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Questo blog parla delle minoranze linguistiche del Friuli:SLOVENA,FRIULANA eTEDESCA,articoli dei giornali della minoranza slovena,degli usi,costumi,eventi e tanto altro.Buona lettura.OLga

antifascista

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31 lug 2020

Svete Višarje - Monte Santo di Lussari - Luschariberg





Pellegrinaggio dei tre paesi 2020
Benvenuti nella Madre di Dio al Monte Luschari Quando ci riuniamo qui sotto il cappotto di Maria, ci uniamo nello spirito agli innumerevoli antenati venuti qui per ringraziare Dio per i doni ricevuti e chiedere pietà. Sono tornati a casa con fede, speranza e amore cristiano. Anche i nostri cuori saranno oggi pieni di virtù da cui i nostri antenati hanno dato forza e gioia. Marija von Monte Luschari ci dà il benvenuto qui sotto il suo cappotto. Lei non chiede un passaporto, non le importa di quale lingua parliamo. Noi siamo i loro figli, impariamo ad essere fratelli e sorelle.
I suoi predecessori, vescovi di grande valore -
i nostri antenati, cari fratelli e sorelle -
si sono riuniti qui, come nazioni europee per costruire ciò che distruggono le ideologie violente e non cristiane del XXI secolo - fascismo, nazismo e comunismo. Qui in questo luogo pregavano per la pace e la comprensione tra le nazioni. Le loro preghiere sono state esaudite, i confini statali sono diventati irrilevanti, i nostri popoli vivevano in pace e prosperità. Siamo qui per ringraziare Dio per il dono della pace, della convivenza e della prosperità, perché solo chissà come essere grati per le grazia ricevute, continuerà a ricevere.
Quattro valli si incontrano su questa montagna Quattro fiumi scorrono in diverse direzioni del mondo, proprio come le strade che ci hanno portato qui. Differenze e confini spesso portano a diffidenza, paura e violenza. Per evitare che accada, rimaniamo radicati con questa montagna radicata in Dio, nel caldo e sicuro abbraccio della madre celeste. La nostra fede comune supera i malintesi. All'inizio di questa Santa Messa chiediamo perdono per tutti i nostri peccati, soprattutto per il peccato di ingratitudine e intolleranza nei confronti dei nostri simili.da fb

Grandine da record

SLOvely
GRANDINE DA RECORD 😱
Forse qualcuno di voi ieri sera ha notato una grande nuvola dalla forma strana verso est?
Ebbene, si trattava di una supercella, un fortissimo temporale che si è scatenato nella zona centrale della Slovenia, dove la grandine ha raggiunto fino a 8 cm di diametro, provocando notevoli danni.
Foto neurje. si

30 lug 2020

SWAP CARTOLINE❤️

Ho partecipato all'iniziativa di https://fioredicollina.blogspot.com/ SWAP CARTOLINE.Ho ricevuto le cartoline di Fiore da Salsomaggiore,di Mirty da Domodossola e da Robby da Molveno.Grazie a tutte!❤️

Poesia di Viljem Cerno

foto di Guido Marchiol
Alta Val Torre
"Tvoja beseda
je seme trav
med njivami,
ki ne pusti umreti srcu.
Je vonj
sežganega trnja
na poti
v novo življenje!"
(Viljem Cerno)

"La tua parola
è il seme delle erbe
tra i prati,
che non muore nel cuore.
E' l'odore
dei rovi bruciati
sulla strada
nella nuova vita!"

tradotto in proprio

Cronache friulane

Una sessantina di persone, migranti da Pakistan e Afghanistan, entrate in Italia dalla rotta balcanica, sono state rintracciate in varie zone della provincia di Udine e nei pressi del capoluogo. Ieri sera, poco dopo le 22.00, a Manzano ne sono state individuate 22;  stamani, dalle 3.30 alle 5.00, a Udine, sono stati segnalati e fermati dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile altri 28 cittadini stranieri. Infine, alle 6.30, personale della Questura ha bloccato altri sette soggetti su segnalazione di passanti.Due di loro avevano la febbre.
Testo alternativo
Due persone sono ricoverate all’ospedale di Pordenone con diagnosi di encefalite da puntura di zecca (detta anche morso, per quanto meno corretto). Le loro condizioni non sono preoccupanti, ma l’AsFo (azienda sanitaria Friuli Occidentale) raccomanda attenzione e la vaccinazione.

