mettere la modernità dei mezzi di comunicazione a servizio del passato affinché non cada mai nell’oblio. Gli artisti, artigiani e produttori delle Valli del Natisone







Parco Naturale Prealpi Giulie

 CONCLUSA LA VERIFICA DI EUROPARC PER IL RINNOVO DELLA CETS E DEL RICONOSCIMENTO DI PARCO TRANSFRONTALIERO.

Si è appena conclusa la visita dei verificatori di Europarc per il rinnovo al nostro Parco, congiuntamente al parco nazionale sloveno del Triglav, dei riconoscimenti della Carta Europea del Turismo Sostenibile e di Transboundary Parks.
Nei due intensi giorni di attività i signori Arto Ahokumpu (Finlandia) e Bettina Kreisel (Germania) hanno avuto modo di visitare alcuni dei luoghi più significativi delle due aree protette incontrando Amministratori dei Parchi e dei comuni, rappresentanti delle Pro Loco, operatori turistici, esperti faunisti, guide naturalistiche e giovani della Consulta della Riserva di Biosfera Alpi Giulie.
Nelle prossime settimane sarà resa noto il risultato della valutazione che, considerata la soddisfazione espressa in loco dai due verificatori, riteniamo non possa che essere positivo.da fb





28 ago 2020

L'albero dei libri

  A Tarcento c'è l' albero dei libri dai boschi di Stella (sopra Tarcento).

Albero dei libri
Il legno materia vitale per il corpo e la mente



Dan bot so pravili...Un tempo raccontavano...


 Pruoti hudi uri 


Dan bot so uorili,ke pruoti hudi uri to ma uzeti sarp zat, to ma močno udareti trikrat ta na no pejč .   

Vecchi rimedi per allontanare il temporale

Una volta dicevano che per allontanare il temporale,si doveva battere fortemente il falcetto per tre volte su un masso.    
                                        

Cambiare casa

 



Bisognerebbe sempre cambiare casa
anche quando non si è soli
e non stanchi
e si sta bene.
Bisognerebbe cambiare casa
sempre e portare con sé i quadri
la radio e le tende
cambiare casa perché è così che
si cambia
prendendo le poche armi ed i tanti bagagli
andandosene
anche quando non si è soli
e non stanchi
e si pensa di stare bene.

Michele Obit (Ludwigsburg, 1966) vive e lavora a Udine.
È direttore responsabile del settimanale bilingue della minoranza slovena in Italia «Novi Matajur».

Come organizzatore culturale collabora alla realizzazione del festival Stazione di Topolò / Postaja Topolove, che ogni anno, in estate, si tiene sul confine, per il quale cura il progetto di residenza per scrittori e poeti «Koderjana» e gli incontri letterari «Voci dalla sala d’aspetto/Glasovi iz cakalnice».

Dal 1998 si occupa di traduzione letteraria dallo sloveno in italiano.
Ha curato e tradotto due antologie di poeti sloveni delle giovani generazioni: «Nuova poesia slovena »(1998) e «Loro tornano la sera» (2011), entrambe pubblicate per Editoriale Stampa Triestina (ZTT EST).

L’anno seguente traduce in italiano le poesie per l’infanzia di Srecko Kosovel pubblicate con il titolo Il ragazzino e il sole. Nel 1999 ha inoltre co-fondato a Sacile (PN) il laboratorio sulla traduzione poetica «Linguaggi di-versi / Razlicni jeziki».

Ha pubblicato numerose raccolte poetiche: Notte delle radici (1988), Per certi versi / Po drugi strani (1995), Epifania del profondo / Epiphanje der Tiefe (2001), Leta na oknu (2001), Mardeisargassi (2004), Quiebra-Canto (2004), Le parole nascono già sporche (2010), Marginalia/Marginalije (2010) e la plaquette Un uomo è anche un aratro (2015).

Ha anche proposto, tradotti per il pubblico italiano, i grandi scrittori sloveni e i poeti più significativi della nuova generazione come Brane Mozetič (Passion, Zoe edizioni, 2007), Miha Mazzini (Il giradischi di Tito, Fazi, 2008), Aleš Šteger (Berlino, Zandonai, 2009).

A questi nomi, si aggiungono infine anche quelli del pluricentenario autore triestino in lingua slovena Boris Pahor (Piazza Oberdan, Nuova dimensione, 2010) e di Florjan Lipuš (L’educazione del giovane Tjaž, Zandonai, 2011).

Dal 2006 collabora come traduttore permanentemente con la Fondazione «Le vie della pace nell’Alto Isonzo di Kobarid/Caporetto». Per la collana eLit ha tradotto due volumi: Niente di nero in vista di Nataša Kramberger e La stagione secca di Gabriela Babnik.

 

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Poesia di Feri Lainšček

                                                          Ujete so želje, 

                                                                   za vse so predpisi, 

srce pa mi pravi: 
ne bodi, kar nisi.

tradotto in proprio




Desideri catturati,
regole per tutti,
ma il mio cuore mi dice:
non essere ciò che non sei.



Feri Lainšček (Dolenci5 ottobre 1959) è uno scrittorepoeta e sceneggiatore sloveno.
Feri Lainšček è uno scrittore, poeta e sceneggiatore sloveno. Il suo nome di battesimo è Franc Lainšček ed è nato nel villaggio di Dolenci presso Šalovci nella Slovenia nord-orientale, che a quel tempo faceva parte della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Ha studiato giornalismo all'Università di Lubiana. Wikipedia

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Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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 Ciliegie a 20 euro al chilo nel supermercato,non in giolleria.La raccolta è stata danneggiata da pioggia,freddo insetti.Le ciliegie proveng...

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