Una bella doccia

foto da 
http://disegnoamano.blogspot.com/2014/03/cascate-di-kot-san-leonardo.html

Con questo caldo una bella doccia sotto la cascata di Kot (San Leonardo) in Benečija è ciò che ci vuole!



29 lug 2020

Lubiana e il drago

di Antonio Sparzani

Lubiana è Ljubljàna nella sua lingua madre slovena, così più dolce, e vicina al richiamo semantico inevitabile a chi abbia anche una vago orecchio per le lingue slave, ljubóv’ in russo, ljubézen in sloveno ― stessa famiglia indoeuropea del tedesco Liebe, ― significano amore, e il nome della città, con l’accento ritratto, ljúbljana, significa amata, e questa è la sensazione che dà (trascuro qui senz’altro le incertezze dei filologi sulle origini del nome) se ne parlate con qualche sloveno autoctono: guardare Lubiana è il riconoscimento di un centro, di una vera capitale, che di una capitale ha lineamenti e atmosfera.
Mi è piaciuto arrivarci in macchina, attraversando con calma quartieri periferici che non davano alcuna impressione di squallore da periferia abbandonata, ma al contrario di una tranquilla vita di quartiere. Un po’ alla volta si arriva in centro, lo si capisce dalle grandi piazze, dalla gente, dai negozi, dai bistrò numerosi, dove comunque ti servono cibo dai forti connotati locali, dall’aria un po’ di festa che sembra di scorgere sui visi della gente; sarà che è estate, tempo di mercatini, colori e sapori per noi insoliti, richiami e grida in un’altra lingua. Qui l’italiano non si parla, se chiedete informazioni meglio l’inglese o il tedesco, l’Italia è davvero lontana. quella stolida annessione di guerra degli anni 1941-42 alla regione Friuli Venezia Giulia non lasciò certo ricordi o segni positivi.
È attraversata da un piccolo fiume, per l’appunto la Ljubljanica (attenzione che la c si pronuncia z), navigabile dai turisti con comodi battelli sui cui sedili sono sorprendentemente appoggiate delle morbide pelli di pecora, e questo piccolo fiume in qualche modo modella la pianta della città, come potete vedere dalla piantina del centro storico:

il largo ed elegante viale modellato dalla forma del fiume e che a sua volta racchiude il castello è chiamato trg, che significa piazza, o mercato, come a dire che si tratta di un unico complesso abitativo, che comprende anche il suo interno. E lungo di esso sfilano i palazzi di un potere nazionale orgoglioso della propria relativa ricchezza, della rapidità con cui fu conquistata l’autonomia allo smembrarsi della Jugoslavia di Tito, e orgoglioso delle sue antiche tradizioni. A un centinaio di chilometri da Trieste e a trecento metri sul livello del mare, il Mediterraneo è lontano, e Vienna è vicina: Lubiana è una città imperiale.
A pochi chilometri dalla città la Ljubljanica si getta nella Sava, uno dei grandi fiumi dell’Europa orientale, lungo quasi mille chilometri, che nasce in Slovenia, attraversa tutta la Croazia, passando per Zagabria, e a Belgrado si getta infine nel Danubio, di cui è l’affluente maggiore.
Il simbolo di Lubiana è un drago, guardate che bellezza, questo è uno dei quattro situati ai quattro angoli dello Zmajski most, il ponte del drago: la leggenda vuole che si tratti del drago sconfitto da Giasone, di ritorno con gli Argonauti dalla conquista del vello d’oro, mentre con maggior probabilità il riferimento è a un’altra storia di sconfitte di draghi, quella di San Giorgio. Ma poco importa, il drago domina lo stemma della città ed è dipinto sulla torre del Castello, non si sfugge al suo sguardo che infuoca e consuma, ma che insieme dà forza e vigore a chi sa sopportarlo e farlo suo. Lo Zmajski most fu costruito negli anni 1900-01 ― epoca austroungarica, stile art nouveau ― da un ingegnere austriaco su progetto dell’architetto dalmata Jurij Zaninović che aveva studiato a Vienna alla scuola di Otto Wagner, e fu chiamato originalmente Franz Josef I. Jubiläumsbrücke, il ponte del giubileo di Francesco Giuseppe I. Nel 1919, alla caduta della vecchia Austria felix, si poté poi decidere di cambiare il nome, e si scelse quello, più proprio per la città, di ponte del drago.
Questo bisogno di scelta, se non più di identificazione con un animale più o meno fantastico ma molto potente, credo sia davvero un tratto che permane in Homo Sapiens a partire da qualcosa di assai antico. L’aquila sta negli stemmi di Vienna e di Belgrado, il leone rampante in quello di Praga. Ed è su questo punto che vorrei concludere citando Il rituale del serpente, di Aby Warburg (Adelphi 2011, quarta edizione) scritto dall’autore nel 1923. Anzitutto l’esergo al volume: Come un vecchio libro insegna / Atene e Oraibi sono parenti, che è una citazione modificata del Faust di Goethe (II parte, atto II, vv. 7742-43 ― non c’è importante autore tedesco che non citi il Faust, prima o poi) che suona letteralmente ― in bocca a Mefistofele: Bisogna sempre sfogliare lo stesso libro: dallo Harz all’Ellade, sempre dei cugini, e questo a dire che Homo Sapiens è uguale ovunque: Warburg l’ha tirato fino a Oraibi, la località dove era stato qualche anno prima per conoscere e studiare delle comunità di nativi americani detti Pueblo, dal nome spagnolo dei loro villaggi. Warburg studia attentamente i riti dei Pueblo, sia quello delle antilopi che quello dei serpenti. Leggete qua:
«Essi non sono più dei veri raccoglitori primordiali ma non sono neppure degli europei rassicurati dalla propria tecnologia … I Pueblo si trovano a metà strada tra magia e logos, e lo strumento con cui si orientano è il simbolo». Mettono, è vero, il serpente al posto del fulmine, che cercano di evocare con un rito propiziatorio (e che raffigurano come un serpente dalla testa a forma di freccia), ma non si fermano a questo atto di sostituzione metaforica. Per l’indiano il serpente non è ancora diventato pura immagine (verbale o pittorica): esso è un simbolo animale vivente, un antagonista della cerimonia. D’altra parte oggi il serpente non è più oggetto di sacrifici cruenti. L’atto dell’incorporamento, dell’unione fisica con l’animale avviene solo in forma mimetica: si infila il serpente in bocca, poi però lo si libera e lo si invia in veste di « messaggero ».
La danza indiana del serpente non è un esercizio estetico fine a se stesso, ma un cerimoniale magico che deve produrre un effetto reale. Identificando nel serpente il potere del fulmine (potere sul quale vuole influire) e unendosi fisicamente all’animale nella danza, l’indiano cerca di diventare egli stesso il principio da cui dipende l’effetto desiderato, ossia la pioggia: «… all’inafferrabilità dei fenomeni naturali l’indiano oppone la sua volontà di comprensione, trasformandosi egli stesso nella causa di quei fenomeni. Istintivamente egli sostituisce, nel modo più intelligibile ed evidente, l’effetto inesplicato con la causa. La danza mascherata è causalità danzata».https://www.nazioneindiana.com/2012/08/30/lubiana-e-il-drago/

28 lug 2020

Il resiano non fa parte del russo


10Russi a StolvizzaMercoledì, 14 giugno, due ricercatori dell’Istituto di slavistica dell’Accademia Russa delle Scienze hanno fatto visita a Resia. La dottoressa Marija Jasinskaja ed il dottor Gleb Pilipenko hanno chiesto di incontrare, a Stolvizza/Solbica, i due rappresentanti del Circolo culturale resiano «Rozajanski Dum» che, oltre a far conoscere loro il caratteristico paesino della vallata con la tipica architettura resiana, gli hanno fatto visitare anche il Museo della Gente della Val Resia di prossima apertura e il Museo dell’Arrotino.
Nella sede operativa del circolo i due scienziati hanno voluto sapere, ai fini della loro ricerca, quali fossero le principali tradizioni resiane del passato e quali siano, invece, quelle ancora oggi mantenute dalla popolazione. Considerati anche gli ultimi articoli comparsi sui quotidiani locali, che accomunano il resiano al russo, con questi due studiosi si è tenuto, tra l’altro, un momento di confronto sull’origine del dialetto resiano. I due ricercatori, che coi due resiani hanno comunicato in sloveno, affermano che: «Kar se tiče izvora rezijanskega narečja, misliva, da je to očitno, da je slovenskega izvora». Per chi non riuscisse a capire questa frase in sloveno, provvediamo anche alla traduzione in italiano, sottolineando come i due russi abbiano affermato che: «Per quanto riguarda l’origine del dialetto resiano, pensiamo che sia evidente, che è di origine slovena».
Le ricerche portate avanti dagli studiosi russi a Resia, e non solo, hanno una lunga tradizione. Già nel 1841, come ben documentato, fece visita a Resia Izmail I. Sreznevskij, che mise in stretta analogia i resiani ed i loro vicini, ad est ed a sud-est chiamati all’epoca slovenji (oggi sloveni), esclusi i friulani. Spiegò che sono «di stessa razza» e «consanguinei» ovvero, riferendosi alla popolazione, di stessa stirpe.
Successivamente, nel 1873, Jan I. N. Baudouin De Courtenay visitò Resia e con le sue ricerche pubblicò diversi studi tra cui Resia e i resiani, nel quale riporta quanto segue: «La tradizione da me riportata di una più stretta parentela della lingua resiana colla russa o delle parlate resiane colle parlate russe è contraddetta in pieno dallo stato reale delle cose. …».
La stessa dott.sa Jasinskaja è già stata in valle nel 2013 come membro del gruppo, in visita a Resia, composto da tutte le commissioni degli stati slavi che curano la stesura dell’Atlas delle lingue slave (Ola). Il gruppo era guidato dal linguista e professore Matej Šekli dell’Accademia Slovena delle Scienze e delle Arti – che ben conosce la realtà resiana soprattutto dal punto di vista linguistico.
In tale occasione, sul giornale Näš Glas/La nostra voce (Anno IX Numero 2 – Novembre 2013) fu pubblicato: «Ogni lingua slava ha sull’Atlas più punti di riferimento linguistico. Per lo sloveno sono individuate diverse località all’interno della Slovenia ma anche oltre i confini dove si parlano, appunto, dialetti sloveni. Tra questi, Stolvizza è il punto più occidentale e anche il primo delle centinaia di località prese in considerazione in tutta l’area slava».
Marija Jasinskaja e Gleb Pilipenko hanno, tra l’altro, espresso piacere rispetto all’idea di poter pubblicare anche nei prossimi numeri del Dom una sintesi delle ricerche da loro condotte dalle valli del Natisone alla Val Canale e incentrate su tradizioni, usi e costumi presenti tra gli sloveni della provincia di Udine. (Sandro Quaglia)

27 lug 2020

Vite dai margini al centro - Z roba družbe v ospredje

La sede del Museo della Gente della Val Resia a Stolvizza/Sedež Muzeja rezijanskih ljudi na Solbici
Venerdì, 10 luglio, all’osteria Alla speranza di San Giorgio/Bila, gli enti aderenti nel comune di Resia, tra cui l’Associazione culturale Museo della Gente della Val Resia, hanno ufficialmente firmato il Patto di comunità nell’ambito del progetto Education in square marginality (Em2).
A fare da capofila al progetto Erasmus+, insieme a sette partner tra enti di formazione per adulti e associazioni di categoria da Italia, Slovenia, Ungheria e Lettonia, è Cramârs, la cooperativa per la formazione professionale, lo sviluppo locale e l’innovazione sociale che ha sede a Tolmezzo e opera nell’Alto Friuli.
Finanziato dalla Comunità europea, questo progetto si pone l’obiettivo di aiutare concretamente i soggetti che rientrano nella casistica di Em2 – Marginalità al quadrato – la condizione di disagio di chi vive in territori periferici. Nato nel settembre del 2019, dopo la battuta d’arresto per l’emergenza sanitaria Covid-19 Em2 è pronto a ripartire grazie alla collaborazione di enti pubblici e privati che, con la firma del Patto di comunità, s’impegnano a coinvolgere i giovani non impegnati nello studio o nel lavoro e gli adulti poco qualificati alla ricerca di occupazione, e a offrire loro un aiuto per superare la propria condizione di marginalità.
Indirizzate a percorsi personalizzati, queste persone attivano le proprie conoscenze e mettono a frutto capacità e attitudini. Si tratta di un progetto innovativo di grande valore sociale, tramite cui i contesti montani possono sperimentare nuove forme di collaborazione e sostegno nella comunità, che si assume la responsabilità degli abitanti più deboli. Compreso il Comune di Resia, sono undici i comuni montani che Cramârs ha coinvolto. Per tutti si prevede di giungere alla firma del Patto di comunità entro agosto. Si tratta di comunità disposte ad accogliere nel proprio contesto individui in condizioni di difficoltà e ad accompagnarli in un percorso di crescita motivazionale, professionale e di qualità della vita. In tutto sono stati coinvolti 32 aziende e 30 soggetti, che hanno ricevuto dagli orientatori della cooperativa un bilancio delle proprie competenze trasversali e nascoste, che valorizza la persona nel suo complesso. Per sei mesi, nell’ambito del progetto, il Museo della Gente della Val Resia potrà beneficiare di un tirocinante. (Sandro Quaglia)
V okviru evropskega projekta z naslovom »Em2 – Education in square marginality« so v petek, 10. julija, v gostilni Alla speranza v Bili  nekatere ustanove podpisale Pakt za skupnost. Projekt »Em2 – Education in square marginality«, ki podpira obrobna območja, izvaja zadruga Cramârs iz Tolmeča. Pobuda spada med projekte Erasmus+. Sofinancira jo Evropska unija; partnerji so še Italija, Slovenija, Madžarska in Latvija.
Naslov projekta opozarja na dvojno obrobnost, ki jo nekateri doživljajo v obrobnih krajih. Da bi izboljšal tamkajšnjo življenje, projekt predlaga Pakt za skupnost. Ustanove podpisnice si bodo skupaj prizadevale, da bi vključile mlade, ki trenutno ne hodijo v šolo ali univerzo in so brezposelni ter malo kvalificirane odrasle, ki iščejo zaposlitev.
Pri projektu zadruge Cramârs sodeluje 11 občin. Skupno je vključenih 32 podjetij in 30 subjektov. Podpisnik Pakta za skupnost je tudi Muzej rezijanskih ljudi, ki bo šest mesecev razpolagal s pripravnikom.

26 lug 2020

Proverbi della Benecija ( Valli del Natisone/Nediške doline)

Buajš pinca an batuda u miaru, ku gubanca an mesua u kregu.
Meglio la pinza (focaccia di farina di granoturco) e la batuda in pace, che la gubana e la carne tr ai litigi.

Buaiš vse viadet ku vse znat.
E' meglio essere informati di tutto che sapere tutto. (E' meglio essere informati di tutto, perchè in tal caso si può evitare un pericolo, ma saper tutto non basta per evitarlo.

Buaiš ice donas, ku jutre ciela kakuoša.
E' meglio un uovo oggi che un'intera gallina domani.

Buaiš za izik se oklat, ku naumno guarit.
E' meglio mordersi la lingua, che parlare in modo insensato.
http://www.lintver.it/cultura-tradizioni-proverbi.html

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